Il segretario Ds: "Giocavamo in
trasferta e abbiamo fatto risultato"
Ma Forza Italia insiste: "Questa è solo
disinformazione"
Berlusconi:
"Soddisfatto del voto"
Fassino: "Il Polo si può battere"
Malumori nella maggioranza. Biondi: "Grave la
sconfitta a Genova"
Il premier ribatte: "Pericu un ottimo sindaco...lo
sapevo anch'io"
ROMA - Archiviato il vertice Nato di Pratica di
Mare, Silvio Berlusconi torna a concentrarsi sulla
politica interna e sull'esito del voto amministrativo. E
da via del Plebiscito, dove arriva nel tardo pomeriggio,
si dice "soddisfatto". Il risultato elettorale,
ha detto il premier, è "andato bene" per il
centrodestra. Male per il centrosinistra, che
"capovolge la realtà. Siamo abituati a tutto - ha
aggiunto Berlusconi - loro (i leader dell'opposizione ndr)
sono dei professionisti del capovolgimento della
realtà". Un concetto cui Silvio Berlusconi ricorre
sempre più spesso negli ultimi tempi. Poi il premier
spiega il perché della sua soddisfazione: "Il voto
è andato bene per noi perché abbiamo conquistato delle
città e delle province che erano amministrate dal
centrosinistra, mentre la sinistra non ha conquistato
città che erano nostre: mi sembra che noi possiamo
essere soddisfatti". Il premier ha poi ribadito di
essersi tenuto "totalmente" fuori dalla
campagna elettorale, aggiungendo che in ogni caso
"le cose sono andate nella direzione giusta".
Una dichiarazione che non allontana, ma accentua lo
scontro sulle cifre tra i due poli. E Piero Fassino,
accusato dal centrodestra di fare disinformazione insiste
nel difendere quelle cifre: "Un dato emerge su
tutti, il centrodestra flette sempre sia dove vince, sia
dove perde; il centrosinistra avanza sempre, sia dove
vince, sia dove perde". Il segretario dei Ds, il
primo a parlare ieri subito dopo la chiusura delle urne,
ha ribadito anche oggi la sua soddisfazione per come sono
andate le cose nelle amministrative. Non solo. E' così
soddisfatto da annunciare: "Il centrodestra non è
imbattibile". "Certamente - dice in una
conferenza stampa a Montecitorio - si è trattato di un
voto amministrativo dal quale emerge tuttavia una ripresa
dei rapporti con il centrosinistra e una certa mobilità
del voto tra i due schieramenti. L'aumento del
centrosinistra è evidente ovunque con conseguente
ridimensionamento significativo del differenziale tra i
due poli".
Fassino analizza il voto zona per zona sottolineando i
successi della coalizione e del suo partito e dando atto
di un buon risultato anche alla Margherita, ai Verdi, ai
Comunisti italiani. "Diciamo - aggiunge - con
linguaggio calcistico, che il centrosinistra giocava
fuori casa e, comunque, ha avuto un risultato molto
soddisfacente".
Il leader Ds sottolinea che il voto, "pur se
amministrativo, ha anche una valenza politica e segna
elementi di divaricazione nel centrodestra con una forte
flessione di Forza Italia a fronte di un aumento dei
consensi dell'Udc che si è saputo distinguere sui vari
temi del lavoro e dell'immigrazione". Ma, quel che
più conta è che la coalizione ha tenuto: "L'unità
dell'Ulivo paga". Infine, una domanda per tutte:
quanto ha pesato l'effetto Cofferati sul successo?
"Per cultura e formazione - ha risposto Fassino -
sono sempre stato convinto che si vince sempre
insieme".
E sulla vittoria del centrosinistra a Genova torna anche
Silvio Berlusconi. La sinistra si vanta della riconferma
di Pericu a Genova? "Non credo possa gloriarsi del
fatto che Pericu sia un ottimo sindaco, lo sapevo anche
io...". Per il premier quella vittoria era scontata.
"Tanto è vero - ha detto - che non gli abbiamo
contrapposto un calibro da 90 dal momento che sapevamo
già da alcuni sondaggi che Genova restava saldamente in
mano a un sindaco che ha bene operato".
Ma qualche voce discordante si leva comunque dalla Cdl.
