E’ mattina presto. Sono sotto la casa di Belinda, effettuerò un attacco micidiale. Il naso mi cola, non è freddo, sono disfunzioni ormonali dovute alla tensione. Ecco che scende. E’ bellissima, come il solito. Sembra che mi aspetti e credo, spera che io l’accompagni. Si rallegra quando mi vede, come chi non ha parole.

- Stai anche sotto casa, adesso?

La timidezza fa sembrare le persone aggressive, ma il suo è solo un modo per difendersi.

- Mi chiedevo … possiamo vederci qualche volta?

- Sono molto impegnata col mio lavoro. Non ho tempo.

- Perché, tu che lavoro fai?

- Mi occupo d’estetica.

- Anche io lavoro! Abbiamo qualcosa in comune, cazzo!

Lei ride del mio entusiasmo. Scuote la testa per la felicità, pure se tiene a freno le sue emozioni. Muore dalla voglia di conoscere il mio nome.

- Io sono Coccia Leopoldo.

- Io No.

 

 

Continuo a seguirla pensando qualcosa d’intelligente da dire, qualcosa che la colpisca. Lei allunga il passo, ma io intuisco che è impaziente di essere raggiunta. Arrivati alla fermata … mi fermo. Belinda si volta verso di me, squadrandomi dalla testa ai piedi, e questo fatto m’innervosisce: io, bloccato con le scarpe ad orario otto e venti, mi avventuro in una sciolta conversazione.

- Io, fa- fa- faccio il ca- ca- cas-ssiere al supe- pe-permerca- cato. Ti ve- vedo pa- passs- sare tu- tu- tutti i giorni. Tu sssei mo- molto ca- ca- carina.

- Ti devo salutare. Sta passando il mio autobus.

Vedo il mezzo pubblico allontanarsi, defraudandomi di un bisogno primario.

Disperato, urlo. - DOVE SCAPPI? IO SONO POSITIVO!

- Ti ha detto male un’altra volta?

E’ il collega Puzzone, sceso dallo stesso autobus su cui è salita Belinda.

- No. E’ un’amica - dico. - L’ho accompagnata.

- Quale amica? Ti ha piantato come un carciofo. Io vado al bar: che lo vuoi uno zabaione?

Si allontana ridendo di gusto.

 

 

 

 

Lo seguo al bar.

- Senti Puzzone.

- Non chiamarmi Puzzone.

- Perché?

- Siamo in un locale pubblico.

- Ok. Io devo spiegarti …

- Ma dai … cosa vuoi spiegare.

- Guarda che la ragazza ci sta.

- Sì, sì …

- E’ così ti giuro. Io … lei ha quel viso alla francese … dimmi, non sembra una francesina?

- Per carità! Lasciamo stare i francesi.

- Perché?

- Tu, caro Coccia, pensi solo a giocare. Lo sai che se arrivano i francesi, noi chiudiamo bottega?

- In che senso?

- C’è questa compagnia francese che vuole assumere il pacchetto di maggioranza dell’azienda nostra.

- Vabbè … azienda nostra ...

- Se arrivano i francesi, saranno cazzi. Quelli come te, poi, che non fanno una ceppa dalla mattina alla sera … I francesi, ti fanno lavorare!

- Oh! Cazzo!

- E’ così mio caro Coccia. Tu non sei sposato, ma io ho famiglia!

- Ma tu queste cose da chi l’hai sapute?

- Ho detto pure troppo - dice tappandosi la bocca.

 

 

 

Scendiamo al supermercato. Troviamo inattesa, la presenza di un alto dirigente proveniente da Milano. Presenterà la nuova campagna aziendale per l’igiene sul posto di lavoro. Il delegato mostra dei cartelli.

GRATTARSI LA TESTA? INDIETRO TUTTA!

ANDARE AL BAGNO COL GRAMBIULE?

INDIETRO TUTTA!

METTERE IL COPERCHIO ALLA PATTUMIERA? AVANTI TUTTA!

SANIFICARE LE MANI PRIMA E DOPO I LAVORI DELICATI? AVANTI TUTTA!

Lo ascoltiamo con ossequio. Il dirigente si complimenta e ci saluta. Si rivolge al direttore. - Le devo parlare.

