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A.A.V.V.
Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana
(8 settembre 1943 25 aprile 1945), a cura di Piero
Malvezzi e Giovanni Pirelli, lUnità S.p.A., 1993. Riporto una lettera fra tutte quelle che ho avuto modo di leggere, fra le scritte dai condannati a morte della Resistenza. Sono un elenco infinito di ultime parole, spesso semplicissime, come potessero ancora essere pronunciate con la propria bocca, purtroppo non è vero. Mi sono chiesta spesso cosa direi potessi dire qualcosa e poi più nulla, a volte ho pensato che sarebbe bene forse non dire proprio nulla, ed a volte mi è parso ciò un destino terribile ed irrimediabile, ed una fortuna nella sventura, poter, prima di andare, poter dire forse quel che non sè mai detto, o mai abbastanza, magari soltanto lultimo delirio, e qui si vede, le ultime preoccupazioni, perdonare ed esser perdonati, dare brevi indicazioni, o chiudere tutto laffetto o tutta leducazione che avremmo voluto insegnare ad un foglio, in due parole, e un pezzo di carta. Inutile dire che è stata per me una lettura tristissima, che più volte ha voluto bagnassi il foglio, davanti a delle frasi che non saranno di grandi poeti, o illustri scrittori, ma di uomini, che non hanno saputo dire altro. Alcuni hanno piegato il pigiama, altri ne hanno fatto brandelli Spero possiate rispondere a delle lettere che, per il corso che la storia ha avuto, non sono più soltanto un fatto di famiglia, ed un dolore privato, ma fanno oramai parte di un segno, un terreno vangato a suo tempo di carne e sangue. Un mezzo secolo, ha cambiato pressoché tutto, da allora. Rimangono i loro panni stirati, la pistola posata, e le tracce di una vita consegnata su un fazzoletto militare, o civile. Ho scritto un po a casaccio, spero vogliate anche voi rispondere a Pietro Benedetti, morto il 29 aprile 1944, fucilato sugli spalti del Forte Bravetta di Roma da plotone PAI (Polizia Africa Italiana). Questa lettera, Benedetti di anni 41, ebanista, nato ad Atessa (Chieti) il 29 giugno 1902, militante del Partito Comunista Italiano dal 1921 scrisse ai figli; ho risposto nelle veci di uno dei figli che dovette un giorno riceverla. Anche voi, nelle vesti di un figlio, potete rispondere, inviando a lettereparole@tiscali.it Grazie. Ai figli, 11/04/1944
«11
aprile 1944 Ai miei cari figli,
quando voi potrete forse leggere questo doloroso foglio,
miei cari e amati figli, forse io non sarò più fra i
vivi.
Questa mattina alle 7 mentre mi trovavo ancora a letto
sentii chiamare il mio nome. Mi alzai subito. Una guardia
aprì la porta della mia cella e mi disse di scendere che
ero atteso sotto. Discesi, trovai un poliziotto che mi
attendeva, mi prese su di una macchina e mi accompagnò
al Tribunale di Guerra di Via Lucullo n. 16. Conoscevo
già quella triste casa per aver avuto un altro processo
il 29 febbraio scorso quando fui condannato a 15 anni di
prigione. Ma questa condanna non soddisfece abbastanza il
comando tedesco il quale mandò lordine di rifare
il processo. Così il processo, se tale possiamo
chiamarlo, ebbe luogo in dieci minuti e finì con la mia
condanna alla fucilazione.
Il giorno stesso ho fatto la domanda di grazia, seppure
con repulsione verso questo straniero oppressore. Tale
suprema rinuncia alla mia fierezza offro in questo
momento daddio alla vostra povera mamma e a voi,
miei cari disgraziati figli.
Amatevi lun laltro, miei cari, amate vostra
madre e fate in modo che il vostro amore compensi la mia
mancanza. Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è
il migliore ornamento di chi vive. Dellamore per
lumanità fate una religione e siate sempre
solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri
simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene
deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta
con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non
viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria
vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli
sono i vostri fratelli.
Siate umili e disdegnate lorgoglio; questa fu la
religione che seguii nella vita.