Il vicepresidente del Senato Alfredo Biondi, di Forza
Italia, sottolinea la gravità della sconfitta di Genova,
e auspica un "ripensamento" dei
"responsabili delle scelte" e di un risultato
che, sottolinea il vicepresidente della Camera, non può
essere "mascherato" con "un maquillage
basato su commenti di maniera". "A Genova si è
perso per la mancanza di dialogo con la base",
afferma Biondi, ricordando di aver già per tempo
espresso "riserve non certo sulle persone", ma
"sul metodo" con il quale sono stati scelti i
candidati.
(28 maggio 2002)
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Frutti di
stagione
RICCARDO BARENGHI
Una giornata di festa per il centrodestra, quella di ieri
proprio non lo è stata. Dopo un anno di governo, le
elezioni amministrative potevano andargli meglio, molto
meglio. Non che sia successo un cataclisma ma qualcosa è
successo. Al di là della conquista di Reggio Calabria
(conquista peraltro facile) e delle tenuta di Parma
(grave riperdita della sinistra), i vincitori delle
politiche di un anno fa non sfondano. E al loro interno,
molto dice il risultato delle liste degli ex
democristiani: avanza chi media, arretra chi va allo
scontro. E Forza Italia arretra. (Discorso a parte per la
Lega, che invece vince proprio perché radicalizza, ma
vince in casa). Berlusconi, ieri e oggi troppo preso dal
suo momento di gloria a Pratica di mare (non a caso aveva
messo le mani avanti: il vertice è molto più importante
delle elezioni), ha abbondante materia per riflettere. Se
è vero, come è verissimo, che ha vinto le elezioni
politiche, non è affatto detto che non possa riperderle
alla prima occasione. Il risultato di ieri è un piccolo,
anzi medio avvertimento.
Analogo discorso, ovviamente rovesciato, vale per lo
schieramento avversario. Alla domanda posta da questo
giornale domenica - «C'è vita a sinistra?» - si può
oggi rispondere che sì, una qualche forma di vita esiste
su quel pianeta. A cominciare da Genova, dove il
plebiscito per il sindaco uscente (e rientrante) parla
molto di più di mille discorsi. La stragrande
maggioranza di quella città non solo non si è
dimenticata di quel che è accaduto nel luglio scorso, ma
al contrario ha voluto ricordarselo votando il
personaggio che la città difese non certo contro chi
manifestava ma contro chi la occupava, politicamente o
militarmente. Non sarà un voto di movimento, ma il
movimento ha aiutato quel voto.
E se si allarga lo sguardo, si vede un segno più accanto
a tutti i partiti che si definiscono di sinistra. Magari
un piccolo più ma sempre un più. Poteva andare meglio?
Certo che sì, ma non è andata male. Senza forzare, si
può leggere in questo voto il primo frutto di una
stagione. Il conflitto sociale, manifestazioni oceaniche
e scioperi generali contro il governo, le contestazioni
dei girotondi a destra e a manca, l'entrata in campo
ormai stabile del movimento cosiddetto no gobal, la
battaglia contro la guerra. Tutto questo, insieme
naturalmente ai mille e uno danni prodotti dal governo in
carica, hanno spinto molta gente a incoraggiare la
sinistra, da Rifondazione ai Ds.
Ma, a proposito di Ds, sbaglierebbe Fassino (e già
sbaglia) a impadroinirsi di questo incoraggiamento. Non
è a lui che è diretto, semmai a chi oggi fa un altro
mestiere.
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La destra si ferma Vagiti
a sinistra
La destra segna il passo, il centrosinistra trionfa a
Genova e l'Ulivo esulta nonostante la sconfitta di Reggio
Calabria. Fassino: «Segni di vitalità a sinistra».
Rutelli: «Il vento di destra si è fermato».
Bertinotti: «Segnali incoraggianti». Forza Italia
tracolla quasi ovunque tornando ai risultati delle
precedenti amministrative, gli alleati se ne
avvantaggiano solo in minima parte. Sale l'Udc e Bossi si
salva. Il cavaliere minimizza: «Di fronte al patto
Nato-Russia, queste elezioni passano in secondo piano».
