L’alito fetido dei neo-venduti

In risposta a “Il fiato corto del neo-keynesismo” Di Bagella
di Salvatore Mica



In effetti il titolo è erroneo. Non sono
neo-venduti. La stragrande maggioranza degli economisti ha una visione menomata del reale. Rappresentano la peggior specie di bigotteria: sono gli ottusi potenti. I loro studi, i loro paradigmi, le loro previsioni ed in generale la loro visione si basa sull’assolutezza e sull’imprescindibilità del sistema capitalistico. Non ammettono alternative, superamenti o miglioramenti, il sistema economico a loro modo di vedere risponde a leggi precise, previste e prevedibili, il sistema politico ha il compito di incidere il meno possibile sul funzionamento di queste regole di modo che il sistema economico possa raggiungere, tramite una – magica – autoregolamentazione, il suo scopo finale: l’auto sufficienza e la felicità di ogni cittadino.

Nulla di più falso. Le “regole” che gli economisti studiano non esistono nel piano reale: il fine di questo sistema economico non è la felicità della gente ma l’arricchimento dei ricchi tramite l’impoverimento dei poveri, per dirne una. Non è vero che il sistema politico non dovrebbe occuparsi del sistema economico per farlo funzionare, nel piano reale non fa altro, non solo se ne occupa, ma posso dire senza pensarci troppo che tutti i movimenti della grande politica sono dettati da motivi economici, la politica non agisce sul sistema economico, lo serve fedelmente, rimanendo ginocchioni di fronte ai suoi Signori.

Con questo non voglio dire che tutti gli economisti siano brutti sporchi e cattivi. Conosco un sacco di gente iscritta nella facoltà di economia e commercio e nessuno di loro aspira in futuro ad affamare i popoli. Noto semplicemente il tragico equivoco: gli economisti pensano di dover seguire delle regole precise per creare benessere alla popolazione, mentre l’economia non segue né quelle regole né persegue quell’obiettivo. Non mi stupisce che vi siano delle persone realmente in buona fede che cadono in questo tranello. Ma tutti gli altri…No, non sono neo-venduti. Sono sempre stati dei venduti, del rango più infimo ed inutile per altro: sono coloro che mistificano le ruberie del sistema presentandole alle masse come sacrifici necessari per il bene della patria.

Il mese scorso, una di queste “trombe del sistema” ha fatto sentire la sua voce su Namir suscitando un vespaio di polemiche, tra gli utenti che hanno scritto numerosi chiedendo il perché di questa pubblicazione, ma anche tra i redattori: alcuni infatti avevano intenzione di tenere una coerente “linea” di pensiero, come fa ogni giornale nel mondo della carta stampata, se questa “fazione” avesse avuto la meglio ovviamente quell’articolo non avrebbe sfiorato le pagine web di namir; un'altra parte della redazione sosteneva però che namir non è un giornale: è qualcosa di diverso il cui compito fondamentale è dare voce a tutto e a tutti riprendendo e pubblicando le reazioni dei suoi utenti.Niente censure, neanche se a parlare sono i censori, questa la loro linea guida. Io appartenevo alla prima fazione, il grande Max alla seconda, riassumendo il nostro veloce carteggio via mail mi dice:

“censurare e' far nascere odio  inutilmente namir e' stato sempre uno spazio aperto alle menti intelligenti - che siano anche quelle di destra - questa e' la nostra linea - confronto ... mi sentirei piu' berlusconi se cominciassi a censurare la piazza - quindi non la casa - di namir. non siamo un giornale - ..... siamo eccentrici - multicolori... “

 

No, non mi ha convinto:sono un orgoglioso, per farmi cambiare opinione ce ne vuole, ma ho smesso di criticare la sua posizione: mi sono ricordato che “…E’ l’inclusione, e non l’esclusione, la chiave per grandezza di un paese…” [1] , se vale per i paesi perché non dovrebbe valere per una e-zine come Namir?

Mi sono riservato però la possibilità – che mai nessuno su Namir avrebbe negato, né a me né a nessun altro – di replicare. Ecco spiegata la genesi di questo scritto. D’altro canto penso che una risposta fosse doverosa: quest’articolo ha fatto raggelare me, che di economia non capisco nulla, figurarsi chi ne mastica qualcosa!

Sarò breve, come lo è stato il mio interlocutore. Metterò in evidenza solo i suoi passaggi più risibili, tralasciando il resto. L’articolo integrale può essere ancora consultato all’interno del namir di Gennaio 2003.

 

“le prospettive di pace in medio oriente e in Irak non appaiono per niente migliorate.”

