15.05.2002 Berlusconi ha una balbuzie dell'animo di Elio Veltri
«Prima le do lindirizzo
di un medico che le tolga la balbuzie, poi parliamo delle
reti». Questa la risposta del capo del governo ad un
ragazzo che al Forum della Pubblica Amministrazione gli
aveva chiesto «quando venderà le sue tv». Una risposta
ignobile, arrogante, disumana e crudele, che, forse, dal
giovane rimasto senza parole avrebbe meritato una
risposta tipo: «Presidente, lei è fuori di testa». La
risposta del capo del governo, infatti, è più grave di
tutte le leggi-vergogna che ha fatto approvare e anche di
tutti i tentativi messi in atto per non farsi processare.
A pochi giorni dalle elezioni francesi, è utile
ritornare sullargomento per mettere a confronto i
due leader e le due destre. Chirac e Berlusconi. Se si
dovesse giudicare con le categorie tradizionali della
politica, Chirac dovremmo incasellarlo nella destra e
Berlusconi nel centro moderato alleato della destra. Ma
sappiamo che le cose non stanno così. Il primo ha
stravinto al secondo turno con i voti delle sinistre
perché i francesi, di fronte al pericolo Le Pen, hanno
marciato, uniti da valori comuni e condivisi. I valori
della rivoluzione dell89. Gli stessi che li hanno
ispirati nella lotta al nazi-fascismo, guidata da un uomo
di destra come De Gaulle, che rimangono fondanti della
Repubblica, sia essa la quarta, la quinta o la prossima.
È avvenuto anche nel nostro paese quando in piena guerra
fredda, con il mondo diviso in due blocchi, le ideologie
che spaccavano persino le famiglie, la classe dirigente
ha scritto la Costituzione repubblicana. Lanomalia
italiana sta nel fatto che a 50 anni dalla fine della
guerra, quando dovrebbe essere pacifico il collante
comune costituzionale, fatto di valori condivisi e di
principi intoccabili, perché universali, quei valori,
che hanno resistito alla bufera della guerra fredda e
dello scontro politico e ideologico, anche violento, sono
messi in discussione. La riprova labbiamo avuta il
25 Aprile, con manifestazioni discutibili quando non di
apologia del fascismo e, soprattutto, con il silenzio del
capo del governo, rintanato in una delle sue tante ville
in Sardegna. Chirac e Berlusconi. Due esperienze, due
culture, due tradizioni, due modi di intendere e
difendere i valori della Repubblica. Per carità, Chirac
non è uno stinco di santo. Quando un giudice ha cercato
di portarlo in tribunale come persona informata su fatti
riguardanti finanziamenti illeciti al partito gollista,
si è avvalso delle sue prerogative di Presidente e si è
rifiutato. Ma non ha chiesto la testa del giudice e non
ha aperto la guerra contro la magistratura che pure in
quel paese è sottoposta al controllo
dellesecutivo. Quando lExpress gli ha
dedicato un servizio di molte pagine facendogli i conti
in tasca e pubblicando la copia di un biglietto aereo per
un viaggio turistico, sul quale era aperta una inchiesta
della magistratura per capire se aveva pagato il
Presidente della Repubblica di tasca sua o lEliseo,
non ha chiesto censure. Un uomo di potere, certamente si,
commentava il giornalista, ma non uno che fa affari.
Subito dopo la vittoria, Chirac ha parlato a tutti i
francesi, ha fatto lautocritica sugli errori
commessi, ha detto di avere capito il messaggio del primo
turno e ha assunto alcuni impegni. Berlusconi, impazza
sui teleschermi di tutte le reti dicendo che come
imprenditore, dopo Bill Gates, bontà sua!, è il
migliore del mondo. Come ministro degli esteri non ha
uguali, tanto che nelle riunioni è il riferimento di
tutti gli altri ministri dellUnione. Afferma che
mai governo precedente aveva ottenuto tanti risultati e
in così poco tempo, come il suo e se qualche cosa non va
è colpa degli odiati comunisti che lo sabotano. Attacca
la magistratura e cerca di creare divisioni e
contrapposizioni tra polizia e magistratura, tra
magistrati e magistrati, tra sindacati e sindacati.
