LA MIA RISPOSTA. ALLA
LETTERA : Alla famiglia del casellante, 15
luglio 2002.
«Gentile famiglia,
ho letto e
capisco le vostre ragioni. Spero capiate voi pure
che il tempo a disposizione di un ministro dei
trasporti è un bene prezioso, che purtroppo non
può essere scialacquato senza danni per
lintero funzionamento del nostro amato
paese. Voi di certo sareste più ragionevoli se
solo aveste la compiacenza di paragonare il
danno, ben più grave, di centinaia di vittime
dovute ad una semplice palma con laffetto,
sentimento che ben saddice ad ingenui e
puri bambini, che dei teneri ma inconsapevoli
fanciulli, detengono per un albero. Del resto se
e come una palma possa arrecare seri
inconvenienti alla viabilità ed alla sicurezza,
è oggetto di approfonditi studi di nostra
competenza, e quando dico nostra
alludo a eruditi e rispettabili professionisti.
Quel che a voi sembra, ben poco congrua con
leffettività dei nostri calcoli, nei quali
spero voi non vogliate davvero entrare nel
merito. E, davvero poco centra, in tutto
questo, il pur lusinghiero film con Totò, se
solo pensaste ad un convoglio che deraglia,
portando con sé, dallaltra parte del
mondo, una striscia di sangue e la paura di tanti
occhi, coi loro grassi panini. Da troppo tempo,
forse il vostro bambino è assente alla finestra
di questa via. Ma la sua malinconia, tutta quella
troppa aria che è il solo incubo che vi arriva
sul bordo della finestra quando è la stagione
delle piogge ed il cuore a pelo galleggia, è la
via di transito di questo mondo nuovo. I convogli
sente e vede se esce di casa o dal balcone
portano stipati i progressi ammazzettati
in blocchi di dinamo e sale. Ed occorre molto
vuoto per questo transito che sfila via
silenzioso sulle rotaie. Magari il sacrificio di
una palma, e voi certo capirete è poca cosa. Mi
dispiace per vostro bambino, mi spiace
soprattutto, al di là della palma, della quale
saprà farsene ragione, che sia così tanto
ammalato. Eppure, anchio so, come suo
figlio che piange dagli occhioni, qui so, dal
tavolo mezzo di legno, e mezzo di cavi, che non
verrà più nulla, su un convoglio, o su un
treno, a sostituire quella palma. Forse perché
nulla che di qui passa ha la pazienza di esitare,
soffermarsi. Non nutra fiducia in un fischio
ininterrotto, che non ha i tempi del sonno e
della veglia. Neppure il mio cuore ne ha più i
tempi, e fischia. Per un caffè che alla sua
linea di confine, del tal dei tali binario, tal
di tali casello della linea Roma-Torino, si
ripete inguaribile ogni mattina. Sa che lo vedo,
suo figlio col mento sulla mano e sulla finestra
che mira la palma, sparsa macchia nel cielo, e
più del fumo, coi venti che soffiano dietro,
alla sua triste danza. Non verrà treno a
toglierla, non verrà sole a morirla, non verrà
notte a coprirne il sorriso e le mosse, non
verrà umido da seccarla, o cuore ad abbatterla,
non verrò io, col mio copricapo di fuoco e la
zozza sega. Lo dica al suo bambino, che finché
mi sarà pieno il bicchiere di silenzio, le gambe
non mi porteranno ad osare il mio dovere. Non
vorrò mai farlo. Mi saluti Giosefine e baci per
me la prima bella giornata di sole.
Il ministro dei trasporti»
(elisa santucci)
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