Vi sono diversi motivi convergenti che spingono l'attuale governo americano verso la guerra all'Iraq:

I. è un modo eccellente per il presidente Bush di recuperare consensi politici e status mediatico, in quanto la guerra all'Iraq:

di Lucio Sibilia


1. metterebbe in secondo piano problemi che devono restare in ombra nell'opinione pubblica e coscienza collettiva, quali: a) gli scandali finanziari, in cui il suo entourage è pure coinvolto, nonché la crisi economica e della borsa, che stanno costando molto ai risparmiatori americani; b) i torbidi rapporti di affari del clan Bush con la famiglia Bin Laden; c) le montanti proteste contro le limitazioni e violazioni delle libertà civili attuate negli USA dal governo in nome della "sicurezza"; d) la delusione per la mancata cattura di Bin Laden, nonché le crescenti evidenze che la rete di "Al Queida" non è stata debellata (insuccessi sostanziali della guerra in Afganistan); e) il crescente isolamento dell'amministrazione americana sulla scena politica internazionale, in particolare sulle questioni etico-sociali ed ambientali (vedi Johannesburgh, Tribunale Internazionale, etc.); f) non ultimi, i fattori di debolezza intrinseci alla elezione di Bush a Presidente degli USA con la minoranza dei voti, problemi che erano stati dimenticati dopo l'11 settembre. Chi si metterà a fare l'esame ad un Presidente di una nazione in guerra?

2. fa leva sul patriottismo americano, risvegliato dalla tragedia dell' 11 settembre, nonché sulla paura mai sopita di nuovi attentati.

3. crea consensi negli ambienti militari americani, da cui Bush riceve sostegno politico, in quanto:
a) implica un aumento di finanziamenti e di potere ai comandi militari, 
b) consente un rinnovamento degli arsenali,

4. ha il sostegno dell'industria petrolifera americana, che ha ampiamente finanziato la campagna di Bush, in quanto mira ad aumentare il controllo degli Stati Uniti sugli Stati del Golfo Persico, principali produttori di petrolio.

5. riceve forse appoggi anche da ambienti ebraici che hanno una forte influenza sulla politica americana, poiché non possono non vedervi una opportunità di pervenire ad un governo Iracheno meno ostile dell'attuale.

II. è una inevitabile conseguenza delle scelte fatte dal governo americano, dopo:

1. aver ridefinito gli attentati terroristici come un atto di guerra, cosa che comporta identificare un nemico,
2. aver identificato il nemico in termini religiosi ("Asse del Male"), e quindi assoluti,
3. aver incluso nell'"Asse del Male" alcuni stati tra cui appunto l'Iraq,
4. aver minacciato a lungo l'Iraq, con l'accusa di star preparando armi atomiche, oppure di voler usare armi di distruzione di massa contro i paesi occidentali (pur senza prove di ciò, ma questo non conta, perchè le prove si possono sempre mantenere "segrete" per motivi che l'opinione pubblica è pronta ad accettare). Da notare che gli USA non hanno mai sottoscritto il trattato internazionale contro le armi di distruzione di massa (anche questo però poco importa nel mondo mediatico: basta non diffondere la notizia).

III. Può far parte del "copione di vita" del figlio Bush quello di emulare il padre George, che a suo tempo affrontò il tiranno di Bagdad, oppure quello di superare il padre, che non riuscì nell'impresa di disarcionare Saddam nel 1991. Il copione potrebbe essere sia quello di dimostrare soltanto il proprio valore completando l'opera del padre, sia di contrapporsi a lui, mostrandosi superiore. In tutti i casi, il risultato è lo stesso. Che questo copione esista è plausibile, viste le scelte di vita del figlio.

IV. La Costituzione Americana, che conferisce ampi poteri al Presidente.

V. Lo status degli USA di superpotenza mondiale, non limitata da altre potenze di pari livello, che consente al governo americano di ignorare indicazioni, direttive, mozioni o delibere delle Nazioni Unite.

VI. La dislocazione di molte forze militari USA già nel "teatro" di guerra sud-asiatico, che richiederebbe spostamenti molto più ridotti di truppe e mezzi militari, che non farli ritornare in patria.

VII. La debolezza militare dell'Iraq, tenuto nel mirino e sotto bombardamenti da più di 10 anni.

Lucio Sibilia

Suggerimento di un lettore di un quotidiano australiano:
"Ma perchè non li mandamo avanti a fare la loro guerra questi americani, se proprio lo vogliono, aspettando un paio di anni prima di intervenire? Poi dopo, quando saranno nei guai, potremo pure intervenire in loro aiuto, così potremo assumere il ruolo di "salvatori del mondo libero", scelta molto più vantaggiosa anche economicamente".