Un milione in piazza: il più lungo «serpente» per la pace
di Davide Sfragano

Firenze è stracolma. Le strade adiacenti al percorso della manifestazione sono invase da migliaia di persone. Ed il corteo è bellissimo, imponente, lunghissimo, coloratissimo. Un fiume di bandiere rosse, basche, palestinesi, della pace. Uno spettacolo affascinante. C’è l’Europa pacifista.

Risalendo il corteo s’incontrano gli Rdb, Sindacato di base. Migliaia di persone ovunque, ad ogni ciglio. Poi i Cobas: fanno dei cordoni per non far infiltrare non si sa chi. Sul loro striscione c’è scritto: "Contro la guerra infinita, per i diritti dei popoli".

Ci sono delle signore che fanno il corteo con delle buste di plastica: raccolgono i rifiuti, le cartacce. "Un mondo senza guerra è necessario" si legge in uno striscione, è l’associazione Punto rosso. Poi il Caotm, il comitato per l’annullamento del debito del terzo mondo. Poi Attac. Un loro striscione dice: "Unica prevenzione, la giustizia". Ed il Che, c’è sempre, anche stavolta, non manca mai. Ed ecco le bandiere dell’Unione inquilini. Qui a Firenze c’è l’Italia della pace.

Ritmi tribali e danze scandiscono il passo del lento corteo. Uno striscione dice: "No alle privatizzazioni". I rasta, gli studenti, gli adulti, le kefia, i S.in.cobas. Alle 2 e dieci la coda del corteo deve ancora partire. Poi la parte più emozionante: ci sono gli operai della Fiat. Quelli di Mirafiori e di Cassino. Sono qui per la pace. Sono silenziosi ma la loro presenza è già abbastanza eloquente.

Molti cori: "Per un nuovo, miracolo italiano, Antonio Fazio, con la zappa in mano". Poi la nutritissima delegazione francese. Ci sono quelli dell’Lcr, Lega comunista rivoluzionaria. Il Partito comunista francese. Urlano cori contro Bush. L’Fsu, federazione sindacale unitaria. Un francese è su una barella coperto da una bandiera della pace: rappresenta la pace morente. Sembra quasi di essere al carnevale di Viareggio. Altri francesi hanno uno striscione con su scritto: "Contro l’Europa dei capitali".

Arriva la volta degli spagnoli. Anche loro sono tantissimi. Quelli dell’Ftc hanno uno striscione con scritto: "Bush, Blair, Berlusconi, assassini". Urlano "Intifada". Mentre si cammina si incontrano moltissimi attivisti della Cgil in ordine sparso. Si urla: "A, a chi, a chi capitalista". C’è anche una bandiera catalana. Un’altra di Cuba.

Folta anche la pattuglia greca. Uno striscione dell’Organizzazione comunista rivoluzionaria greca recita : "Abbasso la globalizzazione imperialista". Poi l’Internazionale dei lavoratori di sinistra. Tedeschi, svizzeri, inglesi, i ciprioti. Urlano: Abbasso la guerra imperialista. Una curiosità: per la prima volta in una manifestazione non s’incontra una pattuglia di polizia o carabinieri, solo i vigili urbani di Firenze.

09.11.2002
«Ora qualcuno chieda scusa a Firenze»
di Osvaldo Sabato

Se ci fosse stato Roberto Benigni sul palco li avrebbe presi in braccio, come fece con Enrico Berlinguer. Gli abbracci, Leonardo Domenici e Claudio Martini, li hanno presi lo stesso. Erano in migliaia i no global sotto il palco a Campo di Marte, nella zona dello stadio fiorentino. Il sindaco di Firenze e il presidente della Toscana sono rimasti legati da un filo invisibile per mesi. Con un nodo comune da sciogliere: la buona riuscita del Social forum. Ora che la sfida l’hanno vinta entrambi, sia Domenici che Martini non mostrano voglie di rivalsa. Del resto, quando le partite si vincono in questo modo il fairplay è d’obbligo. Anche se Martini sottolinea con un pizzico di sarcasmo che «qualche volta vanno anche oltre il pareggio». Un modo simpatico per rimandare al mittente le polemiche, frutto di una forsennata campagna politica e mediatica della Casa delle Libertà, che li ha accusati di aver consegnato la città cristallo nelle mani di un’orda barbarica. «Qualcuno deve chiedere scusa - dice Martini - è stato creato un allarmismo esagerato, e montata una persecuzione personale verso Domenici».

