Sulle Gabbia degli Imbelli

Ho visto una volta un film che terminava con una frase stucchevolmente retorica: “La cosa più triste che ci sia è il talento sprecato!”. Idiota. Nel senso più antico del termine: concetto tanto semplice quanto vero.

Ma non è questo che mi fa rabbia quando vedo, sento e vivo i miei fratelli di prigionia.

Si, anch’io sono in gabbia, una gabbia stupida, priva di serratura e di carcerieri, pensiamo noi a tutto, siamo la vittima, il mandante, il sicario, torturato e torturatore, forniamo grida e risa, non serve altro, noi ci bastiamo da soli.

Tutto ciò che ci circonda aiuta parecchio la nostra autoflagellazione:

1) casa – genitori – famiglia gabbia dolce e rassicurante, per questo tanto più forte;

2) Scuola – uni – lavoro, rappresentazione perfetta dell’inettitudine della realtà che – sempre più chiaramente – NON ci vuole;

3)Media – amici&nemici che impongono a noi le loro scelte, i loro modelli e le loro sofferenze, coloro che potrebbero aiutarci spesso danno il colpo finale per buttarci giù;

4) Ragazza – ragazzo – moglie – marito, sempre più spesso un/a idiota che ti sta attorno solo perché non ha niente di meglio da fare…O almeno questo è quello che noi pensiamo…

Sono inutile, orrida e grassa…anche se pesassi 20 kg…Sento che mi sentirei grassa uguale

Le mie giornate passano nella mia mente… E’ come se mi vedessi in una città deserta subito dopo un temporale. Solo solo, fa buio, non ho mete e passeggio, sempre più velocemente e nervosamente, so cosa succederà fra breve. Mi attorciglio, l’immagine si distorce, rotolo nervosamente attorno ad un tombino: la mia angoscia nera. Il tempo passa,le lacrime scendono, la paura si fa stringente ed io continuo a rotolare vicino al tombino, sempre più vicino,vicino…Vicino…Fino a quando rotolo giù senza ne braccia ne gambe nel buio, la depressione, è la paura della depressione che porta alla depressione. Oscuro evocato dall’oscuro. Sto li fino a quando posso piangere

Ma gli agenti tentatori della società potrebbero fare poco senza la nostra fattiva collaborazione. E’ difficile da accettare all’inizio, difficile se non impossibile, nessuno di noi ammetterà mai che sta urlando dentro una gabbia la cui chiave è appesa al proprio collo; nessuno di noi all’inizio sospetta che le immagini che lo tormentano, i pensieri che lo frustrano, le emozioni che lo dominano, hanno potere solo perché noi ne concediamo loro.

Scavare dentro se stessi è un pericolo, non si può tornare indietro, se è un bluff il gioco che stai facendo, lo scoprirai presto, se la tua sofferenza era solo una patina, scoprirai che quell ’ antico dolore era la cosa più confortante che possedessi. Il tuo dolore è solo la superficie, la schiuma alla bocca, il rossore, niente di più della notevole punta di un iceberg. Tu, fratello mio, sai bene che in fondo in fondo…Ti conviene mantenere il rossore, la schiuma alla bocca, l’autolesionismo, il vomito, il pianto, la paranoia pur di non andare la dove hai sempre temuto di essere mandato: a fare i conti con te stesso, il nemico più furbo, scaltro, attento ed implacabile che potesse essere progettato.

Forse è proprio la realtà a fare paura. Per me è così almeno. Applicare il ragionamento “ai massimi termini” alla realtà è davvero sconfortante. Molti di noi vivono in un mondo fantastico proprio perché non possono vivere nel mondo reale. Troppo distante dai propri sogni. Se si cresce a forza di Holly e Benjii si ci ritrova in un mondo ostile, strano, ambiguo…Dove la virtù e la caparbietà contano poco o nulla, dove gli obiettivi sono labili, le mete confuse e nulla di veramente importante sembra anche reale. Almeno così è agli occhi dei miei fratelli. Per chi vive nei sogni trovare un posto nella realtà può essere difficile, pericoloso, se non letale. Il niente ed il tutto si confondono, la nostra condizione è particolare, vive e risente di una serie di fattori scatenanti che sono anch’essi particolari, ma è automatico per gente come noi allargarla a dismisura, al passato ed al futuro, nel senso di disperazione che

facilmente ci soverchia, viviamo tutta la vita in pochi attimi, tutta una vita e spesso più vite, tutte inutilmente dolorose, brevi e futili, la morte può farci sfuggire a questa girandola sanguinante…Ma anche la morte fa paura. Forse più della vita.

La gabbia è li, visibile, ancora più odiosa perché senza confini, la gabbia è la vita stessa e la nostra incapacità di coglierla e saperla apprezzare, goderne, fino alla fine fino in fondo. Tra le ceneri di pensieri angoscianti e macerie di rovine fluttuanti nel nostro mondo, un’altra giornata termina.

