Il mancato
sfondamento
di
Massimo Giannini
NON CAMBIA nulla. Ma
qualcosa può cambiare. Non è Tomasi di Lampedusa, ma
l'esito di queste elezioni amministrative. Per ora, in
pieno corto-circuito sondaggistico, non c'è un vero
vincitore, e non si vede un autentico sconfitto. Il Polo
galleggia, l'Ulivo non affonda. Ragionando in termini di
"bandierine" piantate sul territorio, come fece
Emilio Fede in una memorabile performance televisiva del
'94, la geografia politica del Paese non subisce
smottamenti. Chi aveva i suoi sindaci e i suoi presidenti
di provincia, in linea di massima, se li tiene.
Il centrosinistra si conferma con un margine ampio e
tutto sommato imprevisto a Genova, il comune più
importante al Nord in questa tornata elettorale. Vince a
spasso a Pistoia, che era già sua, e la stessa cosa
succede a Savona, a La Spezia, a Brindisi. Spera di
tenersi al ballottaggio anche Cuneo e Frosinone.
Soprattutto, spera di riconquistare Piacenza che nel '98
mollò con ignominia al Polo, e magari anche Asti e
Alessandria.
Sull'altro fronte, il centrodestra strappa
all'opposizione - se le proiezioni verranno confermate -
il comune più pesante del Sud, Reggio Calabria. Un
"ribaltone" significativo, che conferma
l'avanzata della maggioranza nel Mezzogiorno. Per il
resto, si riafferma a Lecce, a Latina, a Lucca, a Varese.
E si tiene stretta Parma, con Bologna il suo avamposto
più avanzato in quella che fu l'Emilia rossa. Anche il
bilancio provvisorio delle 10 province al voto segnala
una relativa continuità: da un iniziale 5 a 5 si
dovrebbe passare a un 6 a 5 per il centrodestra.
A voler leggere il test elettorale solo dal punto di
vista locale, come è giusto che sia, la prima
indicazione da trarre è che il governo del territorio,
se gestito bene, trova un riconoscimento puntuale tra gli
elettori, che tendono a stabilizzare le proprie
preferenze. Il voto, in questi casi, non subisce travasi
apprezzabili da un Polo all'altro.
Quello che i politologi chiamano l'"incumbency"
continua ad essere un fattore premiale, soprattutto per
chi amministra le realtà locali. Dopo la temperie
"ideologica" impressa al voto nazionale del 13
maggio 2001 dal Cavaliere (che lottava contro i
"comunisti") e dall'Ulivo (che di fatto
chiedeva un referendum contro di lui), la forte ventata
propagandistica spirata anche su questa campagna
elettorale non ha ubriacato i 12 milioni di cittadini
tornati alle urne.
A voler tentare invece una riflessione politica più
generale, queste amministrative dimostrano due cose. 1)
Dopo la disfatta dell'anno scorso, il centrosinistra da
un segno di vitalità. Esagerano i leader dell'Ulivo a
cantare vittoria. Ma l'enfasi di Fassino e Rutelli si
giustifica all'insegna dello scampato pericolo. Logorata
all'interno da una resa dei conti permanente e
all'esterno dall'assedio mediatico-parlamentare della
maggioranza, l'opposizione temeva il colpo di grazia. I
dati di queste amministrative, per quello che valgono,
dimostrano che il colpo di grazia non c'è stato.
I candidati locali si sono dimostrati credibili. Sul
piano dei voti di lista, i Ds sembrano in aumento: i
provvisori delle provinciali, dunque al voto
proporzionale, fotografano la Quercia sopra al 17%, 2
punti in più sulle politiche. La Margherita perde
qualcosa, ma con il suo 11,3% supera comunque quel 9,9%
che fu la somma dei voti ottenuti alle amministrative del
'98 dai singoli partiti che oggi la compongono.
Soprattutto, il centrosinistra, dalla Liguria al Piemonte
e perfino al mitico Nord-Est, riesce a farsi spazio al
Nord dal quale era stato quasi cancellato come un corpo
estraneo nelle ultime tornate.
