Versione
Preliminare Arturo
Hermann Giugno
2008 Introduzione In questo lavoro ci proponiamo di fornire un
contributo al dibattito sui problemi e le prospettive
della sinistra analizzando alcuni aspetti delle complesse
interrelazioni tra scienza, cultura e classi sociali. In
particolare, cercheremo di evidenziare limportanza
dellintegrazione tra scienza e cultura per la
costruzione di una società realmente senza classi, come
ipotizzata da Marx, Lenin ed altri importanti esponenti
del pensiero socialista. In tale prospettiva, prenderemo
in considerazione alcuni concetti del pensiero sociale
eterodosso, della psicologia e della psicoanalisi al fine
di evidenziare limportanza di un approccio
pluralistico ed interdisciplinare per lo studio dei
fenomeni economici e sociali. La separazione tra Scienza e Forme Culturali Nel testo Libertà e Cultura, Dewey
prende in esame lo sviluppo della scienza e della
tecnologia, ed il suo collegamento con la cultura e lo
sviluppo economico e sociale. A questo riguardo, evidenzia le seguenti
caratteristiche delle moderne società industriali, le
quali conservano ancora oggi tutta la loro attualità:
(i) la scienza e la tecnologia influenzano profondamente
il modo di produrre, e, di conseguenza, il complesso
delle relazioni economiche e sociali; (ii) anche in
conseguenza di questi processi, queste relazioni tendono
a divenire sempre più complesse e differenziate, e a
caratterizzarsi per un'importanza crescente
dell'intervento pubblico[1],
delle istituzioni e delle organizzazioni; (iii) nello
stesso tempo, però, la scienza e le tecnologie hanno
avuto un impatto relativamente limitato sulle forme
culturali della società e sui relativi processi di
valutazione sociale, i quali sono influenzati
principalmente da abitudini di pensiero consolidate
derivanti dal passato. Infatti, il progresso scientifico tende ad
essere applicato principalmente all'aumento di efficienza
tecnica del sistema produttivo, mentre le sue
applicazioni ai problemi sociali ossia allo studio
del come organizzare la vita economica, sociale e
lavorativa risultano molto più incerte e
frammentarie. E questo in una situazione in cui, a causa
della crescente complessità del sistema, un utilizzo
sistematico delle conoscenze disponibili sarebbe quanto
mai necessario per comprendere la complessità dei
problemi da affrontare. In particolare, ciò vale per il cittadino
comune, il quale, nelle questioni sociali, tende a
formare le sue opinioni più in base all'influenza di
abitudini di pensiero radicate nel suo retaggio culturale
le quali possono essere notevolmente influenzate
anche dall'azione dei mass media che sulla
base di un utilizzo consapevole della metodologia e delle
conoscenze scientifiche. Un approccio scientifico basato
sul pluralismo e che quindi, nella visione di Dewey e di
numerosi altri autori, trova il suo fondamento anche nei
concetti e nelle metodologie delle scienze sociali e che,
di conseguenza, pone al centro dell'attenzione il
problema dei giudizi di valore. Infatti, l'influsso della
scienza e della tecnologia sulla vita collettiva non
avviene in modo "obiettivo e neutrale" ma
attraverso la sua "assimilazione" nella
complessità del sistema culturale. In questo senso, una
situazione come quella descritta diventa particolarmente
negativa ai fini di uno sviluppo sociale realmente
improntato agli obiettivi del pluralismo e della
partecipazione. Infatti, "Science through its physical technological
consequences is now determining the relations which human
being, severally and in groups, sustain to one another.
