Mauro Cristaldi, coordinatore di "Scienziate/i Contro la Guerra" ha scritto
Sunday, June 01, 2003 6:48 PM
Subject: Re: [S&P] da l'UNIONE SARDA (scorie nucleari)
 
Cari Colleghi,
questi, riportati nell'articolo dell'"Unione sarda" (IL CASO - Soldati sardi uccisi dall'uranio italiano) del 29 maggio scorso a firma di M. Mostallino, sono i problemi concreti della ricerca applicata alla tutela della salute cui ci troviamo di fronte, sui quali, tuttavia, i mezzi politici ed economici a disposizione sono scarsi o volutamente negletti; anche perché, in definitiva, fa più comodo stare davanti al computer a cercare dati via Internet, evitando i tempi lunghi della ricerca su campo, che purtroppo pagano poco in termini politici e di efficacia a breve termine. Inoltre il sollevare tali problemi può metterci di fronte allo scontro diretto con le controparti, sovente collocate negli stessi organi "di controllo" istituzionali, che dovrebbero invece funzionare da garanti della salute pubblica. Infine tali "reticenze" coinvolgono ampiamente anche i cartelli di opposizione: infatti l'esperienza insegna che non conviene affatto appoggiarsi ad una entità che simula soltanto un sostegno (non mi dilungo sull'esperienza avuta dopo la guerra contro la Jugoslavia).
        D'altra parte mi convinco sempre più che non esiste, nei tempi lunghi, un miglior metodo di controllo strategico sulle popolazioni che il ricatto sulla salute e, come recente dimostrazione, si veda il disatteso accordo internazionale di Doha sui farmaci. Tale ricatto è inconfessabilmente collegato, soprattutto là dove conviene, alla disincentivazione dell'attività riproduttiva di popolazioni "target" della specie umana. Secondo alcuni, ciò avvenne già con l'HIV transgenico, o anche prima con le bombe nucleari sul Giappone e con gli ecocidi nel Sud-est asiatico; ora, questo discorso continua a valere in primis per i paesi del Terzo Mondo o ridotti a tale stadio, ai quali da occidente vengono strumentalmente attribuite le colpe di un incontrollato e vasto aumento demografico. Lì la morte è diretta e non più documentata, qui è ancora riservata agli incidenti autostradali ed alle cosiddette "malattie da progresso", di cui i governi molto "si preoccupano".
        Questa strategia globale di controllo non va mai dimenticata, anche perché è diffuso parere nella cosiddetta sinistra che i danni a lungo termine (cancerogenesi, teratogenesi, carico genetico, ecc.) si limitino a rappresentare effetti collaterali del sistema economico dominante (quello capitalista da sostituire, per intenderci), ai quali, nel frattempo, fantomatici organismi di controllo dovrebbero dare efficiente soluzione: il WHO? l'ISTISAN, l'APAT, le ARPA da noi? Ma figuriamoci... le loro attività servono soprattutto a giustificare la sopravvivenza minimale di sé stessi! Non parliamo poi della ricerca biologica, contro la quale in particolare gli ultimi governi d'Italia si sono dati da fare per costringerla ai livelli minimi, soprattutto là dove è scollegata dagli interessi immediati delle "piccole e medie" imprese! 
        Questa strategia imperiale si aggiunge alla ricerca della supremazia sulle residue risorse energetiche e belliche, in cui l'esercizio dell'energia nucleare militare e civile è parte integrante. E' fondamentale, nella situazione attuale di assalto alle ultime risorse energetiche non rinnovabili del pianeta, interpretare tali eventi in chiave macroeconomica. Questa mia, però, si limita a mettere in evidenza le ricadute specifiche della politica nucleare del nostro paese, solo all'apparenza abbandonata dopo il referendum del 1987.
