FORZATURE PER FORZATI ANTICRISTIANI

LA SACRA SCRITTURA VIOLATA

UN VICARIO CHE SI FA DIO

 

di Luigi Melilli

 

 

Repetita juvant. È un luogo comune che viene ripetuto ad ogni pié sospinto, anche in versioni infami, come, ad esempio, quella del dott. Gebbels:  “Poche idee ripetute milioni di volte.”

Così fa anche la chiesa cattolica romana, perché anche lei  ha dei pallini fissi, e stralcia brani importanti  della Bibbia se questo facilita la diffusione delle teorie che ama inculcare tra la gente più umile e credula.

E questo specie in materia di sesso: anzi, si può dire senza tema di smentita, che il sesso ha costituito una delle ossessioni più devastanti per il  cattolicesimo .

Giorni fa il papa felicemente regnante (e l’espressione è calzante ed adeguatissima alla realtà), se la prese di nuovo con il divorzio, sentenziando nuovamente l’assoluta indissolubilità del matrimonio, che può essere sciolto solo da un suo tribunale conosciuto con il nome curioso di “Sacra Rota.”.

Pòer aver mani libere in queste sue strane statuizioni, si può dire che da sempre la chiesa cattolica segue un metodo ormai collaudato: castrare la Scrittura, tagliando quanto potrebb’essere di impedimento.

Ed ecco come viene evirato il testo relativo al divorzio del Vangelo di Matteo:

 

“Or io vi dico che chiunque manda via la propria moglie, ECCETTO IL CASO DI FORNICAZIONE, e ne sposa un’altra, commette adulterio, e chi sposa colei che è stata mandata via, commette adulterio.” (Matteo, 19, 9)

 

Le maiuscole sono mie e servono per porre in rilievo la parte  che i cattolici hanno non amano citare, anche se poi si trova regolarmente scritta sui testi a stampa. L’inciso scritto con lettere maiuscole non  reca sempre le stesse parole: la Bibbia di Gerusalemme, ad esempio dice: “eccetto il caso di concubinato”, altre edizioni recano cose del genere, ma TUTTE, dico TUTTE le edizioni recano ben in evidenza questa eccezione.  E tuttavia nessuno la cita, neppure i quotidiani! Abitudine che si giustifica con la scarsa alfabetizzazione degli italiani, perché non so davvero se un giochetto del genere potrebbe riuscire all’estero, dove l’alfabetizzazione è stata maggiormente curata.

Dunque la chiesa cattolica si arroga il diritto di emendare, a suo arbitrio, i testi biblici nel parlarne, sottacendo passi che  invece si trovano poi regolarmente scritti nei testi ufficiali. Ma è ben esemplificare, facendo un piccolo florilegio di questi abusi.

Cominciamo dai Comandamenti del Sinai; le parti che la chiesa ha soppresso saranno scritte in lettere maiuscole come sopra.

 

Esodo 20. - “Allora Dio pronunciò tutte queste parole dicendo:

(2) “IO SONO L’ETERNO, IL TUO DIO, CHE TI HA FATTO USCIRE DAL PAESE D’EGITO, DALLA CASA DI SCHIAVITÙ. (3) Non avrai altro Dio davanti a me. (4) NON TI FARAI SCULTURA ALCUNA NÈ IMMAGINE ALCUNA DELLE COSE CHE SONO LASSÙ  NEI CIELI E QUAGGIÙ SULLA TERRA, O NELLE ACQUE SOTTO LA TERRA. (5) NON TI PROSTRERAI DINANZI A LORO E NON LE  SERVIRAI, PERCHÉ IO,  L’ETERNO, IL TUO DIO SONO UN DIO GELOSO CHE PUNISCE L’INIQUITÀ DEI PADRI SUI FIGLI SINO ALLA TERZA E ALLA QUARTA GENERAZIONE DI QUELLI CHE MI ODIANO, (6) E USO BENIGNITÀ A MIGLIAIA, A QUELLI CHE MI AMANO E OSSERVANO I MIEI COMANDAMENTI.