Se c'è un[b4]indicazione nazionale utile, riguarda la
linea e l'assetto dell'alleanza: il centrosinistra ha
vinto a spasso nei comuni in cui si è presentata insieme
a Rifondazione, all'Italia dei valori e alle tante liste
civiche scese in pista in queste elezioni. Sarà banale,
ma il solito motto "uniti si vince" si
riconferma valido. La linea riformista del congresso
diessino di Pesaro può e deve convivere con la difesa
dei diritti nei quali è impegnata la Cgil. La cultura
laica può e deve dialogare tanto con le culture laiche
quanto con i movimenti.
Non tutto è perduto, se i leader smetteranno di litigare
tra loro, sapranno capitalizzare (invece di
delegittimarlo) il valore aggiunto dei girotondisti e dei
capi sindacali e riusciranno a ridare all'Ulivo una
fisionomia più funzionale e un'identità più
riconoscibile. Il centrosinistra è in campo. Non per
vincere, ancora. Ma almeno per giocare la partita.
2) Dopo un anno vissuto pericolosamente, all'insegna
della difesa esasperata e prioritaria degli interessi di
cordata e del conflitto globale con l'opposizione e con
interi pezzi di società, il governo Berlusconi non
sfonda l'invaso dei consensi guadagnati dodici mesi fa.
Al contrario, se sono buoni e comparabili i primi
raffronti che arrivano tra i voti di lista provvisori
nelle province e quelli delle politiche del 2001, il
perimetro della Casa delle libertà si restringe, sia
pure di poco: dal 54 a poco più del 51%. Forza Italia
passa dal 29% al 21,3%. An scende dal 9,5 all'8,2%.
Cresce l'Udc e soprattutto torna a crescere la Lega, che
passa dall'8,7 all'11,7%, scavalcando Alleanza nazionale.
Quello che si verificò un anno fa e che fu fatale per il
centrosinistra, sembra ora ripetersi per il centrodestra:
c'è una progressiva cannibalizzazione tra gli alleati
della maggioranza. A tutto vantaggio di Umberto Bossi,
che trionfa a Treviso. E ottiene il suo bottino più
cospicuo dove si presenta da solo, come ai tempi eroici
del mitico dio Po.
Quanto questa dinamica possa squilibrare i rapporti di
forza nella coalizione si verificherà nei prossimi
giorni. Ovviamente non è a rischio il governo, ma la
performance dei centristi moderati di Marco Follini, per
quanto confortante, non sembra sufficiente a far da
argine alle spallate sempre più vigorose del Senatur. Si
rafforza una volta di più il ruolo chiave della Lega al
Nord, dove il partito del premier conferma
paradossalmente le sue difficoltà.
Berlusconi continua a perdere punti in casa. Cioè
nell'area più ricca ed evoluta della nazione. Si fa più
concreto il pericolo di una accentuazione della deriva
populista e di un'ulteriore radicalizzazione delle
posizioni del Polo, per esempio sul fronte
dell'immigrazione e del mercato del lavoro. Lo scontro
sull'articolo 18 si inasprirà. E sarà il prossimo,
difficilissimo test per Berlusconi, non appena avrà
smaltito i postumi della sbornia planetaria di Pratica di
Mare.
(28 maggio 2002)
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Angius: "Il governo vuole
mascharare il nostro successo"
Fassino: "Siamo in ripresa, Casa delle libertà
ridimensionata"
I
Ds contro il Viminale
"Oscura i dati elettorali"
Rutelli: "Si è fermato il vento di
centrodestra"
Tutto l'Ulivo soddisfatto
ROMA - "C'è uno
scandaloso tentativo di oscurare l'esito delle
elezioni". Parole durissime che arrivano in serata
dalla segreteria dei Ds e rilanciate in diretta tv a
"Porta a Porta" dal capogruppo al Senato Gavino
Angius: "Non è possibile non avere dati certi dopo
sei ore dalla chiusura delle urne: bisognerebbe dare la
sveglia al ministero dell'Interno". La linea è
questa. "L'inaccettabile ritardo con cui vengono
forniti i dati dal ministero dell'Interno - sostiene un
comunicato - non consente ai cittadini di conoscere gli
effettivi risultati delle elezioni. Ed è evidente il
pietoso tentativo del centrodestra di mascherare il
successo ottenuto dal centrosinistra in tantissimi
comuni. Non meno scandaloso è che i telegiornali tutti,
sia Rai che Mediaset, si siano accodati a questa linea
del Viminale, quando bastava guardare qualsiasi monitor
di agenzia per ritrovare una enorme quantità di dati con
cui informare gli italiani".
