DA - LA REPUBBLICA L'ex leader della Cgil dopo
l'"investitura" di Moretti
"Voglio parlare con tutti, da Di Pietro ai noi
global"
A Firenze tutti
per Cofferati
"Voglio unire, non dividere"
L'Ulivo deve tornare allo spirito del '96
Nuovo no al dialogo sulle riforme: "Berlusconi non
è credibile"
FIRENZE - E' la
sua serata, e Sergio Cofferati lo sa. L'ex numero uno
della Cgil arriva al Palasport di Firenze pochi minuti
prima delle 21. Non una parola con i giornalisti che lo
attendono. Se ne va dritto in una saletta a parlare con
Nanni Moretti e altri (pochi) girotondini. Poi sale sul
palco a ricevere l'ovazione. Ci sono almeno 10.000
persone. Che si spellano le mani e, di fatto, anticipano
quanto dirà Moretti di lì a poco. E cioè che è lui,
il "cinese", il leader della sinistra.
E' una "investitura" in piena regola, e
Cofferati non si sottrae. Anzi, quando prende la parola
il "quadro della Pirelli" precisa, sfuma e
puntualizza, ma ripete puntigliosamente quanto va dicendo
da mesi su Ulivo, riforme e movimenti. E ancora una volta
le sue sono parole pacate nella forma (soprattutto quando
dice di "non voler delegittimare né
dividere"), ma assai esplicite nella sostanza.
No al dialogo con Berlusconi. Sì all'Ulivo, ma solo se
avrà "lo spirito del 96". No a una coalizione
che decida a maggioranza. Almeno fino a quando non avrà
un programma comune. Sì ai movimenti, perché quello
trascorso è stato "un anno di cose
straordinarie". Il tutto, però, con una premessa
che replicando ai malumori di Fassino diventa anche una
risposta, in anticipo, alle sicure polemiche del dopo
Firenze.
"Non voglio delegittimare nessuno", dice
Cofferati dal palco rivolgendosi idealmente al gruppo
dirigente dei Ds e aggiungendo che non ha nessuna
intenzione di "partecipare alla divisione di nessuno
schieramento o di nessun partito". Insomma, l'ex
leader sindacale assicura che non sta lavorando a
scissioni, né all'interno della Quercia, nè tra i
movimenti. Al contrario. Ribadisce che la sua intenzione
è quella di creare una rete di opposizione che colleghi
partiti e movimenti, che unisca insomma, con l'obiettivo
dichiarato di ricreare il clima del '96. Quando cioè
l'Ulivo vinse le elezioni e Prodi andò a Palazzo Chigi.
Non il clima della bicamerale, però. Sulle ipotesi di
dialogo intorno alle riforme arriva da Cofferati una
nuova bocciatura: "Non si finga di non aver detto
che si poteva fare una convenzione per le riforme".
Ce l'ha con una parte dei vertici diessini, ai quali
manda a dire che una convenzione sarebbe "una
riedizione di una cosa che abbiamo già vissuto
insieme...". Vale a dire la bicamerale, che l'ex
leader della Cgil vede come il fumo negli occhi perché
la destra non presenta "interlocutori
affidabili".
Ecco allora l'attacco a Fini, che fa venire "i
brividi nella schiena" quando consiglia a Tremonti
in Parlamento di "non replicare ai coglioni",
ma anche a tutti quelli che a sinistra aprono sulle
riforme: "A volte cambiare non è moderno, e
difendere la Costituzione è un atto di conservazione
legittimo e dovuto".
Conservatore in campo istituzionale, dunque, e invece
aperto e sensibile a piazze, girotondi e movimenti.
Cofferati ricorda la manifestazione della Cgil di marzo,
ma anche il mega raduno di settembre in piazza S.
Giovanni a Roma, e così il pacifico e imponente corteo
del Social Foum a Firenze. Tutti movimenti che non
vogliono diventare un partito, e nemmeno sono
"antipolitici". Semplicemente per l'ex leader
della Cgil sono "uno stimolo ai partiti".