        E' emblematico in tal senso l'affidamento al generale Stranamore del "decommissjeaning" delle centrali nucleari italiote. Quest'ultimo termine è appropriato, in quanto solo il nostro capitale avventurista aveva potuto concepire, già in passato e fin d'ora per il prossimo futuro, di adottare una strategia nucleare "civile" in un paese geologicamente instabile (ma, non a caso, avvenne anche nella sismica Taiwan!), per poi scoprire alla fine che l'unica "pattumiera" stabile la si poteva trovare nel plutone di Sardegna, dove, con abile manovra dissuasiva nell'informazione, si è, improvvisamente ed all'ultim'ora, deciso di sistemare le residue scorie nucleari italiote. Va fatto notare, in proposito, che in precedenza le isole erano state escluse a priori, in quanto il fattore "mare" avrebbe complicato la prevenzione dei rischi. Tale operazione, all'apparenza "definitiva", manco a dirlo, dovrebbe cominciare ad avvenire dopo il recupero per riprocessamento di quell'Uranio, e probabilmente anche di quel Plutonio, utili nella prospettiva delle guerre "energetiche" prossime venture, in cui potremo entrare come produttori di ordigni, svincolati da leggi cautelative del libero commercio delle armi, come la 185 recentemente abolita; ma forse anche per compensare le spese sostenute dal povero azionista Previti (italiani.... brava gente, si dice).   
        Oggi mi risulta, tra l'altro, che le attività di decommissioning ad elevato rischio siano già iniziate nella centrale nucleare di Borgo Sabotino (LT) e spero che qualcuno voglia confermarmi il fatto tramite documentazioni che non siano il solito sentito dire per "vox populi". Inoltre è la prima volta che vedo riportato per iscritto che intorno a Saluggia si segnalino problemi di cancerogenesi indotta dagli impianti nucleari; nel frattempo è probabile che "qualcuno" queste evidenze se le sia tenute nel cassetto.
        Ricordo che in un mio articolo del 1993 ("Osservazioni sulle destinazioni d'uso del sito nucleare del Garigliano", Tribuna Biologica e Medica del Lug-Dic. 1993) - che riprendeva vecchie mie ricerche dagli anni precedenti sui bioindicatori e che fu scritto in occasione della lotta contro il famigerato accordo Verdi-ENEA per una centrale a turbogas da piazzare accanto alle scorie della centrale nucleare del Garigliano (l'unica in Italia a gestione USA ed in cui era stato "sperimentalmente" inserito Plutonio come combustibile) - mettevo in evidenza che le scorie del Garigliano finivano a Saluggia già dal periodo successivo alla dismissione di quell'impianto (1978). Questa interruzione dell'esercizio in rete fu causata da numerosi incidenti, forse riconducibili all'uso forzato del Plutonio in una centrale progettata per il combustibile ad Uranio arricchito, attività di trasferimento che proseguirono dopo, anche verso il sito britannico di riprocessamento: Sellafield, già Windscale. Anche in questo caso il vecchio costume dissuasivo di cambiare toponimo fu adottato in seguito all'incidente dell'impianto di Windscale (1957), che contaminò definitivamente il Mar d'Irlanda al punto da impedirvi l'esercizio di pesca. Ma, a parte il nome, fin da allora quanto Uranio è stato prodotto in quell'impianto? Quanto di quell'Uranio è stato destinato agli usi civili e quanto agli usi bellici? Quanto nell'analogo sito localizzato in Francia a La Hague? Quanto DU per uso bellico proviene dalle centrali italiote? Segreto militare!
        Credo sia estremamente importante, in questa fase di apparente non belligeranza, che si continui a raccogliere dati su queste tematiche e che vengano avanzati anche concreti progetti di verifica sull'accaduto e sul prevedibile, almeno per le aree soggette a rischio.      Sarebbe veramente opportuno rischiare di continuare ad occuparcene a scopo preventivo.
        Saluti vivissimi,                                                       Mauro Cristaldi 

