Honolulu
Baby -
di
Maurizio Nichetti
L'Ingegner Colombo, dipendente di
una fantozziana multinazionale in cui
e' ammesso solo parlare inglese, viene spedito nella
lontanissima e
sconosciuta Melancias, luogo in cui vengono mandati i
dipendenti
indesiderati e da cui nessuno ha mai fatto ritorno...
Maurizio Nichetti
ha sempre perseguito una sua idea coerente di cinema (se
escludiamo "Il
bi e il ba" e "Palla di neve", film su
commissione realizzati solamente
per soldi), realizzando film "fuori dal tempo",
opere satiriche e allo
stesso tempo poetiche, originali e divertenti. E se fosse
nato
all'estero probabilmente oggi ne parleremmo come di un
grande regista
(visto tra l'altro il non esiguo numero di premi che ha
vinto nel corso
degli anni, tra cui un David di Donatello, tre Nastri
d'Argento e due
premi al Festival del cinema di Montreal): in Italia,
purtroppo, colpiti
come siamo da esterofilia cinematografica, questo non
succede, e allora
ecco che Nichetti lo si conosce per le sue (ormai
sporadiche)
apparizioni televisive, piu' che per le sue doti
registiche. "Honolulu
Baby" e' una spassosa commedia, interpretata dallo
stesso ingegner
Colombo gia' protagonista di "Ratataplan" (ma
in fondo Nichetti nei suoi
film recita sempre nella parte dello stesso personaggio,
clown
stralunato e spaesato in un mondo grottescamente folle),
parlata in piu'
lingue (inglese, italiano, spagnolo, francese) senza
sottotitoli, per
creare un immedesimazione nello spaesamento del
personaggio principale.
E gia' questo, incredibilmente coraggioso per un cinema
italiano
banalmente convenzionale come quello che va per la
maggiore, e' un
grosso punto di forza del film. Che comunque ne presenta
molti altri:
ritmo impeccabile, attori bravissimi (Maria de Medeiros e
Jean Rochefort
sono un'ottima scelta) ed effetti speciali a volte
spartani ma piu' che
funzionali. Sicuramente e' due spanne sopra la media dei
"film carini",
provenienti dalle cinematografie piu' disparate, che
adesso vanno per la
maggiore. "Chocolat", "Il gusto degli
altri", "Lista d'attesa", sono
tutti film che alla fine in Italia incasseranno molto di
piu': ma,
lasciavetelo dire, immeritatamente.
La
stanza del figlio -
di
Nanni Moretti
Se non sapete di cosa parla il
film non proseguite nella lettura: andate
al cinema, guardatelo, e poi tornate qui. Se invece il
film l'avete gia'
visto o ne conoscete gia' la trama (e' una vergogna che
tutti i
cosiddetti critici non abbiano trovato di meglio da fare,
nel parlare
del film, che svelarne il punto saliente, che sarebbe
stato certamente
molto piu' d'impatto se inaspettato), leggete pure.
Giovanni, psicanalista, vive ad Ancona con la moglie e
due figli. Una
famiglia apparentemente perfetta, almeno fino al giorno
in cui Andrea,
il figlio piu' grande, muore in un tragico incidente.
Forse Nanni Moretti non e' un grande regista. Sa dirigere
molto bene gli
attori, questo e' indubbio, ma forse i movimenti di
macchina, i
virtuosismi, non sono il suo forte. Sinceramente non mi
ero mai posto il
problema, ma a forza di sentirlo dire ho provato a
pensarci. A me i suoi
film sono sempre piaciuti, ma effettivamente quello che
li rende unici
e' la sceneggiatura, non certo la regia. Potrebbe girarli
tranquillamente un altro regista, e probabilmente non si
perderebbe
niente. Non sono sicuro invece che Nanni Moretti possieda
le capacita'
per girare qualcosa di piu' complesso...
Forse Nanni Moretti non e' un grande attore. A forza di
vederlo
interpretare sempre ruoli simili viene da chiedersi se
veramente non
riesca solamente ad interpretare Michele Apicella, attore
quindi
funzonale a certi film ma non certo grande attore.
Forse "La stanza del figlio" e' veramente
tecnicamente sciatto come si
dice. In effetti inquadrature, fotografia, niente risalta
in maniera
particolare, niente e' molto al di sopra di un buon
prodotto televisivo.
Certo e' che Nanni Moretti, pur non essendo forse un
grande regista, di
esperienza ne ha fatta, e pur non avendo doti spiccate il
mestiere lo
conosce. Certo e' che Nanni Moretti, pur non essendo
probabilmente un
vero attore, la parte di se stesso la sa interpretare, e
ne "La stanza
del figlio" gli si chiede solo quello. Certo e' che
la componente
tecnica in un film non e' tutto: e a volte, anzi, una
"confezione"
trasandata puo' essere una scelta consapevole per
spostare l'attenzione
sui personaggi e sulla storia.
E quindi, nonostante tutte le critiche, "La stanza
del figlio" e' un bel
film. Solido, compatto, con attori bravissimi, una
sceneggiatura che non
esagera mai e che aggiunge una profonda nota di dolore
alla commedia di
stampo morettiano. Ed e' un film, contrariamente a quello
che si dice,
autobiografico. Se Moretti non ha mai vissuto quello che
accade nella
pellicola, il film ci parla comunque di come lui
reagirebbe, ci parla
del suo ipotetico dolore: perche' in fondo, non riesce
mai a scindersi
dai suoi personaggi, e alla fine ognuno di loro, sebbene
faccia un
mestiere diverso, sebbene abbia esperienze diverse, e' un
Nanni Moretti
di una realta' alternativa, rappresenta quello che
avrebbe potuto
essere, quello che potrebbe essere...
Stupiscono molto quindi le critiche verso questo
bellissimo ultimo film
di uno dei nostri registi piu' rappresentativi, e non
sono spiegabili se
non con il solito livore verso il cinema italiano. Un
cinema italiano
tra l'altro di cui Moretti e' stato uno dei pochi
innovatori, uno dei
pochi che cerca di raccontare qualcosa di diverso, anche
quando tocca
temi in fondo abusati come quello della morte di un
figlio. E il fatto
che lo faccia con una sceneggiatura in fondo molto
scarna, il fatto che
riesca a comunicarci dei sentimenti pur riducendo
all'osso la trama, non
puo' che farcelo rivalutare una volta di piu'. Non sara'
mica che, in
fondo, e' proprio un bravo regista?
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