DA - IL CORRIERE DELLA SERA

L'ex leader della Cgil proposto come un leader di tutta la sinistra

Folla alla festa di girotondi per Moretti e Cofferati

Al Palasport di Firenze, festa di compleanno del movimento. Il leader: «Un anno esaltante, è tornata la voglia di far politica»

FIRENZE - Per Cofferati e Moretti è la prima volta, assieme, su un palco. I due, che non possono essere più distanti per carattere, storia, interessi, professione, passioni culturali, siedono fianco a fianco a Firenze, dove si è adunato il popolo dei girotondini per sentirli «duettare».

ANNIVERSARIO «È stato un anno esaltante perchè ricorre l'anniversario della nascita dei movimento e noi qui siamo a ricordare soprattutto che il nostro nemico è il centro destra». Con queste parole Nanni Moretti ha aperto la manifestazione ed è scattata subito l'ovazione. E a proposito del ruolo dell'ex segretario della Cgil: «Credo che Cofferati non debba essere ridotto al ruolo riduttivo di leader della sinistra radicale. Nel senso che lui per autorevolezza, capacitá e coerenza è in grado di parlare anche agli altri, come nel nostro piccolo anche noi dei girotondi abbiamo fatto».

PARTERRE - C'è tutta la platea d'onore degli intellettuali di sinistra, sostenitori dei movimenti di piazza e dei girotondii. In prima fila, siedono il filosofo Gianni Vattimo, europarlamentare dei Ds, il filosofo Paolo Flores d'Arcais, direttore della rivista 'Micromegá, la scrittrice Lidia Ravera, lo storico inglese Paul Ginsborg, il geografo Francesco Pancho Pardi. Numerosi anche gli esponenti dei Ds tra i quali i parlamentari Giovanna Melandri, Pietro Folena, Fabio Mussi, Gloria Buffo.

BILANCIO - «I nostri desideri - ha affermato Moretti - devono essere ascoltati da chi fa politica di professione. Inseguendo il centro - ha aggiunto il regista - non si vince, si perdono tanti voti a sinistra e non se ne guadagnano al centro». Moretti ha quindi affermato di essere contento di aver fatto parte dei girotondi «che hanno risvegliato il centro al centro sinistra e parlato anche al centro destra. Non siamo massimalisti o estremisti. Non spaventiamo i moderati». «Nessuno di noi - ha proseguito - ha mai pensato che con le manifestazioni si vincono le elezioni, ma su alcuni temi era colpevole restare a casa». Ed ancora «a che cosa servono le manifestazioni? - si è chiesto Moretti - se vogliamo quantificare, se la scorsa primavera ci sono stati buoni risultati elettorali per il centro sinistra è merito della Cgil per la battaglia sull' art. 18, ma forse è anche un pò merito nostro e dei nostri movimenti».

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DA - IL CORRIERE DELLA SERA

D’Alema lancia l’accusa «Infantilismo e autogol»

A Cofferati: no a calcagnate e intimidazioni a Fassino «Sì all’unità, non presterà la sua barba alla scissione»