Si appartano in ufficio. Le pareti sono di vetro. Il gerente si siede. Il dirigente parla. Il gerente ascolta e ci guarda ad uno ad uno, da dentro l’ufficio. Il dirigente si alza e s’avvia verso la porta; si volta ancora verso il direttore. - Aurevoir, monsieur le director!

Puzzone mi fissa.

 

Nessuno parla. Il direttore prende il telefono. Io ero l’unico a non sapere ancora nulla, evidentemente, perché ognuno tira le proprie congetture. Le rivelazioni di Puzzone non sono mai così segrete. Il delegato torna. - Avete visto il mio giornale?

Vacca chiede - E’ Il ventiquattrore?

- Sì - risponde il dirigente.

- Mi sembra di averne vista qualche pagina in bagno …

Scoppiamo tutti a ridere istericamente. Il delegato se ne va, imprecando in francese.

Il cassiere Vacca non è nuovo a queste uscite. Terrorizza la clientela raccontando fatti personali o problemi sindacali che non interessano nessun altri che noi dipendenti. Ha gli occhi azzurri, di ghiaccio, tipici di un serial - killer. Parla con voce calma. Puoi trovarlo dietro di te che ti tocca una spalla, chiedendoti se sei sordo. E’ lì da cinque minuti che parla, ma tu non hai avvertito la sua presenza. Ha il passo felpato, lo sguardo fisso e ottuso.

Da quando se l’è rasata, la testa di Vacca è più simile ad un’anguria che al cranio di un umano. La clientela abituale, non fa la fila alla sua cassa. Vacca è lento e permaloso: quando s’accorge che una persona abbandona la fila in vista di una più lunga, egli si blocca e fissa offeso il proprio carnefice. Questo, cerca di nascondersi dietro ad un altro, finge disinvoltura, ma poi si volta ancora verso Vacca, che è ancora con lo sguardo fisso e colmo di rancore nei confronti del cliente. Con Vacca nessuno azzarda alcun lamento, cosa che accade a noi altri cassieri.

Ora Vacca accende il microfono e chiama una sostituzione. - Un cambio alla cassa numero tre, per favore. Devo andare al bagno. Ho da vomitare e provo stimoli di diarrea.

La fila si sposta, ma il collega stavolta non se ne cura. Vacca dalla sua postazione, si sente autorizzato ad informare il gerente, i colleghi e tutta la clientela, dei propri imbarazzi intestinali. - Direttore, continuiamo a parlare, così mi distraggo e non ci penso. Se aspetto la sostituzione in silenzio …

Il gerente gli spegne il microfono.

 

Vacca ha spesso problemi intestinali. Ne parla con tutti. Tu sei in pausa, stai mangiando un panino, e lui ti coinvolge in questioni di coliche, digestioni pesanti e disturbi di flautolenza.

Secondo Vacca, i libri sono la rovina dell’essere umano. Contengono, infatti, quei principi d’istigazione al pensiero che compromettono la sua beata crescita nel fiorente giardino dell’insipienza.

I suoi attuali disturbi, risalgono alla scampagnata di ieri. Ieri, infatti, era il 2 Giugno, e con i compagni della CGIL, festeggiavamo ai Castelli Romani l’anniversario della Repubblica.

- Vengo anch’io - s’è invitato Vacca - anche se non capisco cosa c’è da celebrare nel compleanno di un giornale!

Passate svariate brocche di vino rosso, ognuno di noi aveva dimenticato il reale motivo della ricorrenza. In questi casi, Terapia si avventura in nostalgiche evocazioni di Ernesto Guevara …

- Poteva essere un tranquillo medico argentino: chi glielo ha fatto fare, d’andare a Cuba? E cosa lo spinse ad andare in Bolivia? Poteva restare ministro all’Avana …

Vacca ascoltava, tenendosi la testa tra le mani, un po’ perché non conosceva le storie raccontate da Terapia, un po’ per i piaceri del vino. Messo alle strette, trovò la lucidità per rispondere. - Spesso è la mania di protagonismo che ti spinge a certe azioni. L’hanno ammazzato? Gli sta bene, così impara a rompere le palle alla gente. Ognuno resti a casa sua!

