I Ricordi di
Toni di Silvio Cinque Hanno una grande potenzialità questi Ricordi di Antun Blazevic, espressi in forma di raccontini e poesie. La prima forma espressiva della necessità, come si legge nellintroduzione, di far capire ai benpensanti, che comunque non potranno mai imprigionare, da nessuna parte, la nostra anima. Una forma in parte espressa nel teatro del quale Toni ha dato spettacolo una sera alla sede dellAssociazione Dumchatu di Roma. Lanima di cui parla Toni in queste 27 riflessioni è quella del Popolo Rom che appartiene alla Terra. Mi facilita questa recensione la conoscenza personale di Toni (lo) Zingaro. E se questo è un limite per quanto riguarda lobbiettività, è anche un vantaggio perché senza questa amicizia e conoscenza alcuni aspetti e sfumature dei suoi Ricordi mi sfuggirebbero. I raccontini sono espressi in forma breve, quasi una sorta di aforismi nei quali si esprimono pensieri e concetti. Non i pensierini dei bambini dunque, là dove alla stessa freschezza viene aggiunta la consapevolezza della propria esperienza e del proprio stare. Ed è su questo stare che i ricordi di Toni si fanno interessanti. Quasi in un gioco a rimpiattino, novello diavoletto di Maxwell, Toni appare e riappare in vesti e forme diverse. Perché è proprio la ambiguità del suo essere che gli consente di essere ora luno ora laltro. Sta alla sensibilità, alla conoscenza di ciascuno individuare ora luna ora laltra parte, descritte spesso con grande abilità. Il linguaggio è semplice, quasi elementare se non fosse, e non solo, per i quattro anni, dopo la scuola media, frequentati e non ultimati come allievo ufficiale nellAccademia militare della Repubblica Federativa della Yugoslavia nei lontani anni 80. Quattro anni che hanno dato una impronta importante ed impostato e strutturato il tessuto dei pensieri politici del no stro. Il resto, pensieri e sentimenti, è stato fatto parte dagli zingari e parte dai gagè, anche se non in parti uguali. Quale sia la parte più determinante dellaltra è difficile a dirsi perché entrambe di volta in volta concorrono a rivelare questuomo segnato da vicissitudini ed esperienze, da storie incredibili e intense. Non è il primo caso, e non solo in letteratura, in cui questa fluida appartenenza a differenti culture, spesso di confine, genera elementi nuovi. Infatti questo stare solo da una parte significa una sofferenza indicibile, lappropriarsi di un limite angusto dentro il quale imprigionare uno spirito mutevole e creativo; tuttavia anche lopposta fluidità, questa linea dombra, questo luogo non localizzato, anche questo è causa di un tormento continuo, di una smania incessante. Non è un caso che la soluzione per questa condizione dello spirito, del corpo e della mente sia il nomadismo, questo viaggiare continuo che è un modo di stare, questo modo di stare che è il movimento, lincontro, il pellegrinaggio, la visita, ma anche lattesa, la precarietà. Del nomadismo come forma di vita letteraria e politica ed esistenziale Rosy Braidotti, Deleuze e Guattari, e Maria Rosa Cutrufelli hanno scritto saggi e studi. Non so quanto sia rapportabile il nomadismo di buona parte della letteratura non solo del novecento europeo (basti pensare sia al fenomeno dellon the roa d americano, sia alle grandi viaggiatrici e memorialiste quali Woolstonekraft, sia il grande Cervantes, uno dei primi a cimentarsi in un romanzo on the road, sia alla letteratura off border europea soprattutto di confine balcanico appunto) con il nomadismo di Toni e del popolo Rom e Sinti, laddove questa cultura si è sempre espressa nella tradizione orale e musicale e non in quella iscritta. Ma questo può sembrare solo un ragionamento basato sullimportanza della forma, quando in realtà scrivere determina anche una differenza sos-stanziale. Ma Toni appartiene, anche se in parte, ai Rom della Yugoslavia, anzi della ex Yugoslavia e questa differenza è determinante. I mondi di Toni sono dunque essenzialmente questi: il mondo degli ex, in una condizione di ciò che si è stati; il mondo del padre rom e il mondo della madre gagè. Una sorta di salsa, di pesto per dirla come Toni, nel quale i vari ingredienti concorrono e armonizzano il condimento della esistenza. Quanto si possa distinguere la cultura rom e quella gagé è difficile dire. Gli anni della repubblica federativa si diceva, anni