ANDREA COLOMBO
ROMA
La paura del centrosinistra si vede dal sollievo con cui
i partiti dell'Ulivo, ma anche Rifondazione, accolgono i
primi exit poll. Un canto di vittoria corale, che
probabilmente non è tanto giustificato dal punto di
vista delle nude cifre e delle bandierine piazzate quanto
da quello politico. Lo spettro che, dopo un anno,
l'opposizione ha visto ieri allontanarsi era quello di un
ulteriore sfondamento della destra grazie
all'effetto-governo, l'incubo di una caduta sempre più
rovinosa. Già alla vigilia si era capito che così non
sarebbe andata. Lo sfondamento non c'è stato. Il
centrodestra segna il passo. L'Ulivo, alleato al Prc,
recupera qualche posizione ovunque e a Genova trionfa. Se
qualcuno pensa che non ce ne sia abbastanza per cantare
vittoria, non ha capito bene l'aria che tira. Che aria
tiri, i leader dell'Ulivo lo sanno sin troppo bene, e non
esitano a brindare. La segreteria diessina, riunita a via
Nazionale, lascia passare poche ore prima di lanciare il
primo segno d'esultanza, un comunicato che recita: «Dopo
un solo anno di governo la destra si ferma e il
centrosinistra mostra segni incoraggianti segni di
vitalità e ripresa». Poco dopo è lo stesso segretario
Piero Fassino a rompere gli indugi e a rincarare di
parecchio: «Siamo molto soddisfatti del risultato. C'è
una ripresa diffusa e netta del centrosinistra, mentre il
centrodestra viene significativamente ridimensionato in
molte città». Infine Giovanni Berlinguer, del
correntone, rende omaggio al segretario: «E' un successo
di tutti i Ds, e sicuramente Fassino ha dato un forte
contributo».
L'entusiasta Rutelli
Rutelli, ancora in veste di doppio leader (della
coalizione e della Margherita) si prende qualche ora in
più. In compenso, quando parla si allarga assai più
degli alleati diessini: «Il vento del dentrodestra si è
fermato. Forza Italia perde tantissimi voti. La
Margherita è nettamente il terzo partito italiano». In
realtà la Margherita, sembra essere andata quasi ovunque
peggio che nel maggio del 2001.
Cavalleresco, Rutelli segnala che «anche il risultato
dei Ds è molto positivo». L'ex sindaco di Roma non si
dilunga invece più che tanto sulla variabile principale
che distingue queste elezioni da quelle politiche di un
anno fa: stavolta l'opposizione si è presentata unita,
con Rifondazione e l'Italia dei valori alleate
dell'Ulivo. Niente paura. A sottolineare il particolare
ci pensa uno dei diretti interessati, Antonio Di Pietro,
che segnala come il centrosinistra abbia tenuto e spesso
vinto «grazie al valore aggiunto rappresentato
dall'Idv». Anche i Verdi, sponsor numero uno
dell'allargamento della coalizione, ci tengono a non
perdere di vista l'argomento. «Dove il centrosinistra va
oltre l'Ulivo - dichiara Pecoraro Scanio - dimostra di
poter vincere anche al nord».
Molto più prudente Bertinotti, che a differenza di Di
Pietro, non ci tiene affatto ad anticipare i tempi e a
dare per scontata una futura alleanza con l'Ulivo.
Soddisfatto dei primi risultati, il segretario del Prc
nota che «stavolta i candidati e i programmi hanno
subìto un'evoluzione rispetto alle ultime
amministrative, quando i candidati del centrosinistra
erano prigionieri di una cultura manageriale. Si può
dire che il vento di Porto Alegre ha nfluito». Ma di qui
a parlare di rinnovata unità ce ne passa: «Non si può
mettere il carro davanti ai buoi».
Sin qui le parole. Resta da vedere quanto siano
confortate dalle cifre. L'impatto psicologico del
risultato di Genova, il principale comune in ballo, è
innegabile. Con il 65% e passa di voti quello di Pericu
non è stato un successo ma un trionfo. In città i Ds
sono passati dal 30 al 40% rispetto al 2001, nella
provincia dal 27, 2 al 21,4%. La Margherita ha peggiorato
nettamente le sue posizioni in città (dal 11,3% al,'8,4)
e lievemente in provincia (dal 12 all'11,2). Il mosaico
dei risultati, salvo casi eccezionali come l'impennata
diessina a Genova, è piuttosto omogeneo. Ovunque i
diessini conquistano qualcosa, la Margherita scende, a
volte considerevolmente, il Prc conquista voti ma non
nella misura che si sarebbe potuti attendere (segno
probabilmente, che gli elettori hanno identificato il
vessillo dell'opposizione più in Cofferati che in
Bertinotti).