Interrompeva il discorso per singhiozzare. Aveva esagerato con gli antipasti, la porchetta, ma soprattutto il vino dei castelli. Continuò con la sua personale visione del mondo. - Chi sia stato non si sa, forse quelli della mala, forse la pubblicità!

Sono tutte stronzate: Che Guevara ha ammazzato l’Uomo Ragno, gli americani si sono incazzati e lo hanno eliminato. Sei proprio un coglione se ti metti a competere con i super eroi!

Lo abbiamo riaccompagnato a casa, accolti dalle imprecazioni della madre.

Ora, quindi, è davvero uno straccio. Arriva di corsa Dal Canto per la sostituzione. - Bravo Vacca, vai coi rossi. Sono capaci solo di bere, mangiare e non fare niente. Guarda come sei ridotto.

Vacca non lo ascolta e corre al bagno. Riappare dopo mezz’ora, rilassato. Intrattiene una cliente che neanche conosce, raccontando soddisfatto come sia riuscito ad andare di corpo e a dare di stomaco, contemporaneamente.

 

E’ una giornata molto calda. Entro al bar con Pomodoro. Ordino un the freddo. Un signore al tavolo di fianco legge la Repubblica. Il viso dell’uomo non lo vedo, ma ne respiro il puzzo del sigaro, insieme ai bacilli della sua tosse. Pomodoro mi tira una gomitata facendo segno di leggere quel trafiletto in fondo pagina …

Rivoluzione nelle catene alimentari. Arrivano i francesi!

- Allora è vero - fa Pomodoro.

- Che cosa importa? - Faccio io.

- Tu non capisci proprio, eh?

- Io non ci vedo nulla di strano.

- Io, invece, sì - dice con tono apocalittico. - Ciao.

- Ma dove vai?

- Corso di francese.

Esco dal bar e passo dal giornalaio. - Dammi la Repubblica!

- Cominci a stringere le chiappe, eh Zabaione? - Fa l’edicolante.

- Cioè?

Lui per dileggio, intona una marsigliese maccheronea, io m’allontano perplesso. Apro il giornale a pagina sette.

 

 

" Il grande gruppo alimentare italiano, ha venduto il quarantanove per cento del pacchetto azionario ad un’holding d’oltralpe. Queste società straniere entrano in compartecipazione con i gruppi italiani e si affacciano sul mercato. Insieme gestiscono, rivedono il proprio assetto territoriale, chiudono esercizi, sfoltiscono il personale ed aprono nuovi supermercati. La concorrenza tra le grandi catene è spietata. "

Nel trafiletto di fianco si legge il preoccupato commento delle parti sindacali.

" I francesi intendono chiudere dieci mercati del gruppo italiano e mettere in mobilità i dipendenti, malgrado stiano aprendo un mastodontico centro commerciale: una prospettiva inaccettabile! "

Leggo, leggo e Belinda mi passa innanzi. Accartoccio il giornale e le corro dietro. Il suo profumo, i capelli al vento, il portamento elegante, annullano il tempo, il mio nome, il posto in cui ci troviamo.

Lei intuisce d’essere seguita. Si gira e mi guarda.

- Ancora tu?

Si ricorda! Capite? Cioè, l’ ho colpita, è chiaro?

 

Affannato per la corsa, riprendo fiato. Avrei tante cose da dirle: lei è bella, distinta. La scia del suo profumo, la magia del suo sorriso, sono pensieri a cui faccio ricorso per cancellare la noia della gente, le frustrazione delle mie giornate. Sto conoscendo veramente l’amore.

Tutto ciò le devo dire. Così, lascio cadere il giornale, mi sistemo i capelli e schiarisco la voce. Io la guardo negli occhi. Lei mi guarda negli occhi.

- Che cosa c’è? - Chiede.

- Stanno arrivando i francesi - sussurro.

 

Scendo al supermercato. Le facce dei miei colleghi sono depresse. L’azienda ha spedito informazioni sulle convenzioni cui il personale usufruirebbe per l’acquisto di vetture: ogni automobile, regalano un cellulare. All'esaurimento dei telefoni, avremmo un ulteriore ribasso.

Terapia, bestemmia. - Se proprio devo devolvere la mia liquidazione, preferisco l’effe-elle- esse!

- Che cos’è? - Chiedo.

- Fondazione Lavoratori Sodomizzati!