 

Perché mai questo fondamentale comandamento è stato così radicalmente “potato”, amputato, e, anzi ridotto al nulla?  Una ragione deve pur esserci: ed è ipotizzabile con il cento per cento di probabilità di azzeccarci, che ciò dipenda dal cedimento alla tradizione  dei gentili, visto che già nel terzo secolo Papa Silvestro volta le spalle a Cristo, che rimane un puro e semplice paravento, per uniformarsi alle usanze dell’impero romano. Gli imperatori si facevano erigere statue, coniavano monete con la loro effigie e venivano adorati sia di persona  da chi aveva il privilegio di poterli avvicinare che in effigie: I pontefici come Silvestro non erano certo dei Daniele, che rifiutò di adorare la statua d’oro di Nabuccodonosor che per questo lo fece gettare nella fossa dei leoni, da cui uscì illeso con i suoi compagni. Poi le cose son venute da sè, ed oggi ci troviamo con sculture, pitture, immagini e immaginette a stampa, medaglie, medagliette, crocifissi e croci vuote, reliquie di ogni genere e gusto e scapolari e quanto altro viene fatto con la scusa del devozionale.

Di più: nelle grotte vaticane si trovano i busti dei vari pontefici a futura e imperitura memoria. Gli ebrei, che all’inizio avevano i loro idoli, ogni tanto ricadevano nell’adorazione dei Baal e di altri idoli, sempre severamente puniti da Dio con guerre perdute, deportazioni e carestie varie. Ma sostanzialmente rimasero fedeli all’unico vero Dio, che pur offeso, promise ad Abramo il riscatto, la redenzione che sarebbe venuta.

Non c’è dubbio che oggi noi possiamo godere di stupendi capolavori sia in palazzi e templi e sia in arti figurative e plastiche: la nostra cultura se ne è arricchita. Ma questo non avrebbe dovuto avvenire, o non avrebbe dovuto avvenire in questo modo,  se la volontà di Dio fosse stata rispettata. Ma Dio, nel sancire tale legge,  sapeva che essa non sarebbe stata rispettata, e che satana, padrone dei regni della terra, avrebbe sedotto una parte degli uomini trascinandoli verso l’idolatria e l’adorazione delle immagini. Infatti nell’Apocalisse di Giovanni la Bestia ha una sua immagine operante e falsamente miracolosa, che porterà gran folla alla perdizione. Non fu lo stesso Gesù Cristo a dire: “È impossibile che non avvengano scandali, ma guai a colui per colpa del quale avvengono?” (Luca, 17m 1-2).

 

 

E veniamo al sesto comandamento. Qui i cattolici innovano, anzi inventano secondo le lero fobie interessate. Infatti ci hanno insegnato  “Sesto, non commettere atti impuri, oppure. Sesto non fornicare.”

Ecco il semplicissimo testo biblico, che è tutt’un’altra cosa:

(14)  NON COMMETTERAI ADULTERIO. Ed è chiaro che tra il non commettere atti impuri e non commettere adulterio ci corre un abisso, in quanto l’adulterio riguarda almeno tre persone: la coppia adultera, più la persona tradita, mentre il commettere atti impuri  è ocsa che interessa esclusivamente l’individuo che li commette e non cooinvolge altri. Ma è proprio questo che invece interessa ai “confessori” usi a domandare: “Dove tieni le mani la notte?”

I cattolici rimandano l’adulterio ad un comandamento a parte, da loro collocato al nono posto: “Non desiderare la donna d’altri, il che, sembrerebbe logico, non dovrebbe escludere che si esclude anche la liceità di atti sessuali con la donna altrui..

 

Chi però credesse che la inadempienze degli ordini divini contenuti nella Bibbuia finiscano qui sbaglierebbe di grosso: prendiamo, ad esempio Isaia:  Al cap. 29,  v. 13 vi si legge: “Perciò il Signore dice: “Questo popolo si avvicina a me solo con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me, e il suo timore di me è solo un comandamento insegnato da uomini.” Da notare che il Vangelo di Matteo, nel riportare questo testo, vi apporta queste variazioni, evidentemente ispirate da Gesù, perché i discepoli in quei tempi ripetevano pressoché a memoria gli insegnamenti dei loro maestri (si veda Platone nei confronti di Socrate). Ecco il testo di Matteo: “Ipocriti, ben profetizzò di voi Isaia quando disse: “Questo popolo si accosta a me con la bocca e mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. E invano mi rendono un culto, insegnando dottrine che sono comandamenti di uomini.” (Mt. 15, 7, 8, 9). 

