Treu: "Marco mi disse
così corro troppi rischi"

"Non si spiegava lo stop alla protezione"


ROMA - "Non è possibile, non è possibile. Mi ha telefonato poco fa un amico. Con Marco ci dovevamo vedere domani qui a Roma". Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro, ha appena avuto la notizia dell'uccisione di Marco Biagi. Siamo noi a fornirgli i primi particolari di questa tragedia, il luogo dell'agguato, il fatto che Biagi era in bicicletta. Treu parla tutto d'un fiato, superando l'emozione, come chi vuole dare una testimonianza importante, doverosa.

"Era sotto casa sua, stava tornando a casa dalla moglie e dal figlio. Una tragedia, una tragedia terribile. Un altro amico assassinato. Un altro consulente del ministero del Lavoro. Il terzo. Prima
Ezio Tarantelli, poi Massimo D'Antona e adesso Marco Biagi".

Si sapeva che era già sotto scorta perché aveva subito minacce terroristiche. Lei ne era al corrente, ne avevate parlato? "La cosa incredibile è che ancora ieri Marco Biagi mi ha detto che non si spiegava perché fosse sotto scorta sia a Roma che a Milano, ma non a Bologna dove abitava".

Da quanto tempo era oggetto di minacce terroristiche?
"Le prime minacce le ricevette due anni fa, dopo la firma del Patto di Milano. Biagi era stato uno degli ispiratori di quell'accordo fra il Comune di Milano e Cisl e Uil, e che la Cgil non volle firmare. Era un accordo che consentiva con una serie di flessibilità le assunzioni di extracomunitari. E fin da allora, inspiegabilmente, quando era a Bologna era privo di scorta".

Voi avevate da poco pubblicato un libro assieme, dal titolo "Politiche del lavoro, insegnamenti di un decennio". "Noi abbiamo lavorato per anni insieme. Con Marco condividevamo anche le idee politiche. Veniva da noi della Margherita. Frequentavamo l'Arel con Enrico Letta. E aveva votato per la Margherita alle ultime el
ezioni".

Come principale autore del Libro Bianco sul lavoro, Biagi ha contribuito alla stesura del disegno di legge delega di Maroni per la riforma del mercato del lavoro. E per questo le minacce terroristiche lo additavano come un "traditore".
"Più di una volta, ultimamente, con le roventi polemiche che hanno accompagnato la vicenda della delega, Marco mi ha detto che gli dispiaceva di essere accusato di tradimenti. Era a disagio per le strumentalizzazioni, per questo clima avvelenato".

Biagi condivideva le modifiche all'art. 18 dello Statuto dei lavoratori?
"Ma sì che le condivideva. Ma si trattava di un aspetto certo non decisivo, il suo Libro Bianco contiene analisi e proposte di grande spessore e ampiezza che vanno ben al di là quella questione dell'art.18. Quello che lo preoccupava era questa esasperazione dei toni. Perché chi ha conosciuto Biagi sa che era un moderato, un uomo dalle idee equilibrate. Un esperto stimato che faceva il suo lavoro con grande onestà intellettuale. Ripeto un moderato, come moderati erano
Tarantelli e D'Antona, barbaramente assassinati anche loro. Ecco, questi sono i bersagli. Questi sono gli obiettivi del terrore".

E'la sola, terribile coincidenza che lega questi delitti?
"No, ce n'è almeno un'altra.
Tarantelli, D'Antona, Biagi, tre esperti, tre consulenti, tutti del ministero del Lavoro. In quel ministero c'è un covo. Sì, un covo terroristico".

(20 marzo 2002)

 

 

 

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