Ci riuniamo a casa di Terapia per studiare un’azione di lotta, per capire che cosa sta succedendo e che cosa succederà.

Il monolocale di Terapia è una rivendita di souvenir politici. Una litografia di un paio di baffoni è vicino al citofono; un martello ed una falce da campo, campeggiano nell’angolo cottura. Una bandiera di Cuba copre il divano, ed una bandiera della FILCAMS CGIL, funge da tovaglia sul tavolino da pranzo. Non c’è da meravigliarsi se lui sia un feticista stalinincastrista, del resto sostiene che in un sistema democratico sia giusto che un governo di sinistra emani un decreto o qualsiasi altra ceppa, attraverso il quale la suddetta coalizione possa governare ininterrottamente per cinque anni almeno.

 

Terapia, insomma, è sui bracieri. Seduto in poltrona, attende telefonate dalla federazione. Tortura il telecomando del televisore, abbassando ed alzando l’audio. Passano in sottofondo i notiziari sulla liberazione di un imprenditore rapito. L’asprezza di Terapia è sintomo di quanto sia diventato crudele, senza scrupolo e molto poco positivo. - Perché lo hanno rilasciato? - Tuona. - Un imprenditore di merda che avrà posto i propri dipendenti nelle nostre stesse condizioni. Occhio per occhio, dente per dente: organico tagliato, orecchio tagliato! A difendere gli interessi della classe lavoratrice è rimasta solo l’anonima sequestri!

E’ un’attesa febbrile. La precarietà ci unisce: si solidarizza come non accade nei periodi di vacche grasse. A tal proposito, giungono anche le colleghe. C’è l’enorme Pippimortadella con delle notizie.

- Ciao compagni.

- Ciao compagna.

- Sapete l’ultima?

- Dicci compagna.

- Dal Canto è stato trasferito.

Silenzio. - E ti pareva - esplode Terapia. - Quello sa sempre a chi rivolgersi!

Suonano al citofono: è il Barone, giunto direttamente dall’UIL. - Avete saputo di Dal Canto?

 

La mente volge a ricordi lontani. Strano e buffo destino il mio. Pensare che da bambino rimanevo affascinato dai grandi magazzini: cercavo talmente Babbo Natale, che individuavo il grande vecchio in un anziano commesso con la barba, supponendo si nascondesse tra il personale per non essere disturbato.

Emozionante muoversi negli spazi illuminati da luci di mille colori, dove trovare dall’articolo comune, al bizzarro. Le scale mobili m’attiravano più d’ogni altra cosa, e le salivo per gioco all’infinito finché un addetto mi richiamava.

Luna Park, proprio un Luna Park, il mondo fantastico che solo un ragazzino riesce ad immaginare. Quelle scale mobili rappresentavano il trasporto in città sotterranee, dove l’animo irritato della gente subiva una metamorfosi: l’immenso contenitore d’articoli, appagava un’insoddisfazione delirante, ognuno sembrava sereno impugnando un carrello per la spesa.

 

Crescendo, al supermercato ci andavo per rubare: piani studiati alla perfezione. Spesa proletaria? No, acquisti socialmente utili. Ma, chi ruba nei supermercati?

 

Extracomunitari, tossici e zingari. E pure ladri occasionali, professionisti insospettabili e minorenni. Signore imbellettate nascondono merce nelle carrozzine. Disgraziati rivendono gli articoli in altri punti vendita. Cleptomani dimenticano chi sono e perché sono lì. Il personale impreca per le differenze inventariali, ma c’è chi ruba lo stipendio, come me, chi fa la spesa durante l’orario di lavoro e dirigenti bagarini che barattano i posti di lavoro. Tecnici di varia specie vegetano in direzione generale nell’attesa di uno sciopero per sostituire il personale che si astiene dal lavoro. E poi, i cartellini contraffatti. L’azienda che spende cifre considerevoli per preparare il personale alle norme d’emergenza. Squadre di pronto intervento formate da dipendenti addestrati in una sola giornata di qualche anno passato. Ispettorato ed organi di controllo che non hanno personale sufficiente per controllare. Visioni aziendali ed identità collettive, vangeli d’impresa, campagne pubblicitarie, grafici e statistiche, strategie e budget, cifre e controcifre, scontrino medio, scontrino lordo. Sindacalisti corrotti, delegati idealisti, capo cassiere frustrate, capi reparto invidiosi; personale che vuol crescere, personale che non vuol crescere. Direttore incapaci, direttori traditi. L’inflazione, la scala mobile, la recessione. Questo è il nostro circo, gente: chi ruba nei supermercati?