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prof. Mauro Cristaldi
associato di Anatomia Comparata per Sc. Naturali
Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo
Università "La Sapienza"
Via A. Borelli 50
00161 ROMA

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da L'Unione Sarda
http://www.unionesarda.it/notizia.asp?IDNotizia=3996&IDCategoria=1

IL CASO
Soldati sardi uccisi dall'uranio italiano
giovedì, maggio 29, 2003

Salvatore Vacca, 24 anni, caporalmaggiore di Nuxis, è morto nel 1999 per una leucemia fulminante che lo ha colpito al ritorno dalla Bosnia, dove cinque anni prima erano stati sparati diecimila proiettili radioattivi. E quando, nei primi anni ’80, il bambino futuro militare giocava con i soldatini, a Saluggia e Trino (Vercelli) le centrali atomiche italiane producevano l’uranio che - secondo centinaia di ricerche mediche internazionali - ha ucciso lui e altre decine di militari sardi, italiani, francesi, olandesi. Dal 1980 al 1993 l’Enel ha mandato in Inghilterra 51 tonnellate di combustibile atomico che la British Nuclear Fuel (Bnfl) ha trasformato nelle micidiali armi all’uranio impoverito. Ora queste spedizioni sono ricominciate. Il primo carico è partito il 6 aprile da qui, da Saluggia, dove le scorie italiane sono stoccate in attesa di una sistemazione definitiva. Il prossimo, è stato reso noto ieri dalla prefettura di Vercelli, partirà l’8 giugno. Destinazione, ancora una volta, la centrale atomica della Bnfl a Sellafield, dove il governo britannico ha imposto il segreto militare sulla quantità e l’uso dei materiali radioattivi che vengono “riprocessati”. Il prezzo lo paghiamo noi: cinque centesimi di euro su ogni kilowatt della bolletta Enel di ciascun cittadino. Cinque centesimi per le armi nucleari accanto alle quali lavorano e si ammalano di cancro e leucemia i nostri soldati in missione di pace nella ex Jugoslavia, Iraq, Afghanistan e Somalia: sono i paesi dove i proiettili anticarro sono stati adoperati e dove i loro residui, spesso invisibili, giacciono sul terreno, nelle case, nei campi di grano e verdure. Si teme siano stati usati anche a Quirra, dove tra la popolazione attorno al poligono si sono registrati 14 casi di tumori sospetti.
L’intera operazione, per altre 54 tonnellate altamente radioattive, costerà all’Italia - dati della Sogin, la società statale che gestisce le scorie - 15 milioni di euro per i trasporti, più un milione e 244 mila euro per ogni tonnellata di rifiuti nucleari dai quali estrarre plutonio (buono per le bombe atomiche) e uranio impoverito. I residui senza valore bellico-commerciale, radioattivi per “soli” trecento anni, torneranno poi in Italia e potrebbero venire dirottati in Sardegna.
Per trovare tracce e prove di questo traffico - tristemente lecito e autorizzato dai governi dal 1980 a oggi - bisogna arrivare fino a Saluggia, paese piemontese di quattromila abitanti: si trova nella provincia di Vercelli, il territorio che in Italia ha una delle più alte incidenze di tumori tra la popolazione, provocati da cause mai accertate né dalla Asl né dal ministero della Salute. “Chissà - dice il vicesindaco Carla Fontana - forse i pesticidi dell’agricoltura, forse i diserbanti”. A Saluggia però, in un reattore spento della Fiat Avio e in un centro di ricerca dell’Enea, si trovano 1.500 metri cubi di scorie radioattive, mentre trenta chilometri a nord-est, a Trino, nella centrale disattivata sono conservati altri 1.020 metri cubi.
L’Italia non ha né impianti né tecnologie per ridurre il rischio legato a questi materiali. Così, nel 1980, l’Enel ha stipulato un contratto per l’invio, il trattamento e la riconsegna all’Italia di 105 tonnellate di combustibili per centrali atomiche. L’altro contraente è la Bnfl, società governativa britannica che ha una consociata (dallo stesso nome) americana, anch’essa nel business: la compagnia da oltre trent’anni riceve e trasforma materiali contaminati italiani, giapponesi, australiani. Fino agli anni ’70 si pensava che l’uranio 238 (“impoverito”) fosse solo un rifiuto. Ma proprio nell’anno del contratto con l’Enel è avvenuta la scoperta del suo potere militare. Nel ’93 la Bnfl ha ammesso ufficialmente di aver fornito la sostanza al ministero della Difesa britannico: e il ministero riconosce di aver utilizzato quell’uranio in tempo di guerra. Uranio italiano, pagato da tutti noi con la bolletta Enel: anche dai genitori di Salvatore Vacca.


Marco Mostallino


Comitato sardo Gettiamo le Basi

 

Scorie nucleari:  il grande business

 

L'apparato militar-industriale, insediato ai vertici della Sogin dopo aver scalzato la dirigenza tecnico-scientifica,  ha messo saldamente le mani sulla gestione delle scorie nucleari che rappresenta anche un colossale business con ampie prospettive di futuro.

Il generale Jean, investito di poteri da monarca assoluto di settecentesca memoria, sceglierà il sito di stoccaggio e l’impresa che beneficerà dei colossali lavori di costruzione del sarcofago, l’affare del secolo.

Vari indizi portano a ritenere che l’appalto plurimiliardario sarà conferito alla “Impregilo S.p.A.” il cui presidente è l'economista cagliaritano Paolo Savona che gode, sia della solida amicizia del presidente della Sogin, il generale Jean, sia della fiducia del presidente della Regione Autonoma della Sardegna, Mauro Pili, che gli ha affidato l’elaborazione del piano di rinascita dell'isola.

