Fa piacere notare che il mondo
associativo è pressoché unanime nel denunciare
la gravità di quanto si prepara a danno del territorio
barese, previsto dall'ultima delibera del consiglio
comunale. Di fatto essa stura otto
milioni di metri cubi edificabili
contemplati dal vigente PRG ma finora
congelati, e ne aggiunge altri tre. Undici milioni di
metri cubi da edificare su un'area già pesantemente
provata sul piano geofisico (coste e lame) e malamente
organizzata sotto il profilo economico ed amministrativo.
Si vanifica ogni tentativo di riqualificazione e
programmazione del territorio, dei servizi e delle
attività amministrative ed economiche, obiettivo del
"piano strategico" metropolitano . Se tutti i comuni consorziati nel "piano
strategico" adeguassero proporzionalmente le
proprie alle previsioni del PRG barese, ci sarebbe
ben poco da programmare, governare, riqualificare.
In altre parole il "piano strategico" potrebbe
solo prendere atto di una situazione consolidata e
concentrare le proprie attività di programmazione e
analisi sullo spazio residuale, evidentemente
inadeguato. Si studiano comportamenti sociali, attività
economiche, propensioni culturali, stratificazione
demografica, flussi della mobilità
che riguardano l'intera popolazione metropolitana ma si
può influire soltanto su un decimo del territorio
di prossimità urbana ancora non destinato alla
edificazione. Le aree di maggiore concentrazione di
mobilità sono quelle centrali e semicentrali dei
grossi centri, già sature ed edificate. Le aree
periferiche dovrebbero servire a creare infrastrutture
sia per la delocalizzazione delle attività - in
modo da alleggerire i centri urbani ingolfati - che
per veicolare la mobilità dell'intero territorio
metropolitano. Ma se quelle aree diventano in gran parte
edificabili, il progetto "piano
strategico" non ha più senso, venendo meno, perché
gravemente ipotecato dai PRG, l'oggetto di studio
e programmazione: il territorio. Quella delibera va rivista. E necessario
ristabilire un corretto rapporto tra edificabilità e
territorio, altrimenti chiarisca questa giunta comunale
la propria vocazione edificatoria, in verità a noi
sempre piuttosto evidente. Altrimenti si fermi il piano
strategico, il cui costo a regime sarà di quattro
milioni di euro, di cui forse un paio già spesi. L'opera
pubblica, i diritti, le concessioni, i progetti
finanziati con le risorse pubbliche, non possono
utilizzarsi quali strumenti di propaganda o per
soddisfare pretese private di alcun pregio economico.
L'amministrazione pubblica, lo Stato gli enti
territoriali, hanno il compito di scrivere le regole
della competizione fra persone, fra imprese e creare
strumenti normativi ed amministrativi affinché i
migliori abbiano successo. E' necessario stimolare
l'imprenditoria che rischia di suo, capace di creare
valore aggiunto nella società. Laltra,
quella che poggia tutto sulle concessioni
edificatorie in un territorio in cui eccedono
milioni di metri cubi rispetto alla necessità abitativa
della popolazione residente, non crea valore
aggiunto ma droga l'economia locale già compromessa
dalla ricaduta della speculazione
immobiliare, finanziaria ed energetica di respiro
mondiale. E' un'imprenditoria che non rischia capitali
propri (si va in banca con la delibera e si ha il 120%
del capitale necessario ad edificare, magari
subappaltando quasi tutto). Le conseguenze ricadono
sulle spalle dei cittadini e danneggiano la buona
imprenditoria che investe di suo e si accolla il
rischio . Ci si trova a breve impantanati nelle
diseconomie striscianti, dove il parassita succhia
risorse a tutti, in un mercato in cui
si è alterato il costo economico dei beni e dei servizi.
Ciò accade perché, a monte, il valore reale di un
immobile pari a 100 (costo di costruzione più
utile medio di impresa) è quotato sul mercato 500 o
1.000. Questo grazie ad una serie di previsioni
normative, locali e nazionali, che invece di
liberalizzare l'economia e tutelare il territorio,
elargiscono diritti feudali decuplicando la ricchezza
fondiaria. Si drogano gli scambi si pregiudica
il territorio ed ogni possibile sua programmazione. Il nostro futuro sta già in
america. A seguito della recente deflagrazione
della bolla speculativa che ha ingigantito i
prezzi degli immobili negli anni passati, oggi Fanny e
Freddie, due colossi della imprenditoria finanziaria
statunitense, sono al collasso e lasceranno un debito di
5.000 miliardi di dollari che lo Stato dovrà assorbire
con le conseguenze che si possono immaginare. Poi,
magari, per rigenerare uneconomia collassata si ha
bisogno di qualche guerra qua e là nel mondo che stimoli
limpresa bellica e rimetta in circolo risorse
fondate sulla morte. La donazione di diritti pubblici, quali deroghe
in campo edilizio, aumento di volumetria in una zona
pregiata, mutamento della destinazione di intere
aree semicentrali, ha la stessa conseguenza economica
negativa. Si tratta di diritti che, una volta
transitati nella sfera privata, assumono un valore
dieci volte maggiore a quello dellopera che
limpresa privata ha realizzato a favore
dellente pubblico. Questo è il mix
pubblico-privato, vanto dellassessorato dei lavori
pubblici del comune di Bari, e di tutta
lintelligentia illuminata che si spreca in pubblici
elogi e gravita attorno a questa nostra amministrazione
comunale e regionale. I PIRP, piani regionali di
riqualificazione urbana, soggiacciono allo stesso
principio speculativo. Gli effetti dannosi sono
molteplici. 1) depauperamento dei beni pubblici senza
un'equa ricompensa; 2) liberare capitali nel mercato creando
valore aggiunto reale pari ad un decimo di quello
nominale, significa assecondare una tendenza
inflativa già in piena salute per suo conto;
3) pregiudicare la programmazione delle
attività economiche, amministrative e della mobilità
sul territorio, con pesante ricaduta sulla primaria e
fondamentale questione energetica. |