 

Piccoli commercianti uniti contro la mastodontica catena alimentare, associazioni di consumatori alla riscossa, numeri verdi per le rimostranze, numeri gialli, carte club e vantaggi, sconti e saldi, promozioni imbattibili. Spacciatori di banconote. Concorsi gratuiti e premi e punti, merce avariata, data di confezionamento, data di scadenza. Avvisi alla clientela, sciopero bianco, sciopero rosso, crumiri, malati immaginari. Cassa continua, inventari e bilanci. Assunzioni obbligatorie, lavoro interinale, licenziamento fluido, statuto dei lavoratori e lavoratori in nero, agevolazioni per le aziende che escono dal sommerso, sgravi fiscali alle imprese.

Davvero, fratello, chi ruba nei supermercati?

 

L’azienda si riempie la bocca con termini tipo efficienza del servizio. Il servizio saremmo noi del personale. Il personale è la faccia dell’azienda, ma l’azienda di fronte alla clientela non esiste, davanti alla clientela ci sei solo tu. Nuovo personale non è assunto perché i costi, sarebbero troppo elevati. Ti pagano per lavorare male, perché devi saper iniziare tutto, ma non puoi completare il tuo compito: devi sbrigarti e andare a cominciarne un altro più impellente da smettere al più presto e così via. Il cliente è un cliente fottuto e non un fottuto cliente.

 

Passo le mie ore di lavoro a saltare da palo in frasca, ma dopo alcuni anni ho smesso di girare. Resto ad osservarla questa gentile clientela imbonita dalle campagne pubblicitarie. I nostri dirigenti? Mi viene da ridere. Creano i giornalini per propagandare l’armonia tra il personale. Investono sugli anniversari aziendali e sostengono che siamo una famiglia.

Nei supermercati lavoriamo con sistemi di cassa antiquati, le sedie non sono a norma, ma loro spendono nei balli d’azienda e nei servizi fotografici per il giornalino.

Qualunquismo, direbbe la gente. Un povero musicista fallito, nichilista fino al midollo, che se la prende con tutto. Provate a parlare con qualche direttore o con un dirigente. Guardali nel loro intimo. Sfogano tutto nel comando sul personale. Posti sulla pubblica piazza, quando tutti ridono di loro, essi si vergognano delle proprie mutandine di pizzo. Senza la cravatta non sono niente. Falliti, come un musicista fallito.

 

Io ero il chitarrista di un gruppo punk, ora sono solo Zabaione. Già, un uovo sbattuto con qualche cucchiaino di zucchero e niente più. Avevo avanti a me, Coccia Leopoldo, chiunque lui fosse. Potevo urlare al microfono, potevo fracassare dei timpani, potevo capire com’era. Cenare nei bugigattoli delle serrande chiuse, immergere l’ugola in una pinta di birra ed affogarci dentro fino a dormire, dormire e poi tornare ad urlare, fare a pezzi un microfono.

La notte nel letto, avverto i rumori del traffico. Un clacson suona lontano, eppure fuori è il deserto. La spia della mia anima, è la spia della mia anima in riserva.

Un lavoro da guardoni, il mio, pratiche d’amplessi ogni santo giorno. Consumare è un’erezione. Ognuno consuma quel che ha conquistato, paga e inghiotte ciò che è suo.

La televisione manda lo spot contro le mine antiuomo, poi la pubblicità della carne in scatola. Passano i documentari sulle favelas, sui bassi, e non ho alcuna scossa, solo sollievo per non essere nato là.

 

Ora arriva una potente multinazionale francese. Le nostre consuetudini sono a repentaglio. Una battaglia che non dovrebbe appartenermi, ma Coccia Leopoldo, quello cui non frega di nulla, è solidale ai suoi colleghi. Una spinta che parte e m’attraversa, io aggrappato alle pale di un mulino che lento, mi trascina nel suo giro. Tiro più forte, con tutto quello che posso.

Non devono arrivare, ci massacreranno.