Con cui bisogna confrontarsi, dice Cofferati, che
parlando già da leader della sinistra promette:
"Voglio parlare a tutti. A quella parte del centro
destra che è stata ingannata e che ora comincia ad
accorgersene. Voglio guardare al centro senza dimenticare
le radici della sinistra". E ancora, naturalmente,
c'è da parlare con i rappresentanti dei partiti della
sinistra, con Di Pietro ("nessuno lo
dimenticherà"), con i no global.
Si tratta di un progetto ambizioso, sul quale però
Cofferati insiste da mesi, provando a superare una
contrapposizione tra antagonismo e riformismo che
considera datata. Replicando a chi in questi giorni lo ha
definito un "peggiorista", spiega: "Credo
di essere sempre stato un riformista, ma da questa
posizione so apprezzare anche gli antagonisti. Sono così
pazzo da pensare che vi possano essere dei punti in
comune".
E' musica per le orecchie dei diecimila del Palasport di
Firenze. E' musica per i girotondi, per una parte dei
movimenti, per un pezzo della classe dirigente della
sinistra. Per altri lo è molto meno. Per D'Alema, per
esempio, che invita Cofferati "a venire con noi,
perché più vengono a tirare la carretta e meglio
è". E intanto avverte: "Dobbiamo fare gol agli
altri. E non nella nostra porta".
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DA - LA REPUBBLICA
Circa diecimila persone
riunite al Palasport
Il regista: "Nessun nuovo partito, il nemico è
questo governo"
Firenze, Moretti
lancia Cofferati
"E' lui il leader della sinistra"
Ovazione per l'ex segretario della Cgil
"Non voglio delegittimare nessuno"
FIRENZE - Nanni
Moretti lo dice tra gli applausi: "Consiglio a
Cofferati di non farsi costringere da noi al ruolo
riduttivo di leader soltanto della nostra galassia, di
associazioni e movimenti, della sinistra radicale: Sergio
deve poter parlare anche agli altri". Davanti alle
migliaia del Palasport di Firenze, il regista romano
incorona con queste parole l'ex segretario della Cgil. Il
"cinese" ascolta e non fa una piega, mentre la
platea capisce il messaggio e applaude a lungo. Cofferati
pronuncia parole che partono dalle tante fibrillazioni
che intorno al suo ruolo si agitano nel centrosinistra:
"Non voglio delegittimare nessuno. So quanto è
faticosa la vita di chi si occupa di politica, insieme
possiamo fare cose molto importanti come dimostrate voi
qui stasera". Ed è un messaggio che arriva dritto
al gruppo dirigente dei Ds e al suo segretario, Piero
Fassino che solo ieri aveva lamentato i rischi del
"cofferatismo".
Tocca a Moretti fugare il
sospetto che dipingeva l'appuntamento fiorentino come il
battesimo di una nuova formazione politica: "Non è
un precongresso, stasera a Firenze non nasce un nuovo
partito. Ci sono solo tante persone di sinistra che
vogliono parlarsi e parlare anche agli altri, magari a
quelli che stanno nel centrodestra" spiega Moretti,
ai microfoni di Novaradio. E Cofferati di rimando:
"Sono contento che il movimento non voglia
trasformarsi in partito".
L'incontro tra il regista e l'ex leader della Cgil,
Sergio Cofferati richiama al Palasport fiorentino, circa
10 mila persone. "E' stato un anno esaltante perché
ricorre l'anniversario della nascita dei movimento e noi
qui siamo a ricordare soprattutto che il nostro nemico è
il centro destra" attacca Moretti mentre la platea
tributa un'ovazione a Cofferati. In platea siedono il
filosofo Gianni Vattimo, europarlamentare dei Ds, il
filosofo Paolo Flores d'Arcais, direttore della rivista
'Micromega', la scrittrice Lidia Ravera, lo storico
inglese Paul Ginsborg, il geografo Francesco Pancho
Pardi. Numerosi anche gli esponenti dei Dsm tra i quali i
parlamentari Giovanna Melandri, Pietro Folena, Fabio
Mussi, Gloria Buffo. Tra il pubblico anche Giuliano
Giuliani. Tutti hanno sul bavero la coccarda della
manifestazione. Semplice lo slogan: "Io ci
sono".