A Parma, l'altra principale città contesa, la destra ha
confermato Ubaldi al primo turno, ma senza stravincere,
con poco più del 51% dei voti. La Quercia ha preso un
punto, dal 20,7 al 21,8, la Margherita è crollata (dal
18,3 al 7,4%), anche il Prc è sceso dal 6,6 al 5,3%.
Ma in queste elezioni a macchia di leopardo e geometrie
variabili, i dati locali hanno un'eloquenza limitata. Il
dato politico, in compenso è secco: il centrosinistra
resiste senza però mai passare a una vera
controffensiva, se non nel caso di Genova. Anche perché
l'argomento principale usato dal centrodestra, e in
particolare dal capogrupo di An La Russa, per confutare
il trionfalismo dei rivali qualche valore ce l'ha.
Nessuna amministrazione in mano alla destra è stata
espugnata dal centrosinistra, l'Ulivo ha perso Reggio
Calabria.
Il tracollo azzurro
A conti fatti, ancor più che ai propri risultati
l'euforia ulivista deriva da quelli, sconfortanti, degli
avversari. Quello di Forza Italia sembrerebbe un tracollo
da terremoto politico. Il partito del premier precipita
ovunque non d uno o due punti, ma di dieci o quindici. Si
capisce bene perché i forzisti parlino pochissimo, e
solo per sminuire il valore del test: «Il valore di
questo voto è soprattutto amministrativo», racconta
Bondi nel silenzio dei colleghi. Si capisce soprattutto
perché Silvio Berlusconi, che i sondaggi non li usa per
caso, abbia evidenziato sin dall'inzio la sua «assenza»
dalla campagna elettorale, sino a dichiarare ieri che
«di fronte all'importanza del vertice Nato-Russia, le
amministrative sono passate in secondo piano».
Certo, a correggere il dato per Arcore disastroso che
sembrerebbe evincersi dalle percentuali elettorali ci
sono un paio di elementi determinanti. Prima di tutto, il
risultato di Forza Italia è quasi ovunque vicino a
quello delle passate amministrative: segno che il partito
azzurro tocca un picco nella sfida politica che non si
ripete poi nelle amministrative. In secondo luogo, la
somma dei voti di lista della destra quasi sempre risulta
molto inferiore a quelli incassati dal candidato polista:
segno che gli elettori forzisti, una volta scelto il loro
sindaco o presidente, non perdono tempo per premiare
anche il partito.
E' un elemento, quest'ultimo, destinato a pesare
parecchio sulle scelte future del cavaliere. Berlusconi
ne trarrà la conferma che, per vincere, deve
personalizzare quanto più possibile la sfida, puntare
poco sui partiti e moltissimo sul leader, cioè su se
stesso. La strada per raggiungere un simile risultato è
già tracciata, è quella riforma presidenzialista che
diventerà sempre più vitale per la Casa delle libertà
via via che ci si avvicinerà alle politiche del 2006.
I voti persi da Forza Italia rifluiscono solo in minima
parte nei forzieri dei partiti alleati. An migliora le
proprie posizioni in qualche piazza nordica (a Como passa
dal 9,7 al 15%), ma perde terreno in altre situazioni
(nella provincia di Reggio Calabria scende dal 15,4 al
7,3%, a Cosenza crolla dal 14,3 al 3,8, a Treviso passa
dall'8 al 5,4%). Difficile infine dire chi esca premiato
tra le due ali estreme dello schieramento di
centrodestra. L'Udc ha conquistato punti quasi ovunque, e
in qualche caso, come a Cosenza, registra un exploit
straordinario volando dal 2,6 al 16,6%. In compenso la
Lega, che ancora una volta si giocava il tutto per tutto,
non è stata sconfitta e nelle sue roccaforti viene
premiata. Si può star certi che tanto i moderati
cattolici quanto i pasdaran leghisti invocheranno oggi
stesso (quando la legge sull'immigrazione tornerà in
aula) il successo elettorale per chiedere all'intera
coalizione di allinearsi sulle loro posizioni. Ma la
realtà è che questo voto ha lasciato più che mai
arbitro della situazione a destra, per quanto il suo
partito sia uscito ridimensionato, proprio Silvio
Berlusconi.