 

Le cosiddette “prospettive di pace” non sono qualcosa di esterno all’economia, frutto di capricci locali. In medio oriente Israele massacra la popolazione palestinese umiliando il suo leader con l’appoggio incondizionato degli Stati Uniti che ha tutto l’interesse di foraggiare un mastino sanguinario nel bel mezzo dei paesi arabi. Non certo per ragioni politiche, no. Si parla di ragioni economiche, di alto livello, si parla di supremazia mondiale, di super potenza, di prestigio e potere, ma in fondo tutte queste cose sono garantite dal potere economico che gli States devono mantenere, a qualsiasi costo. Lo stesso dicasi per l’Irak. Non bisognerebbe mai dimenticare che il terribile dittatore Saddam Hussein è stato messo lì proprio dagli States e se ha potuto realmente entrare in possesso di testate nucleari o armi batteriologiche, i fornitori sono stati gli stessi States.Grazie ad Echelon è possibile leggere un numero scritto su una scatola di fiammiferi tenuta in mano da un uomo per le strade di qualsiasi parte del mondo, non posso credere alla favoletta che gli States passino il loro tempo a leggere le scatolette di fiammiferi dei signor nessuno, mentre si lasciano casualmente sfuggire un traffico di testate nucleari.

 

“L'America Latina è anch'essa sotto forti pressioni sociali che tendono ad estendersi all'intero subcontinente rendendo altrettanto dubbie le possibilità di recuperi significativi di crescita a breve scadenza.”

 

 

L’autore sembra dimenticare nel semplice meccanismo causa-effetto che la causa viene sempre prima dell’effetto. Non sono le forti pressioni sociali che rendono dubbie le possibilità di crescita, gli sconvolgimenti sociali, le proteste, l’indigenza, la rabbia della gente(usciamo una buona volta da questo strafottutissimo linguaggio da “sala operatoria”,che vuole significare tutta la nostra indifferenza e lontananza nei confronti del “resto del mondo”) sono proprio effetti della crisi economica! Che queste causeranno un aggravamento della crisi economica è fuor di dubbio, ma ravvisarle come cause primarie (fingendo ancora una volta che gli eventi politici siano frutto dei capricci di singoli disconnessi dall’economia e da tutto ciò che le concerne) è semplicemente un atto di disonestà intellettuale.

 

“Gli Usa infine non mostrano segni di inversione positiva nella fiducia dei consumatori che è il carburante senza il quale la macchina della economia non riparte.”

 

Questa mi sembra la perfetta rappresentazione delle “leggi mancate” di cui accennavo all’inizio. La legge secondo la quale il carburante del sistema economico è la fiducia dei consumatori, sarà sua premura quindi tenerla alta e costante rifornendo i cittadini di soldi da spendere e garantendo la stabilità del potere politico. Se questa legge fosse vera le cose andrebbero presumibilmente bene: il ritmo di produzione delle multinazionali verrebbe regolato dal sorriso della popolazione. Mi rimarrebbe solo il senso d’inquietudine di venire ingrassato tipo maiale:”facciamolo contento così consuma, più consuma più sarà contento!”.Mi sentirei un uomo-batteria come in Matrix. Come se la felicità fosse misurabile dal tenore di vita che conduco o dagli oggetti che possiedo. Questi signori non intuiscono nemmeno la complessità e la sottigliezza dell’animo umano e di contro non riusciranno mai a decodificare il delicato intreccio soggettivo di situazioni, interne ed esterne, ricordi, speranze, iniziative, cose e persone che scrivono il paradigma significante della nostra felicità.

Ma le cose non stanno così: il carburante del sistema NON è la richiesta del mercato. Di volta in volta la produzione capitalista è stata incoraggiata, finanziata, appoggiata aiutata dal potere politico e dalle istituzioni governative che hanno usato vari mezzi per sostenere il mercato, tra cui anche la guerra.


 “…in America Latina si ritorna a pensare che lo stato tutto sommato è meglio che il privato e ci si propone di ritornare alle nazionalizzazioni”.

Ma guarda che stupidotti questi sudamericani! Sono sempre stati degli imbecilli! Li abbiamo trovati lì con le pezze al culo, con i loro sacrifici umani e gli Dei sanguinari un sacco di tempo fa! Gli abbiamo portato la nostra civiltà superiore e appena ci distraiamo un attimo…PUFF! Un dittatore! PUFF! Un massacro! PUFF! Le nazionalizzazioni!

 

Penso che ogni commento a questa frase sia superfluo. Mette in evidenza il pressappochismo dell’analisi dell’autore e il suo senso di superiorità verso popolazioni che non seguono il sacro feticcio del mercato. Inferiori! Inferiori! Devono per forza essere degli umani inferiori.