Riguardo alle fibrillazioni a sinistra che hanno
accompagnato l'appuntamento fiorentino, Moretti diventa
ironico: "A sinistra c'è sempre stata la voglia di
farsi del male, una sorta di gene dell'autodistruzione.
Io non capisco questa discussione sui leader che scaldano
i cuori mentre invece bisogna far vincere. Ci sono leader
che non scaldano i cuori e fanno pure perdere".
Che fare allora? "Tornare allo spirito del '96 con
la novità della spinta dei movimenti - dice ancora
Moretti.- Nel '96 ero felice che le persone che avevo
votato avessero vinto. Come cittadino ero contento del
governo Prodi. E a chi critica i movimenti il regista
romano risponde così: "A chi ci dice perché volete
dare una spallata al Governo Berlusconi noi diciamo che
nessuno di noi lo vuol fare, è stato eletto da una
maggioranza, ma una maggioranza un pò regalata dalla
sinistra e dal centrosinistra".
Così dentro il Palasport. Fuori altre migliaia di
persone si sono accalcate ai cancelli, senza possibilità
di entrare nella struttura stracolma. Nel frattempo si
fanno i primi conti. La manifestazione è costata circa
12 mila euro. Se la raccolta tra il pubblico supererà il
costo la parte di denaro eccedente sarà devoluta
interamente ad Emergency di Gino Strada.
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DA - LA REPUBBLICA
A Firenze il
battesimo
della "Cosa 3"
di CURZIO MALTESE
L'INATTESO lancio
pubblicitario di Piero Fassino ha funzionato, creando
l'effetto Palavobis. Migliaia di persone s'accalcano
dentro e fuori il palazzetto di Firenze. Qui sei anni fa
nacque e subito morì la "Cosa 2" di D'Alema,
con meno problemi d'ordine pubblico. Qui ieri notte è
nata la "cosa" di Sergio Cofferati. Se sarà un
partito, una federazione, un movimento o soltanto
un'altra mina vagante della politica italiana, saranno i
prossimi mesi a dirlo. Cofferati, come era prevedibile,
ha attaccato Berlusconi e non ha speso una parola su
Fassino o D'Alema. Ha insomma raccolto al volo la
bandiera dell'unità dell'Ulivo che Fassino gli aveva
lasciato col suo sfogo e l'ha sventolata fra le ovazioni.
La bandiera del primo Ulivo, quella "vittoriosa del
'96" e del governo Prodi, dopo il quale "si
sarebbe dovuti andare al voto".
Certo che la nuova cosa, a differenza delle precedenti,
nasce in un bagno di folla e da un'investitura di massa.
Fra i duellanti della sinistra, non c'è dubbio che il
cuore del popolo batta da questa parte. La nomenclatura
della Quercia può ripetere che "con i leader che
scaldano il cuore non si vincono le elezioni", ma
intanto l'applausometro di Firenze impazzisce quando
Nanni Moretti risponde: "In compenso abbiamo tanti
leader che non scaldano il cuore e ci fanno pure
perdere".
In serate come queste si prova invidia per i colleghi
stranieri che possono raccontarla come l'ennesima
bizzarria di un paese anomalo. In fondo, non dovrebbe
esserci nulla di drammatico in un convegno dove le stelle
sono un ex sindacalista ora impiegato alla Pirelli e un
regista di storie molto private, che si trovano con un
pugno di professori e capi del volontariato per ripetere
tutti insieme concetti quasi banali in qualsiasi
democrazia.
Quale avvocato di
Minneapolis, casalinga di Francoforte o pensionato di
Lione non potrebbe concordare sul fatto che un governo
non deve far leggi su misura come la Cirami o che non si
possa riscrivere la Costituzione con un premier che
possiede la maggioranza dei media? In quale altro Paese
una riforma delle pensioni non si può fare se non c'è
accordo fra governo e opposizione? Quale buon
parrocchiano della terra non potrebbe sottoscrivere
l'idea pacifista di Cofferati per cui "il terrorismo
che uccide gli inermi non si combatte con guerre che
uccidono gli inermi"?