C'era un ultimo test da verificare nelle elezioni di
ieri: lo stato dell'astensionismo. Tenere aperte le urne
anche il lunedì mattina è servito a poco, tutt'alpiù
ha ridotto il danno: rispetto alle ultime provinciali ha
votato il 2,5% in meno, rispetto alle comunali lo 0,6%.
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Genova sorride
a sinistra
Giuseppe Pericu vice al primo turno. Surclassato
l'avversario del centrodestra con uno scarto di 30 punti.
La Liguria conferma amministrazioni di centrosinistra
anche a La Spezia e Savona
AUGUSTO BOSCHI
GENOVA
Giuseppe Pericu non se andrà da Palazzo Tursi. Il comune
di Genova resta saldamente nelle mani del centrosinistra.
Si tratta di una vittoria in larga parte annunciata ma
non per questo meno gradita e accolta con meno
soddisfazione. Ma c'è un dato che per Pericu deve far
riflettere: «Se i risultati che stanno arrivando dal
Tigullio sono confermati, è indubbio che c'è un
significato politico». I risultati cui fa riferimento
Pericu sono quelli delle provinciali, e quando il sindaco
fa la sua dichiarazione restano da scrutinare solo i
seggi di Genova città. E i risultati parziali dicono che
il candidato del centro destra, Sandro Repetto, è al 45
per cento mentre quelli di Bagnasco, candidato della Casa
della Libertà, sono al 40 per cento. «Che in certi
quartieri della città si voti a sinistra è tradizione,
lì il problema è di non aver deluso l'elettorato -
spiega Pericu - ma se il voto va a un candidato del
centro sinistra in città come Lavagna, è evidente che
c'è un significato diverso». E cioè che il governo
della città esercitato da una maggioranza che
comprendeva anche Rifondazione, ha funzionato e ha
convinto. Insomma, se Genova si conferma roccaforte della
sinistra, il levante tradizionalmente bianco sembra aver
cambiato rotta.
In attesa dei risultati definitivi c'è chi sente
comunque il fiato della sconfitta dietro il collo:
Rinaldo Magnani fa i complimenti a Pericu e poi, con
un'amarezza che la cocina genovese non riesce a
nascondere, dice quello che finora tutti nel polo avevano
solo sussurrato: «Non mi sono sentito abbandonato. Ma
poco supportato dai partiti sì».
E in effetti la sua è stata una campagna in salita e col
fiatone, resa ancora più difficile dalla spaccatura
nella Casa delle Libertà con la candidatura di un
«cavallo pazzo» come Sergio Castellaneta, leader di
Liguria Nuova e candidato della Lega: «La sconfitta era
prevedibile. Solo dei ciechi potevano non accorgersene e
non iniziare ad affrontare il problema sul territorio,
come lo affrontano i Ds e quindi era chiaro che non si
poteva far altro che perdere. Io spero che questo
risultato faccia meditare il signor Berlusconi e anche il
signor Fini sulla rappresentanza politica che hanno in
questa città. Perché se no Genova sarà condannata al
centro-sinistra e a perdere costantemente». Se
Castellaneta è sarcastico, Gianni Baget Bozzo è livido
come l'alba genovese del polo: «Il sindaco Giuseppe
Pericu ha vinto con i voti dei trotzkisti e Genova
diventerà la capitale dei no-global sul Mediterraneo»
ringhia Bozzo, che continua: «La vittoria di Pericu
significa che Genova ha scelto di esser un'isola infelice
in contrasto con l'intero Occidente».
Tornando ai vincitori, è ancora Pericu che commenta
l'andamento favorevole dello scrutinio dei primi seggi:
«Penso che il voto che è stato dato alla mia giunta
alla mia maggioranza e che vedo che è confermato su
Repetto alla Provincia è un voto non in negativo, ma in
positivo; ci hanno dato questo voto perché le persone
hanno condiviso le attività che abbiamo svolto.
