DA - L'UNITA'

"Cofferati è una risorsa per tutta la sinistra"

ROMA Giovanni Berlinguer, scusi la domanda diretta: quando Piero Fassino ha detto di avere le tasche piene dell’opera di delegittimazione nei suoi confronti, le sono fischiate le orecchie?


«Evidentemente sì. Mi sono sentito chiamato in causa. Il suo bersaglio non poteva che essere il cosiddetto correntone».


Sorpresa, collera? Qual è stata la sua reazione?


Sono rimasto sorpreso. Aveva appena argomentato la sua analisi politica, che peraltro conteneva elementi opinabili ma tutti discutibili in maniera positiva e costruttiva, quando ha svolto questo processo contro ignoti, perché non ha fatto né nomi né cognomi.


In effetti, forse non ce n’era bisogno...


Delegittimazione è una parola pesante. Vorrebbe dire che io o altri accusiamo Fassino e l’attuale gruppo dirigente di essere degli usurpatori. La mia sorpresa nasce da questo: mai nessuno ha sollevato dubbi sulla loro legittimità. Ne io, né Cofferati né altri. Le fornisco la citazione esatta di quanto dissi alla fine del congresso di Pesaro. Augurai buon lavoro a Piero Fassino "eletto per via democratica a leader di tutto il partito". E a questa considerazione mi sono attenuto.


Non negherà però che il lavoro ai fianchi del segretario è stato alquanto intenso. Non trova che gli si siano fatti troppo spesso processi alle intenzioni?


Il fatto è che alcune di queste intenzioni messe sotto processo si sono manifestate. Penso a quando si era detto no alla guerra ma sì alla guerra sotto il cappello dell’Onu. Oppure alle critiche all’articolo 18 che sono continuate - non da parte di Fassino, è vero - anche quando il mondo del lavoro era in piazza per difenderlo. Ricordo anche che lo stesso Fassino nella direzione dell’ottobre scorso propose un tavolo istituzionale, quando dopo l’approvazione della legge Cirami parlò di eventuali accordi sui temi della giustizia... Insomma, il nostro allarme aveva qualche giustificazione, non era pretestuoso. Ciò non toglie che io ho sempre teso a sottolineare ciò che ci unisce piuttosto che ciò che ci divide. Ho molto apprezzato, per esempio, la posizione finale sulla guerra.


E la relazione fatta da Fassino ieri al direttivo?


Per molti aspetti l’ho trovata positiva. Soprattutto là dove punta il dito sul fatto che l’Ulivo debba essere qualcosa di più di una somma di sette partiti e sette segretari, quando chiede la creazione di un Forum di ascolto della società civile e dei movimenti, quando auspica che all’elaborazione del programma partecipi uno spettro di personalità molto più ampio di quello partitico.


Condivide anche il documento dell’Ulivo sulle riforme istituzionali?


Complessivamente sì. Nutro una riserva netta a proposito dei poteri aggiuntivi del capo del governo, in particolare quello di proporre lo scioglimento delle Camere: avremmo un parlamento perennemente sotto ricatto, un soffocamento del potere legislativo.


Non mi sembrano distanze abissali dalla maggioranza.


È sul piano dell’analisi che nutro le riserve maggiori. Non mi convince l’idea che il problema italiano sia quello di una transizione incompiuta. Trovo che la crisi della democrazia sia più profonda, più allarmante. Anche se in Italia siamo dei privilegiati rispetto ad altri paesi: penso alla vitalità partecipativa del movimento dei lavoratori, di quelli della società civile, penso al Palavobis e a piazza San Giovanni, ai girotondi, allo straordinario Forum sociale di Firenze.


D’accordo, ma il dibattito politico ha le sue sedi istituzionali.


Vero, ma il rischio è che la nostra democrazia sia rappresentativa soltano di alcuni ceti. Mi spiego. A votare, sempre di più, vanno i ceti medi: coloro che hanno un’istruzione limitata, i poveri, i soli, ovunque votano di meno rispetto ai più agiati. Questa lettura classista vale anche dalla parte degli eletti: si candida chi gode di finanziamenti, chi stipula accordi di tipo lobbysta... In un simile contesto prospera il leaderismo, la personalizzazione, e si fanno più facili le derive plebiscitarie. Questi temi, questa analisi dovrebbero essere affrontati da tutti, non solo dentro la nostra area politica.


Credo che uno come Piero Fassino potrebbe condividere...


Infatti. Lo dico soltanto per dare un’idea dell’ampiezza della crisi della nostra democrazia, delle sue dimensioni. La mia critica a Fassino e allo stato maggiore dell’Ulivo è più puntuale: esiste oggi una crescente erosione del consenso per Berlusconi che non si trasforma in adesione al centrosinistra. A mio avviso perché non disponiamo di un programma chiaro e perché non è abbastanza forte il legame con i movimenti della società civile.


Che cosa rappresenta oggi Sergio Cofferati per la minoranza ds?


Non solo per la minoranza ds, ma per una parte consistente del paese Cofferati è una grande risorsa che non può essere ristretta negli schemi ristretti dell’alleanza ulivista. E’ fondamentale anche ai fini di un arricchimento dell’Ulivo, purché si creino le condizioni idonee.
Se questo è vero, credo che si debba smetterla di considerare Cofferati semplicemente come una persona in più nel quadro esistente, oppure esorcizzarla a suon di improperi come "signornò" o "peggiorista". Tanta acredine fa sospettare che in Cofferati si tema un concorrente.

 

 

 

prima pagina.

 

 

 

contatore http://artenamir.interfree.it - WWW.NAMR.IT

e forum