Egr. Dr. Nicola Gratteri Dopo tante sue denunce e tanto suo impegno, non vedo alcuna reazione da parte dei reggini. Il silenzio della società civile, quella italiana e quella reggina, frutto anche di scarsa informazione, mi sembra veramente un silenzio assordante. Le invio allora, attraverso i giornali che vorranno pubblicarla, questa lettera per manifestare la mia solidarietà alla sua persona e al lavoro che sta svolgendo. Sono un insegnante in pensione che ha lavorato per anni alla "educazione alla legalità" dei nostri giovani, ma la criminalità organizzata non è stata eliminata e, purtroppo, continuerà ad esistere se, accanto al lavoro di persone veramente impegnate a volerla sconfiggere, non ci sarà anche la ferrea volontà della classe politica a procedere in questa direzione. La scuola che educa non basta, perché contemporaneamente i giovani ricevono stimoli, nell'ambiente in cui vivono, di segno opposto. E poi, è tutta la scuola che educa alla legalità o sono solo pochi insegnanti a farlo? E' tutta la magistratura che si impegna in questo lavoro o solo pochi magistrati? E' tutta la chiesa o solo qualche sacerdote? Sono tutte le forze dell'ordine o solo qualche carabiniere e qualche poliziotto? E' tutta la classe politica o una sporadica minoranza di questa? E' tutta la stampa che denuncia o solo qualche giornalista? E, infine, quanti sono gli imprenditori e i commercianti che vogliono liberarsi dalla schiavitù di questo male che è la ndrangheta? O tutti "tengono famiglia" come ebbe a rispondermi una volta un preside della scuola in cui insegnavo a proposito di un episodio di mafia lì verificatosi? Noi reggini, e quando dico reggini intendo gli abitanti non solo del capoluogo ma di tutta la provincia, siamo pecore spaventate dal potere mafioso o siamo tutti mafiosi per mentalità, modo di agire, di pensare, visto che non siamo stati nemmeno capaci di onorare adeguatamente fin dall'inizio il giudice Scopelliti? Falcone diceva che la mafia è un fatto umano e come tutti i fatti umani destinata a finire, ma, per come siamo messi, a me sembra che finirà quando scomparirà la comunità reggina, perché troppo indifferente di fronte ad un problema così grave, perché troppo educata a "farsi i fatti propri", perché in essa la cultura della delega regna sovrana. E, non solo in essa, ma in tutta la società italiana. Delegare ad altri la soluzione dei problemi e non assumerne la responsabilità, costi quel che costi, ha come conseguenza il rimanere succubi di questa palla di piombo che é la ndrangheta, una palla di piombo che non consente di migliorare le condizioni di vita della nostra terra così bella e così disgraziata. Per essere un popolo libero, bisogna assumere le responsabilità. La libertà nella responsabilità è un concetto che in Italia non è stato diffuso, non è conosciuto come presso altri popoli, anzi non è stato fatto conoscere e questo è un male non solo di noi reggini ma di tutti noi italiani ed è da qui che l'Italia deve ripartire per sconfiggere la maggior parte dei suoi mali. A livello la nazionale, le sue denunce, il suo lavoro così impegnativo e pericoloso, anche per la presenza di "spioni" nel suo ufficio, hanno avuto sugli organi di stampa e alla televisione di stato troppo poco spazio. Voglio sperare che questa mia sia una delle tantissime lettere di solidarietà che le siano giunte, perché se così non fosse c'è da dire: povera (sciagurata) Reggio (disgraziata) misera terra di Calabria, povera Italia. Se fossi ancora in attività di servizio, non solo continuerei ad insegnare il rispetto delle regole, ad educare alla legalità, anche se, come è successo in passato, dovessi essere emarginata, o trovarmi in minoranza, ma mi sentirei onorata di invitarla nella mia scuola per farle incontrare i giovani così importanti per il futuro di questa terra e per i quali non ci si può rassegnare a convivere con la 'ndrangheta. Meglio morire perché impegnati in questa lotta, che vivere schiavi di un potere maligno. Falcone, Borsellino, Scopelliti, per quanto mi riguarda, non sono morti, ma vivono ancora. Eugenia Marzotti - |