DAL NOSTRO INVIATO
IVREA (Torino) - «Polemiche infantili», «calcagnate e intimidazioni a Fassino», «sentimenti qualunquisti della destra agitati da sinistra». Sono tre definizioni «d’autore» della attuale politica di Sergio Cofferati. La firma è del presidente ds Massimo D’Alema, che le lascia scivolare con pacatezza violentissima in un’affollata intervista pubblica con il direttore della «Stampa» Marcello Sorgi. Siamo a Ivrea, a qualche ora e a qualche centinaio di chilometri dal Cofferati&Moretti Day di Firenze.
L’ex premier, attaccato la sera prima proprio in Piemonte da Cofferati per la scelta della Bicamerale e del governo con Cossiga senza passare dalle urne, ostenta tranquillità. Alle staffilate verbali alterna riconoscimenti di valore che pronuncia con il massimo sforzo di sincerità: «Cofferati è una persona intelligente e non presterà la sua barba per un’idea balzana come quella della scissione». Meglio ancora: «Gli riconosco una virtù che vale per poche persone, io tra queste: dice quello che pensa e fa quello che dice». Dunque, a coronamento di tanta lealtà e intelligenza, si merita «il rilancio convinto dell’appello all’unità. Non vedo oggi rilevanti questioni che ci dividono: ci sono tutte le condizioni per lavorare insieme. Facciamolo!».
Bastonare e ricucire. Nell’«arte della guerra» dello «stratega» Massimo D’Alema è il segnale che la guerra appunto, quella vera, totale, è appena cominciata. Il duello tra chi ha portato la sinistra al governo e chi ha saputo mostrarla in piazza numerosa come da tempo non si vedeva, ha una posta in palio altissima: la guida del partito, forse la sopravvivenza politica. E’ per questo che D’Alema si esercita per tutta l’intervista a segare alla radice i «no» di Cofferati. Sa di giocare in difesa, di dover prevenire le accuse che le due «barbe» controcorrente del Cinese e di Moretti gli rovesceranno addosso con maggiore risonanza di lì a poche ore.
Si parte con la Bicamerale: «Non si può discuterne tutta la vita. Sono polemiche stucchevoli retrospettive basate su ricostruzioni senza prove. Quelli che parlano di inciucio con Berlusconi» spieghino perché non è arrivata in porto: «se è andata così allora gli accordi sottobanco indecenti non c’erano», ragiona D’Alema. Si prosegue con la scelta sbagliata di dar vita al suo primo governo: l’ex premier ricorda perfido di quei giorni «l’appello della Cgil di Cofferati ad evitare elezioni anticipate e il forte sostegno alla nascita di un nuovo governo di centrosinistra». Si chiude con le pensioni, con il sì dalemiano all’estensione del sistema contributivo pro rata che fu «approvato dal direttivo Cgil. Fu una posizione coraggiosa di Cofferati dichiarare la sua disponibilità». Ora, se l’ex leader sindacale ha cambiato idea «non vorrei finire io a dover difendere le posizioni della Cgil di una volta...» chiosa il presidente ds. Quanto ai tre milioni del 23 marzo al Circo Massimo, «in democrazia nessuno si può appropriare della gente che va in piazza: c’eravamo tutti, c’ero anch’io, mia figlia...».
Il resto è una difesa incondizionata di Fassino, che vuole «rilanciare l’Ulivo e un’opposizione unita» e in cambio riceve «ogni giorno calcagnate e intimidazioni senza fondamento». D’Alema confessa che lui non avrebbe incontrato nè Moretti nè Flores (lo pronuncia appena il nome...), «non è nel mio carattere». Ma, come il leader ds, richiama l’impiegato della Pirelli ad «assumersi responsabilità: non si può dire che non si fa politica e ogni giorno tenere una conferenza stampa». Comportandosi così non «si cerca più di fare gol agli altri ma di farlo nella propria porta».

 

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DA - IL CORRIERE DELLA SERA

L’incoronazione di Cofferati: voglio parlare a tutti

Ovazione a Firenze. Attacco ai Ds per l’apertura sul premierato proposto da Fini. Moretti: è Sergio il leader

