L'illusione di vivere senza nemico


di ADRIANO SOFRI

VIVERE senza nemico? Quelli come me, venticinque anni fa, si persuasero che non si trattasse di correggere e riconvertire un orientamento politico (quello che andava sotto il nome magnanimo di rivoluzione), ma di convertire dalle radici un modo di pensare. Lo slogan che preferimmo per significare questo mutamento, questa smobilitazione da dopoguerra, era: vivere senza nemico. Nel corso di un quarto di secolo quella idea, che allora era apparsa promettente come una liberazione, è stata messa duramente alla prova. Essa è piuttosto un ideale, cioè qualcosa cui tendere.

E DUNQUE qualcosa che non si realizza mai compiutamente, e che ammette eccezioni, delusioni, regressioni. Il nemico c'è, e viene a cercarti. Si può fare come i bambini, e i santi, mettersi le mani sugli occhi chiusi, e dire: "Non mi vedi". Oppure misurarsi col nemico, badando a ridurre al minimo la dipendenza da lui. Il pacifismo è a volte un modo di negarne l'esistenza, fino a lasciargli mano libera. Si sentì più angosciosamente l'impossibilità (e poi la viltà) di questo schematismo negli anni di Sarajevo e di Srebrenica. Una complicazione viene dal privilegio provvisorio di chi non ha un nemico proprio, e si spinge all'indulgenza verso il nemico altrui. Un egoismo, un pacifismo per conto terzi - come fu l'appeasement di Chamberlain a Monaco del 1938. Oggi la questione è tornata improvvisamente essenziale, con una speciale drammaticità, perché riguarda un cimento col nemico sulla scala dell'intero pianeta. E, per giunta, su una frontiera poco territoriale, mimetica e ideale. Disabituati alla distinzione, si è in tentazione di denunciare l'Islam universale come nemico, o all'altro capo di ripudiare il sentimento stesso dell'inimicizia. Nell'occasione dell'incontro fra personalità musulmane e cristiane convocato dalla Comunità di Sant'Egidio a Roma, ho appena sentito una persona saggia ed esperta come Andrea Riccardi ripetere che il punto è di imparare a vivere senza nemico. Non credo che importi per questo che si abbia o no una positiva fede religiosa. Lo stesso cristianesimo, e cattolicesimo, può suscitare uno spirito rovente di inimicizia, o di amore per tutto ciò che esiste. Tutto ciò che esiste viene da Dio, e tuttavia il Nemico contende a Dio il creato. Così ondeggiamo fra la crociata e il disarmo unilaterale. In realtà, ci dividiamo fra inermi di principio e guerrieri per vocazione, gli uni spregiatori degli altri, gli uni parassiti degli altri.
Il nemico può arrivare a cercarci dentro la nostra casa, nel cuore di Manhattan. Non siamo preparati. Non lo siamo per tre cause almeno. L'evangelismo senza nemici è solo una, e non la più influente. Il cosiddetto relativismo culturale, cioè l'abitudine a considerare relativa -parziale, contraddetta, arrischiata - la nostra scala di valori, e meritevoli di rispetto e attenzione altri sistemi di valori, è la seconda ragione. La terza, ormai la più influente, è nel costume: nel pregio assegnato al piacere, alla piacevolezza e all'apparenza, nell'avversione al dolore, alla pazienza e alla fatica, nel ripudio del virilismo, nell'estetica e nell'anestesia. Si dice dell'antica Sibari che perfino i suoi cavalli preferirono mettersi a danzare piuttosto che muovere all'incontro del nemico. Machiavelli derideva amaramente l'Italia del suo tempo, affidata a truppe mercenarie, che si lasciava "pigliare col gesso" dall'invasore forestiero. La nostra civiltà può apparire ai suoi odiatori, che l'hanno frequentata e ne sono stati attratti e respinti, come una Sibari pronta a cadere per effeminatezza, come un'Italia da sottomettere col gesso. Abbiamo dei nemici. Uomini pii, addestrati piamente a uccidere e morire, come insegnano i loro ripugnanti dépliant di istruzioni. Sono pochi, benché non pochissimi, e autori di una mutazione culturale, avendo innovato l'idea del suicidio e della guerra. Chiamano martirio nella guerra santa quello che noi siamo costretti, in mancanza dell'idea, a chiamare suicidio, e chiamano guerra la strage di ignari moltiplicata dall'affollamento del mondo e dalla potenza dei suoi utensili ordinari. La loro sarebbe un'invasione di alieni, se non si fossero mutati guardandosi nel nostro specchio. E soprattutto se non avessero un legame, da campioni drogati a tifoseria, con enormi folle umane accese a loro volta dalla frustrazione e dall'odio. Il legame arduo che le avanguardie di popoli e classi dovevano cercarsi attraverso dogmi e ideologie e chiese e partiti, viene loro regalato dal richiamo a una fede comune, l'Islam, abusivo ma ricattatore, sicché i tanti Islam non trovano facilmente il coraggio morale e l'indipendenza intellettuale necessari a espellerli senza riserve. Né devono conquistare uno Stato, un governo, un territorio: agendo come una Internazionale capace di forzare al proprio scopo Stati governi e territori altrui. Certo che l'Islam non è terrorista, e che il bersaglio più frequente e spietato del terrorismo islamista è la moderazione e l'inclinazione laica nei paesi islamici. Ma è vero anche che l'appello alla vera e retta lettura del Corano è un'obiezione irrilevante alla violenza islamista. La filologia onesta non ha mai rallentato il passo dei fanatismi fondati su una scrittura sacra, cristiana o musulmana o marxista-leninista, e scatenati in guerre di religione, nelle "guerre per un paragrafo", come le chiamava Voltaire. Al contrario, la filologia è il riparo degli sconfitti e perseguitati dalla Parola trionfante in forza delle armi e del sangue. Non è citando la condanna (raccapricciante, del resto) del suicidio nel Corano che si avrà ragione dei suicidi terroristi, o si ridurrà il loro prestigio agli occhi delle folle.