Nelle parole di Martini e in quelle di Domenici non c’è nessun tentativo di voler forzare i toni. Anche se la voglia di togliersi qualche sassolino dalle scarpe è tanta. Dopo una mattinata trascorsa a Palazzo Vecchio Domenici si presenta in piazza Indipendenza, il ritrovo dei sindaci era in coda allo spezzone della Cgil, con un libretto della Costituzione italiana: «Perché l’ho fatto? Perché in questo periodo mi sono mosso sulla base di un principio che è riconosciuto nella nostra Costituzione che prevede il diritto a riunirsi e la libertà di manifestare il proprio pensiero» spiega convinto che avrebbe vinto questa scommessa insieme agli organizzatori del Social forum. E a chi gli chiede un commento su quanto aveva scritto Oriana Fallaci nei giorni scorsi il sindaco di Firenze non abbocca: «Non è il momento delle polemiche, è il momento di brindare». In un attimo la scrittrice diventa roba da preistoria. Un ricordo del passato. «I violenti sono i due deputati di Forza Italia che si scazzottano in parlamento» commenta Martini. I timori che per settimane hanno accompagnato l’appuntamento di ieri sono solo fantasmi del passato. «Ha vinto Firenze. E avete vinto voi» dice alla fine il sindaco Leonardo Domenici alle migliaia di persone che gremivano Campo di Marte. Poco prima era toccato al presidente della Toscana, Claudio Martini, raggiungere il palco per il pieno di applausi. Sono stati loro gli unici politici a farlo. E non poteva che essere così.

La giornata di Domenici e Martini è iniziata come è finita. In mezzo alla gente del Social forum. Applausi, strette di mano e saluti calorosi a decine. Non la dimenticheranno facilmente. Piacevolmente faticosa. Una scout lancia il suo cordoncino, altri giovani del villaggio equo solidale offrono la cioccolata equo e solidale, un prete di Pax Cristi che lo ringrazia, ogni tanto a qualcuno scappa pure un «grazie compagno». Queste non sono altro che alcuni flash del pomeriggio di Domenici.

«Il messaggio che arriva è che era possibile l’iniziativa di ritrovarsi in tanti - dice Domenici - per discutere in modo pacifico di problemi così importanti». Il lungo serpentone umano sembrava un pitone con la pancia piena che non aveva nessuna voglia di strisciare. «Scrivete che avete un sindaco con le palle» urla la bresciana Adelia ai giornalisti. «Ma quando ci muoviamo» chiede nel frattempo Domenici ai suoi collaboratori, e per capire meglio il punto delle situazione telefona lui stesso al prefetto Serra, mentre la gente gonfia sempre di più. Mezzo milione? Ottocentomila? «Non ha importanza la cifra. È importante come si sta manifestando» osserva Martini. «Negli ultimi mesi abbiamo assistito alle due più grandi manifestazioni della storia fiorentina» aggiunge Domenici. La «giornata strepitosa» di chi ha voluto che Firenze diventasse la Porto Alegre europea si è conclusa con una puntata di Domenici alla sala radio della questura per un saluto al questore De Donno. E una telefonata di ringraziamento di Martini al prefetto Serra. In fin dei conti alla fine hanno vinto tutti insieme.

09.11.2002
Firenze, un milione di giovani in pace
di Piero Sansonetti

Siamo tutti fiorentini, no? Ieri è stato così: tutti fiorentini, tutti pacifisti, tutti innamorati di questa città, che è la più gentile d'Italia. Forse la più bella, la più colta, la più illustre. La città del sindaco La Pira, di Ernesto Balducci, dei ragazzi del '66 che la tirarono fuori dal fango dell'alluvione. Firenze è la città che ci ha insegnato a parlare la nostra lingua, a leggere, a guardare l'arte, ed è la capitale della pace. Ieri lo è stata come mai lo era stata prima: un corteo gigantesco, di un milione abbondante di persone - di cittadini europei - ha sfilato lungo sette chilometri per circa otto ore, ha attraversato Firenze, l'ha intasata nei suo viali, nelle stradine, nei vicoli, nelle piazze, l'ha riempita fino all'inverosimile, le ha consegnato il suo messaggio che più o meno è questo: noi siamo contro la guerra, noi crediamo di rappresentare la maggioranza degli italiani, noi vogliamo che non ci sia l'aggressione di Bush all'Iran - perché è una follia, è un atto illegale e terroristico - e in ogni caso non vogliamo che l'Italia partecipi ad una simile avventura.