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
FIRENZE - Doveva essere l’incoronazione di Sergio Cofferati a leader della rete dei movimenti. C’era persino una sapiente regia basata su un duetto fra l’ex segretario della Cgil e il padrone di casa, Nanni Moretti. Ma alla fine è proprio lui, Cofferati, a non lasciarsi imbrigliare e a spiegare la sua ambizione: «Non ho nessuna intenzione di prestarmi a essere descritto come una persona di parte, ma vorrei essere in grado, come tanti altri, di parlare a tutti, anche agli elettori di centrodestra, e di essere ascoltato con rispetto. Penso che ci possa guardare al centro senza dimenticare la sinistra».
Al Palazzetto dello Sport di Firenze ci sono diecimila persone, molti restano fuori. Dentro, si parla bene dell’Ulivo, «quello del ’96», e male della classe dirigente dei Ds. Si pensa al futuro della coalizione e alla sfida finale nella Quercia. Gli interlocutori «lontani» di Sergio Cofferati e Nanni Moretti sono i leader dei Ds. L’affondo di Piero Fassino, l’altro ieri al direttivo del partito, gli dà modo di spiegare che «non è nostra intenzione dividere lo schieramento o un partito, non vogliamo delegittimare nessuno, i movimenti non vogliono trasformarsi in una forza politica». Ma dietro questa apparente dichiarazione di tregua, Cofferati spiega un programma che è del tutto alternativo a quello del partito, anzi di cui il partito non è che una parte: «Il nostro progetto è coinvolgere i ragazzi dei no global insieme ai rappresentanti delle tradizionali forze politiche», tutti sullo stesso piano, perché «non c’è contrapposizione tra riformismo e antagonismo». E anche sulle riforme, Cofferati non risparmia i leader diessini: «Ho la schiena percorsa da brividi per le parole di apprezzamento alla proposta di Fini sul premierato, che considero peggiore persino di quella agitata da Berlusconi sul presidenzialismo». Quanto al centrodestra aggiunge: «Non sono interlocutori affidabili, hanno distrutto le condizioni della normalità».
Nell’happening che segna l’abbraccio tra i movimenti e il loro leader, l’ex segretario della Cgil e Moretti arrivano insieme, subito dopo la «storia siamo noi» di Francesco De Gregori. Salgono sul palco rosso circondato dalle bandiere arcobaleno con la scritta «pace», le uniche in tutto il parterre. Il centrosinistra è rappresentato da uno schieramento che va da Rosy Bindi (di gran lunga la star fra gli ospiti, con standing ovation alla fine del suo intervento), ai diessini del correntone e non (compreso il sindaco di Firenze Leonardo Domenici), a Niki Vendola a rappresentare Rifondazione. Ci sono i verdi e i comunisti italiani, associazioni e no global, fiorentini e militanti venuti da lontano. Antonio Di Pietro manda una lettera.
Comincia Nanni Moretti: riserva a sé la parte della «sinistra radicale» e sogna per Cofferati quello che sembra un futuro da leader, forse di quell’Ulivo rinnovato «che ritrova lo spirito del ’96, quando io fui contento che al governo fosse andato un ceto politico per cui non provare vergogna... e mi riferisco - precisa - al governo Prodi». Dal palco il regista di «Aprile» e dei girotondi indica una via che dovrebbe portare lontano l’ex segretario della Cgil: «Spero che non si faccia costringere nel ruolo di leader della nostra galassia di sinistra radicale. Sergio Cofferati può parlare anche agli altri, ne ha la grinta e la tenacia». Il Palazzetto esplode. E Cofferati poco dopo ha buon gioco a raccogliere l’incoraggiamento.
Moretti continua. Indica in Silvio Berlusconi «il nostro nemico». Poi, nel suo mirino finiscono, proprio come un anno fa, i leader del centrosinistra. Quelli che dicono che non basta scaldare il cuore per vincere ma sono «leader che ci fanno perdere e non scaldano neppure il cuore». Anche Cofferati ai leader del suo partito dedica una battuta secca: «Non bisogna essere condizionati dal concetto di modernità tutte le volte che il centrodestra propone una riforma».