If it is incapable of developing moral techniques which
will also determine these relations, the split in modern
culture goes so deep that not only democracy but all
civilized values are doomed....A culture which permits
science to destroy traditional values but which distrusts
its power to create new ones is a culture which is
destroying itself. War is a symptom as well as a cause of
the inner division.", (Dewey, 1939: 118). Quali relazioni con le classi sociali? Il discorso precedente potrebbe però apparire, in una prospettiva di classe, troppo intellettualistico e trascurare in tal modo le realtà delle classi e dei settori più disagiati. Ma quali sono le classi più disagiate? In primo luogo la classe operaia, ma non solo. Infatti, anche come risultato delle contraddizioni del sistema, è intervenuta una crescente frammentazione della classe lavoratrice: da un lato, le classiche fabbriche tendono ad essere sostituite, principalmente per recuperare flessibilità nellimpiego della forza lavoro, da unità decentrate, speso dislocate in paesi a basso costo e tutela del lavoro. Dallaltro, come osservato da Marx e da altri autori, tende ad intervenire una crescente proletarizzazione del lavoro intellettuale, accompagnata da una crescente insicurezza e perdita di motivazioni. In questo contesto, lintegrazione tra scienza e cultura costituisce lo snodo strategico per la costruzione della società senza classi ipotizzata dalla teoria Marxista. Infatti, la separazione tra scienza e cultura ricordata in precedenza costituisce il prodotto della divisione in classi tipica della società capitalistica. Come ricordato da molti autori, tale società produce non solo una disuguaglianza materiale ma anche una discriminazione profonda nellaccesso alla cultura ed agli strumenti del sapere. Tale discriminazione opera, in modo spesso sottile, a molteplici livelli: in particolare, maggiore difficoltà per i giovani delle classi più disagiate di mantenersi agli studi, e, più in generale difficoltà per il cittadino comune a partecipare realmente al dibattito scientifico e culturalead esempio, potendo esprimere le sue opinioni in riviste qualificate. Di conseguenza la cultura della società capitalistica tende ad essere una cultura di classe e, per questo, tendenzialmente esclusiva ed elitaria. In tale connessione, la scienza e la cultura tendono ad essere sempre più mercificate e valutate quindi non per il loro valore intrinseco ma per i vantaggi che possono derivare dal suo utilizzo. In questo senso, la costruzione della società
senza classi implica una profonda democratizzazione della
scienza e della cultura e la progressiva eliminazione
della distinzione propria della
società capitalistica tra
attività manuali ed intellettuali. Ciò implica un
continuo miglioramento dei processi di partecipazione a
tutti i livelli dellazione collettivanon solo
politica, ma anche e soprattutto sociale, lavorativa e
culturale. Il mercato come istituzione Come è noto, il ruolo del mercato è al centro
del dibattito su qualsiasi prospettiva di cambiamento
economico e sociale. Nellaccezione più semplice,
esso costituisce il punto nevralgico dell'interazione tra
due o più persone finalizzata allo scambio di prodotti e
servizi lavorativi e risente quindi di tutte le influenze
storiche e culturali e delle personalità proprie di ogni
singolo contesto; ad esempio, nella cosiddetta economia
di "Robinson Crusoe e Venerdì" il
"mercato" è senza dubbio più semplice e le
interazioni che si verificano possono essere analizzate
con maggiore facilità; ma, nelle nostre economie,
l'analisi è complicata dal fatto che il mercato non
costituisce un "meccanismo esogeno" rispetto
agli obiettivi ed ai valori dei soggetti coinvolti ma
un'istituzione che nella terminologia di
J.R.Commons, con i suoi rapporti di
"conflitto", "dipendenza" ed
"ordine" i quali trovano espressione in un
complesso sistema di relazioni giuridiche di
"diritti", "doveri",
"libertà" ed "esposizione" associato
alle transazioni che vi si svolgono evolve insieme
alle altre, contribuendo così a determinare i tratti
distintivi dell'evoluzione culturale in ogni singolo
contesto. Il mercato è creato e mantenuto da deliberati
interventi pubblici, ossia da politiche economiche le
quali, a loro volta, sono influenzate dai gruppi di
interesse più potenti. In questo senso, quindi, il
capitalismo puro esiste solo nella mente dei liberisti,