La stampa ha ricordato che la Sogin, investita di poteri straordinari dalla Regione Campania, ha predisposto il piano di gestione rifiuti per l’area napoletana e l’appalto è andato alla “Impregilo S.p.A.”, un affare di 320 milioni di euro d'investimenti.

Per approfondire i rapporti tra i presidenti della Sogin e dell’Impregilo S.p.A, Carlo Jean e Paolo Savona, inoltriamo un articolo inviatoci lo scorso febbraio da Giuseppe Scano, responsabile per la Sardegna del sito
www.censurati.it. Il titolo è significativo: "Un giallo italiano a base di SISDE, militari e nucleare?". Segnaliamo che un passaggio di scarsa rilevanza del testo è stato contestato da Marco Trachi, per correttezza, riportiamo integralmente la smentita in "aggiungi un commento.

 

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Scorie: il controllo di una risorsa utilizzabile a fini bellici

 

E' improbabile che i militari rinuncino al totale controllo di un patrimonio spendibile per la guerra stoccandolo in una qualsiasi miniera o tunnel, fuori dalla loro piena disponibilità. Lo conferma il fatto che la Sogin ha posposto i criteri rigorosamente tecnico-scientifici d'individuazione del sito di stoccaggio e ha privilegiato i criteri più fumosi e meno verificabili della sicurezza antiterrorismo affidandone la valutazione  alla sensibilità militare del generale Jean coadiuvato dal Sisde. In base a questi insondabili parametri neanche il complesso militare Sella del Diavolo-Sant'Elia è del tutto al riparo dal rischio di diventare la pattumiera radioattiva d'Italia.  

Il  presidente della commissione Ambiente della Camera, Pietro Armani, ha fatto sua l’opzione militare e ha indicato i poligoni tra i siti ideali (8 aprile 03). Il generale Jean ha puntualizzato che uno dei requisiti è il “rispetto aereo” della zona. Gli spazi aerei dichiarati "Proibiti, Ristretti, Pericolosi (Danger) " alla navigazione civile sono quelli militarizzati.

 

In Sardegna,  il cielo libero da schiavitù militare è ben poca cosa. Da circa mezzo secolo, Le F A tengono sotto sequestro, non solo un abnorme estensione di terra e la stragrande maggioranza dello spazio aereo che sovrasta l'isola, ma anche le immense zone aere e marittime che la circondano a est e ovest. La gabbia d'interdizioni militari in terra, in mare e in cielo che imprigiona la Sardegna non ha termini di raffronto con nessun’altra regione d'Italia.

 

Non ripetiamo le preoccupazioni argomentate nelle e-mail inviate il 19 aprile alla stampa, a tutti i parlamentari sardi, ad alcuni consiglieri regionali, a movimenti e associazioni di base.

Ribadiamo che troppi indizi fanno ritenere che la sciagurata scelta sia ricaduta su di un poligono della Sardegna, senza escludere del tutto dalla lista dei sospetti le altre strutture militari dell'isola. Riproponiamo le forti inquietudini che il sito prescelto sia

Il Poligono Interforze Salto di Quirra

Motiviamo le ragioni dell’allarme:

1) E' il poligono più vasto d'Europa ed è situato in una delle zone più spopolate d'Europa. Il tipo di esercitazioni/sperimentazioni, rivolto in prevalenza da terra verso il mare, consente maggiore sicurezza rispetto a Capo Teulada, perennemente bombardato da terra, dal mare e dal cielo;

2) la clientela pagante del poligono, le grandi multinazionali produttrici di sofisticati ordigni bellici, non dovrebbero avere ragioni per opporsi, anzi godrebbero dell'ulteriore vantaggio di disporre di una discarica legale di rifiuti pericolosi e, al contempo, di risorse utilizzabili nella sperimentazione di nuovi sistemi d’arma.