Forse, se tale è il mio destino potrò sopravvivere a
questa prova; ma se così non può essere io muoio nella
certezza che la primavera che tanto io ho atteso
brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi dà
la forza di affrontare serenamente la morte.» (Pietro Benedetti) |
A Pietro
Benedetti, 14 settembre 2002. «Padre mio, scrivo a te, in uno momento
qualsiasi, e non so perché. Ti ho appena conosciuto, ma non mi sei
mancato, perché la mamma mi ha insegnato tante e buone
cose su di te. Quindi, se in una mano, ho sempre tenuto
le uniche parole che tu mi hai scritto, le ultime, quelle
che non si toccano, irrimediabili, ho sempre creduto a
tutto, come tu me lavessi detto, e mostrato col
braccio lungo fino a toccare. Ed è stato bello, e vero. Quindi oggi so di fare la cosa giusta,
spaccandomi la schiena come sempre perché nessuno
sazzardi ad allungarmi una promessa allanima,
incorrotta, sotto le macerie dun mondo che soffre,
mentre io, babbo, non posso fare che poco, ed ascoltare,
e portare testimonianza. Degli alberi che si sbriciolano,
mentre cadrà il sole nel vuoto della nostra sciupata
atmosfera. Ed arderà questi venti di fumo, mentre
le benzine come fuoco porteranno la morte alle particelle
che respiriamo, che ci passano come lacqua sotto i
piedi. Ed io me la prendo colluomo.
Quindi ascoltami padre, ora che sono più anziano di te
quando sei morto, e doni la forza dellostinazione
giovane a questa lotta contro il mondo, ascoltami,
perché ho da dire molte cose, e serie, a questo sporco
tumulo danime vendute al prezzo duno
sciacquone, il prezzo duna coscienza leggera (mani
piedi pensieri legati nellunico falò duna
bibita ghiacciata colle bollicine) Voi tutti, sindaci, presidente del
consiglio, ministri acclamati e detestati, e tu sporco
operaio che sogni la lotteria, tu faccia ladra, tu, tu
hai ucciso mio padre. Ed ogni giorno perpetri il dolore.
Quante volte uccidete luomo? How many
times
Due parole, concedetemi, dalla rabbia
della mia libertà. Di guerra
(la intentate, la coltivate
e poi chi finanzia i
corsi di intercultura? i masters? i che? chi? chi?!
sporco ladro, chi?!). La pena di
morte (per necessità). Lo so, lo
so, sammazza sempre per necessità, non cè
mai alternativa, per legittima difesa, ma
vammazzassero! La costituzione (sì, la costituzione!
quella quotidianamente infangata, quella per cui mio
padre continua a morire ogni giorno, quella con cui
alcuni si puliscono la bocca post prandium, ed il culo
dopo averci defecato le perenni stronzate dalle scatole
che girano), la costituzione prevede (qualcuno vuol
ricordarsene?) che nessun motivo autorizza un paese a
dichiarare spontaneamente guerra ad un altro, ed anzi, la
guerra è autorizzata solo in caso di difesa, se lo Stato
(lo Stato, quello infagottato nel portafogli di alcuni)
viene attaccato, ergo per legittima difesa
difensiva. Ma farò finta, fingerò che qualcuno di
voi abbia voglia di ascoltare. Mi illuderò che le ragioni possano
raggiungere timpani sordi come i vostri, foderati di
banconote nuove di stampa (il nuovo euro!). E parlo. Citerò a confronto due casi per i quali
(così si asserisce) si uccide per legittima difesa. Pena
di morte, guerra. La pena di morte è vietata nello Stato
italiano (ufficialmente); la guerra, nel caso di
legittima difesa, è autorizzata. Mentre si ammettono plausibili
compromessi contro il crimine (a titolo di esempio: la
detenzione), quanto alla guerra, ogni sorta di
compromesso non giunge ad efficacia. Ovvero, tentate tutte le strade
percorribili, è ammessa la soluzione finale, in tedesco
suona: Endlösung. Ne potremmo dedurre sacrificato un
principio basilare e caposaldo. Si nega lassioma
civile secondo il quale, nulla autorizza uno stato ad
uccidere, quindi lecitamente possiamo pensare che, se la
pena di morte non viene applicata in Italia, ciò non sia
per il sopracitato motivo, piuttosto perché altre
soluzioni risultano più favorevoli ed utili, e, in date
circostanze, pur in Italia, la pena di morte, viene
autorizzata. Sullo straniero. Quindi, per legittima difesa, lo Stato
può uccidere, ed ammette la pena di morte. Questa consapevolezza sarebbe già buona
cosa riuscisse a umiliare coloro che vantano questo
primato morale verso gli Stati Uniti dAmerica;
anche in Italia si ammette di pigiare il tasto, spingere
giù gas o veleno. Ma, appartiamo un attimo la questione
intorno alla guerra. Valutiamo, sperando qui di avere le
vostre buone false coscienze dalla parte nostra, solo il
tema, loggetto pena di morte. Direi vi
sia abbastanza da dire. Tanto è stato detto. Aggiungo, mi sembra il caso, soltanto
qualche considerazione. Urlo qualche considerazione,
fatevene pure il vostro uso quotidiano, amen. Si muore tutti della stessa morte,
eppure alcuni muoiono anticipatamente, di una morte loro
annunciata, dead men walking, laento pede, più e più
volte. Non si finisce mai di morire, ma per alcuni la
morte non ha mai inizio. Tic tic tic
tic tic tic
tic tic tic
tic tic tic
tic tic
tic
tic tic tic
tic tic tic tic tic In Italia qualcuno ha parlato di
ripristinare la pena di morte per i pedofili. (notiamo
che, contrariamente alle indicazioni dizionaristiche
nonché filologiche, pedofilo indica in italiano un
seviziatore ed assassino di minore) Il crimine è forse il gesto violento?