mentre, nella realtà, ci troviamo in presenza delle cd
economie miste nelle quali lintervento
pubblico si sviluppa anche come tentativo di
lenire le contraddizioni più stridenti del
capitalismo. Vi sono quindi profonde interrelazioni tra
mercato e politica economica, che trovano il loro comune
fondamento nella dinamica dell'azione collettiva. Questi aspetti si riflettono anche nella
circostanza che i mercati tendono a presentare rilevanti
"imperfezioni" che riflettono la complessità
delle relazioni istituzionali che definiscono la
struttura del "mercato". In questa prospettiva, diventa così possibile ottenere una comprensione più approfondita di rilevanti concetti collegati con la istituzione mercato: tra gli altri, concorrenza, azione pubblica e privata, struttura sociale e caratteristiche delle politiche economiche. E, in questo modo, evidenziare che la tipica relazione, che costituisce la base del pensiero liberista, tra: Mercato - Proprietà Privata - Concorrenza - Assenza di Intervento Pubblico presenta scarsa consistenza, sia nel suo complesso che in ciascuna delle relazioni indicate. Infatti, come appena osservato, il mercato è creato e mantenuto da interventi pubblici e, di conseguenza, la sua struttura evolve anche sulla base delle politiche economiche di volta in volta adottate e della correlata dinamica dei gruppi di interesse. Inoltre, come ben evidenziato da numerosi contributi, il mercato ossia lattività di scambio può essere presente anche nel caso di proprietà pubblica o mista; ed anche tra unità della Pubblica Amministrazione, come evidenziato in particolare dalla teoria dei quasi-mercati. Lo stesso vale per il concetto di concorrenza. Anzi, possiamo, notare, che la proprietà privata non costituisce nemmeno una considerazione necessaria per lesistenza della concorrenza. Infatti, può aversi il caso di un monopolio o un oligopolio collusivo nel quale non vi è reale concorrenza e, invece, unità pubbliche in concorrenza tra loro per il raggiungimento di obiettivi prefissati. A questo riguardo, può essere interessante rilevare che, come evidenziato da numerosi studi di sociologia, psicologia e di psicoanalisi, la concorrenza è un concetto complesso che investe molteplici sfere non solo economica, ma anche politica, sociale e culturale e che tende ad assumere complesse motivazioni, non esclusa una tendenza nevrotica al narcisismo ed a relazioni interpersonali di tipo predatorio. In tale connessione, come evidenziato in particolare dalle teorie sullo scambio ineguale, è attraverso la globalizzazione dei processi produttivi che tendono ad avvenire le peggiori forme di sfruttamentoin particolare, attraverso il lavoro irregolare degli immigrati e lesternalizzazione di processi produttivi in paesi a basso costo del lavoro. In tali processi, le sfere e gli aspetti predatori della concorrenza menzionati in precedenza tendono a rafforzarsi a vicenda e a produrre una miscela esplosiva di xenofobia e di degrado economico e sociale. Queste considerazioni ci inducono a considerare
in modo più approfondito la natura dellintervento
pubblico: se è vero, infatti, che lintervento
pubblico è necessario per la transizione al socialismo e
al comunismo, è anche vero che non ogni intervento
pubblico implica automaticamente un progresso in tal
senso: infatti, da un lato, come abbiamo visto,
lintervento pubblico costituisce un ingrediente
essenziale nella creazione e nel mantenimento delle
istituzioni del capitalismo; e, dallaltro, anche in
una società socialista, non ogni intervento
può essere considerato, solo perché pubblico,
automaticamente progressista o socialista, specialmente
se tale intervento si accompagna ad un accentramento dei
poteri e, quindi, ad una scarsa partecipazione. In questo senso, come ben evidenziato in
particolare da Marx e Lenin, il socialismo ed il
comunismo non sono stati stazionari, ma
processi storici che richiedono una lunga costruzione, il
cui cemento è costituito da un crescente processo di
partecipazione politica, sociale e culturale. Tale
partecipazione attiva tende a divenire ancora più
necessaria nella situazione attuale, nella quale tende a
consolidarsi la tendenza favorita dagli
attuali processi di globalizzazione, e già evidenziata
negli anni 20 da R.Hilferding attraverso lanalisi
delle caratteristiche del capitalismo
organizzato alla concentrazione di potere
economico e politico in pochi gruppi dominanti.