Questo messaggio è stato gridato in una decina di lingue, soprattutto in italiano, in francese, in inglese e in greco (ma anche in arabo e anche in israeliano). E i fiorentini, che sono gente sveglia, lo hanno capito e hanno risposto alla grande. Nel quartiere Campo di Marte, che è un quartiere popolare ed è il quartiere dove la manifestazione si è conclusa, c'erano centinaia di persone alle finestre: battevano le mani, sventolavano le lenzuola bianche, tiravano i coriandoli e offrivano acqua e frutta. Per la verità gettavano anche giornali fatti a pezzettini: chissà se solo per fare allegria o anche per esprimere una certa irritazione verso chi ha tentato in tutti i modi - con campagne di stampa - di impedire questa manifestazione o di trasformarla in guerriglia.

Di guerriglia non c'è stato neanche un accenno. Clima tranquillissimo, sereno, persino allegro. Che tristezza pensare a quegli articoli così rabbiosi, pieni di invidia, come quelli della Fallaci, e di altri che continuano a considerare questi giovani e questi manifestanti solo uno spauracchio per la propria tranquillità e una minaccia ai propri privilegi. Non li vogliono ascoltare, non riescono proprio a capire cosa dicono, cosa pensano, che idea di società hanno in mente.

Quella di ieri a Firenze è stata una delle più grandi e belle manifestazioni mai viste. E' stata molto faticosa, perché quando un milione o un milione e mezzo di persone invadono una città tre volte più piccola, è difficile che non si creino disagi. Il corteo doveva partire alle tre del pomeriggio dalla Fortezza da Basso, cioè dalla sede del forum europeo, che stava concludendo i suoi lavori. Però i pullman e i treni hanno iniziato ad arrivare molto prima. Già alle nove del mattino la città era completamente invasa dai no-global, e anche i più scettici cominciavano ad accorgersi che i no-global non sono gente che morde: parla, pensa, discute - saluta educatamente, persino - al massimo grida o canta...

Alle 11 la situazione è diventata insostenibile, perché c'erano due o trecentomila persone che si trovavano nelle strade e nelle piazze vicine alla fortezza, così si è deciso di far saltare i programmi e di far partire il corteo. Intanto continuava ad arrivare gente, dall'Italia, dall'Europa, moltissimi anche da Firenze e dalla Toscana. La stragrande maggioranza erano giovani, ma c'erano anche molti cinquantenni.In testa al corteo si sono messi i leader del movimento, Agnoletto, Bernocchi, Raffaella Bolini, Franco Russo e un'altra cinquantina di persone. Mancava Casarini che era rimasto indietro, alla testa del troncone dei disobbedienti. E poi mancavano tutti i personaggi politici, sparsi nei chilometri di strada: Bertinotti, Cofferati, i sindacalisti della Cgil, quasi tutti i dirigenti della sinistra Ds e dei Verdi, ma anche una delegazione ufficiale dei Ds (c'era Cuperlo, c'erano Chiti e Marina Sereni). Alle tre e mezza del pomeriggio, trenta minuti dopo l'ora fissata per la partenza, il corteo già era arrivato alla meta, allo stadio. Siamo più precisi: la testa del corteo. E la coda? Era ferma immobile alla Fortezza e nelle piazze le vicine. Tutti in piedi, pigiati, immobili. Compreso il sindaco di Firenze, Domenici, e il presidente della Regione Martini, che - almeno tra gli uomini politici - sono gli "eroi" di questo Forum: perché l'hanno voluto e l'hanno difeso dagli attacchi di molti giornali, del "Corriere della Sera" e di un bel pezzo del governo, Berlusconi in testa. Meritano un applauso Martini e Domenici, e sicuramente lo merita anche il prefetto Serra, bravissimo nel gestire la polizia. Il corteo non ha mai visto la polizia e ha dimostrato di saperne fare a meno. Il blocco nero? Chissà dov'era. C'era un pezzetto del corteo molto nero: bandiere, maglioni, pantaloni, scarpe e fazzoletto. Gli anarchici. Però erano tranquillissimi. Non facevano paura.