importanti, determinanti e non solo per Toni e per i Balcani, ma anche per noi che continuiamo tuttavia a cercare lalba esclusivamente nei cieli del nostro pigro e pingue Occidente. Anni in cui essere yugoslavi era il compendio, la somma, la sintesi, di tutte le differenze e le sfumature che tuttavia esistevano e si esprimevano. Tra e varie differenze, religiose e culturali, cera anche lessere Rom, laddove questa differenza era riconosciuta, rispettata, considerata. Non è difficile trovare luniverso Rom nei raccontini e nelle poesie. Apparentemente più difficile è quello gagè. Vediamo perciò queste differenze. Innanzitutto lo spazio. La concezione dello spazio. Una concezione quasi copernicana quella rom e tolemaica quella gagè: cioè nella concezione gagè luomo è al centro di ogni cosa, una sorta di antropocentrismo nel quale riferire tutta la realtà ed adattarla, spesso combattendola, nella sua complessità, allesigenza umana; in quella rom luomo è una parte dello spazio, uno spazio-uomo che luomo colma viaggiando e se non può, fantasticando, suonando e cantando. Allinterno di questo Spazio, luomo-spazio si misura attraverso formule e codici che ne rivelano tutta la vastità, la semplicità e la dignità: lospitalità, per esempio, lappartenenza, lamicizia. Lospitalità permette di allargare questo spazio già infinito di suo, di darne un tocco ancestrale ed esotico, altro e diverso; lappartenenza lo consolida e rafforza nelle tradizioni, nelle feste, nei riti pubblici o segreti; lamicizia lo consacra, lo sancisce come vincolo che lo rende Uomo. Un esempio è il racconto Il vecchio e le nuvole. Cè dello spazio gagè e dello spazio rom nei racconti e non laddove si parla di casa e di stabilità, giacché i rom della ex Yugoslavia avevano casa e lavoro, scuola e diritti. È solo qui in Italia che tutto questo sembra strano ed impossibile ed è stato, non riconoscendolo, alienato. Nella poesia Uccello, ma soprattutto Orizzonti la libertà è sinonimo di spazialità: Salutare le rondini dalla libertà e non da fuori, un ritrovarsi che il poeta si ripromette dalla galera non al fuori, ma alla libertà alla non-galera; il fuori è una concezione incomprensibile. Diventa sofferenza e termine di confronto quando le leggi dei gagè creano una contrapposizione tra il fuori ed il dentro, relegando allinterno di questa contrapposizione, nei campi, nella negazione dei diritti, nei patti istituzionali, il popolo rom. Lo spazio gagè è quello del limite, di regole sconosciute ed estranee che si impongono come convenzione sociale. Di fronte a ciò lo spazio rom esplode, si ribella, ed esclama. Le bugie, espresse mirabilmente e rappresentate in Cabaret, quelle comunemente chiamate finzioni, sono questo recupero dello spazio negato, sono il sogno, il canto, il racconto fantastico o verosimile. Laddove ci sono bandoni e sbarre, vincoli, leggi e polizia che limitano, il rom inventa il suo mondo libero, il suo spazio antico. Oltre allo spazio ci sono le cose. Le cose sono fuori dello spazio e del mondo dei R-omini. Le cose entrano ed esistono nello spazio dal momento che servono. Altrimenti non solo non esistono, ma sono dannose perché ingombrano, ostruiscono, ostacolano lo spazio. Le cose per i gagè sono mezzi di scambio, linguaggi con cui comunicare, affermare, contrattar e, manifestare il proprio potere o lesigenza di perseguirlo. Al rom non interessano i nostri vestiti nuovi o usati, i nostri giocattoli dismessi, la nostra carità distratta e frettolosa. E se ciò viene accettato è perché, come i bambini, adattano sé stessi allinterlocutore, trasformando sé stessi da persona a personaggio plasmabile per ogni spettatore. La grande capacità di trasformazione, che i frettolosi tranciano come finzione, e perciò inattendibile nello schema sicuro di certezze e postulati, questa grande esibizione di attori e attrici, non è altro che una finissima capacità di introspezione psicologica, di immediata empatia. Secoli di necessità hanno affinato questo linguaggio esteriore, questa grande capacità comunicativa, questa seduttività, questa magica capacità di sottintendere un grande gioco: sono come tu mi vuoi perché io lo voglio. Mi vuoi bisognoso, disperato, disorientato? Eccomi a far la parte del mendico, del reietto, del patetico. Il premio non è lapplauso che si tributa sulla scena al grande pezzo teatrale, il premio è