Insomma racconta bugie e gioca allo sfascio delle
istituzioni. Insulta cittadini indifesi e che non possono
difendersi. Tutto preso dalla sua smania narcisistica
sembra non rendersi conto delle cose che qualsiasi
cittadino normale, che qualche volta nella sua vita ha
fatto la fila in un Asl o alle Poste e ha dovuto
rispettare i tempi delle procedure per una concessione
edilizia o per una licenza commerciale, capirebbe senza
difficoltà. Ogni volta che il Cavaliere parla fa
lelenco delle proposte di legge che il governo ha
approvato e dà per scontato che una volta approvata una
proposta o una legge le cose si realizzano da sole. Il
guaio è che il Cavaliere pensa che lo Stato sia come la
Fininvest e quindi è sufficiente dare ordini per
ottenere i risultati. Le conseguenze sono disastrose e
sotto gli occhi di tutti. Il lavoro nero non emerge. Solo
159 aziende, che occupano 430 lavoratori, hanno risposto
allappello del presidente imprenditore. Tanto che
Giancarlo Galli (Avvenire, 27 aprile) ricorda che in
Italia il 27% dellItalia lavora e produce in nero e
chiede al superministro delleconomia di dire la
verità agli italiani. Le opere pubbliche, altro cavallo
di battaglia del Cavaliere (ve lo ricordate da Vespa con
la lavagna mentre disegnava strade, ponti, aeroporti,
acquedotti e quantaltro?), non partono perché
bisogna trovare i soldi, rispettare le procedure europee
delle gare di appalto, subire le lentezze delle
burocrazie e le proteste di chi ritiene di essere
danneggiato ecc. Insomma è un po diverso che dare
ordini e ottenere il ponte di Messina come per miracolo.
E le tasse e le pensioni? Il Cavaliere aveva pensato che
avrebbe fatto il miracolo con una ricetta diversa da quei
minchioni del centro sinistra che hanno voluto prima
risanare la finanza pubblica. E allora, insieme a
Tremonti, si sono detti: «Adesso glielo facciamo vedere
noi come si fa. Basta la parola, perché noi siamo
credibili. Appena apriamo bocca il mercato fa i miracoli.
Parte la crescita e noi abbassiamo le tasse, aumentiamo
le pensioni e se restano un po di soldi finanziamo
anche la riforma Moratti». Detto, fatto. Il mercato non
tira, la ripresa non cè, il debito aumenta e le
tasse non si possono diminuire. Queste cose a Tremonti le
hanno spiegate lUnione Europea, la Banca centrale,
lOcse. Ma lui non molla di una virgola e ribadisce
tutte le previsioni del governo. Ora gliele spiega
persino Cirino Pomicino sul giornale del padrone e sul
Corriere della Sera invitandolo a dire la verità agli
italiani. Questa volta per il superministro
delleconomia, inventore della «finanza creativa»,
è davvero dura da mandare giù. Geronimo, infatti, come
scrive il superministro nel libro Lo Stato criminogeno,
appartiene alla categoria dei ministri della prima
repubblica che hanno accumulato un debito pubblico da
guerra. E la sicurezza dei cittadini? Ve lo ricordate il
manifesto con la faccia del Cavaliere sotto il titolo
«Città sicure»? Bene. Le cose non vanno certo meglio
di prima. Lo sappiamo: il problema è di difficile
soluzione. È complesso. Ma nessuno in precedenza aveva
sostenuto il contrario. Poi è arrivato il Cavaliere e ha
detto: «State tranquilli, ci penso io». Risultato:
scontri di piazza con centinaia di feriti, rapine a mano
armata con morti ammazzati, assalto alle aziende del
bresciano, furti nelle ville del Nord Est, sbarchi di
clandestini veri, cioè di quelli che si nascondono e non
dei poveri cristi che issano una camicia bianca per farsi
vedere. Daltronde, se lillegalità viene
teorizzata e praticata, i risultati non possono essere
davvero diversi. Insomma, le Istituzioni non sono come la
Fininvest. Sono organismi delicati e complessi che
bisogna conoscere e studiare. Perché altrimenti i sogni
diventano incubi come la realtà. |