Economia, Cultura e Cambiamento Sociale In questa prospettiva, ed in
naturale complemento con il materialismo
storico il quale, peraltro, ha sempre riconosciuto
limportanza dellinterazione tra fattori
economici e culturali i contributi di
importanti esponenti del pensiero sociale eterodosso (ad
esempio, T.Veblen, J.R.Commons, J.Dewey, K.Polanyi)
sottolineano che le trasformazioni dell'economia non
possono essere considerate come i soli elementi
"trainanti" dei cambiamenti sociali e culturali[2]. Infatti, se è vero che è intervenuta una
differenziazione sempre più marcata tra gli aspetti
economici e gli aspetti sociali dell'agire umano, è
anche vero che le interrelazioni tra le varie sfere
diventano sempre più complesse e significative. A questo riguardo, possiamo osservare che se, da
un lato, gli aspetti economici, in particolare la
valutazione dei costi e benefici monetari delle diverse
alternative, permea il resto delle relazioni sociali,
dall'altro, si verifica anche la relazione inversa; ossia
gli aspetti sociali e culturali condizionano e cercano
una loro espressione nella sfera economica. In questo
senso, l'analisi storica illumina in dettaglio la
complessità di questi processi: ad esempio, le varie
esperienze di capitalismo e di socialismo, pur
presentando importanti tratti comuni ed influenzando a
loro volta le strutture culturali preesistenti, hanno
anche assunto una loro distinta specificità. Questa crescente articolazione delle sfere
rilevanti della vita collettiva, se, da una parte, può
essere interpretata come una conseguenza della crescente
complessità dei bisogni e quindi dello sviluppo
culturale del sistema, dall'altra, però, tende a creare
nuovi problemi, nuovi conflitti e nuove sfide. In una situazione di questo tipo, nella quale
diventa sempre più difficile stabilire gli obiettivi da
raggiungere e le politiche da perseguire, diventa
essenziale, al fine di ridurre la tentazione di
"soluzioni" autoritarie, favorire al massimo i
processi di comprensione e valutazione sociale dei
problemi. Come osserva Dewey, "The serious threat to our democracy is not
the existence of foreign totalitarian states. It is the
existence within our own personal attitudes and within
our own institutions of conditions similar to those which
have given a victory to external authority, discipline,
uniformity and dependence upon the Leader in foreign
countries. The battlefield is accordingly
herewithin ourselves and our institutions....It
[questa sfida] can be won only by extending the
application of democratic methods, methods of
consultation, persuasion, negotiation, communication,
cooperative intelligence, in the task of making our own
politics, industry, education, our culture generally, a
servant and an evolving manifestation of democratic
ideas.", (Dewey, 1939: 44, 133). Conclusioni: quali percorsi di cambiamento? Come abbiamo cercato di evidenziare, vi sono
interessanti convergenze tra la teoria Marxista, le altre
teorie del pensiero sociale eterodosso, la psicologia e
la psicoanalisi. Un approccio pluralistico ed interdisciplinare[3] di questo tipo, il quale esplicitamente considera il ruolo dei fattori culturali e psicologici dell'azione collettiva, potrebbe essere di grande interesse nell'attuale dibattito il quale investe in pieno i problemi e le prospettive della sinistra in Italia e nel Mondo sulle prospettive di cambiamento degli attuali sistemi socio-economici. In tale connessione, tale approccio renderebbe possibile definire ed analizzare in maggiore dettaglio i concetti di socialismo e di comunismo, ed i correlati concetti di democrazia, di partecipazione, di lavoro, di ricerca e di innovazione, di relazioni internazionali, di azione individuale e collettiva. Infatti, come abbiamo osservato, il comunismo non è uno stato stazionario una sorta di terra promessa dove tutto è perfetto, non vi sono più conflitti e tutti sono buoni e amabili che una volta raggiunto, magari con un processo rivoluzionario, non richieda ulteriori sviluppi. Al contrario, il