Alcuni intrecci societari meriterebbero un approfondimento. Ad esempio: la Fiat Avio è una delle imprese che "affittano" stabilmente il poligono Perdas-Quirra per sperimentare e collaudare i costosi ordigni di morte a tecnologia avanzata; Fiat Avio e un' altra ditta del gruppo Fiat ( Sorim ) sono presenti anche a Saluggia nel deposito di scorie nucleari, recentemente,  sono state inglobate nella Sogin;    

3) le attività del poligono sono protette da una doppia muraglia di “riservatezza”, al segreto militare si somma il segreto industriale;

4) Sono immediatamente disponibili le gallerie della miniera d'arsenico di Baccu Locci, in parte già comprese nel demanio militare la cui linea di confine spezza il complesso in disuso

5)  "La scienza di Stato", ignorante delle acquisizioni della letteratura medica, ha spudoratamente conclamato che la causa della "Sindrome Quirra/Escalaplano" è la vecchia miniera d'arsenico, di conseguenza, non ci sarebbero problemi a spostare di poco la perimetrazione del poligono per metterla sotto totale controllo militare, ovviamente, per salvaguardare la popolazione dal terribile arsenico! Inoltre, se lo stoccaggio delle scorie nucleari dovesse produrre "effetti collaterali", la "scienza di Stato" accerterebbe facilmente che l'agente killer è sempre la solita miniera. 

6) Il contesto socio-culturale è tra i più favorevoli. Isolamento e povertà sono fertile humus per soffocare proteste e far ingurgitare qualsiasi abuso. Sindacati e politici, destri e sinistri, sono sempre stati pronti a scendere in piazza per difendere il poligono della morte e chiederne il potenziamento; i pochi che hanno osato denunciare la "sindrome Quirra-Escalaplano" sono stati prontamente emarginati; le coraggiose campagne stampa non hanno scosso l'indifferenza dell'isola verso le "strane" patologie che devastano le comunità coinvolte, loro malgrado, dalle attività della macchina bellica.

 

Invitiamo tutto il popolo sardo alla massima vigilanza su questo angolo martoriato dell’isola che sta pagando un costo insostenibile, in termini di vite umane e di emarginazione economica, sull’altare dei profitti dell’industria della guerra e, probabilmente, anche sull’altare del business del riciclaggio delle scorie nucleari. 

Alcuni segnali aprono una speranza. Alcuni sindaci, finalmente, hanno unito le forze per opporsi alla minaccia nucleare; i media danno fiato alla lotta dell’Isola; il Consiglio regionale mette all’ordine del giorno il tema; partiti, sindacati e un numero crescente di organizzazioni respingono l’ipotesi che una qualsiasi parte del territorio sia trasformata in discarica radioattiva.

La lotta istituzionale da sola non basta. La Sardegna, con un milione e mezzo di abitanti, non può competere con le altre Regioni con i loro 3-5 milioni di abitanti.  Le regole del gioco democratico la danno perdente.

Solo se ciascuno di noi assumerà il ruolo d’inflessibile sentinella, di scudo umano a difesa dell’Isola avremo la forza di respingere l’ennesimo sopruso, l’ennesimo schiaffo alla nostra dignità.

 

 

Comitato sardo Gettiamo le Basi

tel 070 823498-- 3386132753

 

 

----- Original Message -----
From: giuseppe scano
To:
Sent: Tuesday, February 11, 2003 12:11 AM

Subject: Un "giallo" italiano a base di SISDE, militari e nucleare?

Un "giallo" italiano a base di SISDE, militari e nucleare?

