Le tre uova

Silvio Cinque

Oggi è S. Giorgio. In tutti i campi si festeggia con musiche, grandi pranzi e bevute e tutti invitano amici, parenti venuti anche da lontano. Oggi il campo di via dei Gordiani, assolato e bianco di pietraglia, “per evitare il fango delle piogge”, oggi il campo assomiglia più ad un campeggio. Dovunque ardono i fuochi di bivacco a brace di rovere ed olmo sui quali a turno, i ragazzi girano su lunghi pali, agnelli e abbacchi maturi. È un tributo raccapricciante alla pasqua che anche qui come altrove, prima di questo mese, per cattolici o ebrei, significa il massacro di belanti innocenti creature. È tutto uno spellare e lavare e ripulire. Poi il fuoco di brace che per quattro/cinque ore porterà nelle mense il pasquale tributo. Ma oggi non c’è grande festa al campo. Monsignor Cappucci non è venuto ad officiare la messa per la pasqua ortodossa, perché da giovedì ha cominciato il digiuno per la Palestina. Non c’è neanche la musica per rispetto di Piero, fratello di Miciu e Svetlana e Roza che dal campo della Martora è finito in ospedale e da lì è morto per cause inutili da accertare e tornerà fra due giorni nella sua città natale di Kraguijevac. La Titubanda non è dunque venuta. È proprio un brutto s. Giorgio, ma la speranza e gli auguri volano tra un brindisi e l’altro per ricordare una terra promessa che sta proprio dietro i bandoni di lamiera, poco oltre la strada rumorosa e trafficata. Eppure, com’è sembra lontana la promessa di Veltroni davanti alle ceneri delle baracche ed al fumo del campo distrutto. Lontana perché soltanto 41 dei 57 containers sono stati realizzati lasciando a sedici famiglie la trepidazione e lo scorno di dover aspettare o peggio rinunciare. E basterebbe una piccola firma dell’Assessore alle politiche sociali, o a quello dei lavori pubblici o alle sovrintendenza o a chissachi. Vai a spiegare ai Rom, che vivono il Qui e l’Adesso, che occorre aspettare le lungaggini burocratiche e le pratiche da un ufficio all’altro, da un assessorato all’altro. Ma perché aspettare? E se regalassimo al sindaco la variopinta, chiassosa, ingombrante e incazzata  presenza delle  16 famiglie sotto le sue finestre? Altro che democrazia partecipata!
Il pranzo di Svetlana è stato sfarzoso e dalla piccola stufa e scappato anche il piatto della sarmal, la verza ripiena di carne e riso che Jasmina ha cucinato per noi tutti.
Ma il prossimo anno, garantisce Sveltana, andrà meglio quando avremo i container e la “mia cucina”.  “Da noi s. Giorgio non è così, -ci dice Jovan il capo famiglia. “Si mangia nella propria casa con amici e parenti, ma poi si portano nel cortile su una grande tavola, torte e dolci e vino e carne e tutti mangiano e bevono e ballano. E poi i ragazzi vanno nel bosco e intrecciano il salice ed il vischio che portano in piazza”. Infatti vedo che in ogni roulotte ci sono intrecci di vischio augurale.
Per mangiare un uovo bisogna essere in due: ognuno a turno picchia con la punta del proprio uovo quello dell’altro: chi rompe perde e l’altro si mangia l’uovo.

Ma oggi Dragan e Jovan e Giorgio mi hanno regalato tre uova rosse, colorate con “i colori della pasticceria che non fanno male”. Tre uova da tenere “nella vetrina” se l’avessi, e non da mangiare: perché sono un augurio. Ed io sono ricco di tre auguri e dovrei esprimermi tre auguri fin quando l’interno dell’uovo sodo non si secca ed asciuga e l’involucro diventa leggero leggero a domandarsi quale magia l’abbia trasformato così. Tre uova tre auguri. Che cosa posso augurarmi per me?
Aleida Guevara mi ha insegnato un augurio cubano: dinero, fortuna y amor …e tiempo para gozarlo. Accidenti: mi manca un uovo!  L’unico che sembra avere tempo è l’assessorato o chissachi.

Coordinamento cittadino per il villaggio Rom di via dei Gordiani