Massimo risultato con il minimo sforzo, cosa importa loro? Nei giornalini veniamo immortalati sempre in festa, nella più cordiale armonia, frutto delle loro campagne pubblicitarie, ma c’è disperazione adesso, e non frega un cazzo a nessuno.

La salvezza dell’anima con le campagne per il terzo mondo. La salvezza dell’anima e la loro libertà. E la nostra dignità calpestata.

Quando ero piccolo, lo sai? Credevo ad un mondo senza guai,

con la gente che si aiuta, che se sei a terra non ti sputa.

Invece, lo sai che c’è? Devi contare su di te,

non puoi evitare qualche ruggine, esser se stessi è solitudine.

Vorrei parlare con la gente, ma poi, non so, non mi riesce,

va sempre in fretta e non ha tempo, noi siamo soli contro il vento.

Proprio come una bandiera, tu l’hai cucita in una sera,

ma sempre al sole o alla bufera, ah! Mestamente, si scolora …

Proprio come una bandiera - Fanculo -

 

 

0re 8.50. Un annuncio del direttore ci scuote.

Comunicazione interna:

Il personale è convocato in sala ristoro per

riunione straordinaria.

In genere accogliamo questi inviti con giubilo perché costituiscono un diversivo ai nostri tentativi di mostrare rettitudine. Vacca è contrariato, giacché è distolto dallo spostare le merci col pensiero. Il Barone ripone nel taschino un termometro che gli serve per misurare la densità di polvere concentratasi nell’intercapedine delle scaffalature, ma la più danneggiata è la collega Giannetta, la quale, sepolta in bagno, tenta di terminare un centrino di lana per la nuora.

Io ho il terrore di questi annunci. Ricordo lo scherzo di Pomodoro che in ferie, anonimo, telefonò affermando che un ordigno esplosivo era stato collocato nel punto vendita e sarebbe scoppiato entro un’ora. Poi si fece passare il cassiere Coccia, cioè me, intimandomi di non pronunciare il suo nome e chiedendo divertito se mi era piaciuto lo scherzo.

Finii al commissariato spergiurando di non sapere nulla, raggiunto dalle premure di mia madre infagottate in un cartone contenente cinque paia di mutande e dieci di calzini, causa (l’appuntato mise a verbale), la mia elevata sudorazione della pianta del piede.

 

Sono di fianco a Pomodoro, determinato a prolungare la riunione con domande inopportune. Il direttore ci raggela. - Vi informo del blocco per le richieste di merci. Tra quindici giorni si chiude, pertanto, proseguiamo fino ad esaurimento scorte e relativo inventario delle rimanenze. Mi dispiace, ma continuiamo ad essere positivi …

Vacca chiede delucidazione sull’inventario, nella speranza di procedere ad un parere soggettivo sulla quantità. Il direttore lo delucida. - L’inventario è una valutazione degli elementi attivi e passivi di un patrimonio. Tra questi elementi, caro Vacca, se dovessi considerare il personale, faticherei a trovarne di attivi …

Pensando ad un elogio, il collega sorride compiaciuto.

I giorni scorrono lenti e i banchi si svuotano. C’è un’atmosfera desolante e risulta patetica qualunque simulazione di operosità. Passeggio per i corridoi sgombri di espositori, la cui passata presenza si può notare dal diverso stato delle mattonelle, che adesso, appaiono più sbiadite rispetto al loro antico smalto.

Terapia ritrova nell’armadietto una vecchia cartolina e sospira davanti ad un francobollo del leader maximo, ricordando che a Cuba, sette anni fa, fece l’amore per l’ultima volta.

 

Mancano due giorni alla chiusura. Mi scopro a studiare la vecchia cartina del supermercato. Le ruspe porteranno via calcinacci, guasti cui nessuno ha provveduto, ma anche angoli della vita di ognuno, della quale non vi sarà più traccia.

Mentre osservo il vecchio schema, immagino i visi di tutta questa gente assorta meccanicamente nei reparti, le facce dei colleghi che non sono più e che in questa struttura hanno visto volar via la propria vita, lasciandola permeare nei ricordi degli altri.

La nostra abitudine a caratterizzarci con vezzeggiativi, ci libera da una paresi, immortalandoci negli aneddoti, nelle rimembranze.