Una notizia che stranamente è stata trascurata da tutti i quotidiani risale al 21 novembre passato quando a Roma l’assemblea della "Società Gestione Impianti Nucleari" (Sogin S.p.A [1]), ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione. La notizia sulle nuove nomine del consiglio è passata davvero in sordina. Come mai?
La Sogin S.p.A. è una società creata appositamente dalla riorganizzazione dell’ENEL, a partire dal 1 novembre 1999, su richiesta del Governo per la chiusura e smantellamento delle installazioni nucleari italiane, per la gestione e allontanamento delle scorie radioattive prodotte e per il ripristino e valorizzazione dei siti inquinati. Attualmente la Sogin S.p.A. possiede una forza lavoro di circa 600 unità (ereditati principalmente dalla gruppo Enel) che si occupano di quattro siti: Garigliano, Caorso, Trino e un reattore a Latina. Nel 1988, come conseguenza del referendum popolare dell’anno precedente in cui oltre l’80% dei votanti dice no alla costruzione di centrali nucleari in Italia, il governo decise di arrestare anche la costruzionedelle centrali di Montalto di Castro e Trino 2 il cui funzionamento doveva cominciare una decina di anni fa.
Anche il ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli, intervenendo il 23 dicembre nel corso di un’audizione alla Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti nucleari, ha detto che la Sogin risulta "il soggetto ideale" per individuare il sito nazionale destinato ad ospitare tutti i rifiuti nucleari presenti in Italia [2].
Alla fine del mese di Novembre dello scorso anno quindi durante l’ultima assemblea è stato nominato anche il nuovo presidente che si occuperà di coordinare questa delicatissima questione e che deciderà delle infrastrutture da smantellare (le ex-centrali nucleari) e da costruire (siti per i rifiuti delle centrali) con un giro di affari milionario, tale Carlo Jean.
Il nuovo presidente, che sostituisce il Prof. Maurizio Cumo Professore Ordinario di Impianti Nucleari presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", ha un passato al Centro Informazioni Studi Esperienze (CISE) e come docente nella Libera Università Internazionale degli Studi Sociali [3]. In particolare, quest’ultima università trae origine, e motivo di esistenza, negli anni settanta quando è riuscita ad avere nuova linfa vitale dall’interessamento economico di un gruppo di imprenditori, tra cui Umberto Agnelli, che decidono di investire risorse umane e finanziarie in un "innovativo progetto di formazione della classe dirigente"” in cambio di una scalata nel consiglio di amministrazione dell’Università di alcuni imprenditori italiani di successo.
In questo modo la storica ex-Università Pro Deo viene sostituita, nel 1977, dall’Università denominata "Luiss - Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli" e dopo un solo anno l'allora Presidente di Confindustria Guido Carli scalandola diventa Presidente dell'Università prendendone, di fatto, il comando decisionale [4].
E’ proprio in questo contesto di scalate cultural-imprenditoriali che ritroviamo a far lezione agli studenti delle aule affollate il Docente di Studi Strategici presso la Facoltà di Scienze Politiche il Prof. Carlo Jean a testimoniare sempre più la connessione fra economia e guerra.
Infatti, Carlo Jean è in realtà un Generale e Presidente del Centro Alti studi per la Difesa (CASD). Quest’ultimo centro, come si può leggere dalla home page, "e' l'organismo di studio di più alto livello nel campo della formazione dirigenziale e degli studi di sicurezza e di difesa". Il compito di questa istituzione è quello di fornire "ad un ristretto numero di qualificati ufficiali di grado elevato, la possibilità di conoscere gli aspetti della vita nazionale che si connettono con le questioni
militari e di esaminare, collegialmente, essenzialmente con fini propositivi, problematiche relative alla difesa del Paese" [5].

Il Generale Carlo Jean, ora diventato presidente della "Società Gestione Impianti Nucleari" in Italia, ha un passato di tutto rispetto nell’ambito militare entrando ed uscendo dall’Accademia Militare di Modena (dal 1953 al 1955) e dalla Scuola di Applicazione di Torino (1955 al 1957). Ha frequentato anche la Scuola Superiore di Guerra italiana e francese e il Centro Alti Studi per la Difesa oltre ad aver comandato il gruppo tattico "Susa" (componente italiana della Forza Mobile Nato) ed aver prestato servizio nelle Brigate Alpine "Julia", "Taurinense", "Orobica" e "Cadore" [6].
Per farsi un quadro completo del nuovo Presidente della Sorin S.p.A., il Generale Carlo Jean, bisogna considerare anche il suo pensiero politico oltre che alla posizione e alle amicizie all’interno dell’intellighenzia italiana.
Tra le opere letterarie del militare si può leggere il libro "L’uso della forza: Se vuoi la pace comprendi la guerra" [7] o l’articolo dal titolo "Russia dove vai?" uscito in "CHARTA MINUTA- Ogni mese una tappa. Per far crescere la destra" insieme a Davide D'Antoni [8].

Il fine pensiero politico di quest’ultimo personaggio è rintracciabile in alcuni articoli, usciti con la sua firma, direttamente nella rivista della nuova-destra "Diorama" [9] dell’ex-fuoriuscito dal MSI, negli anni ottanta per un dissenso con l’ala rautiana
del partito, Marco Tarchi [10]. ( Marco Trachi ha smentito i rapporti con Davide D'Antoni.GettBasi)
Il generale Carlo Jean, tra i tanti articoli, affidava il suo lungimirante pensiero politico precorrendo i tempi sull’attuale assetto geopolitico ad egemonia americana, in tempi assolutamente non sospetti. Infatti, all’inizio del 1995, pubblicava l’articolo dal titolo "Geopolitica, geostrategia e geoeconomia nel mondo post-bipolare" sul sito del SISDE [11]. Questa sua florida collaborazione con il SISDE continua fino al 2000 quando compare il testo tratto dalla conferenza tenuta il 21/01/2000 presso la Sala Briefing della Direzione del SISDE dal titolo "Criminalità organizzata interna e stabilità nei Balcani" [12] dove è sostenuta la tesi che "...questa massa di immigrati balcanici crea in Europa presidi di capisaldi mafiosi" oltre ad un capitolo, dal titolo inquietante "armi nucleari", nel "Il Libro dell'Anno 2000" della Treccani [13].