Insomma, i Ds, ma in generale tutto l'Ulivo, rivendica la
vittoria a queste amministrative. Non è un caso che il
segretario Piero Fassino sia stato uno dei primi a
esporsi all'arrivo delle prime proiezioni di voto
dicendosi "molto soddisfatto degli esiti".
Riunito in via Nazionale con Massimo D'Alema ed esponenti
della segreteria e del correntone, Fassino ha tempestato
di telefonate le federazioni dove si votava, per far
affluire i dati in tempi più veloci rispetto al
Viminale.
Quando dalle federazioni sono arrivati i dati che
registravano non solo la tenuta del centrosinistra ma
anche una ripresa, soprattutto al Nord e al Centro, i
vertici Ds hanno tirato un sospiro di sollievo. Col
passare delle ore, questa sensazione di scampato pericolo
si è tradotta in vera e propria soddisfazione per i
risultati in arrivo.
Un dato avrebbe galvanizzato in particolare Fassino e i
suoi: quello di Sesto San Giovanni, ex roccaforte della
sinistra, dove il partito è passato dal 17% al 34% dei
consensi. Risultati buoni intanto venivano anche da
Matera, Pistoia, Brindisi, La Spezia, Chioggia, Barletta
e da altri centri minori, dove i Ds risultavano in
crescita, insieme a tutto il centrosinistra.
Dopo le 17, Fassino ha deciso di diramare una nota della
segreteria nella quale si parlava di "segni di
vitalità" per il centrosinistra e, soprattutto, in
cui si sosteneva che "dopo un solo anno di governo,
la destra si ferma".
Ma è tutta l'alleanza a tirare un sospiro di sollievo.
L'acordo con Di Pietro e Bertinotti, siglato in molte
città, a partire da Genova, ha premiato l'Ulivo, così
come il mancato accordo con l'Udeur al comune di Reggio
Calabria è stato determinante per la vittoria del
centrodestra. E infatti al vertice della coalizione
convocato per domani terrà banco probabilmente proprio
il tema delle alleanze e della nascita della nuova
federazione.
Soddisfatto Francesco Rutelli che parla della Margherita
come del "terzo partito italiano". Poi c'è il
tema delle alleanze, che viene sottolineato da tutti i
partiti minori del centrosinistra, a partire da Pecoraro
Scanio: "L'alleanza larga del centrosinistra, con Di
Pietro e Rifondazione, riesce ad avere un buon risultato,
come si vede a Genova e in altre città".
Anche Antonio Di Pietro rivendica il suo contributo:
"Il centro sinistra ha tenuto e in molti comuni -
dice - ha vinto grazie al valore aggiunto rappresentato
dall'Italia dei Valori. Speriamo che l'Ulivo abbia capito
la lezione". E Bertinotti definisce
"interessanti" i risultati del centrosinistra e
sostiene che il Prc "va avanti rispetto alle ultime
politiche".
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Il centro-destra contesta la
soddisfazione della sinistra
Vito: "Non c'è motivo perché possano cantare
vittoria"
Schifani:
"Non è vero
che ha vinto l'Ulivo"
La Russa: "Non mi risulta che abbiano perso delle
giunte"
Silvio Berlusconi, invece, ha scelto di non commentare
ROMA - Non si sa ancora chi ha vinto, ma
sembrano tutti contenti. O almeno così dicono. Nei primi
commenti a caldo sui risultati, ancora provvisori, delle
elezioni amministrative sia il centrodestra sia il
centro-sinistra, trovano elementi positivi nel verdetto
che viene dalle urne.
A "Porta a porta", in serata, il presidente dei
senatori di Forza Italia Renato Schifani ingaggia un
duello verbale con il coordinatore dell'esecutivo della
Margherita Dario Franceschini. "Non è vero -
attacca Schifani - che ha vinto l'Ulivo: il dato
rilevante è che la Cdl conquista Reggio Calabria e
conferma le sue amministrazioni, altro che vento del
nord, là non c'è nessun cambiamento".