Cosa sarebbe successo a Genova, un anno e mezzo fa, se invece di mandare nelle sale operative i dirigenti di An, avessero affidato tutto a un tipo come il prefetto Serra? E diciamo pure: cosa sarebbe successo se il ministro dell'interno, invece di quel disastro di Scajola fosse stato un vecchio marpione, abile, come Pisanu? Chiunque sa rispondere a queste domande. La coda del corteo alla fine è partita, ma erano le cinque del pomeriggio. E' arrivata dopo le sette.

L'ultima giornata del Forum era iniziata come tutte le altre: dentro la Fortezza, a discutere, dalle 9 di mattina. Ancora cinque assemblee plenarie, ciascuna un paio di mila persone, e decine di seminari. L'assemblea più bella, che è stata un momento decisivo di questa giornata, è stata quella con Pietro Ingrao. Il vecchio dirigente del Pci che di tutti i temi del pacifismo e dei no-global è un precursore. Parla di queste cose da almeno trent'anni. Quando si è alzato e ha preso il microfono, verso le 11 del mattino, la sala straboccava, non si poteva entrare. C'erano tremila persone. E da fuori arrivavano le grida ritmate del corteo. C'è stato un applauso che è durato due minuti. Tutti in piedi. Ingrao ha fatto un discorso che ha emozionato la sala. Come fa sempre lui, da quando era giovane. Però non si è lasciato andare alla retorica, è stato molto concreto, forse persino un po' critico. Ha detto: ragazzi, non bastano i cortei, non basta la vostra meravigliosa passione per battere le guerre. Serve la politica per vincere. La politica che incide nel potere. Come facciamo per fare diventare la vostra speranza "potere politico"? Questo è il problema che voi avete davanti. Un corteo bello e ardente non è ancora potere politico. Quali sono le nostre armi? «Sono in quel libretto che i vostri padri chiamarono Costituzione». Ingrao ha detto che la forza del pacifismo è la legalità, che è in contrasto con l'illegalità di chi fa la guerra. Dei governi, degli Stati. Ha detto che il pacifismo deve portare i suoi argomenti e la sua forza non solo nelle piazze, ma «negli Stati e nei luoghi del potere».
Un obiettivo ambiziosissimo: costruire un potere di pace. «Non c'è mai riuscito nessuno finora: il potere è sempre stato armato, è sempre stato di guerra», ha detto Ingrao. Poi si è rivolto ai giovani: «Noi abbiamo perso: imparate da noi, dalle nostre sconfitte. Voi potete farcela. Auguri per il vostro viaggio».

Il ministro degli Interni ringrazia i partecipanti
le forze dell'ordine e gli amministratori di Firenze
Il sollievo di Pisanu
"Abbiamo lavorato bene"
Berlusconi: "L'Italia ci guadagna se opposizione responsabile"

ROMA - "Il governo, anche in condizioni difficili, ha garantito il principio costituzionale della libertà di manifestazione e i partecipanti al Social forum di Firenze hanno risposto sfilando in maniera pacifica". E' questo il commento ufficiale del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo il grande corteo che ha chiuso il Social Forum Europeo di Firenze. Un commento accompagnato da un ringraziamento alle forze dell'ordine e la ministro dell'Interno Pisanu. E da una riflessione politica di carattere generale: "Si è confermato oggi - dice il premier - che il Paese ha sempre da guadagnare quando l'opposizione invece di lanciarsi in polemiche non costruttive si confronta in maniera corretta e responsabile con il governo".

Le parole del presidente del Consiglio arrivano alla fine di una giornata temutissima che è invece risultata alla fine assolutamente tranquilla. Il primo a parlare oggi, anche se il suo è stato un più che laconico commento, è stato il vicepremier Gianfranco Fini: a metà del pomeriggio, quando si era ormai capito che le cose a Firenze stavano andando bene, il leader di Alleanza Nazionale ha detto di ritenere "Certamente positivo il fatto che finora non sia accaduto nulla".