Adesso, si respira una mesta aria di rassegnazione, e i rancori passati, sembrano affievolirsi. Anche donna Boccione è dispiaciuta, lei che i francesi non li ha mai sopportati. - A mio marito non piace il giallo che i transalpini affidano a chi guida la classifica del Tour, perché quello, è il colore dei ruffiani. La torre Ifella, poi, è un rottame che sfigurerebbe anche nel parco di uno sfascia carrozze! Mio marito dice che le uniche note liete della Francia, sono la vittoria di Bartali che salvò il governo dopo l’attentato a Togliatti e le caramelle Doufour.

Ma allora la modernità dell’impressionismo? Le idee sull’ozio e sulla vita urbana? La gioia di vivere, la cultura del divertimento, il mangiare in campagna, il teatro ed i caffè concerto, l’intimità della vita domestica o del corpo femminile?

- Robaccia - fa eco la Gatta. - Tutto questo ci ha portato nella situazione in cui siamo. Cioè, nella merda. Voi dove state andando non lo sapete, ma se lo sapeste, non ci vorreste andare. Cercate di essere positivi, che le aziende chiudono …

- E gli imprenditori guadagnano come gli operai - le rispondo io con spiccioli di sarcasmo, unico scudo contro tutto quel che non riesco a valutare. Per orgoglio, mi allontano dagli occhi indiscreti della Gatta, soprattutto perché ho troppo poco da dibattere. Rifletto sulle nostre distanti barricate, seduto nella posizione in cui siamo entrambi. Cioè, nella merda.

 

In casa mia il telefono squilla di continuo, ma non ho voglia di rispondere. Ascolto la segreteria.

- Ciao Zabaione, sono Dal Canto. Ti devo parlare con urgenza. Vieni a trovarmi …

Che abbia saputo perché lo chiamiamo Dal Canto? Lo escludo. Dal Canto era part-time ora è full-time. Dal Canto può vantare rapporti confidenziali con i dirigenti. Dal Canto organizza partite con il capo zona. Dal Canto è buon amico di tutti. La madre ha una trattoria ben frequentata. Dal Canto è stato trasferito in altra filiale poco prima della cassa integrazione. E’ per questo che lo chiamiamo Dal Canto. Cioè, dal canto suo …

 

Sono davanti l’entrata di un centro freschezza. Noi della CGIL abbiamo programmato una protesta contro il gruppo commerciale, la mala sanità, il malgoverno, la malavita, la mala femmina e la mala sorte.

Guardo la scritta arancione sullo sfondo verde, il logo del gruppo. Leggo slogans efficaci quali amici per la spesa, il tuo amico supermercato, la tua scelta è il nostro premio, ecc.

 

 

Al megafono urlo slogans di differente efficacia. Assisto passivo allo scambio di volantini tra CGIL, riformisti radicali e quelli della Pizzeria Express di prossima apertura. Lascio il megafono ad un compagno ed entro. Cerco l’ufficio e chiedo del signor Dal Canto per favore …

Scopro che si trova in salumeria e mi sorprendo, giacché lui proviene dal settore scatolame. Mi riconosce e mi abbraccia.

- Sai, Zabaione, sono passato in salumeria. Ora solo come vice capo reparto, ma … sto crescendo!

 

Crescere nel nostro gergo indica la situazione di un dipendente quando è in odore di avanzamento.

- Coccia, vedrai, tutto si risolverà …

- Ma …

 

 

Mentre conversiamo, una cliente ci osserva e sembra indispettita per l’indifferenza mostrata dal collega nei suoi confronti. Dal Canto se ne avvede.

- Signora, sono subito da lei. Mi dica …

- Due etti di S. Daniele.

 

Dal Canto affetta il prosciutto, lo avvolge nella carta e lo pone sulla bilancia. Poi, si blocca. Perplesso mi domanda. - Zabaione, ma in un etto quanti ettari ci stanno?

Vado a raggiungere gli altri e afferro il megafono. La gente esce e tira dritta, carica di buste da dove sbucano scontrini, accartocciati quanto la mia verve. Come i nostri slogans, che si confondono col rumore del traffico.

Al semaforo un automobilista si ferma e abbassa il finestrino. - Andate a lavorare, social forum! - Urla.

Ride, alza la musica e riparte contento.