luso della violenza? il coercitivo uso della
violenza, più grave ancora su di un ignaro incapace di
intendere e di volere? Rimando un attimo (i cinofoli?) a Parla
con lei, Almodóvar. Forse potremmo spendere qualche vaga e
vana parola sul significato della violenza. Ipotizzo sia la limitazione della altrui
libertà, contro volontà. Nel caso del minore, dove il
concetto di volontà si fa più labile,
occorre precisare forse: un plagio che causi dolore, o
corruzione. Parlare di plagio, inevitabilmente
rivolta dalle tombe antiche paure, grandi inganni, giù
giù fino alle streghe, ed a processi non eccessivamente
dissimili... Non a caso ancora oggi Campo dei Fiori
con Giordano Bruno innalzato, attrae migranti umorali e
libertà inusitate. Pensando ai primi nomi che mi sovvengono
di grandi plagiatori, mi cadono alla mente Gesù Cristo e
Socrate... che certo han fatto del male, il primo a
migliaia di Cristiani morti per uno sputo, che non han
voluto fare su due pezzi di legno incrociati. Il secondo,
come il primo, ancora non smette di influenzare di
speranza maieutica coloro che credono, credono di poter
uscire dal circolo vizioso dellindottrinamento,
forse gli effetti sono contrari. Domando quale sia la fonte del dolore...
di un bambino che abbia avuto amore da un adulto. Quale
sia la fonte del dolore di un bambino... vittima,
beneficiario, dei gesti di un pedofilo. Domando. Ora vorrei contare i volti
sconvolti. Quanti siete, pallidi, quanti? indignati? No, non fraintendete, non ho detto
quando. Ero in Grecia, nellantica Grecia,
quando il bambino eletto, avrebbe riscosso così gli
onori della conoscenza. Notiamo poi che leducazione, e
lamore per il sapere si diffondeva anticamente in
Grecia attraverso la pedofilia, e Socrate non subì un
processo poi tanto differente dal processo contro un
pedofilo. Cercate, prego cercate: Apologia
di Socrate, Platone. Lomosessualità non è stato per
lungo tempo un crimine minore. Ma nulla di nuovo sotto il sole... le
culture cambiano nel corso dei secoli, e ciò che un
tempo è stato buono, oggi può ben essere cattivo e
viceversa. Così il gesto più riprorevole dei giorni
nostri, che ha scomodato persino parolon da pena di morte
e fine del mondo, tempo or fa, oltre che esser
consuetudine, era perfino ottimo, eccellente privilegio. Si chiama relativismo, lo scopriamo
circa ogni due giorni per la prima volta, ed ogni volta
è... no, non lAmerica, non loro e le miniere
di Atlantide, ma... il terribile est petrolifero,
solitamente, o i Taleban rivestiti di proiettili
(nascosti nelle lunghe barbe?). Il motivo per cui non sarà più dato
alle coscienze europee decretare il bene ed il male, né
cosa sia buono e cosa sia cattivo. Del resto ogni uomo è responsabile
degli esiti delle proprie azioni, oltre che delle azioni
in se stesse, e se il gesto è pur puro (come ogni gesto
vitale non può che essere), può ben accadere che le sue
conseguenze vengano considerate riprorevoli e
conseguentemente dolorose. Ergo, voi tutti, che certo vi
siete ben indignati in questi giorni a guardar Magdalene,
non siete da meno, ve ne ricordate? Non cè nulla
per cui scandalizzarsi, un giorno non poi tanto lontano,
avrete un futuro in posizione di condanna per tutti i
crimini che avete punito, quando saran tornati alla loro
originaria innocenza. Qualcuno vi guarderà, e penserà: come
è stato possibile? Come hai potuto, papà? Il divieto della condanna a morte, della
pena di morte, che ancora vige in Italia, riconosce
linnocenza delluomo e della sua immacolata
volontà, nel nome del rispetto universale per il diverso
che sono io. Perché ci sia sempre rispetto per il
passato ed il futuro, per la pienezza del tempo, e di
ogni azione, ogni possibilità. E la prevaricazione sia sempre
consapevole, e lingiustizia compiuta, ogni qual
volta un verdetto di condanna, carcerazione, venga
pronunciato. Ecco. Mi domando chi ci assolverà domani,
quando avrem fatto sangue ovunque, per un poco di
petrolio, ed un cielo più nero di questo. Quante volte ancora ucciderete mio
padre? Padre. Penso oggi tu volessi questo da
me» (elisa santucci) |