Proseguendo nella sua pubblicistica, il nostro militar-e/ista Carlo Jean, scrive anche "Geoeconomia. Il dominio dello spazio economico" a quattro mani con Paolo Savona [14].
Quest’ultimo [15], oltre ad essere professore ordinario di politica economica anche lui proprio alla Luiss-Guido Carli di Roma [16], risulta essere, dal 14 dicembre 1999, il Presidente dell'Impregilo S.p.A.[17] per aspettare il 17 Ottobre 2002 quando l’Assemblea Straordinaria di Impregilo S.p.A. ha deliberato la fusione per incorporazione di Fisia Partecipazioni S.p.A. (controllata al 99,893% da Impregilo S.p.A.) in Impregilo S.p.A in modo che la fusione ha comportato l’assegnazione agli azionisti di Fisia Partecipazioni S.p.A. di 4 azioni ordinarie di Impregilo S.p.A. per ogni azione ordinaria di Fisia Partecipazioni S.p.A. [18].
La stessa dell'Impregilo S.p.A., appunto presieduta da Paolo Savona, ha costruito 21 Km del tratto autostradale "Ecovias dos Imigrantes" (3 gallerie e 4 Km di viadotto) che collega l’altopiano della metropoli di San Paolo (18 milioni di abitanti) con la regione costiera e con il porto di Santos, mediante finanziamenti (400 milioni di euro) e fondi ottenuti da diverse banche ed istituti di credito, tra cui: Banco Interamericano di Sviluppo (BID), Mediocredito Centrale, Banca Nazionale del
Lavoro (BNL), e Banco di sviluppo brasiliano (BNDES). Questi Istituti naturalmente saranno rimborsati con i flussi di cassa derivanti dai pedaggi della concessione autostradale [19].
Ma, tra le banche che hanno concesso il credito al Presidente Paolo Savona della Impregilo S.p.A. per costruire l’autostrada brasiliana, si può notare la presenza della BNL il cui Direttore Generale, e poi amministratore Delegato, è ancora una volta, con la dote dell’ubiquità, Paolo Savona.
Alla luce di questi documentabili fatti quindi il libro sopracitato "Geoeconomia - Il dominio dello spazio economico" di Paolo Savona con Carlo Jean prende forma e applicabilità nella quotidianità delle transizioni economiche quando gli stessi finanziamenti per la costruzione di grandi opere arrivano da banche amministrate dalle stesse persone che ne trarranno vantaggi.

Tra il "costruttore" e "autofinaziatore" Paolo Savona e colui che dovrà individuare i siti italiani e decidere la costruzione delle infrastrutture atte allo smaltimento delle scorie nucleari Carlo Jean i legami non sono tenui e non finiscono di certo con la stesura di un solo libro. Infatti troviamo entrambi all’interno dell’Aspen Institute Italia [20Aspen]. Quest’ultima è una "associazione internazionale non-profit dedicata alla discussione, all'approfondimento e allo scambio di conoscenze,
informazioni e valori" e la sua missione "...è l'internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del paese" [21].

Il Generale Carlo Jean collabora [22] anche con Istituto Affari Internazionali in cui uno dei membri del Comitato Direttivo è ancora una volta Paolo Savona [23].

Tra tutti questi incarichi trasversali il Professore Paolo Savona rimane comunque un prolifico scrittore politico non disdegnando di pubblicare l’articolo "Gran bazaar postmoderno: la scommessa del mercato globale: una sfida per l’occidente" per la rivista "Ideazione" [24] nota rivista "di cultura politica di area liberale e conservatrice" legata all’ideologo del centro-destra Domenico Menniti [25].

Sorprendentemente il cerchio si chiude quando si viene a scoprire che lo stesso Paolo Savona è stato anche il Presidente del "Consiglio Tecnico Scientifico della Programmazione Economica e della Commissione di Indagine sul Nucleare in Italia" [26].

