DALLO STATO ALLA NAZIONE: RIFLESSIONI SULL’ATTUALE CONDIZIONE DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA

L. Agnusdei

 

La storia dell’Europa occidentale ci mostra un percorso che portò dallo stato alla nazione: questa nacque da un senso di appartenenza della popolazione parallelamente allo sviluppo dello stato, specchio di una esigenza del potere in risposta ai particolarismi. A testimonianza di tale legame è opportuno ricordare come l’assenza di uno stato-nazione (sostituito dall’idea di comunità) stia conducendo ormai da anni a tragiche conseguenze la questione tra Israele e Palestina.

E’ molto difficile trovare un regime che non renda omaggio, almeno teoricamente, al concetto di democrazia: per gran parte del ventesimo secolo la democrazia rappresentativa liberale è stata accettata a priori soprattutto per la bassa qualità dei sistemi politici che hanno provato a sfidarla, e questa condizione ha oscurato alcuni  suoi difetti strutturali.

Attualmente “il popolo” rimane il fondamento di tutti i governi statali, in quanto la sua funzione è quella di rappresentare i cittadini: questo è il punto fondamentale di ogni forma di governo in quanto senza la base del consenso popolare qualsiasi forma politica è destinata al collasso.

I governi degli stati-nazione si fondano su tre punti cardine: hanno più potere delle altre strutture che operano sul territorio; gli abitanti ne accettano l’autorità più o meno di buon grado; i governi grazie a supremazia e consenso garantiscono i servizi ai loro cittadini.

Negli ultimi 40 anni questi punti cardine hanno perso via via validità: gli stati hanno visto emergere altre forze al loro interno, i cittadini si sono allontanati dalla partecipazione attiva alla politica e infine si è verificato, dagli anni 70, un indebolimento del potere statale ai danni di un ritorno al

liberismo: tutto ciò ha diffuso l’idea che i servizi offerti dallo stato (welfare state) siano migliori se erogati dal mercato. Ne consegue che il modus operandi dell’impresa privata, volto a massimizzare il profitto, è diventato il modello a cui aspirano molti governi: lo stato tende perciò ad affidarsi a meccanismi economici privati per sostituire la mobilitazione attiva e passiva dei suoi cittadini. La sovranità del mercato non è un completamento della democrazia liberale, bensì una sua alternativa: la partecipazione al mercato (individualismo) sostituisce la partecipazione alla politica (collettività), il consumatore prende il posto del cittadino.

Oggi grazie ai mass media l’opinione pubblica gioca un ruolo centrale generando così il problema fondamentale delle attuali democrazie, ossia la loro sottomissione ai media che possono influenzare l’opinione pubblica stessa: la risposta che hanno dato i governi finora è stata quella di apparire il più possibile attivi agli occhi dell’elettorato a livello generale, ma allo stesso tempo mantenere il processo decisionale al di fuori della sfera pubblica, mettendosi al riparo dal malcontento dell’opinione pubblica, pur sapendo contemporaneamente di allontanarsi sempre più da questa.

Tutto ciò rischia di costituire un pericolo per le classi più basse della società, che rischiano di non veder garantiti alcuni loro diritti senza avere la possibilità di esprimere politicamente il loro dissenso: ne è chiaro indizio l’abuso generale delle commissioni parlamentari e la scarsissima percentuale di votanti negli USA, a testimonianza del disagio per l’assenza di una corretta rappresentazione politica .