Intanto, i nemici ci sono, e vengono a cercarci. Possono vincere? Forse no, ma noi possiamo perdere. Possiamo fare molto male a noi stessi, e al modo di vivere che amiamo -che non coincide senz'altro con quello vigente. Possiamo perdere subito le prime prove, per scarsa combattività. Lo stesso imbarazzo con cui nominiamo questa formula, che appartiene al gergo tecnico della boxe, arte già nobile e oggi contestata, ne è un sintomo. Non dobbiamo affatto vergognarcene, al contrario: la civiltà amabile e socievole cui tendiamo ha al centro una diserzione dalla brutalità, una premura per la fragilità e la debolezza, un'ammirazione per la cedevolezza e la simpatia. (E' strano, però, che sia così ipnotizzata dalla finzione della violenza più brutale, e dai record gratuitamente estremi). Ma essa soffre di una sproporzione. Essa accumula la potenza, una potenza fisica incorporata in congegni e ordigni di meravigliosa e micidiale genialità, e la contrappone a una umanità tendenzialmente più imbelle, renitente all'infortunio e tanto più al rischio della vita. La caccia e il servizio militare non le si addicono più. Ha dei giovanottoni di trent'anni che si accomodano in una nicchia di Grande Fratello e dopo una settimana piagnucolano e hanno tanta nostalgia di casa. Essa compensa col divario schiacciante di scienza tecnologia e ricchezza tradotte in armamenti la svalutazione che della vita personale su questa terra fanno i suoi odiatori: ma l'handicap nella tempra agonistica minaccia di essere troppo forte. (Lo si vede in quel laboratorio della vicenda planetaria che oppone in un fazzoletto di terra Israele e Palestina, il rapporto fra potenza militare e crescente renitenza alla leva in Israele, e moltiplicazione dei "martiri" suicidi e assassini palestinesi). L'irruzione inattesa del nemico in una società disabituata, e anche moralmente restia ad ammetterne l'idea, spingerà ad affidarsi alla sua gente più disponibile e adatta alla guerra. Quando la guerra, finalmente, non è più il modello ispiratore dell'educazione, dell'addestramento dei corpi e della formazione dei caratteri, i combattenti si reclutano piuttosto fra le persone più illese dalla delicatezza e dalla convivialità dei costumi. Tanto più se la guerra inaspettata è per definizione dichiarata "sporca": si ricorrerà a bravi specialisti e a fervidi patrioti, ma anche a qualche sporca dozzina, a qualche legione straniera, e comunque a maneschi e spavaldi, di quelli che in guerra prendono le medaglie e al ritorno vanno in galera per rissa e vagabondaggio. È un problema ricorrente: lo avevamo appena lasciato, su una scala locale, a Genova. Paragonerò grossolanamente, senza urtare suscettibilità, la vicenda genovese a quella planetaria che l'ha seguita e surclassata. C'è un'irruzione aliena e in costume, i Black Bloc. C'è un "movimento" che nella sua vastissima composizione pacifica e pacifista è travolto dalla violenza aliena: esclude in principio ed è incapace di fatto di costituire un proprio servizio d'ordine, di esercitare una forza a propria difesa. C'è, terzo ingente attore, lo schieramento delle forze dell'ordine, nel quale, sulla spinta dell'assalto Black Bloc, prevalgono naturalmente i reparti e gli individui più sbrigativi e spregiudicati, a scapito del mucchio pacifico e pacifista. Il quale, naturalmente, ha ragione a temere di mettere in moto nelle proprie file lo stesso meccanismo di selezione alla rovescia, per costituire un servizio d'ordine. Le cose sono complicate.
Figurarsi su scala mondiale. Si direbbe che bisogni tenersi caro l'ideale di un mondo senza nemico (più concretamente, di non lasciar modellare la propria personalità dall'inimicizia) ma insieme reintrodurre l'esistenza attuale del nemico nella nostra immaginazione quotidiana, nell'educazione, nel linguaggio. Rimuovere il nemico vuol dire ingigantirne il fantasma, e disarmarsi, anche moralmente, di fronte ai suoi colpi. Vuole dire anche dividersi fra pacifici pacifisti e specialisti del nemico e della (sporca) guerra. I quali specialisti resteranno indispensabili, e solo la cattiva ipocrisia li farà disprezzare in tempi ordinari e convocare in tutta fretta quando suoni l'allarme: sia detto anche per la Folgore, delitti privati e pubblici eroismi. Io continuo a pensare ai passeggeri dell'aereo di Pittsburgh, che non si erano addestrati su un disgustoso vademecum del martire.

