Etty Hillesum

di Silvio Cinque

Premessa. Mentre procedevo alla stesura della ennesima recensione mi è giunta notizia della scomparsa di Luce D’Eramo. Luce aveva scritto ultimamente un libro su Etty ed aveva fretta di completarlo. Il suo editore (mondatori) aveva in programma la pubblicazione per ottobre 2001, ma ci auguriamo lo faccia prima. Questa piccola recensione è dedicata a Luce D’Eramo della quale ricordo i bellissimi libri di critica su Ignazio Silone.

Ho fatto almeno tre recensioni diverse dei suoi Diario e Lettere e questo non solo e non tanto perché non ho le idee sufficientemente chiare, quanto e soprattutto perché non è possibile esaurire l'argomento soltanto da un punto di vista. Di recensioni ce ne sono state moltissime, soprattutto e giustamente da donne, ed altre ce ne saranno. C'è chi si è occupato del misticismo, del femminile di Dio, della compassione. Qualcuno ha cercato di affermare la cristianità o il giudaismo della sua vita e del suo significato. Ma su una cosa si può ben essere d'accordo: sul suo messaggio d'amore che assume significati "universali" e tocca chiunque voglia e sia in grado di ascoltare.

HINEINHORCHEN!!!

(Dopotutto l'essere umano è soltanto un essere umano)

So che la parola donnità non esprime quello che invece dovrebbe essere il relativo e compensativo della parola umanità. Donnità deriva da dominio, mentre umanità deriva da uomo. Ora non c’è parola che esprima e sintetizzi l’universo-donna. Le parole sono state inventate da chi le pratica e le usa da millenni attraverso il potere, ed il potere è ed è stato, fino a prova contraria, maschile.

L’autrice che vorrei suggerire coincide con l’8 marzo. Certo è che se le donne si accontentassero di un giorno soltanto della vita loro allora il cammino sarebbe ben poco proficuo e poco destino ne deriverebbe anche a noi uomini. Fortunatamente non è così anche se le vicende di questi ultimi tempi sembrerebbero dimostrare il contrario.

Etty Hillesum

Inanzitutto il suo diario comincia il 9 marzo del 1941 e parla di sé e di Spier e non solo. Ma la decisione di scrivere un diario parte dall'impegno di costruire un percorso di autocoscienza e conoscenza innescato dall'incontro con lo psicologo, incontro motivato dal desiderio di curarsi da una sorta di "costipazione spirituale".

Olandese di Middelburg vive dal 1914 al 1943 e muore a 29 anni ad Auschwitz dove viene deportata insieme alla sua famiglia. Già è atroce pensare ad un meccanismo così efficiente ed assurdo che si impegna a sterminare "con metodo scientifico" milioni di persone di tutte le razze e le religioni e le fedi politiche.

Già è assurdo pensare a questa macchina di morte così perfetta e micidiale che ha implicato uomini e mezzi per raggiungere risultati così orrendi. Lo sgomento aumenta quando ci si ferma AD INDIVIDUARE le persone che sono morte, uccise nelle camere a gas o dalle malattie e dagli stenti dei campi o dall’odio assolutamente irragionevole e assoluto. La cosa peggiore è fermarsi sulle persone che sono morte così. Allora non sono più nomi astratti e vuoti, simulacri di vite lontane e sconosciute. Diventano perciò volti, vite pensieri e persone ed appartengono essenzialmente alla categoria oggettiva della vita: donne, bambini, uomini, giovani, anziani. Ha forse importanza sapere che erano comuniste, socialiste, ebree, zingare, cattoliche, valdesi o geovite? Soltanto dopo aver tanto a lungo riflettuto da immedesimarle dentro di noi, soltanto allora emergono i particolari:

Etty Esther Hillesum era ebrea, ebrea olandese.

Fosse stata solo olandese, forse sarebbe stato diverso. Ma era ebrea olandese, una giovane ebrea olandese, una giovane ebrea olandese laureata in giurisprudenza, una giovane ebrea olandese laureata in giurisprudenza che parlava ed insegnava il russo e studiava per la seconda o terza laurea in psicologia ed aveva una visione della vita grandemente portata al misticismo ed alla contemplazione, ma anche all’amare della vita senza limiti e inibizioni.

