L'ULTIMO
SCRITTO DI MARCO BIAGI - PUBBLICATO OGGI SUL SOLE 24 ORE. 19 MARZO 2002
Chi frena le riforme è contro
l'EuropaL'ultimo articolo scritto da Marco Biagi è
l'editoriale scritto per il Sole 24Ore di martedì 19
marzo. Ecco il testo integrale.di Marco Biagi
Anche il Consiglio europeo di
Barcellona non ha avuto esitazioni nell'indicare agli
Stati membri la strada per modernizzare il mercato del
lavoro. Si tratta di principi molto chiari e utili per
approfondire il dibattito in corso in Italia.
La cosiddetta «Strategia europea per l'occupazione» ad
avviso dei capi di Stato e di Governo «si è dimostrata
valida», ma deve «essere semplificata». Gli
orientamenti che vengono definiti ogni anno dal Consiglio
devono vincolare più efficacemente gli Stati membri.
Questo genere di soft laws deve essere ulteriormente
perfezionato, condensando in pochi ed essenziali principi
gli obblighi per i Governi nazionali. Con buona pace di
quanti in Italia sostengono che il ricorso alle
"norme leggere" è un attentato alla
democrazia.
La scelta strategica dell'Europa è quella di concentrare
gli sforzi per aumentare il tasso di occupazione. Si
tratta esattamente della prospettiva assunta dal Libro
Bianco del Governo che ha accolto l'indicazione, ribadita
dal vertice di Barcellona, di eliminare «gli ostacoli e
i disincentivi a entrare o rimanere nel mondo del
lavoro». Non c'è quindi nulla di diabolico nella
pretesa di rivedere istituti che, come il part-time, sono
oggi regolati in modo da scoraggiare la partecipazione al
mercato del lavoro, in particolare da parte delle
lavoratrici.
Quanto poi al tema della flessibilità, le conclusioni di
Barcellona ricordano che deve essere coniugata con la
sicurezza (intesa sul mercato, cioè con una forte enfasi
sulla formazione continua). Non solo, ma i Governi sono
invitati a «riesaminare
la normativa sui contratti
di lavoro
al fine di promuovere la creazione di
più posti di lavoro». Dunque chi si oppone strenuamente
alla revisione della nostra legislazione sul lavoro si
colloca in una prospettiva anti-europea. Difendere lo
status quo normativo significa non tener conto di cinque
anni di richiami comunitari.
La dimensione locale o territoriale diviene centrale nel
documento di Barcellona che richiama le istituzioni e i
«sistemi di contrattazione collettiva» a migliorare
l'occupazione «per tutte le aree geografiche».
Quando poi si raccomanda di consentire «l'evoluzione dei
salari in base agli sviluppi della produttività», per
un Paese come l'Italia l'indicazione non potrebbe essere
più chiara: le parti sociali devono tener conto dei
diversi mercati locali del lavoro. E allora non può
certo essere definita «vergognosa» la scelta del
Governo di sperimentare normative differenziate al Sud
per favorire l'occupazione. I sindacati scozzesi o
gallesi, oppure ancora quelli di alcune province
spagnole, non si sono mai vergognati di agire per
attrarre investimenti stranieri, anche rivedendo elementi
attinenti al costo del lavoro.
L'invito ad aumentare «gradualmente di circa cinque
anni» l'età pensionabile entro il 2010 è semplice e,
al tempo stesso, perentorio. In Italia nessuno sembra
preoccuparsi troppo dell'invecchiamento della popolazione
e quindi della necessità di incentivare i lavoratori
anziani a rimanere nel mercato del lavoro. Adottare
formule di «pensionamento flessibile e graduale» è una
scelta senza alternative. Opporsi a tutto ciò è
antistorico e non serve ad altro se non a peggiorare la
situazione. Vivere all'interno dell'U-nione europea
significa sottoporre il confronto tra istituzioni e parti
sociali a una rigorosa verifica di compatibilità con le
indicazioni comunitarie. Poiché in Italia abbiamo il
peggior mercato del lavoro d'Europa non vi sono davvero
alternative. Ignorare le richieste di modernizzazione
provenienti da Barcellona sarebbe in fondo una scelta
egoistica, propria di chi pensa a se stesso e non
immagina un futuro migliore per i propri figli. La
solidarietà è effettiva se davvero si cerca di
costruire una società diversa e più giusta.
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