la TUA cosa che serve anche a me, perché anche io sono di carne e pelle come te, ma con una grande differenza: carne e sangue abituati alla sofferenza, alla fame, al freddo, al disprezzo, al disagio ed alla tua ingiustizia. Carne abituata da sempre, capace di rinunciare, capace di lunghe attese, di digiuni e patimenti. Laltra parte, que lla vera, è perciò libera di muoversi in altro Spazio, oltre le cose, gradite e necessarie, certo, soprattutto se vincolano in un patto di amicizia e di rispetto: Cose che vanno, perciò, si consumano, si esauriscono, ma lasciano la parte più importante: le persone che diventano uomini. Nei raccontini si parla perciò di un mondo nostalgicamente rimpianto, come nei libri di Singer, ma anche di un mondo reale nel quale misurarsi, scontrarsi, confrontarsi. Il mondo dellingagèstizia dei diritti negati. I diritti sono termini astratti se non si confrontano con i bisogni e riconoscere i bisogni come elemento fondamentale della esistenza delle persone, significa riconoscere le persone come appartenenti allo stesso mondo dei bisogni. La fame, la sete, il freddo o meglio il bisogno di soddisfarli, è universalmente comune a tutti, ma i modi, i diritti per soddisfarli è diverso perché non si riconosce luguaglianza di tutti gli umani di fronte ad essi. Ma i rom hanno anche altri bisogni che spesso si scontrano con le strutture sociali dei gagè. Conseguente allo spazio viene il tempo, il tempo essenziale e il tempo superfluo. Tempo essenziale è quello basato sui rapporti umani, familiari, amicali. Tempo superfluo è quello degli obblighi sociali, istituzionali. Non che i rom campino daria e vivano sulle nuvole. Spesso il tempo legato alla necessità è un tempo che si armonizza con lo spazio: i lavori manuali ed artigianali di cui sono famosi, legati anche al mondo agricolo e contadino, ma anche lattività certo meno onorevole del furto, sono lavori che si realizzano allaperto o in momenti relativi. Non cè lobbligo della bottega, lorario dellambulatorio. Il risultato è un prodotto contrattabile, ma costruito a misura del proprio tempo e della propria voglia. Questa si chiama LIBERTA, un modo di essere che sconcerta e spaventa chi ha fatto della libertà una serie di regole e di orari, di obblighi e di convenzioni. Infine la morte, vista non come fine fisica e corporea, ma come limite estremo ed ineluttabile dello spazio-libertà. Ma della morte e di coloro che lhanno incontrata, i rom insegnano: non sta bene parlare dei morti. Ecco quindi che allinterno di queste considerazioni i raccontini e le poesie di Toni assumono un altro significato. Toni si muove libero ed abile allinterno di queste considerazioni e di questi mondi, spazia con la fantasia e considera con la razionalità di chi crede che questi mondi si possano incontrare e armonizzare al di là della dura realtà storica che lo riconduce sempre alla vita segregata del campo, alla politica assistenziale, al disprezzo, alla diffidenza ed alla arroganza di fronte alle quali non può che affermare con innocente, furbesco orgoglio: sono solo uno zingaro. Il libricino di Tony è autoprodotto, in attesa di un editore. Chi volesse leggerlo e comprarlo può trovarlo alla libreria Fahrenheit 451 di Piazza Campo de Fiori 44 tel 06.6875930, a 6 euro. Di Toni http://www.tonizingaro.net/libri.htm http://www.caritasroma.it/Romacaritas/4-2002/toni.htm http://www.carta.org/cantieri/ny/non_sara.htm Dei Rom http://www.criad.unibo.it/~galarico/ATUALITY/BIB_NOM.htm http://www.vurdon.it/02.htm http://www.forumsolidarieta.it/kwadunia/nomadi/culturarom/bibliografia.htm Del Nomadismo: http://www.provincia.venezia.it/medea/nomad.htm Deleuze G. Guattari F., Mille plateaux. Capitalisme et schizophrénie, Editions de Minuit, Paris 1980 http://www.mimesisedizioni.it Deleuze G., Felicità nel divenire. Nomadismo, una vita, Mimesisedizioni, Milano1996 Tiziana Villani, I cavalieri del vuoto. Il nomadismo nel moderno orizzonte urbano, Mimesisedizioni, Milano1992 --------------------------------------- R. Guacci, M. Rusconi, Il pozzo segreto. Cinquanta scrittici italiane pres. da Cutrufelli, Edizioni Fahrenheit 451, Roma 1990 http://www.filosofia.unina.it/tortora/sdf/Quattordicesimo/XIV.5.html Rosi Braidotti, Soggetto Nomade, Donzelli, Roma 1995 http://digilander.libero.it/raccontarsi/raccontarsi-ibiza/interventi_e_discorsi2.htm |