Una giovane ebrea olandese laureata in giurisprudenza con una fortissima voglia di vivere, di amare, di essere donna e vivere consapevolmente e pienamente la sua donnità: Etty spiritualmente carnale e carnalmente spirituale...La sua vita si svolge con una intensità, un abbandono ed una dedizione che lasciano senza fiato.

Ci si può "innamorare" di Etty perché le sue parole scaldano e consolano, stimolano e arricchiscono. Parte delle sue parole sono contenute nei Diario 1941-1943 e nelle Lettere 1942-1943, entrambe pubblicate da Adelphi. Dicevo in parte perché l'edizione integrale aspetta ancora di essere tradottae pubblicate. Ci auguriamo che il curatore dell'edizione inglese lo faccia al più presto. E allora, su andiamo incontro ad Etty, conosciamola, incontriamola lungo i viali e le strade larghe assolate, bagnate, ventose e faticose di Amsterdam; ora pedalando pensosa, ora arrancando appiedata dalle limitazioni razziali, ora ridendo e pensando in compagnia di una comitiva pensosa e vivace che lei descrive con tenerezza e precisione, identificando ed amando ciascuno e per ciascuno elargendo una attenzione speciale e particolare che nasce dal suo grande cuore gonfio e pulsante, pesante e pensante.

Ma incontriamola anche dentro la sua grande camera ad Amsterdam, presso la sua scrivania tra i suoi libri e la sua lampada e la statua della piccola marocchina nera ed i fiori che lei amava tanto, o nella stanza di Spier lo psicochirologo che tanta importanza ebbe nella sua vita; oppure tra le baracche di Westerbork dove andò e tornò tra un grande via vai di umanità disperata, ammalata, bisognosa alla quale donava sempre la freschezza di una parola forte e di un ascolto attento e verso quel luogo di dolore e di morte per il quale ebbe sempre una grande nostalgia ed una parola di dolcezza ed amore. Oltre le baracche ed i fili spinati un campo colorato di lupini ed un cielo per lei sempre luminoso e buono sotto e dentro il quale inginocchiarsi per ritrovare se stessa e l’umanità e la "donnità" di dio.

Quel campo di Westerbork dal quale partì un giorno sul carro n. 12 "cantando" con dolcezza e fermezza e consapevolezza. Sia nel Diario che nelle Lettere (bellissime,e certamente più "poetiche" del diario) ho cercato questa dolcezza, questa fermezza e soprattutto questa consapevolezza ed ogni volta che la trovavo cercavo più avanti una nuova conferma, fino alla fine, fino a quel treno che parte per Auschwitz e si porta tutta la sua famiglia lei compresa, lei che vuole vivere fino alla fine tutti gli avvenimenti, lei che vuole vivere fino alla morte consapevole che la vita senza la morte non ha significato e perciò compiendolo fino in fondo il significato del suo stare ed essere. C’è una pagina dei Diari che rileggo "volentieri" perché in essa trovo una Etty nella sua iniziale determinazione e al tempo stesso con quella visione "ironica" che le permette di "resistere", per non sentirsi nelle grinfie. È del 21 marzo ed è a pag. 68. Ma ce ne sono tantissime altre. Quella pagina segna l'inizio di un percorso e troverà evoluzioni e sviluppi che si possono sorprendentemente riconoscere: è tutto così profondamente semplice ed al tempo stesso ricchissimo e intensissimo e faticoso.

Ecco allora che si arriva ad una grande immagine di Etty, una immagine vivificata dalle sue parole che accompagnano per tutto un lungo viaggio attraverso lettere e diario, un viaggio che non si conclude più perché rimane in noi. Ormai la sua impronta ci ha segnato e non va più via.

Bisogna tuttavia leggerla ancora e nuovamente e trovare e ritrovare pensieri e parole. Non basta una volta sola: non è libro che richieda un solo assaggio per saziare.

Credo che non ci si possa saziare mai delle sue parole perché scatenano pensieri che vanno in profondità e dilagano ed accendono ed esigono attenzioni e pratiche e verifiche. Non è così facile liberarsi di lei una volta conosciuta. Sembra quasi di vederla con la sua vitalità ciarliera e coinvolgente avvolgere in un vortice danzante di entusiasmo e dolcezza e lasciare un grande vuoto al suo dipartire.