 Io voglio solo essere lasciato in pace. Sono uno studente del Liceo, studio, si…Non tanto a dire il vero, però…E’ un incubo. Come questo, tutto il resto. Non ho amici. Se davvero per amici si intende quel branco di ipocriti che sta sempre appollaiato sulle tue angosce…No. Non ho amici non ne voglio. Loro non mi hanno voluto veramente…Io sono sempre stato un ragazzo chiuso e brutto. Le ragazze non mi guardano. anzi mi prendono in giro sempre… Ed i miei “amici” non perdono occasione per farmi sentire diverso, strano. Forse lo sono, sono strano, non ho i loro stessi pensieri, le loro stesse esigenze, ma mi piacerebbe divertirmi come loro, non angosciarmi per tutte quelle cose che ho in testa, mi piacerebbe essere contento come sembrano sempre loro…Non lo so come fanno.

Fin qui sembrerebbe che non ci fosse nulla di nuovo, ne per me ne per i miei fratelli. La chiave di volta invece sta proprio qui. Per me è stato così, e credo che per molti altri le cose siano simili. La vita, la morte, l’inutilità, la banalità, la caduta dei valori, la morte di Dio, la morte dell’anima, l’annientamento dell’ideale, il nichilismo che ci divora…Sono nostri fantasmi. Maschere dietro cui NON viviamo. Non c’è nulla di glorioso, o di utile nel non credere, nel non sperare, nel non amare, nel non volere, in definitiva nel non vivere. C’è molto di utile. I miei fratelli ed io siamo Gli Imbelli.

Coloro che preferiscono non diventare goccia nel mare quale ogni uomo al mondo è, per scegliere di vivere nel proprio titanico, patetico, gigantesco mondo di affabulazioni personali.

Odio il mondo e soprattutto gli omuncoli che lo abitano. Gente inutile, vuota, bastarda, malvagia, che può solo far del male a se stessi e a gli altri…Sporchi soprattutto. Sono sempre tutti sporchi. Non voglio che si avvicinino a me,mai. E’ come se vivessi in un mondo fatto di scarafaggi giganteschi che si baciano, si toccano, si scambiano fluidi copulando…Nessuno si accorge di niente. Uscire è improponibile per una asserragliata come me. Il problema è quando questi ti vengono a casa…Passo ore ed ore a lavare tutto…Che schifo…Che schifo. Coloro che preferiscono non mettersi in gioco come tutti fanno anche se contrastati dalla gente, dalla vita e dal fato per cercare di realizzare un minuscolo briciolo del loro mondo, non un posto di lavoro in banca o nell’esercito, non la gretta famigliola felice, ma una feroce lotta a morte per ottenere la vita, la forza e l’integrità in una società che, promesse a parte, vuole vederti morto.

Coloro che preferiscono piangere lacrime di sangue sulla vita che vorrebbero vivere e che la malattia impedisce loro di raggiungere, fingendo di non sapere che il problema è la vita a la malattia è il cuscinetto che li sta salvaguardando.

Coloro che preferiscono cancellare completamente il ricordo della loro vita passata per potersi permettere il lusso di piangere il ricordo di una gioventù spensierata ed allegra che ha avuto luogo solo nella propria fantasia.

Coloro che preferiscono non vedere le miserie del resto degli uomini per invidiare il loro status, la loro forza e la loro sicuramentefelice tranquillità.

Mi sono ribellato, a me stesso, certo.

Ho fame. La gente non mi crede ma io ho fame. Non mangio, ma ho fame, ho sempre fame e proprio per questo non mangio. Non posso. Mi fa stare ancora più male farlo, sono sporca, laida ed inutile, devo servire a qualcosa, devo riuscire in qualcosa. Io ho fame ma non mangio, anche se ho il piatto davanti, mi disgusta, non è quello che voglio, le lacrime dei miei genitori mi fanno rabbia. Io li odio come odio me stessa, forse di più…Io non mangio. La vita è la gabbia è per dissolverla basta toccarla, sfiorandola si ci rende sempre più facilmente, conto

che il mondo è in gabbia.

Io non ho problemi. Io non capisco mio figlio. Semplicemente. Il problema è lui non sono io. Non fa amicizie, non si impegna a scuola, non ha neanche trovato una ragazza! Sta sempre a casa a ciondolare…Gli piace ciò che piace a me, ma non vedo entusiasmo in lui, non c’è un briciolo di passione in quello che fa…Anche nello sport. Lui fa canottaggio, come me da giovane, ma non aspira ad arrivare ai miei stessi livelli…Sembra che faccia tutto per forza. Io ai miei tempi ero diverso. Adesso per me tutto è finito. Ma per lui no!Lui deve iniziare a vivere!E non mi aiuta…Non mi aiuta ad aiutarlo.

Nella gabbia ci sono io come tutti; e se il mondo è una merda, banale, inutile, noioso, stupido e sterilmente vuoto, è solo perché la gente come me e come te, sta in disparte, tormentata da se stesso, angosciata dai limiti che si auto impone. Il mondo ideale, le mie fantasie, le mie speranze il mio potente mondo strutturato nelle tensioni morali che mi lacerano faranno parte del mondo se io riuscirò a fare parte del mondo. Il mondo è mio e posso plasmarlo facilmente con le mie mani, per quanto poco possa realmente fare, fratelli miei sono qui per dirvi che io quel poco lo farò di certo.

Nitudio

09/10/2004

 

 

 

 

 

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