FRA TUTTE LE RIFORME COSTITUZIONALI.

di bruno aprile.

Ho letto un articolo sul CdS dell'11 settembre 2004 (pagina 11) intitolato: “Le Riforme vanno in Aula, restano gli ultimi nodi”.

Nell'articolo è scritto: "... Cambia anche il potere di grazia, per concederla il Quirinale non avrà più bisogno della controfirma del ministro della Giustizia (che non è più definito, com'è adesso in Costituzione, "proponente", ma "competente".

Chi dichiara quanto sopra non può altro che addurre l'art. 89 della Costituzione italiana (legge fondamentale del Bel Paese – cfr. art. XVIII disp. trans. e finali), che recita: “Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità”.

Gli atti di cui si parla all’art. 89 sono quelli relativi alle iniziative dei  ministri (quali "proponenti" - appunto), che devono presentare, per prassi stabilita, al Presidente della Repubblica; iniziative che riguardano le materie e i compiti assegnati ai ministeri che presiedono.

In merito alla "grazia" non bisogna far riferimento all'art. 89, poiché la "grazia" è citata esplicitamente e specificatamente all'art. 87 Cost., che, nell'elencare i compiti del Presidente della Repubblica, recita che (egli): "Può concedere grazia e commutare le pene"... senza porgli alcuna condizione. Per di più, il verbo usato, CONCEDERE, è riferito soltanto a lui.

Non può essere che questa la corretta interpretazione, poiché quella riportata nel citato articolo si scontrerebbe indiscutibilmente con l'art. 87.

Basterebbe già il confronto dei due citati articoli della Costituzione per dissolvere i dubbi... ma se dovessero ancora essercene si può capire meglio la questione leggendo gli artt. 681 e 665 c.p.p.

Al comma 4 dell'art. 681 del Codice di Procedura Penale si legge che il decreto di grazia può essere emanato (dal Presidente della Repubblica, ovviamente) "anche in assenza di domanda o proposta" e dice anche che diviene "esecutiva" per mezzo del "Pubblico Ministero presso il giudice indicato all'art. 665", ovvero "il giudice che aveva emesso la condanna..." (art. 665). Il ministro della Giustizia non ha nessuna parte nella questione, se stabilita dal Presidente della Repubblica.

Il comma 4 pone un'alternativa a quanto stabilito dal comma 1 ed è in perfetta armonia col principio costituzionale esposto al citato art. 87.

Parentesi:

Si precisa che la Costituzione italiana è un modello su cui legiferare (codici e leggi dovrebbero rispecchiare i dettami costituzionali). Laddove non esiste una legge (che tratta una materia, una questione, o checchéssia), bisognerebbe giudicare facendo riferimento alla Costituzione italiana, ma dove esiste una legge, che applica il principio Costituzionale su una certa questione o materia, è questa che determina il giudizio (nella fattispecie gli artt. 681 e 665 del c.c.p.)

Chiusa parentesi.

Si evince chiaramente, quindi, che la "grazia" è sempre stata, ed è tuttora, un'esclusiva/o facoltà/potere del Presidente della Repubblica… e, per amor di corretta informazione (chè è importante quanto il pluralismo dell'informazione), sarebbe bene dirlo; altrimenti si accresce solo la confusione che regna nella mente della stragrande maggioranza dei cittadini e dimostra, ancora una volta, che TUTTI i nostri rappresentanti eletti fanno ciò che vogliono infischiandosene della Costituzione, delle leggi e, soprattutto, delle opinioni e delle reazioni di chi li elegge.

P.S. Se la questione è un residuo della recente polemica della grazia a Sofri è bene fare un distinguo: Un conto è essere d'accordo o meno su concedere la grazia a un ex-terrorista e un altro conto è adattare la Costituzione italiana e le leggi a piacimento dei politici di turno al governo e scavalcare quindi i poteri istituzionali di chi è competente su una determinata materia o questione.  

 

 

 

 

 

 

 

 

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