Concludendo il Generale Carlo Jean dovrà smaltire i rifiuti nucleari italiani decidendo sia la collocazione dei siti atti a questo fine che appaltando la costruzione di questi.
Dopo tutte queste sue dimostrabilissime affinità politiche con riviste considerate comunemente di estrema destra e di amicizie legate ad una certa gestione del potere e delle operazioni finanziarie possiamo lasciare la società civile a trarre le giuste considerazioni sperando, al contempo, di aver dato modo di meditare almeno su una domanda: la "Società Gestione Impianti Nucleari" è in mano ad una presidente indipendente oppure il riciclaggio (di un patrimonio forse bellico non indifferente) dell’uranio proveniente dalle ex-centrali italiane per la produzione di energia elettrica mediante fissione nucleare sono in gestione alla cultura militare, con quello che può derivare nella gestione, e quali garanzie di trasparenza si possono pretendere dall’uso di queste scorie?
by GRANDE FAME
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Riferimenti di approfondimento:
[1] http://www.sogin.it/
[2] copia cache di http://www.e-gazette.it/ecologia/a7.htm
[3] http://www.luiss.it/docenti/curricula/index.php?cod=593
[4] http://www.luiss.it/chisiamo/storia.html
[5] http://www.centroaltistudi.difesa.it/origini.htm
[6] http://www.luiss.it/docenti/curricula/index.php?cod=593
[7] Carlo Jean “L’uso della forza: Se vuoi la pace comprendi la guerra” Collana: Saggi Tascabili Laterza, Laterza, 1996.
[8] http://www.chartaminuta.it/charta/charta_45_jean.htm
[9] http://www.diorama.it/n252.html
[10] http://www.intermarx.com/ossto/marioBO.html
[11] http://www.sisde.it/sito/Rivista1.nsf/servnavig/3
[12] http://www.sisde.it/sito/Rivista16.nsf/servnavig/7
[13] http://www.treccani.it/opere/librodellanno2000.htm
[14] Carlo Jean e Paolo Savona"Geoeconomia. Il dominio dello spazio economico” Franco Angeli, 1995.
[15] http://www.educational.rai.it/railibro/babele/ospiti2.asp?link=3
[16] http://www.luiss.it/docenti/curricula/index.php?cod=045
[17] http://www.impregilo.it/news/documenti/comun97_it.htm
[18] http://www.impregilo.it/news/newsframe.htm
[19] http://www.impregilo.it/news/documenti/com163_it.html]
[20] “Tremonti style, preparativi di guerra” di Anemone L. Liberati, Panorama 1/10/2002 in http://www.panorama.it/economia/finanza/articolo/ix1-A020001014319
[21] http://www.aspeninstitute.it/AspenWeb/AspenWeb.nsf/All/Identita?Opendocument&Lingua=I&Area=10000
[22] http://www.iai.it:8500/sections/pubblicazioni/lo_spettatore_internazionale/volumi/n06_1991.htm
[23] http://www.iai.it:8500/sections/istituto/staff/staff_it.asp
[24] http://www.ideazione.com/Rivista/1997/gennaio_febbraio_1997/savona_1_97.htm
[25] http://www.ideazione.com/fondazione/speciale_mezzogiorno_mezzogiorno.htm
[26] http://www.clubeconomia.it/soci/savona.php
 
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:<<  Scopro casualmente proprio ora di essere citato in un suo scritto su SISDE, militari e nucleari. Vado a vedere il perché e, naturalmente, risulto il "fuoriuscito rautiano" dal Msi - nel gennaio 1981... - che avrebbe ospitato sulla sua rivista Diorama un articolo "firmato con il proprio nome" da tale Davide D'Antoni. Chi era costui? Seguo il link in nota e vedo che si tratta di un collaboratore di "Charta Minuta" che mi ha fatto un anno addietro un'intervista sui giovani di destra (in cui mi esprimevo molto criticamente verso questi ultimi). Io l'ho riproposta tal quale su Diorama. Che Lei ci creda o meno, di questo signore nulla sapevo prima dell'intervista telefonica e nulla ne ho saputo dopo. Quali legami abbia col generale Jean, le cui idee detesto, lo ignoro. Mi chiedo perché si debbano continuare a creare e nutrire equivoci chiamandomi in causa per presunti legami con perfetti sconosciuti, resi "credibili", evidentemente, dal fatto di aver militato nel Msi fino al 1981. Del mio percorso successivo ci sono infinite tracce pubbliche, tutte ispirate ad una radicale opposizione verso gli ambienti che, mi par di capire, Lei prende di mira nel suo articolo: golpisti, atlantisti, ossessionati dall'anticomunismo, ecc. Non le pare che sarebbe ora di prenderne atto?
Grazie dell'attenzione.
Marco Tarchi
Università di Firenze

 

 

 

 

 

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