E infatti, mentre la chiesa cattolica manomette i comandamenti del Sinai, poi riempie i suoi fedeli di “precetti” e di altre leggi “canoniche” che mutano con il mutar dei tempi, rendendo non solo non credibile la pretesa dell’infallibilità,  ma addirittura blasfema. E Gesù disse che i peccati contro lo Spirito Santo non saranno perdonati.

 

Ma leggiamo ancora, di Isaia, l’esordio del cap 66, l’ultimo: “Così dice l’Eterno: “Il cielo è il mio trono e la terra è lo sgabello dei miei piedi. Dov’è dunque la casa che mi potreste edificare e dov’è il luogo del mio riposo?”

Negli Atti dagli Apostoli al cap. 7 vi è scritto:  (48) Ma l’Altissimo non abita in templi costruiti da mano d’uomo, come dice il profeta.” È Stefano, il protomartire che parla così, nel mopmento in cui stanno per lapidarlo, ma non è solo. Infatti al cap. 17, dal v. 22 in poi, l’Apostolo Paolo ripete la stessa cosa motivandola. Parlava agli Ateniesi riuniti nell’areopago.

 

Ma leggiamo adesso dal Vangelo di Giovanni e poi chiuderemo questo scritto, pronti a rispondere ad eventuali contestazioni che ci dovessero essere mosse. Ecco quanto si legge al capitolo 6, v. 63: è Gesù che parla per rassicurare i suoi discepoli che si erano scandalizzati per quanto aveva detto a proposito del valore spirituale del mangiare la sua carne e bere il suo sangue. “Questo è un discorso duro” gli avevano detto i discepoli, avendo paura che vi si configurasse una sorta di cannibalismo. Ma Gesù li rassicurò dicendo: “È lo spirito che vivifica; la carne non giova a nulla; le parole che vi dico sono spirito e vita.” Passi la complicazione della cosiddetta “transustanziazione”, maa non sembra esageratamente puerile quell’affannarsi con i purificatoi su gradini o altro dove per caso fosse caduto qualche frammento di ostia o qualche goccia di vino consacrati?  Ma qui il discorso potrebbe diventare lungo e complesso ed abbracciare l’uso dell’aggettivo santo per milioni di cose, ivi compresa la terra, laddove è scritto che “Uno solo è il Santo e cioè Dio. Santi, per l’Apostolo Paolo sono tutti i seguaci di Cristo che si comportano come tali senza bisogno che qualcuno faccia processi e raccolga prove: il giudizio lo farà Cristo stesso al suo ritorno, cosicché “canonizzare” è come tagliargli l’erba dinanzi ai piedi e rubargli il mestiere, per dirla in parole poverissime ed evitare quelle più vere, che sarebbero anche più gravi.

Tornando al tema dello spirito che vivifica, va detto che già precedentemente, tra Gesù e la samaritana si era svolto il dialogo che qui  si riporta per la parte di interesse: è la samaritana che dica a Gesù: “I nostri padri hanno adorato su questo monte, e voi (ebrei, nota mia) dite che è Gerusalemme il luogo dove si deve adorare.” Gesù le disse. “Donna, credimi: l’ora viene che nè su questo monte e nè a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre richiede.. Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Gv. 4, 20-24).

SE così è - e non c’è dubbio che sia - che senso ha l’immenso e complicato ordinamento liturgico, con l’abbondanza di spettacolarità e di mondanità che comporta?

Ma la chiesa cattolica di tutto questo non tiene gran che conto: lo ripete a parole ma opera in maniera diametralmente difforme, fino ad onorare i suoi santificati, nelle codificate ricorrenze a suon di marce militari e di botti che  scambiano una cerimonia che dovrebb’essere di pace e di meditazione in una chiassosissima  parodia di una guerra.