Apprezzato l'impegno, la volontà di lavorare, l'aver
gestito in piena trasparenza anche vicende complesse come
i 120 appalti del G8 senza nemmeno una denuncia». E a
proposito di G8 a molti è sembrata particolarmente
surreale la campagna lanciata contro Pericu proprio
appiccicandogli l'etichetta di sindaco no-global: «Se
come no-global si intende casseur o black bloc, allora si
dicono idiozie. La parola no-global ha tanti significati
e se si vuol dire che è quel mondo composito che è e
che gli presto attenzione come glie la prestano parti
della mia maggioranza, allora è un'altra cosa. I
genovesi hanno guardato quello che abbiamo fatto noi -
continua Pericu - e ci siamo trovati a gestire temi
importanti: il piano del porto, il piano della Città
senza contare che abbiamo ospitato un G8». Ora la
speranza di Pericu è che Berlusconi «tratti Genova come
i governi di centro sinistra hanno trattato la Milano di
Alberini». Una preoccupazione più che lecita dal
momento che nel 2004 Genova sarà capitale della cultura
europea e che per gli eventi della manifestazione il
comune ha già chiesto trentacinque milioni di Euro. Dal
governo ne sono arrivati 3 milioni.
Anche nel resto della Liguria il centrosinistra è uscito
premiato dalla consultazione amministrativa: confermata -
con largo margine di consensi - la giunta di sinistra
della provincia di La Spezia, quella comunale della
stessa città e la maggioranza di centrosinistra del
comune di Savona.
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28.05.2002
Bertinotti: "La sinistra premiata dai
movimenti" di Piero Sansonetti
Fausto
Bertinotti è contento dei risultati elettorali ma non
crede che segnino una svolta. Né nei rapporti di forza
tra destra e sinistra, né sulla via di una
ricomposizione della sinistra. Crede che il voto esprima
una situazione di stallo, anche se molto aperta. La
definisce «stallo di movimento»,che è un nuovo
ossimoro politico (ossimoro vuol dire accostamento degli
opposti). Dice che siamo entrati in una specie di «età
di mezzo», nella quale si fronteggiano e si annullano
spinte opposte: ma sono spinte forti e alla fine o le une
o le altre prevarranno. Cè la spinta liberista,
restauratrice - diciamo la spinta della globalizzazione -
e cè quella abbastanza composita dei movimenti
(cioè dei no-global, dei girotondi, dei sindacati,
eccetera). Il risultato è che da un gran crescere di
energie si arriva ad una fase di immobilità, di
straordinario equilibrio. Secondo Bertinotti è questo il
messaggio che ci viene dal voto. Il voto dice anche che
è stata sperimentata con successo lalleanza tra
sinistra radicale e centro-sinistra. Ha dato buoni
frutti. Possiamo dire che è nato un nuovo asse politico
? Evitiamo di inciampare per eccesso di ottimismo. Il
risultato elettorale è incoraggiante ma è sbagliato
nascondere gli ostacoli. Vediamo: quali sono le domande
che si pongono? Sono tre: come vinci? Come guadagni
consensi? Come realizzi una politica di cambiamento. In
realtà a guardar bene è ununica domanda.
Lasciarla senza risposta in nome dellottimismo
sarebbe un suicidio. Cioè sarebbe un suicidio pensare
che la destra è battuta, o che per batterla basta
lunità del centro-sinistra con la sinistra. Non è
vero. Occorre un'operazione politica molto complicata che
è quella di dare una risposta esauriente a tutte e tre
quelle domande, non a una sola. E qual è la risposta
giusta? La spinta dei movimenti di massa è stata
decisiva in questa tornata elettorale. Ha premiato
sinistra e centrosinistra. Però noi sappiamo benissimo
che questi movimenti non hanno un progetto politico.
Questo è il punto. Questa è la sfida per tutti: creare
un progetto politico. Prima di parlare di nuovo asse
politico dobbiamo verificare la possibilità di un
progetto. Altrimenti buttiamo al vento unoccasione.
Bertinotti, non ti sembra che questo voto italiano sia in
controtendenza rispetto alle recenti elezioni in diversi
luoghi dEuropa? Nel voto italiano cè una
particolarità: la forza dei vari movimenti che si sono
affermati in questi mesi. E la forte presenza della lotta
sindacale. Però sarebbe illusorio credere che qui da noi
la crisi della politica è superata. La crisi della
politica è un fenomeno che, in forme diverse, investe
tutto loccidente. È dentro questa crisi che
avviene lannullamento tra l'onda di destra e quella
progressista. Noi dobbiamo trovare la via per fare
prevalere londa progressista. Mettiamo che ti trovi
ad un tavolo coi Ds, con la Margherita, i verdi e gli
altri alleati di queste elezioni. E decidete di cercare
un programma comune. Quale può essere il punto di
partenza? Il punto di partenza è larticolo 18. È
la questione attorno alla quale si sta sviluppando la
parte decisiva della battaglia tra destra e sinistra.