Il ministro degli Interni Giuseppe Pisanu, invece, ha aspettato fino a sera prima di commentare l'andamento, del tutto pacifico, del Social Forum europeo e, soprattutto, del grande corteo fiorentino contro la guerra.

"Il merito va attribuito a tutti coloro che si sono impegnati per la riuscita della manifestazione - ha detto il ministro - vale a dire partecipanti, forze dell'ordine, amministratori e autorità". Ma una parte del merito, sottolinea Pisanu, va anche "al Parlamento e alle forze politiche e sociali che alla vigilia del Social forum hanno sostenuto le forze di polizia assicurando loro fiducia e solidarietà ".

Del resto la scorsa settimana era stato lo stesso Pisanu a dire che nella decisione con cui il governo aveva confermato il summit aveva pesato anche l'atteggiamento del centrosinistra, e così ora arriva un tributo a quella opposizione che nell'infuocata e confusa vigilia dell'appuntamento No global aveva dato la sua disponibilità a lasciare da parte le polemiche e a lavorare tutti insieme per rendere il più sereni possibile i giorni di Firenze.

Pisanu, com'è ovvio, rivendica il lavoro fatto ("non solo negli ultimi giorni, ma da mesi") di prevenzione e controllo, anche all'estero. Una prevenzione che si è intensificata nelle ultime settimane e che ha portato, secondo i dati forniti stasera dal titolare del Viminale, a fermare duemila le persone "pericolose" alla frontiera.

Infine, l'omaggio alle forze dell'ordine, con il ministro assai accorto nell'evitare qualsiasi polemica con il suo predecessore Scajola, l'uomo che gestì i drammatici giorni del G8 di Genova. "A Firenze - dice Pisanu - ha operato con grande oculatezza e discrezione un vasto e articolato dispositivo di ordine pubblico, rivolto a scoraggiare qualsiasi turbativa ai danni dei manifestanti e della città". E così, è sempre il ministro degli Interni che parla, "il nuovo modello di sicurezza, già sperimentato con successo a Genova lo scorso luglio, ha confermato a Firenze tutta la sua efficacia".

(10 novembre 2002)

La città invasa. La questura: "450 mila persone"
Pochissima polizia, il servizio d'ordine affidato alla Cgil
La festa del corteo no global
"A Firenze siamo un milione"
Nessun incidente, applausi dai balconi e musica sul palco
di ANDREA DI NICOLA

FIRENZE - "Abbiamo fatto un monumento alla pace e alla democrazia e lo abbiamo piazzato nella capitale dell'arte". E' un ragazzo che parla ai suoi compagni dal camion del Comitato Piazza Carlo Giuliani a definire al meglio i sentimenti di quell'immensità di persone che hanno dato vita alla più grande manifestazione europea contro la guerra che si ricordi. Cinquecentomila? Un milione? I numeri non possono bastare a descrivere l'invasione di Firenze.
"Sembra una festa, non una manifestazione", mormora un ufficiale dei carabinieri vedendo sfilare il corteo. E in effetti è un festa che ha concluso il Social forum europeo, una festa che ha superato le perplessità della città lentamente fino a conquistarla con i suoi suoni e i suoi colori e a convincerla a scendere nelle strade insieme agli "unni", come erano stati presentati, o ad offrire un panino, un caffè o soltanto una testimonianza di condivisione della loro lotta pacifista e antiliberista. E i giovani greci, svedesi, italiani, ciprioti, francesi, spagnoli, tedeschi hanno capito al volo che qualcosa era cambiato ed hanno applaudito Firenze ed i suoi abitanti.

Fin dalle 10 del mattino si capiva che quella di oggi sarebbe stata una giornata speciale. A quell'ora il popolo dei no global e la sua miriade di sigle avevano già iniziato la partita nonostante mancassero 4 ore alla partenza ufficiale del corteo. Alle 10 la testa si posizione su viale Lavagnini per dare modo a tutti di entrare in corteo. Lo spettro di Genova, per quanto esorcizzato, inizia a levarsi per aria ed allora tutti, ma proprio tutti, compresi i pacifisti di Lilliput iniziano a serrare i cordoni del servizio di "autotutela". Nulla di particolarmente militarizzato, ma quanto basta ad evitare infiltrazioni dall'esterno.