Non sfiora neanche la mente dell’autore l’idea che forse le popolazioni del sud America hanno già provato il liberismo ed “il privato”, con scarsi risultati, viste le loro condizioni attuali. Le nazionalizzazioni – bestia nera degli economisti – probabilmente avrebbero assicurato ciò che la gestione dei privati non è riuscita a garantire. Anche perché il solo interesse del privato consiste nel guadagnare il più possibile a scapito della distribuzione dei beni e del rispetto dell’ambiente e della cultura locale.

Per non parlare dell’evidente superficialità del discorso: non credo si possa parlare di tendenze economiche continentali, ogni paese ha la sua storia, i suoi trascorsi, politici ed economici, la sua popolazione con la sua storia e le sue tendenze. Ma tutto questo all’economia e agli economisti non interessa.

 

 

“Dopo un decennio di bando assoluto, sembrano così recuperare spazio in grandi aree e paesi le politiche vetero keynesiane, e cioè quelle politiche che hanno prevalso negli anni '80 e che non hanno dato risultati né in termini di sviluppo né in termini di equità sociale, specie nei paesi del sud America.”

 

Mi piacerebbe dire che invece le politiche liberiste hanno garantito “…risultati in termini di sviluppo ed  in termini di equità sociale, specie nei paesi del sud America”, ma non posso proprio farlo…

 

Le politiche neoliberistiche sono "neo" in quanto hanno fatto propri alcuni precetti delle politiche neokeynesiane, sostenute dal premio nobel Joseph Stiglitz, che hanno avuto il merito di sottolineare che non è seguendo la formula più stato e meno mercato che si aiuta l'economia.

 

 

L’autore qui è stato onesto, ha detto bene, lui vuole aiutare l’economia, il mio imperativo è invece un altro: la popolazione ed il suo benessere, per quanto possa risultare demagogica quest’affermazione, le cose nude e crude, spogliate dalla prosopopea economista, stanno così.

 

“La povertà e la sottoalimentazione richiedono interventi di riallocazione dei fondi pubblici a loro favore e non deficit, secondo una agenda di riforme da avviare che forse il FMI avrebbe potuto sostenere nell'ambito della sua capacità di porre condizioni per l'erogazione di crediti.”

 

Qui raggiungiamo il massimo del minimo. Non stento ad ammettere che buona parte del mio livore contro quest’articolo è stato causato dalla frase soprastante.

Il Fondo Monetario Internazionale è un’istituzione infame, assassina, genocida. Rappresenta il bastone economico degli Stati uniti. Il suo compito è chiaro: punire i governi che non seguono i diktat degli States, chiudendo i rubinetti dei crediti, favorendo invece i fedeli servi. Il FMI ha distrutto paesi interi, favorendo piantagioni che avrebbero annientato la loro economia locale ma che avrebbero favorito per un motivo o per un altro l’economia statunitense. Non serve una fede cieca in ciò che dico per capire come stanno realmente le cose, invito chiunque stia leggendo queste pagine ed abbia dei dubbi in proposito a fare una piccola ricerca: controllate se il FMI ha erogato credito ai dittatori più sanguinari dell’america latina o meno.La risposta sarà inequivocabilmente si.Mi vergogno per loro. Ricordo nitidamente il brivido di sorpresa quando venni a sapere che quel porco assassino di Pinochet ebbe il PIENO appoggio del FMI dopo aver ammazzato Allende ed instaurato in Cile una dittatura che avrebbe ucciso migliaia di ragazzi innocenti, distruggendone i corpi. Non è un caso che Allende trovò le porte del FMI inesorabilmente chiuse. Eppure Allende non aveva un programma rivoluzionario, non prevedeva nessuna “presa del palazzo d’inverno” nessuna riforma agraria, nulla del genere. Era un medio progressista. Ma agli States dava fastidio, hanno cercato di abbatterlo in tutti i modi, prima tramite la chiusura dei rubinetti del FMI, e poi…Pinochet.

L’autore tocca il fondo, scava per arrivare ancora più in basso, spera che il FMI COSTRINGA i governi tramite la MINACCIA della mancata emissione di crediti, vitali per molte repubbliche dell’america latina, a porre mano alle riforme, che a suo dire, dovrebbero favorire la popolazione e non il FMI ed i suoi padroni.

Penso si tratti di ipocrisia bell’e buona, chi ha occhi per vedere non può cadere in tranelli simili; ha ragione Max, spero che queste idiozie vengano pubblicate ovunque ed ovunque derise ed additate come patetici tentativi di giustificare l’ingiustificabile condotta sanguinaria del sistema capitalista.

 

 

07/02/03

 



[1] Da “La forza del singolo”un film spettacolare.