 

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DA - IL CORRIERE DELLA SERA

IL PERSONAGGIO

«Anch’io riformista, in Pirelli resterò a lungo»

«Timbro il cartellino alla Bicocca tutti i giorni, sto lavorando a un progetto sulla responsabilità sociale delle imprese»

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
FIRENZE - «No, state tranquilli. La miccia la riallungo ogni mattina.
Ho intenzione di restare in Pirelli per ancora tanto tempo. Faccio solo come molti di quelli che sono alla manifestazione di stasera. Ho un lavoro e poi partecipo anche ad iniziative politiche». Risponde così Sergio Cofferati a chi gli chiede se gli avvenimenti degli ultimi giorni fino al meeting di Firenze in qualche maniera «non accorcino la miccia», non accelerino drasticamente i tempi del suo ingresso nell'agone politico. E' vero che riprendendo la sollecitazione di Nanni Moretti, il Cinese davanti alla platea osannante del Palasport ha tracciato per sé l'identikit di un potenziale leader della coalizione, ma non per annunciare la sua imminente discesa in campo - assicurano gli uomini che gli sono intorno - quanto per ritagliarsi un posizionamento riformista.
Sono capace di parlare ai no global ma anche di acchiappare i voti «dei delusi del centrodestra», ha assicurato Cofferati. Il che tradotto nel linguaggio della politica-politica vuol dire che non condivide la teoria della «specializzazione» in virtù della quale il centro parla ai moderati e la sinistra agli arrabbiati.
Già la scorsa estate il Cinese aveva dichiarato di non credere ai ticket e quindi di non aver intenzione di prenotare per sé il ruolo che fu di Walter Veltroni nel '96. Ieri ricordando la vittoria dell'Ulivo ne ha sottolineato il carattere aperto e inclusivo e in qualche maniera ha tributato un aperto riconoscimento alle capacità e alla leadership di Romano Prodi. Certo che, se l’attuale presidente della commissione Ue non dovesse essere disponibile, un altro leader riformista l’Ulivo, a detta di Cofferati, ce l’ha.
La mattinata del Cinese era iniziata alle 8.20 timbrando il cartellino per entrare negli uffici della Bicocca. Alle 16.30 il più noto dei dipendenti Pirelli aveva lasciato l'azienda e con una volata aveva raggiunto la Stazione Centrale di Milano. Al binario 10 l'aspettava l'Eurostar che l'avrebbe portato a Firenze per partecipare al meeting girotondista. Avrà scelto il treno perché come tutti gli italiani sanno per andare dai Navigli all'Arno non c'è di meglio che la strada ferrata, lo avrà scelto, invece, perché sa di antico e richiama l'idea del pullman prodiano, di sicuro il pendolino per Firenze è destinato ad arricchire l'iconografia cofferatiana fatta di attenzione maniacale ai simboli.
In treno Cofferati e la sua scorta si sono sistemati in un salottino di prima classe, stavolta con lui c'era anche il figlio Simone, che non solo gli assomiglia ma ha anche lo stesso timbro di voce.
Al cronista che gli girava la domanda che in tanti hanno in testa («ma cosa fa alla Pirelli, lavora davvero o passa il tempo preparando gli interventi per le iniziative politiche della sera?»), il Cinese replicava tirando fuori dalla giacca il badge dell’azienda, azzurro con la scritta Pirelli in rosso, matricola 15000562. «Lo timbro tutti i giorni. Stamattina ho avuto più riunioni con i miei colleghi, stiamo lavorando a un progetto sulla responsabilità sociale delle imprese».
Per l’incontro di Firenze con i movimenti, Giovanni Berlinguer ha proposto un paragone storico: l’incontro che l’allora segretario del Pci Luigi Longo ebbe nel '68 con i rappresentanti del movimento studentesco romano. Ha un senso rievocare quell'episodio? Il Cinese ci ha pensato un po': «Beh, Longo era il più alto dirigente del partito, io non ho cariche. Le epoche storiche sono diverse e i contesti pure. Detto tutto questo, concordo con Giovanni: il merito è lo stesso». Così come il segretario del Pci più di trent’anni fa volle aprire il dialogo con gli studenti, ieri Cofferati si è recato a Firenze «per aprire un canale di collegamento tra l'Ulivo e i movimenti». Quei movimenti di oggi che appaiono a Cofferati tutt'altro che transitori, anzi «durano da mesi e mesi, hanno una loro struttura e soprattutto stanno prendendo corpo nella società». Peccato che nessuno li studi e li analizzi in profondità. «E' sorprendente, nessuno sembra attratto seriamente dal tema che finora è rimasto solo al livello della polemica giornalistica». L’unica analisi interessante «è quella del professor Ginsborg, la sua idea di ceto medio riflessivo mi pare centrata». Ma tutta la galassia giovanile resta ancora da indagare e da capire.

