immigrati

 

Roma e Colombo sono arrivati ovunque, dove l'ovunque era all'epoca anche lo
sconosciuto. Ora che lo sconosciuto ci ritorna, non come potevano esserlo le
patate o i pomodori, le dalie o i totem, ma come persone che hanno creduto
in noi; noi le rifiutiamo. In Europa, poi diventano sempre più forti i
movimenti xenofobi. Molti movimenti politici intanto fanno leva sulla paura
e agitano l'insicurezza. Si dice che una volta, tanti anni fa, bastava
tirare la porta con lo "spaghetto" e di ladri non ce n'erano; per quello non
si dice che c'era anche poco da rubare e i veri ladri oggi come una volta
rubavano istituzionalmente: anzi si facevano le guerre per quello.
Oggi continuiamo a desiderare smeraldi, cerchiamo oro, argenti e varietà ma
poi vogliamo lasciare fuori gli uomini. Con ciò è come se lasciamo fuori noi
stessi.
Quante parabole di civiltà sono state segnate dall'emigrazione? Noi stessi
abbiamo determinato la fine degli Incas, dei  Maya e dei Pellirossa; e poi
noi non siamo forse figli dei Visigoti e Normanni?
Non siamo stati forse educati da arabi e da Ostrogoti?
La nostra civiltà si sta modificando lentamente; ormai è assodato che fra
circa 200 anni non ci saranno più francesi, tedeschi e italiani come li
conosciamo e vediamo adesso. Ci saranno degli italiani un pò più scuri di
pelle, che conosceranno altre lingue, che avranno degli strani cognomi;
magari canteranno l'inno di Mameli commuovendosi. Ecco diverranno come sono
ora gli americani; saranno europei. Tutto questo in barba a chi ora ha paura
e non vuole gli immigrati.

Giorgio Boratto

giobor@libero.it