Dopo questo diverbio interviene anche il ministro per le
Comunicazioni Maurizio Gasparri che sottolinea la
rilevanza che le liste civiche possono assumere in questo
tipo di elezioni: "pensate che a Vibo Valentia -
osserva il dirigente di An - c'era un candidato ogni 38
abitanti. In questo caso è evidente che i partiti
riducono i propri voti a favore di queste liste".
Nel pomeriggio, all'entusiasmo iniziale del
centrosinistra, aveva risposto a distanza il capogruppo
di Forza Italia alla Camera, Elio Vito, che pone
l'accento sull'affermazione della Casa delle Libertà a
Reggio Calabria sottolineando: "Non ci sono motivi
per cui il centro-sinistra possa cantare vittoria. Per
vedere chi ha vinto o chi ha perso bisogna vedere le
città che sono state conquistate all'avversario. E il
centro-sinistra non ha conquistato niente, mentre noi o
già siamo vincitori al primo turno o comunque siamo in
vantaggio per i ballottaggi".
Segue lo stesso ragionamento Ignazio La Russa, presidente
dei deputati di An: "L'unico metro per misurare il
risultato di questa tornata elettorale è verificare
quante amministrazioni comunali e provinciali sono state
'strappate' da una coalizione all'altra. E non mi risulta
che giunte uscenti rette dalla Casa delle libertà
abbiano cambiato colore politico".
Anche Umberto Bossi festeggia. "La Lega va avanti -
commenta il Senatur - Il voto lo conferma, la gente vuole
il cambiamento". E poi: "Adesso che abbiamo
imboccato la strada delle riforme, adesso che anche
Berlusconi ha capito che ci vuole il cambiamento, si
va".
Il premier, dal canto suo, ha mantenuto il silenzio.
L'alibi glielo davano i preparativi del vertice
Nato-Russia di domani: "Mi sembra - ha detto il
Cavaliere a urne ancora aperte - che il vertice di domani
a Pratica di Mare sia così alto e importante che le
elezioni amministrative sono passate in secondo piano.
Non me ne sono occupato nemmeno ieri".
Tra gli altri commenti dei rappresentanti della Casa
delle Libertà per Alleanza Nazionale ha preso la parola
il portavoce del partito, Mario Landolfi. "An
esprime soddisfazione per i risultati elettorali. Non
c'è alcuna grande amministrazione del centro-destra che
sia stata espugnata dal centro-sinistra. Lo stesso non si
può dire delle amministrazioni di centro-sinistra".
Mentre per il leghista Roberto Maroni "la posizione
della sinistra, che ha puntato tutto sullo scontro
sociale, è stata clamorosamente sconfitta".
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Sette presidenti di Provincia eletti
al primo turno
Centrosinistra e Rifondazione trionfano a Genova
Elezioni,
l'Ulivo tiene al nord
Reggio Calabria va al centrodestra
ROMA - Il voto
amministrativo che ha coinvolto circa 12 milioni di
italiani ha cambiato poco nella geografia politica delle
province e dei comuni interessati. Il dato generale,
comunque, è che il Polo, soprattutto al Nord, non
sfonda, che l'Ulivo, pur perdendo Reggio Calabria (comune
e provincia) tiene bene in aree (Piemonte, Veneto e
Lombardia) dove da tempo andava male, sfonda in Liguria
(tre comuni capoluogo e due province al primo turno),
lascia ancora Parma nelle mani del centrodestra, ma può
puntare, col ballottaggio, alla riconquista di Piacenza.
Delle 10 amministrazioni provinciali uscenti, cinque
erano rette dal centrosinistra e cinque dal centrodestra.
Dopo il voto di questo fine settimana, tre
amministrazioni (Genova, La Spezia, Ancona) vanno all'
Ulivo al primo turno, quattro (Como, Varese, Vicenza,
Reggio Calabria) alla Casa delle Libertà. Vercelli,
Treviso e Campobasso andranno al ballottaggio. L'unica
provincia che ha cambiato maggioranza è per ora Reggio
Calabria, strappata dalla Casa delle libertà all'Ulivo.