 

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DA - IL CORRIERE DELLA SERA

Nanni mangia cioccolata: non parlo. Mussi lo convince. Palasport gremito, tanti fuori

Rosy «la rossa» in trionfo, poi «Bella ciao» cantata in coro

Anche il sindaco Domenici e il presidente della regione Martini all’iniziativa. Il correntone Ds presente in massa: non parliamo di Fassino

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
FIRENZE - Nanni Moretti è tornato a fare il regista. La sensazione è precisa nel gran Palazzo dello Sport di Firenze, con la gente dei girotondi in piedi, che applaude eccitata, con le grida di evviva delle signore in cachemere e dei volontari cattolici, con i pugni chiusi dei vecchi militanti del Pci e dei giovani del centri sociali, mentre lui, appunto, fa un piccolo passo indietro, lo fa davvero, e con la mano sinistra quasi spinge avanti, sul palco scarno, da congresso provinciale, Sergio Cofferati.
La scena è perfetta per i cameramen e i fotografi. Eloquente. Infatti, a Moretti sarebbe bastata. Non avrebbe voluto parlare, lui. Il suo progetto era questo: bere un cappuccino bollente, divorare una barretta di cioccolata e poi disciplinare l’ordine degli interventi, dare e togliere la parola. Ma poi hanno insistito, l’hanno implorato. Fabio Mussi, dirigente di rango dei Ds, incurante di quanto pensa il segretario Piero Fassino, a un certo punto gli ha detto con un tono molto convincente: «Guarda, Nanni, che non puoi tacere stasera, proprio stasera». Moretti, come si sa, è uno che ha i tempi dello spettacolo nel sangue, e ha capito. Subito. Così ha preso un foglio e ha cominciato a metterci su pensieri in ordine sparso. Il professor Francesco Pardi detto Pancho, gli è passato accanto: «Oh, mi raccomando». La Silvia Bonucci e la Marina Astrologo, forse per la prima volta nelle ultime uscite, sedute tranquillamente in platea, in attesa. Paolo Flores D’Arcais, un altro dei fondatori del movimento girotondista, curioso: «Chissà che cosa farà».
Semplice: Moretti ha fatto il regista. Ha trovato la posizione giusta all’ex leader della Cgil, un poco più avanti di lui sul palco, e l’ha presentato. Poi, dopo aver ricordato con nostalgia i bei tempi andati, come quelli del ’96, «quando si vinceva e io, da cittadino, ero contento d’essere governato da uno come Prodi», ha persino finto di dare un consiglio a Cofferati. «Non vorrei che tu facessi solo il leader di una certa sinistra».
L’applauso è stato fragoroso e lungo. Applaudivano anche quelli del Correntone diessino. Pietro Folena: «Fassino? Ma no, ma lasciatelo stare Fassino, guardate quanto è bello questo palazzetto, guardate quanto bisogno di cofferatismo c’è». E la Giovanna Melandri, sorridente, soddisfatta: «Ma no, no, tutto questo non delegittima Fassino, o almeno, non dovrebbe». Per ascoltare e riferire è venuto Nicki Vendola, di Rifondazione. «Sì, certo, Fausto Bertinotti è preoccupato. E ha ragione. Questi qui, i Moretti, i Cofferati, invece di distruggere l’Ulivo e rafforzare i movimenti, sembrano voler fare l’esatto contrario: spaccare i movimenti e rafforzare il moribondo Ulivo. Pazzesco, no?».
C’è il padre di Carlo Giuliani, c’è Lidia Ravera seduta dietro all’ambientalista Ermete Realacci. Ci sono il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, e il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini. Ma soprattutto c’è un sacco di gente che sta ancora fuori, in fila indiana, disciplinata ma molto delusa per non riuscire a entrare. Così devono uscire Pancho Pardi, Flores D’Arcais e la Melandri. Nel freddo gelido della notte, parlano e consolano con i megafoni. Però la gente non si rassegna, fischi che coprono applausi, qualcuno dice che «si sarebbe dovuti andare allo stadio».
Ma dentro il palasport non c’è solo Cofferati: Rosy Bindi infiamma la platea, rispondendo a Moretti che le chiedeva: come fanno i cattolici a stare a destra? E lei, rilanciando: che c’entra il liberalismo di Sturzo con la crisi dello Stato di diritto che stiamo vivendo? E ancora: dobbiamo far capire ai nostri giovani che è meglio un libro che una cravatta. Applausi scroscianti. Poi, a notte fonda, tutti verso casa cantando «Bella ciao».

