ROMA. Pochi lo sanno, ma l´Italia è il primo consumatore di carne di squalo in Europa ed ha importato addirittura 13 mila tonnellate solo 2006. I consumatori spesso comprano pesci come gattuccio, palombo, verdesca o "vitello di mare" senza sapere che si tratta di squali, che appartengono spesso a specie che per un terzo sono a rischio di estinzione nei mari europei ed in rarefazione soprattitto nel Mediterraneo. Cts, Fondazione Cetacea, Gris, Marevivo, MedSharks e Slow Food, insieme ad oltre 50 associazioni europee ed internazionali, formano Shark Alliance, una coalizione internazionale per la conservazione degli squali, che chiede l´approvazione di un Piano europeo per la difesa degli squali e per un rafforzamento della legislazione sul prelievo delle pinne di squalo a bordo dei pescherecci europei, e denuncia l´uso scorretto e diseducativo dell´immagine degli squali, usati impropriamente in alcune pubblicità italiane come simbolo di predatori dell´uomo e invitanti piatti di cui cibarsi. Il gruppo italiano di queste associazioni ambientaliste e di ricerca scientifica se la prende soprattutto con pubblicità come quelle del parco acquatico "Aquafelix" di Civitavecchia o della crema anti-scottature "Connettivina" che usano slogan quali: "Si consiglia di vivere con cautela" accanto al disegno di uno squalo che inghiotte un nuotatore o "Riservato agli affamati di emozioni" accanto all´immagine di uno squalo infilzato da un´enorme forchetta. Secondo Shark Alliance «Sono pubblicità dal messaggio fuorviante che rischiano di ostacolare il lavoro di sensibilizzazione e di divulgazione scientifica attenta ai gravi problemi ambientali che stanno minacciando le specie di squalo che nel Mediterraneo sono più a rischio che altrove. Lo squalo è uno dei principali predatori marini, ma il suo bersaglio non sono gli uomini. Inoltre il suo ruolo nei mari è fondamentale e garantisce un corretto equilibrio dell´intero ecosistema marino. Al contrario è l´uomo a minacciare gli squali sia attraverso la pesca indiscriminata ed eccessiva sia praticando il finning (il taglio delle pinne e il rigetto in mare della carcassa dello squalo, spesso ancora vivo) per poi vendere le pinne sui mercati asiatici». Per Marevivo «Questi messaggi pubblicitari veicolano solo disinformazione e tendono a rafforzare nell´immaginario collettivo l´immagine dello squalo come feroce mostro marino. E´ necessario che prima di ogni utilizzo nelle pubblicità di immagini con gli animali si faccia un´approfondita analisi dei messaggi che vengono divulgati». |