BUSH: HO DETTO MOLTE PREGHIERE

WASHINGTON - Gli obiettivi degli attacchi sono stati scelti con cura fra le istallazioni militari, ha annunciato il presidente Bush. Bush ha affermato di avere dato l'ordine dell'azione solo dopo avere fatto 'molta attenzione' e avere detto 'molte preghiere'.Poi,rivolto ai militari:la vostra missione e' definita,i vostri obiettivi sono chiari,il vostro fine e' giusto. Fra i Paesi che hanno dato assistenza militare, Bush ha citato Australia, Canada, Francia e Germania, oltre alla Gran Bretagna, che ha impegnato forze nell'operazione. (ANSA). KDU
07/10/2001 19:44

Attacco agli Usa:
fratello Bin Laden socio di Bush

Il presidente americano George W. Bush sarebbe stato in affari con uno dei fratelli di Osama Bin Laden, il miliardario saudita indicato come il massimo responsabile degli attacchi a New York e Washington.
Lo scrive oggi il quotidiano britannico 'Daily Mail'.
Secondo il servizio pubblicato dal giornale, Salem Bin Laden e George W. Bush avrebbero fondato insieme, nel Texas, una compagnia petrolifera, la 'Arbusto Energy'.
Salem, uno dei 54 fratelli di Osama, morto nel 1983 in un incidente aereo nel Texas, avrebbe investito gran parte del suo capitale derivante dall'eredità del padre in compagnie petrolifere e nel 1978 aveva nominato James Bath, un intimo amico di George W. Bush come sua rappresentante a Houston. Sempre stando al giornale britannico, Bath avrebbe investito la somma di 50 mila dollari nelle azioni della 'Arbusto' e, sempre per conto di Salem Bin Laden, avrebbe acquistato l' aeroporto della 'Houston Gulf'. (Red)

MARCO

6-10-01 Bush senior era capo della CIA

George Bush, figlio di un banchiere di Wall Street, divenne il 41esimo presidente degli Stati Uniti nel 1989 dopo essere stato pilota dell’aviazione navale, petroliere, deputato al Congresso, ambasciatore all’Onu e in Cina, capo della Cia e vicepresidente con Ronald Reagan dal 1981 al 1989.
Dopo la guerra del Golfo contro l'Iraq "la popolarità di Bush negli Usa giunse a un livello mai toccato prima da un presidente", cioè al 90%, esattamente come ora il figlio.