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DA - IL CORRIERE DELLA SERA

Quando la Cgil «promuoveva» D’Alema

(m. nat.) Quando la strategia politica non coincide con la memoria dei fatti. Ovvero, quando il presente non va d’accordo con il passato prossimo. Cofferati, giovedì sera a Novara: «Non bisognava fare cadere Prodi, ma una volta successo occorreva andare a votare». Il comitato direttivo della Cgil, in un documento stilato dopo la riunione del 19 e 20 ottobre 1998, dieci giorni dopo le dimissioni di Prodi da capo del governo: «Rilevante novità l’attribuzione dell’incarico (...) al segretario del principale partito politico della sinistra, Massimo D’Alema. (...) Il positivo evolvere della crisi scongiura l’eventualità del suo precipitare verso elezioni anticipate...». Il 21 ottobre, dopo dodici giorni di crisi di governo, D’Alema scioglie la riserva e Oscar Luigi Scalfaro lo nomina presidente del Consiglio. Ai tempi, Cofferati era segretario della Cgil.

 

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Rifondazione comunista

«Non ci hanno invitato»

Perché Rifondazione non era presente in forze a Firenze? «Semplicemente perché non siamo stati invitati». Lo ha detto ieri Fauto Bertinotti a Radio Radicale, sottolineando che al meeting avrebbe comunque partecipato il deputato Niki Vendola. C’è però dell’altro: «A Firenze - ha evidenziato ancora Bertinotti - è stata invitata solo una parte del movimento e non tutte le sue componenti». Un errore, per il segretario del Prc, perché l’unitarietà del movimento «è fondamentale per la sua stessa sopravvivenza».

 

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DA - IL CORRIERE DELLA SERA

 

LE ANIME
DEL PALASPORT

GLI ORGANIZZATORI/1 Aprile
E’ l’associazione promossa dal Correntone, l’area politica che rappresenta la sinistra dei Ds
GLI ORGANIZZATORI/2
I Professori
E’ l’anima dei girotondi che fa riferimento a Francesco «Pancho» Pardi e Paul Ginzburg,
i fondatori del «Laboratorio per la giustizia»
SUL PALCO
Nanni Moretti
E’ il leader storico dei girotondini. Ieri sera ha incoronato Cofferati leader di tutti
IN PRIMA FILA
I girotondini
Al Palasport di Firenze le tante anime dei girotondi: da Silvia Bonucci (girotondi romani) agli intellettuali Paolo Flores D’Arcais (Micromega) e Gianni Vattimo (Altera)
IN PLATEA
Gli ospiti
Dai Verdi ai Cossuttiani. Moretti
ha letto un messaggio del leader dell’Italia
dei Valori, Antonio
Di Pietro

 

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