Il giorno 20 maggio 1999, a Roma, le Brigate Rosse per la Costruzione del Partito Combattente hanno colpito Massimo D'Antona, consigliere legislativo del Ministro del Lavoro Bassolino e rappresentante dell'Esecutivo al tavolo permanente del "Patto per l'occupazione e lo sviluppo". Con questa offensiva le Brigate Rosse per la Costruzione del partito Comunista combattente, riprendono l'iniziativa combattente, intervenendo nei nodi centrali dello scontro per lo sviluppo della guerra di classe di lunga durata, per la conquista del potere politico e l'instaurazione della dittatura del proletariato, portando l'attacco al progetto politico neo-corporativo del "Patto per l'occupazione e lo sviluppo", quale aspetto centrale nella contraddizione classe/Stato, perno su cui l'equilibrio politico dominante intende procedere nell'attuazione di un processo di complessiva ristrutturazione e riforma economico-sociale, di riadeguamento delle forme del dominio statuale, base politica interna del rinnovato ruolo dell'Italia nelle politiche centrali dell'imperialismo. Massimo D'Antona, esponente di spicco
dell'equilibrio politico dominante e del progetto
affermatosi come centrale nel corrispondere agli
interessi di governo dell'economia e del conflitto di
classe della Borghesia Imperialista, ha costituito
cerniera politico-operativa del rapporto tra esecutivo e
sindacato confederale, un formulatore ed interprete della
funzione politica del "Patto Sociale" e della
sede neo-corporativa in dialettica con i caratteri
storici della democrazia rappresentativa in Italia, e del
ruolo antiproletario e controrivoluzionario della
corresponsabilizzazione delle parti sociali e
innanzitutto del sindacato, nelle decisioni sulle materie
di politica economica, a maggior ragione oggi, nel quadro
delle necessità implicate a livello, sia di esercizio
della funzione economica dello Stato, che della
governabilità delle contraddizioni sociali, dal contesto
della coesione europea, e dal rinnovato interventismo
bellico rivolto ad assoggettare i popoli che resistono al
dominio imperialista ed a imporre l'ordine sociale del
capitale. "Patto Sociale" che opera
specificatamente in funzione dell'isolamento e
dell'accerchiamento delle espressioni di autonomia di
classe, che non accettano la subordinazione degli
interessi proletari alla centralità degli interessi
della b.i., oppure dell'inglobamento di quelle componenti
che, per penetrare i filtri che selezionano un ruolo
negoziale sul piano della contrattazione capitale/lavoro
o un ruolo politico sul piano politico generale, attivano
un progressivo processo trasformistico, condizioni,
quelle dell'accerchiamento delle prime e
dell'inglobamento delle seconde, che per l'equilibrio
dominante, costituiscono termini politici complementari
necessari ad assicurare la governabilità. Un progetto
politico che ha consentito, già dal governo Amato e poi
con quello Ciampi, di tradurre, gli indirizzi politici di
controllo delle leve statuali del governo macroeconomico,
in elemento attivo nelle contraddizioni di classe, grazie
al sostegno del radicamento reale e diffuso, e ad
un'azione soggettiva di ricomposizione forzata del
conflitto sul piano neo-corporativo, in dialettica con le
dinamiche politiche in sede parlamentare, del sindacato
confederale, che, in questi anni, ha assunto tutti i
caratteri della soggettività politica riferendo la sua
progettualità non solo alla contrattazione
capitale-lavoro, ma ai nodi politici complessivi con cui
confronta l'azione dello Stato. L'accordo del '93 fu
infatti momento di ratifica di un processo di
trasformazione dei soggetti coinvolti nel Patto, e
momento di assunzione di ruoli coerenti con l'azione di
governo dei fattori critici dell'economia e del conflitto
sociale e di classe. Ogni soggetto, e cioè
Confindustria, Governo e Sindacati confederati, si
impegnava a tenere una condotta in linea sia con gli
obiettivi dell'accordo (contenimento dell'inflazione),
che con i contenuti dello stesso, che riguardavano la
struttura contrattuale e le relazioni industriali in modo
fondamentale, per cui lo snodo era la subordinazione del
salario all'inflazione programmata, con la quale il paese
viene agganciato al programma di Maastricht. In quelle
circostanze, se il governo (tecnico-istituzionale) aveva
una sua maggioranza programmatica che ne sosteneva le
scelte, e la Confindustria era il soggetto che si muoveva
all'offensiva e non doveva fare altro che ripetere i suoi
attacchi e le sue forzature per assumere ruolo politico,
il sindacato era il soggetto che doveva operare le
maggiori forzature al suo interno e soprattutto nel corpo
della classe, come dimostrò la forte opposizione e la
dura protesta anti-confederale all'accordo del '92
nell'autunno di quell'anno, per potersi collocare sul
terreno generale della negoziazione corporativa e
svolgervi il proprio ruolo politico. Un patto, quello per
la politica dei redditi del '92, che fu passaggio
centrale che apriva la strada al più organico Patto del
luglio del '93, e contro cui si è attuato l'attacco alla
sede nazionale della Confindustria dei Nuclei Comunisti
Combattenti con cui veniva proposta la ricostruzione
delle forze rivoluzionarie attorno alla ripresa
dell'iniziativa rivoluzionaria. |
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