"Non ho paure delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti"
                                              (Martin Luther King)


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riccardo orioles
tanto per abbaiare
15 aprile 2002 - n.122
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Sinistra. E' stato condannato all'ergastolo - piu' di vent'anni dopo il
delitto - il boss mafioso Tano Badalamenti, che il 9 maggio 1978 fece
rapire e uccidere Peppino Impastato, che da tempo denunciava le
malefatte sue e dei suoi amici politici democristiani dai microfoni di
una radio locale di un piccolo paesino della Sicilia. Peppino fu preso,
stordito, legato e fatto saltare in aria con l'esplosivo. Il giorno
dopo tutti i giornali titolarono sulla logica morte di un "terrorista"
ucciso dalla sua stessa bomba i carabinieri cominciarono le indagini
per smascherare i complici del "terrorista" (anche oggi si dice,
d'altra parte, che quelli che fanno le manifestazioni contro il governo
sono terroristi).


Ci volle tutta la serieta' e il coraggio del giudice Chinnici (pochi
anni dopo i mafiosi fecero saltare per aria anche lui) per cominciare
le indagini vere. Ci volle l'immensa forza d'animo - in mezzo alla
paura che gli martellava il cervello - dei compagni sopravvissuti per
trovare il coraggio di fare il primo volantino, la prima
manifestazione, il primo cartello scritto a mano: "Peppino/ Impastato/
assassinato qui/ dalla/ MAFIA".


Ecco. Non e' vero che tutti hanno fatto la lotta alla mafia, che tutti
da ragazzi sono stati di sinistra e poi giustamente sono diventati
saggi.  La lotta alla mafia, a quei tempi, l'hanno fatta in pochi. E di
quelli che allora erano in Lotta Continua in Democrazia Proletaria e in
tutta la mercanzia della "rivoluzione" alcuni erano dei compagni veri,
e altri semplicemente dei fighetti vanitosi pronti a sbraitare gli
slogan piu' terrificanti pur di avere potere e di comandare.
Io penso a quei giorni di solitudine, con la povera rete delle radio
libere siciliane (Ondarossa di Siracusa, Citta' del Sole a Messina,
radio Aut a Cinisi, Radiosud di Palermo, Onderosse nel messinese e
poche altre) in cui improvvisamente - ma non tanto - si era aperto un
buco, coi volantini che giravano, con le telefonate da fare, col
ricordo di Peppino che adesso era solo alcuni pezzi di carne raccolti a
fatica dalla polizia. Coi compagni che scappavano, e quelli che
tenevano duro.  Col momento in cui tu risalivi in macchina per
tornartene relativamente al sicuro, e il ragazzo con cui avevi appena
parlato invece restava la' - poiche' quello e' il suo paese - a
organizzare.


Quando guardate Lerner o Liguori o Mieli alla televisione, o Rossella o
Ferrara (l'elenco e' lungo e non si riesce a ricordarseli tutti),
fatemi la cortesia personale di non pensare "quelli di Lotta Continua".
Quelli di Lotta Continua erano Peppino Impastato, gli altri erano
semplicemente un'altra cosa.
Il "capo" di quelli che tennero duro allora, quello che organizzo' le
prime manifestazioni e le denunce e tenne duro *per vent'anni* ha un
nome e un cognome, e si chiama Umberto Santino. Non lo conoscete
perche' giustamente alla televisione non lo chiamano mai - e d'altronde
perche' mai dare un microfono a uno che poi se ne serve per
sputtanarvi? - e i politici lo cercano ancor meno (i politici di
sinistra, in Sicilia, sono affaccendati a "rinnovarsi" al seguito di
uno che ha difeso i baroni massoni di Messina).
In questi vent'anni, e' stato di gran lunga il piu' serio e il piu'
efficiente intellettuale italiano impegnato nella lotta contro la
mafia.  Su questo argomento ha elaborato studi che sono stati adottati
nelle universita' americane. Ma ha avuto soprattutto il cuore di cercar
giustizia, di far casino, di tenere duro per: pausa - vent'anni.
Vent'anni durante cui gli altri hanno fatto carriera, hanno venduto il
culo, hanno messo all'asta padre e madre, pur di ritrovarsi alla fine
li', seri e pensosi a Porta a Porta o alla Sette a declamare profondi
pensamenti sui massimi problemi del mondo.