Non solo dunque manomette i comandamenti del Sinai a suo piacimento, e rende a Dio un culto che definisce di latria, ma che in effetti, di fronte a certi santi è meno importante di quello di dulia; non solo adora le immagini, spargendole  in ogni dove e venerandole con preghiere ad hoc e pellegrinaggi (notissimi sono i pellegrinaggi del papa ancora regnante presso tutte le chiese intitolate a Madonne: da quella nera di Cestocova alla Madonna di Loreto ecc. ecc.), ma adorano entro i templi, dove, come abbiamo visto, Dio non abita. Per meglio sacralizzarli o farli ritenere sacri, ci tengono quelle che chiamano "specie eucaristiche,” che poi sono solo le ostie che tengono il luogo del pane azimo. E il peggio è che le tengono sotto chiave, con un lumino acceso dinanzi come si fa con le tombe degli uomini morti. Non tengono conto della proibizione di raccogliere più manna di quanta se ne può consumare nella giornata, e per questo tengono in magazzino tali ostie per i futuri bisogni: Ma Cristo aveva detto: “Fate questo in memoria di me” ed egli distribuì il pane e il vino - Corpo e Sangue suo, secondo spirito e vita - durante una cena, non durante una cerimonia complessa e, fino a quarant’anni fa, incomprensibile ai fedeli perchè celebrata in latino, con parti che dovevano dal celebrante essere pronunciata “in secretum”, come si può leggere ancora sui vecchi messali.

Che rimane nella pratica cattolica dell’autentico insegnamento desumibile dal Vecchio e dal Nuovo Testamento? Che rimane dell’autentico insegnamento di Gesù Cristo e degli Apostoli? Rimane una chiesa  - chiamiamola così - divisa e gerarchizzata, tutta esteriorità e sfarzo. Dio è quasi sempre un bel pretesto per affermare la propria dignità e potenza da parte della gerarchia e di chi vi è agganciato. A voler analizzare i contenuti dell’operare concreto vi si ritrovano più paganesimo che religiosità monoteista, e per giunta uno smodato culto della personalità.

Per questo io - che pure fui credente e praticante fino a quando le provocazioni clericali non mi indussero a riflettere e studiare - mi sento lontano oggi da questa organizzazione  umana che coltiva interessi e potenza terrena più che la speranza di una vita migliore da vivere per l’eternità.

Dico con questo che papi, vescovi, preti e fedeli sono tutti dannati e in malafede? Dio mi liberi dal cadere in una rete così insidiosa. “Con il metro con il quale giudicherete il vostro prossimo sarete giudicati!” ammonisce Gesù, ed io non giudico alcun uomo, giudico le istituzioni a cui gli uomini danno vita, sicuramente in buona fede, fatta salva la prova contraria, che non spetta però a me, fallibile, cercare. Io sono grato a Giovanni XXIII che ci ha indicato la formula giusta: condannare l’errore e mai l’errante, perché questo non compete agli uomini.

Ma confesso che quando sento parlare di “canonizzazione di santi” e vedo i papi e gli altri prelati sedere su troni aspettando che altri si inginocchino dinanzi a loro e bacino loro la mano, non posso fare a meno di ricordare quanto Pietro disse al Centurione Cornelio, come narrato negli Atti degli Apostoli al cap. 10: “Come Pietro entrava Cornelio gli si fece incontro, gli si gettò ai piedi a l’adorò. Ma Pietro lo rialzò dicendo: “Alzati, sono anch’io un uomo.”

Nè posso fare a meno di ripensare a quanto è scritto nell’Apocalisse: “Allora io caddi ai suoi piedi per adorarlo. Ma egli mi disse: “Guardati dal farlo,. io sono un conservo tuo e dei tuoi fratelli che hanno la testimonianza di Gesù. Adora Dio, perché la testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia.” Chi Giovanni voleva adorare era un angelo, non un uomo. (Apocalisse, 18, 10).

Come allora non pensare che sia da ricercare tra i cattolici l’uomo iniquo di cui alla seconda lettera ai Tessalonicesi, cap. 2, iniziando dal versetto 3?

 

Rieti, venerdì 1 febbraio 2002