QUELL'INUTILE
ORPELLO DEL MASTRIMONIO
Fiona
Petito
Aumentano separazioni e
divorzi, ed aumentano i singles, ci dice l'ISTAT. Oggi,
pare che ci si possa addirittura mutuamente cornificare
purchè - santa ipocrisia - si continui a rimanere
"legati" (recentissima sentenza della
cassazione)... Ma piuttosto, il matrimonio davvero serve
ancora?...
Credo che il matrimonio sia un'istituzione che oggi non
ha più motivo di esistere -- almeno così come è, e
sarebbe il caso di abolirlo o almeno di ripensarlo.
Considerata la corrente realtà, le moderne
consapevolezze, la lettura della storia, la
"istituzione matrimonio", sostanzialmente
immutata da millenni, appare essere in gran parte un
inutile "eccesso di vincoli", supinamente
subiti più che convintamente, e liberamente, assunti. In
passato, in una società falcidiata da malattie e guerre,
quel che sopratutto serviva erano braccia per coltivare
la terra e soldati da mandare a combattere, ed il
matrimonio era visto essenzialmente in funzione di ciò
più che di felicità della coppia -- cosa quest'ultima
che oltre che a vantaggio della coppia stessa non lo era
per niente e nessun altro. Non è pertanto da
meravigliarsi che re e papi ne abbiano avocato la
giurisdizione come un'efficace mezzo di controllo su
quella (per loro) enorme risorsa che era una società di
massa scarsamente acculturata, fatalmente più servile, e
quindi più plagiabile di quella di oggi.
Orbene i tempi sono significativamente cambiati: oggi,
semmai ci si preoccupa dell'affollamento del pianeta, ed
i bassi tassi di natalità nei paesi più avanzati la
dice lunga sulle moderne sensibilità, ancorchè
inconsciamente percepite, della gente -- per non parlare
poi del fatto che persino sedicenti infallibili detentori
di (presunte) verità, si rendono conto che non è più
"decentemente" sostenibile di saper sempre cosa
è "giusto", a tal punto da doverlo
ufficialmente ammettere, introducendo nel contempo un
concetto di "relativismo" morale legato ai
tempi di dirompenti implicanze. Che si aspetta allora a
ripensare razionalmente un'istituzione che appare sempre
più logora ed inadeguata alla realtà d'oggi?
Il fatto è che per far questo bisognerebbe in primo
luogo "osare" di liberarsi del fardello di una
ingombrante tradizione (qual improba impresa!), e
guardare le cose in maniera critica, svincolata da
indebite, soggettive, personalissime considerazioni
cosiddette morali, che in quanto tali -- si è tutti
d'accordo (almeno così pare) -- devono essere scelte del
singolo, liberamente assunte e vissute, fatto salvi
analoghi diritti di altri. Non a caso, oggi, in paesi
più aperti all'innovazione, e culturalmente più
flessibili proprio per la mancanza del fardello di uno
strabordante "sistema tradizione", vengono le
prime aperture a forme deroganti allo schema tradizionale
della "istituzione matrimonio", come per
esempio il riconoscimento delle unioni omosessuali, di
varie forme di partnership domestiche, dell'accettazione
di contratti prematrimoniali, e che rappresentano in
fondo una legittima personalizzazione di un rapporto che
non può che essere in massima parte definito,
dimensionato, normizzato solo da coloro che sono i
diretti fruitori del rapporto stesso. Tutto il resto che
imponga vincoli senza una obiettiva e funzionale
motivazione se non nell'ottica di presunti valori morali
(di chi? poi), è normativa indebita -- come indebita è
ogni normativa che limiti senza razionali, inopinabili
ragioni, libertà a cui la natura non ha ritenuto di
porre vincoli --, ed ha anzi la stessa valenza e
gratuiticità proprie delle superstizioni, ma dietro cui
nondimeno saranno pronti a combattere delle
opportunistiche, zavorranti battaglie perse (si ricordi
divorzio e aborto), molti nostri zelanti politici, magari
corrotti e concubini, ma a cui non parrà vero di potersi
finalmente impegnare su temi per i quali non conta il
dover dar conto di risultati e benefici concreti, bensì
di un comodo, invalutabile, "impegno morale"
profuso per un superiore bene "universale" (ma
non del singolo).
Vi pare che sia solo un'idea provocatoriamente
trasgressiva quanto inopportuna ed inattuabile? Ma sono
davvero proprio solo trasgressive ed inattuabili certe
idee? O non sono piuttosto per il momento soltanto
"troppo" ragionevoli? A guardare la storia
sembra infatti che trasgressione e ragionevolezza si
differenzino non per la natura dei contenuti e delle
posizioni, bensì solo per una variabile temporale: ieri,
avere schiavi era lecito ed un segno di nobiltà e
ricchezza, l'aborto era un delitto, e le streghe venivano
mandate al rogo; oggi, la schiavitù è un crimine,
l'aborto è un diritto della donna, e le streghe non
esistono... considerata la portata del ribaltone... più
inimaginabilmente trasgressivi di così non si poteva!...
e bendetta trasgressione!
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