comunismo costituisce un processo evolutivo che, per potersi realizzare con la massima celerità ed efficacia, richiede un continuo processo di analisi e soluzione dei problemi. In questo senso, un percorso virtuoso non tenterebbe in modo illusorio e con il rischio di derive autoritarie di eliminare a tutti i costi i conflitti sociali ma cercherebbe, attraverso una loro comprensione approfondita, di renderli sempre più compatibili con uno sviluppo sociale equilibrato. In questa prospettiva, si potrebbero analizzare in modo più articolato le complesse interazioni tra, da un lato, le politiche per il lavoro, la scienza e la tecnologia, e lo sviluppo economico, e, dallaltro, levoluzione materiale, culturale e di partecipazione della struttura dei gruppi e delle classi sociali a livello nazionale e sovranazionale. Nella formulazione delle politiche economiche e
dei connessi processi di mutamento sociale, i processi di
valutazione sociale (social valuing) svolgono un
ruolo cruciale. A questo riguardo, possiamo osservare che
l'articolazione istituzionale dell'azione di politica
economica se, da una parte, deriva dalla stessa
complessità dei contenuti delle politiche, rischia
però, dall'altra, in assenza di un efficace processo di
coordinamento orizzontale e
verticale sia tra le istituzioni ed i
gruppi coinvolti che tra le diverse politiche di
non conseguire gli obiettivi proposti e di produrre una
situazione di pessimismo e di incertezza. L'utilità di questo approccio deriva dalla
circostanza che, se è vero che i processi di valutazione
sociale svolgono un ruolo cruciale nella dinamica
dell'azione di politica economica, tale ruolo assume
molto spesso un carattere implicito, specialmente se i
processi di valutazione avvengono, almeno in parte, sulla
base di abitudini di pensiero e di azione
consolidate che riflettono le caratteristiche
economiche, sociali e culturali delle realtà di
riferimento. Un percorso di questo tipo implica
unintegrazione sistematica della scienza nel
tessuto sociale e culturale di riferimento. Integrazione
che, come ricordato in precedenza, costituisce il
presupposto per la costruzione della società senza
classi. Tra i problemi interrelati che possono essere
affrontati in quest'ottica, vi sono, in primo luogo, la
povertà, la struttura e levoluzione delle classi
sociali, lo sviluppo ineguale e la tutela dell'ambiente;
ed, inoltre, altri aspetti collegati con i precedenti, i
quali possono creare notevoli disagi, non solo economici,
ma anche sociali e psicologici: ad esempio, insufficiente
partecipazione nei luoghi di lavoro e nella vita
collettiva, insicurezza economica, scarsa integrazione
della scienza e della tecnologia nel tessuto economico e
sociale. Ciò pone le basi, in particolare nei paesi e nelle aree con maggiori problemi, nei quali, come è noto, tende ad instaurarsi un circolo vizioso tra (a) il livello insufficiente di sviluppo economico, sociale, scientifico e tecnologico e (b) l'inadeguatezza della struttura istituzionale e delle relative politiche per la definizione di una strategia di politica economica i cui obiettivi primari siano: (i) la progressiva eliminazione della povertà, e di tutte le forme di sfruttamento e di emarginazione; e (ii) la parallela costruzione di un percorso di crescita economica, sociale e culturale, capace di comprendere e valorizzare le motivazioni, le esperienze e le competenze dei soggetti coinvolti. BIBLIOGRAFIA Bastide, R., Sociologie et Psychoanalyse,
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[1]
La tendenza allaumento dellintervento
pubblico nelleconomia ed il connesso carattere
irrealistico delleconomia di concorrenza perfetta
sono stati sottolineati da numerosi autori della
tradizione Marxista e, in senso lato, istituzionalista,
del pensiero economico: possiamo menzionare, tra gli
altri, Commons, Galbraith, Hilferding, Keynes, Lenin,
Marx, Karl Polanyi, Schumpeter. Le ragioni di tali
intervento sono complesse, ma un ruolo importante è
giocato dal tentativo delle politiche economiche di