Reggio Calabria è anche l'unica amministrazione comunale
che abbia cambiato maggioranza già dopo il primo turno,
passando dal centrosinistra al centrodestra, mentre ad
Oristano, che aveva un'amministrazione di centro,
andranno al ballottaggio due candidati che sono entrambi
espressione di partiti che fanno parte della Casa delle
libertà.
Per quanto riguarda gli altri comuni capoluogo di
provincia, il centrosinistra ha confermato al primo turno
il suo ruolo di maggioranza a Genova, Savona, La Spezia,
Pistoia, Brindisi e Matera, mentre Cuneo, Frosinone,
Isernia e Cosenza, che erano rette da giunte dell'Ulivo,
andranno al ballottaggio. Il centrodestra invece ha
mantenuto il controllo di Varese, Como, Parma, Lucca,
Rieti, L'Aquila, Latina, Caserta, Lecce, Vibo Valentia,
mentre andranno al ballottaggio Gorizia, Asti,
Alessandria, Verona e Piacenza, che avevano
amministrazioni di centrodestra.
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POLITICA Dal
Corriere della Sera del 28 maggio 2002
Se nessuno stravince di Paolo Franchi Cè
ununica regola, lapalissiana quanto si vuole, e
però ineludibile, per dare un nome ai vincitori e agli
sconfitti di una tornata amministrativa: ha vinto chi,
conservando le proprie posizioni, è riuscito anche a
strappare il maggior numero di comuni e di province
allavversario. Da questo punto di vista, in attesa
dei ballottaggi, la Casa delle Libertà ha motivo per
essere soddisfatta, perché non ha perso nessuno dei suoi
sindaci dei comuni capoluogo e dei suoi presidenti, e ha
fatto bottino pieno a Reggio Calabria, dove fino a ieri
comune e provincia erano governati dal centrosinistra. Ma
il centrosinistra, che la sconfitta di Reggio Calabria
laveva ampiamente messa in conto, una volta tanto
può essere, se non proprio entusiasta, tranquillo e
sereno, perché perdite pesanti non ne ha subìte, e in
alcune città (valga per tutte lesempio di Genova)
ha ottenuto successi più che tonificanti. La regoletta
appena citata, però, non spiega tutto. Specie se la si
applica a un voto che ha riguardato un quarto o giù di
lì dellelettorato, a un anno di distanza da
elezioni politiche universalmente considerate come una
svolta cruciale nella vita italiana: a un voto, insomma,
dal quale ci si attendevano delle risposte importanti
anche sugli orientamenti politici del Paese. Da questo
punto di vista, le cose si complicano un po, e
meritano un paio di considerazioni ulteriori. La prima.
Il centrodestra conferma la sua forza, e su un terreno,
quello amministrativo, che in genere gli è più ostico
di quello politico. E però, come suol dirsi, non sfonda,
non capitalizza in una clamorosa avanzata un anno di
governo e di potere. In altri termini: sicuramente il
centrodestra rappresenta ancora la maggioranza, ma nella
società italiana, se non cè un moto di ripulsa,
non cè nemmeno unondata inarrestabile e
travolgente di consensi in suo favore. La seconda. Non
cè stata alcuna rivincita da parte del
centrosinistra, e però il centrosinistra e il suo
elettorato esistono, eccome, e battono un colpo. E
difficile dire se, per questo mondo, abbia pesato di
più, in negativo, leffetto Berlusconi o, in
positivo, leffetto Cofferati: di certo ha contato
assai il fatto che, a differenza dalle elezioni
politiche, stavolta il campo delle opposizioni si è
ritrovato quasi ovunque unito. In questo senso, il voto
non contraddice il responso del 13 maggio, ma ne calibra
e ne delimita la portata, perché denota che gli esiti
della lotta politica italiana non sono di necessità
scontati in partenza, e anzi che, dal punto di vista
degli elettori, la partita è tuttora aperta. Per quanti
credono davvero alla democrazia dellalternanza, che
vuole vincitori certi ma entra in fibrillazione quando
chi ha vinto rischia di stravincere, questo è già un
messaggio positivo. Anche se, ovviamente, spetta ai
gruppi dirigenti, della maggioranza come delle
opposizioni, dare prova di essere capaci di fare il
miglior uso possibile di un simile messaggio: chi ha
visto ieri sera il dibattito fra i politici a Porta a
Porta ha qualche ragione per dubitarne. P.S. Molte voci
si sono levate, nei giorni scorsi, a lamentare i tristi
esiti di una «rivoluzione», quella dei sindaci,
iniziata più di dieci anni fa. Può darsi che quella
«rivoluzione» non scaldi più i cuori. Ma ci ha
lasciato in eredità una legge elettorale che funziona ed
è apprezzata dai cittadini. Non è tutto. Ma non è
neanche poco. 28 maggio 2002 |
IL PUNTO Le reazioni dei politici
Stefania Prestigiacomo, ministro per le Pari
Opportunità
«Nella mia provincia, Siracusa, due risultati si
impongono alla valutazione politica: quelle dei comuni di
Noto e Lentini. Noto viene da anni di amministrazione
uliviste. Non si contano le fiaccolate e le processioni
di esponenti ulivisti che in questi anni hanno promesso
l'impegno del centro sinistra per la città. La vittoria
di Michele Accardo, di Forza Italia al primo turno è la
risposta più chiara alle promesse mancate. A Lentini,
storica roccaforte rossa, si è spezzato un lungo
predominio della sinistra che ha mostrato anche in questo
caso tutti i suoi limiti».