Sembra proprio di vederla spiazzarti con il suo humor melanconico e fulminante fatto di giochi grotteschi ed enfatizzazioni dell’assurdo. Un humor molto, molto ebraico, talvolta sconcertante del tipo: Ora lo so: S. si leva la dentiera prima di pregare, oppure: certo è il nostro totale annientamento, ma sopportiamolo con grazia. E poi la guardi nelle tante foto che ti capita di trovare nei vari siti e sulle copertine dei libri e ti sorprendi a pensare a quanto sarebbe stato interessante e formidabile conoscerla ed averla come amica o magari amarla come compagna, sapendo che l’intensità del suo amore non sarebbe bastato per te solo, perché è talmente forte e immenso da colmare coloro che la avrebbero conosciuta e incontrata ed amata. E questo lei lo dice chiaramente a pag. 155 e a pag. 235 riguardo le letture di s. Agostino. Ma in un sito si riprende una osservazione di Etty sull’amare una persona sola e non tutta l’umanità. A parte il rischio di citare ed estrapolare frasi, questa considerazione non è determinate del pensiero di Etty perché è ripresa all’inizio delle pagine del diario, quando ancora il percorso è tutto da svolgere. Man mano che si legge il Diario ci si trova di fronte da una trasformazione ed a una visione dell’amare che successivamente cambia, grazie anche, ma non solo, a Spier di cui è segretaria, amica, amante, allieva e paziente.

Cambia a tal punto che quando a pag. 200 scrive del suo amico che "è morto da poco" proprio il giorno prima che le ss lo venissero a portare via, ciò è vissuto con sollievo, ma non con distacco. Sarebbe un imperdonabile errore valutare i suoi sentimenti sotto questo aspetto. Spier ha significato per lei qualcosa di talmente alto e grande da trascendere la destinazione dell’amare. La sua lettera è così profonda ed alta da lasciare senza fiato.

Chissà quanto e cosa Spier ha ricevuto a sua volta. Di lui sembra non ci sia alcuna traccia e rimaneza tutto nel vago alimentato dalla leggenda delle sue doti straordinarie di psicologo-chirologo tanto da attirare l’attenzione di Jung.

C’è una foto in particolare dove lei ti guarda con una guancia appoggiata alla mano che tiene una sigaretta. Ti guarda dentro gli occhi, non abbassa lo sguardo, non accenna a un sorriso: occhi, sigaretta, orecchino. Siamo intorno agli anni ’40 e tutto ciò è molto trasgressivo, trasgressivo come lei. Ti guarda come se questo fosse ciò che ha sempre fatto e ciò che ha sempre voluto fare: guardare per esserci, per stare. "E se i tratti del mio viso diventeranno brutti e sconvolti dalla sofferenza e dal lavoro eccessivi, allora tutta la vita del mio spirito potrà concentrarsi negli occhi".

È uno sguardo che dice che lei è qui da sempre e per sempre, pronta a tirar fuori da te che la guardi tutto ciò che serve, tutto ciò che non va dimenticato o eluso, tutto ciò che è essenziale per ritrovarsi e ritrovare il suo amore più grande: Dio. Un dio essenziale, infinitamente compassionevole, "umano e donnesco", l'unica certezza che le rimane. Un dio che le permette di guardare oltre l’odio e la paura che si proverebbero inevitabilmente per i persecutori ed i tempi (pag. 210). Un dio che la fa partire da dentro per essere pronta e nuova per i tempi che verranno. Ora i tempi sono venuti, ma lei non c’è: hanno ucciso la sua bella mente, il suo bellissimo giovane corpo dolorante e vitale e la sua anima indomita in un lager. Ma quel biglietto gettato dal finestrino alla fine della sua vita è il segno della sua indistruttibile voglia di esserci ben dopo e ben oltre.

Hanno scritto di Lei e non solo:

Nadia Neri: Una estrema compassione, Bruno Mondadori, 1999

Gerrit Van Oord: l'esperienza dell'altro. Studi su E. H., Apeiron, 1990

Laura De Salvo: Etty Hillesum: un cuore pensante, sentire per esserci,

Ed. dell’Università Roma Tre, 2001

Jan Guert Gaarlandt: Men zou een pleister op vele wonden zijn. Reacties op dagboeken en brieven van Etty Hillesum, Uitgeverij Balans, 1969.

I siti su Etty Hillesum si possono trovare anche in:

http://web.tiscalinet.it/silviocinque.htm

 

 

 

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