Nel 1993 fu sconfitto da Clinton anche perchè Bush fu accusato di aver appoggiato Saddam Hussein con soldi ed armi fino a una settimana prima dell'invasione del Kuwait (scandalo BNL-Atlanta, ecc..).

Un altro suo figlio è governatore della Florida, lo Stato al centro dei brogli elettorali nelle elezioni presidenziali di un anno fa.

Nei giorni scorsi, mentre il figlio sta dichiarando la terza guerra mondiale, ha fatta una strana visita di piacere a Milano, con "una puntatina in Svizzera per salutare un amico".

C'è chi dice che è andato a sistemare qualche conto e qualche affare in sospeso con qualche arabo poco presentabile.

Nella due giorni milanese Bush è stato ospite del "sinistro" finanziere Carlo De Benedetti ed ha partecipato - con la "crema" dei padroni italiani- a una cena organizzata dal gruppo finanziario americano «Carlyle»; questa banca d' affari agisce in 50 Stati in tutto il mondo e in essa vi "lavorano" Bush senior, il suo ex segretario di Stato James Baker e l' ex premier inglese John Major.

Ha dovuto poi rinviare la partenza per gli Usa perchè invitato in pompa magna a Roma da Berlusconi, Ciampi, Veltroni e dal Papa.

COBAS

BERLUSCONI, ITALIA PRONTA AD OPERAZIONI MILITARI

ROMA - 'L'Italia esprime un appoggio incondizionato a gli Stati Uniti', alle cui richieste non abbiamo mai messo limiti', ha dichiarato il presidente del Consiglio, Berlusconi.'Siamo pronti a partecipare alle operazioni militari'. 'Il Paese dara' prova di concordia e unita''. 'Le forze dell'ordine presidiano gli obiettivi sensibili'. Berlusconi partecipera' domani ad una riunione con il Capo dello Stato e i ministri della Difesa, Esteri e Interni. 'Se e' possibile - ha concluso - credo che si possa considerare opportuno l'anticipo del dibattito parlamentare a domani. KDU
07/10/2001 19:55