Roberto Maroni, ministro del
Welfare
«Dai primi dati, pur non definitivi, una
cosa è certa: la posizione della sinistra, che ha
puntato tutto sullo scontro sociale, esce sconfitta. I
cittadini e i lavoratori hanno capito che la posizione di
sindacato e sinistra è ideologica e i primi risultati
indicano che la strada che sta seguendo il governo è
quella giusta».
Piero Fassino, segretario dei Ds
«Siamo molto soddisfatti del risultato
elettorale che risulta dai dati finora conosciuti. C'è
una ripresa diffusa e netta del centrosinistra, mentre il
centrodestra viene significativamente ridimensionato in
diverse regioni. Straordinario il successo di Genova, che
guida una generalizzata crescita del centrosinistra in
tutto il Nord, con significativi risultati anche in aree
dove il centrodestra era nettamente maggioritario, come a
Verona, Vicenza, Treviso e Gorizia. Anche a Parma, dove
pure il candidato del centrodestra appare in vantaggio,
dalle prime proiezioni risulterebbe che le liste del
centrosinistra hanno più del 50% dei voti».
Roberto Castelli, ministro per la
Giustizia
«Mi sembra che si delinei un risultato
positivo per la Lega e per Casa delle Libertà.
Evidentemente è stato percepito il nostro impegno
riformatore. Il dato delle provinciali è interessante.
Devo dire che me l'aspettavo, io ho girato abbastanza e
ho trovato ovunque l'entusiasmo dei militanti. Quindi,
almeno la nostra base è rimasta soddisfatta dell'azione
di governo».
Bobo Craxi, Nuovo Psi
«Abbiamo raddoppiato, in alcuni casi
triplicato i risultati delle politiche. Ci sono stati
risultati sorprendenti al Nord, dove più difficile è
stata la ricostruzione socialista; confermiamo la nostra
presenza nella provincia di Reggio Calabria, a Campobasso
e nel Lazio. Ci siamo fatti largo tra liste e listerelle,
gli elettori hanno ricominciato a votare per il Garofano:
un buon segnale per tutti i socialisti».
Roberto Calderoli, Lega,
vicepresidente del Senato
«I dati delle province ci vedono in
netta avanzata a Varese e Como e con un salto in avanti a
Vicenza e Treviso. La coalizione, nel suo complesso, si
è ripresa quello che aveva e in più si è aggiunta
Reggio Calabria. Le battaglie dei nostri tre ministri
hanno influenzato positivamente questi risultati. Il
fatto di vincere premia la condotta della coalizione e
delle singole forze».
Pierluigi Castagnetti, segretario
dei Popolari
«Ci sono segni di ripresa importanti al
nord. Se il governo si aspettava una conferma dopo un
anno di lavoro e di propaganda, ebbene è chiaro che
questa conferma non l'ha avuta».
Francesco Rutelli, leader della
Margherita
«La Margherita è nettamente il terzo
partito italiano. Ho girato tutto il Paese per l'Ulivo,
per la coalizione del centrosinistra, e ovunque ho
registrato un clima positivo. Il dato complessivo per
l'Ulivo è brillante, anche considerando che si va al
ballottaggio in città dove la destra aveva ottenuto
risultati schiaccianti, come Asti e Verona».
