Guerra ed etica mass-mediale

di Vito Veneziano

Solo un pazzo non condannerebbe sotto ogni punto di vista l'atto
terroristico che ha ferito New York e l'America l'undici settembre scorso.

Da un punto di vista sostanziale, far pagare ad innocenti (e soprattutto ad
innocenti civili) la propria rabbia, qualunque sia l'origine di questa, non
e' mai giustificabile. Mai.

Anche da un punto di vista prettamente politico, l'atto terroristico relega
chi l'ha deciso alla vergogna che spetta a chiunque muova le leve del
comando senza averne capacità intellettuali e strategiche per farlo. Sia
ben chiaro: dico questo considerando che l'attacco terroristico sta "di
fatto" fornendo un ottimo appoggio agli USA per rinforzare la propria
egemonia mondiale, questo anche grazie ai politicanti europei che non
riescono a disegnare dei pur minimi "distinguo" tra la legittima e doverosa
azione contro (ed esclusivamente contro) i terroristi, in nome di una
concezione del diritto che pensavamo almeno per noi occidentali acquisita e
che invece così non é, ed il feticcio para-medioevale di una cosiddetta
"guerra di civiltà" (mai concetto potè essere più incivile) da sventolare
in faccia alla pubblica opinione.

In tutto questo, tuttavia, non sfugga alla nostra ragion critica anche il
peso che in quell'attentato, come nelle guerre immediatamente precedenti o
ora in questa afghana, sta giocando il bombardamento dell'informazione più
di quello degli aerei e dei missili.

Muovo questo grido di allarme perchè la massmedializzazione dell'attacco e
delle sue possibili conseguenze congiunge in questo noi occidentali a tutti
coloro che, sparsi nel mondo, hanno interesse a ridurre l'etica del
rispetto nei confronti dell'essere umano ad un servizio giornalistico:
tanto meglio sarà fatto il servizio giornalistico, tanto più grave sarà il
crimine. In questo, muovendo la sensibilità dell'umanità da una soglia di
etica "astratta" e generale, capace cioè di giudicare un qualunque episodio
dalle sue caratteristiche sostanziali (per esempio, un omicidio), ad
un'etica di tipo "concreto" e parziale, atta al giudizio di un qualunque
episodio solo sulla base delle sue caratteristiche fenomenologiche (per
esempio, un omicidio "efferato").

Proprio e pure per questo motivo é dunque condannabile l'attacco alle
torri: proprio per la consapevolezza che la massmedializzazione (scelta
anche da chi faceva quegli attentati) possa rischiare di muovermi da un
giudizio generale ad uno di tipo parziale, rischio che deve "terrorizzare"
davvero perchè un domani il potere persuasorio della comunicazione di massa
ci dirà su chi piangere e su chi no, il che, ribadisco, va esattamente
contro la nostra cultura del diritto che presuppone ogni soggetto di
diritto uguale alla legge, indipendentemente dalla sua abilità comunicativa
o retorica.

Tanto più questa preoccupazione deve essere presente quanto si consideri
come l'informazione sia diventata oggi un perfetto "business", capace di
muovere miliardi di dollari in tutto il mondo non avendo come obiettivo
ultimo la salvaguardia del valore umano in sè (in questo, caro Kant, non
abbiamo proprio capito nulla della tua lezione morale), ma la capacità di
riprodurre flusso di dollari e profitto.

L'ansia di "real TV", quella che ci spinge ad essere "guardoni" da Grande
Fratello per vedere "una verità della vita" che ci sfugge nella sua
quotidianità e che ci impongono di credere sia riacquistabile solo
attraverso il tubo catodico, può essere, non da oggi (ricordate il "panem
et circenses"?) motivazione sufficiente per scatenare dolore, registrarlo e
venderlo al pubblico per tenerlo buono, in questo assuefacendolo
all'ingiustizia e al non-senso dell'operato politico.

Cosa sarebbe di questa guerra afghana se non ci fosse la CNN? O la sua
analoga araba? Due scenari mi vengono in mente. Il primo: forse si
tenterebbe di prendere Bin Laden e di portarlo davanti ad un tribunale,
senza gettare bombe su una popolazione già tormentata dalla povertà e da
una politica sufficientemente anti-umana. Il secondo scenario: per una
volta indipendenti dal potere dell'informazione occidentale, in mano ad una
lobby ben nota, i nostri politicanti potrebbero ricordarsi delle
risoluzioni ONU ed indurre Israele ad accettare il fatto che i Palestinesi
hanno diritto reale ad una loro terra.

La realtà che al momento mi si presenta é tuttavia quella di una società e
di una politica schiava dell'informazione, a sua volta deprivata di ogni
etica perchè diventata business, e dunque mossa dall'unico criterio che il
business conosce: il profitto. Anche a costo dell'uomo.