AFGHANISTAN, Rutelli e Fassino: "giusto punire i terroristi, senza coinvolgere innocenti." Folena:"E' l'azione chiesta dall'ONU." 8 Ottobre 2001
Roma, 7 ott. - (Adnkronos) - ''E' giusto punire i terroristi responsabili di uno dei piu' orrendi crimini della storia, che ha colpito gli Stati Uniti ed e' stato oggi apertamente rivendicato da Bin Laden. E' anche necessario che si confermi che questa azione di polizia militare sia mirata, evitando il coinvolgimento di persone innocenti e si accompagni a interventi umanitari a favore delle popolazioni civili afghane''. E' la dichiarazione di Francesco Rutelli e Piero Fassino che, a nome dell'Ulivo, commentano gli attacchi all'Afghanistan. ''E' anche necessario, a maggior ragione da questa sera in avanti, -prosegue la nota- mantenere salda l'alleanza mondiale contro il terrorismo, coinvolgendo pienamente il mondo arabo moderato, rafforzando l'impegno per conquistare una pace stabile tra gli israeliani e i palestinesi e dando alle Nazioni Unite gli strumenti capaci di combattere le ingiustizie e i mali che affliggono troppa parte dell'umanita'''. (Pol-Cor/Zn/Adnkronos) 07-OTT-01 22:58 ATTACCO A KABUL: FASSINO, ECCO DOCUMENTO ULIVO OPERAZIONE POLIZIA INTERNAZIONALE CHE EVITI COINVOLGERE CIVILI (ANSA) - ROMA, 8 OTT - Piena legittimita' a un'operazione di polizia internazionale che pero' si concentri su obiettivi mirati evitando di coinvolgere popolazioni inermi: e' questo uno dei punti principali del documento elaborato dall'Ulivo in vista del dibattito parlamentare di domani, illustrato da Piero Fassino in una conferenza stampa con Rutelli. Fassino ha cosi' elencato i vari punti del documento: ''Punire chi ha ideato e sostenuto l'organizzazione degli attentati agli Usa. E da qui - ha aggiunto - piena legittimita' all'operazione di polizia internazionale messa in essere dagli Stati Uniti dando corso alle indicazioni dell'Onu. Un'operazione - ha chiarito - che pero' si concentri su obiettivi mirati, evitando di coinvolgere popolazioni inermi. Parallelamente e' necessario il dispiegarsi di iniziative diplomatiche per dar sbocco alla situazione in Medio Oriente. Va poi rilanciata ogni iniziativa per favorire il dialogo tra religioni, civilta' e Paesi per rafforzare l'unita' della comunita' internazionale. Inoltre - ha proseguito Fassino - bisogna dar corso ad un vasto programma di aiuti alle popolazioni e ai profughi. Condividiamo i contenuti della risoluzione dell'UE e chiediamo al Governo di dar corso a tutte le iniziative contenute in quella risoluzione in materia di cooperazione di polizia giudiziaria nella lotta al terrorismo''. Secondo Fassino, ''questa posizione rende evidente l'assunzione di responsabilita' nazionale che l'Ulivo sente di manifestare di fronte a questa crisi''. (ANSA). ATTACCO A KABUL: FOLENA, E' L'AZIONE CHIESTA DALL'ONU LAVORARE PER POSIZIONE COMUNE ULIVO IN PARLAMENTO (ANSA) - ROMA, 8 OTT - I Ds ritengono che l'attacco aereo portato dalle forze anglo-americane sull'Afghanistan rappresenti ''un'azione di polizia internazionale cosi' come auspicato e richiesto anche dal Consiglio di sicurezza dell'Onu che aveva dato un ultimatum ai taleban''. Cosi' Pietro Folena sintetizza il giudizio emerso stamane dalla riunione del comitato dei reggenti della Quercia, sottolineando che i Ds ''intendono lavorare perche' l'Ulivo arrivi ad una posizione comune'' sugli ultimi avvenimenti, da concretizzare ''in un documento comune in vista del dibattito parlamentare''. Ai giornalisti che gli fanno presente come posizioni molto critiche sull'azione in Afghanistan siano state assunte non solo da Rifondazione, ma anche da Pdci e Verdi, Folena risponde: ''Anche noi siamo contro la guerra e se un' escalation dovesse portare a scenari di guerra che colpiscono le popolazioni civili il nostro giudizio muterebbe. Anche per questo - sottolinea - riteniamo che ci siano le condizioni oggi per una posizione comune dell'Ulivo''. Secondo il coordinatore dei reggenti i bombardamenti di questa notte ''rimangono proporzionati agli obiettivi indicati dall' Onu, vale a dire punire i colpevoli degli attentati negli Usa''. Dunque se e' giusto ascoltare le voci piu' critiche della sinistra, a partire da Rifondazione, bisogna anche ''sapere - afferma Folena - che l'obiettivo comune e' impedire che il terrorismo colpisca o cerchi di strumentalizzare, come ha fatto Bin Laden nella registrazione televisiva diffusa ieri, tante legittime ragioni di insoddisfazione a cui occorre dare voce''. E contemporaneamente i Ds auspicano che l'Italia e l'Europa ''siano protagoniste di una offensiva umanitaria'' volta soprattutto a soccorrere le popolazioni civili dell' Afghanistan. Quanto ai Ds Folena sottolinea che ''anche se non mancano sfumature diverse'' nel partito per ora su questa posizione ''c'e' una forte convergenza. Ci sono tutte le condizioni - afferma - perche' il partito resti unito. La posizione della sinistra e' storicamente a favore della pace - dice Folena, rispondendo anche ad una domanda sulle posizioni nella mozione Berlinguer - ma cio' non significa essere inerti e inermi nei confronti del terrorismo''. (

BERTINOTTI,SI' A RICHIESTA ARAFAT; Per intervento osservatori Onu

ROMA - Il Prc sostiene la richiesta avanzata da Yasser Arafat di inviare in Medio Oriente degli osservatori internazionali. E' quanto afferma il segretario del partito, Fausto Bertinotti, in una lettera inviata allo stesso presidente dell'Autorità palestinese. Secondo Bertinotti, quando 'l'occupazione militare giunge sino all'Orient House, vuol dire che si è scelto di precipitare in una logica di guerra senza alternativé.