Soltanto nell'Italia dell'egemonia berlusconiana queste
potevano diventare pericolose idee sovversive, roba da
comunisti. Soltanto nell'impazzimento della politica un
convegno fra un ex sindacalista, un regista e un pugno di
professori moderati può assurgere al ruolo minaccioso di
prodromo rivoluzionario, assalto al palazzo d'Inverno. Ma
siccome con l'impazzimento della politica abbiano a che
fare, unica speranza è trovarci del metodo. E un metodo
forse c'è, in Fassino come in Cofferati. Anche se è
difficile spartire torti e ragioni in una sinistra che
sembra brava soprattutto a dividersi ogni volta che
Berlusconi ne ha bisogno.
La sparata di Fassino, a prima vista, può sembrare
insensata e controproducente, quasi impolitica. Non è
politica dire
"Cofferati non mi piace", battendo un pugno sul
tavolo. Politica sarebbe chiedersi come mai piaccia a
milioni di persone e perché se una manifestazione contro
il governo la organizza l'Ulivo al completo ci vanno in
due o trecentomila e quando l'ha indetta Cofferati ci
sono andati tre milioni, quando l'ha organizzata Moretti
erano un milione e perfino i no global riescono a portare
più gente in piazza. Ma nemmeno è politica è stare
fuori dal gioco come fa Cofferati, senza assumersi
responsabilità dirette, libero di impallinare ogni volta
la linea del partito dall'ufficio studi della Pirelli.
Il guaio è che queste sinistre duellanti hanno interessi
divergenti e li perseguono ben oltre quello comune che le
dovrebbe guidare. La maggioranza dalemiana, alla quale
Fassino sembra essersi allineato, tesse da anni
l'identica tela di Penelope che consiste nel provocare
divisioni dell'Ulivo per poi offrirsi di comporle. E' un
gioco che parte da Gargonza, subito dopo la vittoria del
'96, passa dalla caduta di Prodi e arriva fino a oggi,
con la scomunica della minoranza interna.
Ogni volta si ripete puntuale anche il pretesto: il
tavolo delle regole con Berlusconi. Un sistema
formidabile per spaccare l'Ulivo, visto che la base
elettorale ostinatamente continua a non fidarsi del
Cavaliere. Con qualche ragione. D'altra parte Cofferati
non ha interesse per ora a scendere apertamente nella
contesa. Conosce i suoi polli e sa che gli offriranno
ogni settimana, da qui all'eternità, l'occasione per
criticarli in maniera efficace e popolare, che gli
garantiranno nei secoli il ruolo di autentico interprete
della volontà popolare. Dalla finestra della Pirelli
dunque continuerà a godere di una magnifica vista sugli
errori dei dirigenti ds. Ha avuto ragione sull'articolo
18, ha avuto ancora ragione sulla pace e perfino sul
"portavoce unico", di cui non si parla neppure
più. Non è difficile immaginare che avrà ragione sulle
riforme istituzionali e su quella delle pensioni. La
scissione è l'ultimo dei suoi pensieri. Oggi sarebbe un
favore alla maggioranza. Gli basta rimanere a guardare la
riva del fiume, dove prima o poi, passeranno i cadaveri.
E l'obiettivo del cinese non è creare un altro partito
ma appunto una nuova cosa, con dentro tutta la sinistra
che va dai ds ai verdi ai comunisti, per diventarne
leader a furor di popolo e con la benedizione esterna di
Romano Prodi, il quale ha memoria d'elefante e sarà
disposto a perdonare D'Alema non prima del prossimo
secolo.
In questa lotta di titani, è inutile aggiungerlo, a
rimetterci finora è soltanto il popolo di sinistra. Che
rimane in mezzo alla sparatoria, senza convincersi del
tutto a stare da una parte o dall'altra, mentre il
reggimento berlusconiano avanza e si mangia ogni giorno
un pezzo di democrazia, un pezzo di economia e tutto il
futuro. Il povero popolo di sinistra che ha un partito
con un terzo o la metà dei voti dei partiti fratelli in
Europa ma che in compenso conta più correnti della Dc di
Fanfani. Il bel popolo fatto della gente appassionata che
è corsa ieri al Palasport di Firenze e che, diciamo la
verità, si meriterebbe di meglio.
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