Forse non avete in archivio
una lettera di PIER PAOLO PASOLINI, indirizzata a don Giovanni Rossi, fondatore e direttore della Cittadella di Assisi (E-mail: rocca@cittadella.org), in occasione di un loro incontro nel precedente Natale, che segnò molto l'animo del nostro. La lettera è molto spirituale, umile e sincera, quasi una confessione; ma soprattutto è profetica, pare che Pasolini descrivesse su di una sequenza filmica la sua morte violenta, quasi la presentisse con grande turbamento. Te la trascrivo ove non ne foste in possesso. L'ho trovata pubblicata su "Rocca", quindicinale della "Pro Civitate Christiana" n.22 del 15/11/75, tra le altre testimonianze in occasione della scomparsa di Don Giovanni Rossi, avvenuta il 27/10/75. Caro Don Giovani, La ringrazio tanto per le sue parole della notte di Natale: sono state il segno di una vera e profonda amicizia; non c'è nulla di più generoso che il reale interesse per un'anima altrui. Io non ho nulla da darle per ricompensarla: non ci si può sdebitare di un dono che per sua natura non richiede d'essere ricambiato. Ma io ricorderò sempre il suo cuore di quella notte. Quanto ai miei peccati. il più grande è quello di pensare in fondo soltanto alle mie opere, il che mi rende un po' mostruoso e non posso farci nulla; è un egoismo che ha trovato un suo alibi di ferro in una promessa con me stesso e gli altri da cui non mi posso sciogliere, Lei non avrebbe potuto assolvermi di questo peccato, perché io non avrei mai potuto prometterle realmente di avere intenzione di non commetterlo più. Gli altri due peccati che lei ha intuito, sono i miei peccati "pubblici": ma quanto alla bestemmia, glielo assicuro, non è vero. Ho detto delle parole aspre contro una data Chiesa e un dato Papa: ma quanti credenti, ora, non sono d'accordo con me? L'altro peccato l'ho ormai tante volte confessato nelle mie poesie, e con tanta chiarezza e con tanto terrore, che ha finito con l'abitare in me come un fantasma famigliare, a cui mi sono abituato, e di cui non riesco più a vedere la reale, oggettiva entità. Sono "bloccato", caro Don Giovanni, in un modo che solo la Grazia potrebbe sciogliere. La mia volontà e l'altrui sono impotenti. E questo posso dirlo solo oggettivandomi, e guardandomi dal suo punto di vista. Forse perché io sono da sempre caduto da cavallo: non sono mai stato spavaldamente in sella (come molti potenti della vita o molti miseri peccatori): sono caduto da sempre, e un mio piede è rimasto impigliato nella staffa, così che la mia corsa non è una cavalcata, ma un essere trascinato via, con il capo che sbatte sulla polvere e sulle pietre. Non posso né risalire sul cavallo degli Ebrei e dei Gentili, né cascare per sempre sulla terra di Dio. La ringrazio ancora, con tutto l'affetto, suo Pier Paolo Pasolini (27 dicembre 1964) Saluti. Boris & Caterina Longojev |
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