Una
ragione di più
LUIGI
PINTOR
C' è qualcosa di nuovo, nella
vile uccisione del professore Marco Biagi. Il copione è
sempre lo stesso, anche se ogni volta ci coglie di
sorpresa e ci fa inorridire. E questa volta è
addirittura una calcografia del delitto D'Antona, se si
può usare questo termine per un evento sanguinoso. Ma
c'è qualcosa di più, che non è un dettaglio ma un
mistero che bisognerebbe capire.
Si legge su tutti i giornali che si è trattato di una
"morte annunciata". Non è il titolo di un
romanzo sudamericano. Significa che questo agguato
mortale era stato autorevolmente previsto cinque giorni
prima, non in una palla di vetro ma negli uffici
ministeriali e dai servizi di sicurezza. E non in termini
generici ma specifici, con l'identificazione della
vittima designata.
La dietrologia è un brutto esercizio e neppure voglio
chiedere, da comune cittadino, perché le autorità di
governo non abbiano provveduto, in quei cinque giorni, a
tutelare la vita della persona in pericolo. Dovrebbero
bastare una telefonata e due ore di tempo per
ripristinare una scorta. Ma il vero interrogativo è:
com'è possibile che le autorità e i servizi competenti
conoscano tutto di un imminente delitto e ignorino tutto,
prima e dopo, dei suoi autori? Così come ignorano tutto,
a tre anni di distanza, dei killer del professor D'Antona
che sono presumibilmente gli stessi?
Non voglio arrivare alla conclusione che le autorità e i
servizi preposti alla sicurezza pubblica siano degli
incapaci oltre misura, anche se il sospetto è lecito. E
tanto meno che siano in qualche modo conniventi, magari
per omissione, anche se in molte occasioni del passato
questo sospetto si è dimostrato fondato. Dico che c'è
del marcio in danimarca e che nasconderlo con grida
manzoniane contro un terrorismo senza volto è una
disonestà troppo facile.
Certo basta un singolo delitto come questo, che non è
una bomba di carta, per resuscitare allarme nell'animo di
tutti. E' una provocazione sanguinosa che raggiunge un
massimo effetto con un minimo sforzo. Ma quale che sia la
sua matrice e quali che siano gli esecutori (sicari,
estremisti, sigle occasionali, manovalanza malavitosa)
non basta per evocare gli anni di piombo per sempre
sepolti. E l'oscurità che avvolge questa e altre vicende
non ci impedisce di vedere chiaramente che il bersaglio
politico siamo noi, è il sindacato, sono i movimenti di
lotta, è tutta la sinistra italiana.
Non è una difficoltà in più ma una ragione di più per
alzare il livello della mobilitazione contro le politiche
dissennate della destra di governo. La manifestazione
romana di sabato sarà contro il terrorismo, anzi i
terrorismi, ogni terrorismo, in quanto e perché sarà
per la democrazia e per il primato del lavoro: umiliando
il quale i fondamenti stessi della repubblica e della
convivenza civile vengono meno. Sarà un solare primo
maggio anticipato, così come il raduno milanese di otto
anni or sono fu un eccellente venticinque aprile sotto il
diluvio. Poi lo sciopero generale ci ricorderà che a far
girare il mondo non è la prepotenza dei potenti ma la
fatica materiale e immateriale delle persone in carne e
ossa.
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