fornire una risposta alle contraddizioni del sistema
capitalistico. Particolare importanza rivestono le
politiche di creazione di norme ed istituzioni, della
domanda globale, di incentivi alle imprese, di
regolazione (in senso ampio), di fornitura di beni
pubblici e di procurement e, last but not
least, dellorientamento scientifico e
culturale. Anche in connessione con il discorso
successivo, può essere interessante osservare che tale
intervento incide profondamente sulla struttura ed
evoluzione delle classi sociali. In generale, anche a
causa della crescente complessità del sistema
(v.oltre), questo processo tende a rendere sempre più
complessa larticolazione delle classi sociali. A
questo riguardo, può essere interessante osservare che
lazione (e la spesa) pubblica, anche se in molti
casi condizionate ed alimentate dai gruppi di pressione
più potenti, producono spesso, proprio a causa delle
contraddizioni del sistema, rilevanti effetti
non-intenzionali (ad esempio deficit di
bilancio e conseguente instabilità macroeconomica) i
quali a loro volta, tendono ad acuire le contraddizioni
del sistema.
[2] Ad esempio, Karl Polanyi, nel suo famosotesto the Great Transformation (1944), sottolinea che un sistema economico non può esistere in assenza di un sostrato sociale e culturale. La persona, infatti, è portatrice di esigenze sociali e culturali, oltre che economiche, delle quali è necessario tenere conto per un'adeguata valutazione dei processi di cambiamento. Ad esempio, gli effetti negativi della rivoluzione industriale o della colonizzazione per le popolazioni risiedono non tanto in una perdita economica in senso assoluto o relativo in alcuni casi, questi processi potrebbero anche aver generato un guadagno per alcuni settori quanto nello smantellamento delle relazioni sociali e culturali preesistenti, che si sostanzia in un "vacuum culturale" ed in un crescente disagio sociale e psicologico, anche determinato dalle difficoltà di inserimento dei gruppi sociali più deboli nel nuovo contesto. [3] Come anche evidenziato in altri lavori, in questa prospettiva si potrebbe evitare il problema dell'eccesso di relativismo culturale. Con questa espressione intendiamo un tipo di analisi che, nello sforzo meritevole di essere neutrale e di evitare i pericoli della semplificazione e del riduzionismo, tende a considerare i tratti distintivi dei contesti presi in esame come espressioni necessarie del pluralismo culturale e, come tali, non suscettibili di ulteriori analisi ed interpretazioni. Considerando, inoltre, che anche i sistemi di valore degli osservatori sociali possono differire notevolmente, sembra quindi che sussista, nell'ambito delle scienze sociali, una intrinseca impossibilità di individuare criteri di analisi e di valutazione minimamente oggettivi che possano fungere da base di riferimento concettuale nell'analisi delle strutture sociali. Indubbiamente, queste problematiche non presentano facili ed univoche soluzioni; riteniamo, però, che un approccio interdisciplinare possa contribuire ad individuare con maggiore ampiezza e profondità le caratteristiche delle strutture economiche e sociali, con i loro problemi e conflitti ed i loro elementi di somiglianza e di differenza. Ad esempio, possiamo osservare che l'obiettivo di realizzare forme sempre più complete di democrazia e di partecipazione (ossia, di socialismo) si basa, indubbiamente, su di un preciso "giudizio di valore", il quale, però, trova il suo fondamento anche in un approccio scientifico di tipo pluralistico ai problemi da affrontare. Infatti, come abbiamo notato, numerosi contributi delle scienze sociali e psicologiche sottolineano il bisogno per la persona di realizzare, attraverso la costruzione di adeguate relazioni interpersonali, le sue propensioni intellettuali, sociali ed affettive. In questo senso, tali contributi rendono possibile unanalisi più approfondita del ruolo dei fattori motivazionali e dei processi di partecipazione nello sviluppo economico e sociale. |