Fausto Bertinotti, segretario di
rifondazione Comunista
«I risultati indicano che c'è ancora un
contrasto, tra un'opinione, diciamo di destra, che
subisce una battuta d'arresto e questo vento del
cambiamento. Mi pare che le coalizioni tra centrosinistra
e Prc, soprattutto al Nord, ottengano un risultato
interessante, e che Rifondazione vada avanti rispetto
alle ultime politiche. Quindi risultati, in questa
primissima fase, incoraggianti».
Enrico Boselli, presidente Sdi
«Nel quadro di un esito confortante per
l'Ulivo e il centrosinistra - visto anche che il
centrodestra dopo un anno di governo ha mancato lo
sfondamento sperato - voglio sottolineare il buon
risultato dei Socialisti democratici italiani. Le liste
dello Sdi hanno raccolto un numero di voti superiori a
quelli che un anno fa ottenne la lista del Girasole
unendo Verdi e socialisti. E questo risultato è stato
ottenuto nonostante la presenza di più simboli
socialisti che hanno confuso gli elettori e che
sicuramente ci hanno danneggiato».
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LA SCHEDA/I risultati dei
comuni capoluogo e quelli
con più di 15.000 abitanti. Cicciolina non ce la fa a
Varese
Elezioni:
al Polo vanno
61 sindaci, all'Ulivo 42
ROMA - Un esercito di
103 sindaci risulta già eletto alla prima tornata delle
Comunali che si sono svolte domenica e lunedì. Di
questi, 61 sono espressione di coalizioni di
centrodestra, mentre 42 sono quelli eletti per il
centrosinistra.
E' questa la fotografia che emerge analizzando i
risultati relativi ai Comuni capoluogo ed a quelli con
più di 15.000 abitanti (solo per la Sicilia questo
limite è abbassato ai 10.000). La sorte di 73 primi
cittadini si conoscerà invece solo dopo il ballottaggio
del 9 e 10 giugno. Escludendo le Regioni a Statuto
speciale, i sindaci eletti per il centrodestra sono stati
46, mentre quelli espressi dal centrosinistra raggiungono
quota 38. A questi vanno aggiunti i primi cittadini
eletti in Sicilia, che in totale sono 18 (in 16 Comuni
sarà invece necessario il ballottaggio).
Le formazioni di centrodestra hanno guadagnato 14 'fasce
tricolori', mentre il centrosinistra amministrerà in 4
Comuni. In Sardegna il centrodestra ha vinto a Olbia,
mentre in altri 3 Comuni si dovrà attendere il
ballottaggio. Nel Friuli Venezia Giulia si è votato in
un solo Comune con più di 15.000 abitanti, ovvero il
capoluogo Gorizia. Anche in questo caso sarà necessario
il ricorso al ballottaggio. Ma ci sono anche i sindaci
eletti a furor d popolo. Due, in questa prima tornata,
con maggioranze che superano il 70 per cento, uno in
Campania e l'altro in Puglia. E' il caso di Ferdinando
Riccardi, da oggi primo cittadino di San Giorgio a
Cremano (Napoli) che alla guida di una coalizione di
centrosinistra ha ottenuto il 72,4 per cento dei
consensi. Ed è il caso anche di Giovanni Antonino,
votato dal 72,4 per cento dei cittadini di Brindisi;
guiderà una giunta di centrosinistra.
Non ce l'ha fatta, invece, Ilona Staller, in arte
'Cicciolina' - già deputato della Repubblica - a sedere
sullo scranno più alto del Comune di Monza. La sua lista
ha raccolto soltanto 1.009 voti, pari all'1,5 per cento.
Ha vinto Olimpiadi e mondiali, ma non ce l'ha fatta a
trionfare nella corsa a Primo cittadino di Barletta. E'
il caso di Pietro Mennea, sceso in campo con la Casa
delle Libertà, ma battuto sul filo di lana - ma per
distacco - da Francesco Salerno eletto con oltre il 55%
dei voti per il centrosinistra.
(28 maggio 2002)
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