Ma oggi l'aria era diversa rispetto al luglio del 2001. I giovani cantavano, ridevano, facevano quegli esercizi da giocolieri che piacciono tanto agli alternativi del nord europa. Attac, la grande organizzazione internazionale che si batte per l'applicazione della Tobin Tax e guidata da importanti intellettuali francesi, chissà perché inserita nelle sigle pericolose dal ministro Pisanu, ha portato una banda, la Bandao, che con le sue percussioni ha allietato gran parte del corteo. "Resist, rivolt", incitano gli inglesi di Socialist Worker, "Il nostro futuro non è una merce" proclama un altro gruppetto. Mentre uno scozzese se ne va in giro con un buffo cappellino sul quale, parafrasando lo slogan guida del movimento "Un altro mondo è possibile", c'è scritto: "Another Bush is possible?".

Sberleffo, come quello feroce che colpisce la Oriana Fallaci, nella mente e nei cuori, non in senso positivo dei manifestanti. "No ai Black Bloc veri o Fallaci", scrivono i Comunisti italiani di Ferrara, invocazioni "Not in my name", ovvero non fate la guerra in mio nome, ma anche proclami che non ti aspetti come quello su striscione rosso che dice: "L'obbedienza non è una virtù". Se lo dice Casarini non stupisce, che a proclamarlo siano i serissimi professori della Cgil scuola di Massa e Carraran certo fa effetto.

Ma nella confusione degli slogan e dei rumori, ad ora di pranzo, un pranzo che nessuno di loro farà, lo spettro di Genova prende corpo. Davanti al corteo si parano una decina di anarchici a volto coperto. La testa della manifestazione si ferma. Le mamme e le nonne di "Firenze città aperta" non ci stanno. Dopo tutta la fatica fatta per far capire alla città che il Social forum era una bella cosa non potevano arrendersi, e così prendono in mano la situazione. Cominciano ad urlare: "Delinquenti, scopritevi il viso", "non vi ci vogliamo" attaccava un'altra e così in sette otto, fino all'accusa più brutta: "Fascisti". I ragazzi sono in difficoltà, una reazione così non se l'aspettavano. "Volevamo solo tornare a casa e ci danno dei fascisti" dicono ad Alfio Nicotra che cerca di placare la situazione. I funzionari della Digos faticano a tenere lontano una signora con i capelli bianchi che insisteva nelle accuse fino a guardare in faccia il giovane antagonista e a mormorargli in senso di sfida con un chiaro accento toscano: "Attento che ti ho fotografato, ti riconosco".

Ma è l'unico momento di tensione. Il corteo nemmeno si accorge ell'episodio e continua a sfilare: lo farà per almeno sette ore. Davanti si solidarizza con gli operari della Fiat che portano con orgoglio lo striscione: "Operai della Fiat in lotta". In molti li fermano, gli fanno coraggio. Un po' più indietro ci si commuove con il camioncino del Comitato piazza Carlo Giuliani davanti alla quale ci sono la mamma, il papà e la sorella di Carlo e che ovunque viene salutato con applausi intensi e con lo slogan "Carlo è vivo e lotta insieme a noi". Passano i palestinesi che chiedono la fine dell'occupazione,gli spagnoli che urlano nella loro lingua il loro no a "Bush, Berlusconi, Aznar". Hanno cantato versioni aggiornate di Bella Ciao e di Avanti popolo. José Bové sul trattore guida gli agricoltori, i Sem Terra brasiliani e il loro inno di lotta: "Tierra y dignidad".

I più fortunati sono riusciti ad arrivare fino allo stadio, sette chilometri più in là dalla partenza. La Cgil, che ha portato a Firenze oltre 120 mila persone, invece si è dovuta arrendere: più in là di piazza Beccaria non si va e quindi viene dato il "rompete le righe". Sette ore per fare poche centinaia di metri ma a loro va bene così.

I leader no global possono gioire, questa volta a differenza di Genova quando avventatamente dissero "abbiamo vinto" possono cantare vittoria e dire, con Francesco Caruso: "Il terrore sparso da Berlusconi e Pisanu è stato un boomerang. Da oggi tutti, governo e partiti della sinistra, dovranno fare i conti con il movimento".

(9 novembre 2002)