Vediamo come stanno le cose. Da una parte cè il
centrodestra, unito - sia sul piano politico che su
quello sociale - che vuole labolizione
dellarticolo 18. Dallaltro cè una
parte della sinistra (non ha interesse qui fare nomi o
porre confini) che propone al contrario di estendere
larticolo 18 (si vedrà poi con quali mezzi).
Perché la destra vuole abolirlo? Perché in questo modo
vuole rovesciare a suo favore i rapporti di forza tra
impresa e lavoro, tra sistema liberista e sindacati.
Introducendo maggiore flessibilità. Giusto? E perché
una parte della sinistra vuole estendere larticolo
18? Perché ritiene che per fare avanzare la società
italiana e per fargli superare l'imbrigliatura del
neoliberismo occorre il contrario della flessibilità:
occorre introdurre elementi di rigidità, vincoli. Il
grande economista Claudio Napoleoni li chiamava
"vincoli interni". Leconomia ha dei
potentissimi vincoli esterni (il principale vincolo
esterno è la globalizzazione) si tratta di contratsrali
con dei vincoli interni che cotruiamo noi. Di fronte a
questa contrapposizione, cosa fa il centrosinistra? Il
grosso dice: non se ne parla nemmeno, perché farebbe
saltare il nostro blocco sociale. Un altro pezzo di
centro-sinistra dice: pensiamoci meglio. E poi cè
un pezzo che è disponibile a discutere. La verità è
che su un problema così importante, decisivo, il
centro-sinistra non ha una sua posizione. Voglio essere
ancora più drastico: il centro-sinistra non ha un suo
«ubi consistam», una sua collocazione naturale. Un anno
fa ce lo aveva. Era l«ubi consistam» del
riformismo europeo ed era la collocazione al governo. Il
fatto che sia in corso un ripensamento su molti aspetti
di quella collocazione non dovrebbe essere visto da voi
come un fatto positivo? È vero, ce laveva. È
entrato in crisi prima con la sconfitta elettorale e poi
con lesplodere dei movimenti. Deve essere
ricostruito. È qui, in questa ricostruzione che la
sinistra si gioca tutto. Prevarrà chi crede che bisogna
seguire Blair, e che bisogna aumentare il tasso di
liberalismo nella sinistra? Se prevarrà questa linea è
evidente che è del tutto inutile parlare di unità con
noi. Se prevarrà una linea diversa il discorso è
aperto. Quello che mi sembra infondato è dire: basta
unirsi e si vince. Non è vero. È unillusione
pericolosissima. Voi siete contenti del risultato
elettorale del vostro partito? Sì, molto contenti.
Confrontando il risultato delle provinciali con quello
delle politiche, cioè gli unici risultati confrontabili,
perché omogenei, registriamo un netto aumento dei
consensi.
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La Destra ha
perso il trend
di Furio Colombo
Ci sono voluti nove minuti, e un lungo monologo di
Berlusconi che ha vantato di tutto, dai lavori alle
fioriere di Pratica di Mare al summit della Nato e ai
suoi personali meriti politici nellaverlo reso
possibile, prima che il Tg Uno ci facesse sapere qualcosa
delle elezioni che domenica e lunedì hanno chiamato alle
urne dodici milioni di italiani. Ci sono volute quattro
ore perché la Rai e il suo nuovo fornitore di exit poll
e proiezioni, Nexus, si schiodassero da tre soli dati.
Uno, il più clamoroso, riguarda Genova. Genova,
ricordate? la città del G8, dove i «comunisti» avevano
messo a ferro e fuoco le strade con la complicità del
sindaco (così come ci aveva detto il ministro
dellInterno Scajola), Genova, testardamente, ha
rieletto lo stesso sindaco, Giuseppe Pericu, con il
sessanta per cento delle preferenze.
Ma nel Tg1 Genova è venuta dopo Pratica di Mare, dopo
Berlusconi, dopo lelenco dei meriti autocertificati
del premier, e dopo una decina di altri risultati in cui,
su per i monti e giù per i mari, si erano messi insieme
un po di risultati positivi per il centro destra.
Il fatto è che di Genova bisognava parlare perché era
una riconferma di un buon governo, era la città
dellimmensa partecipazione di giovani nei giorni
del G8, ed era la prima clamorosa vittoria del centro
sinistra dopo linizio dellininterrotto
monologo di Berlusconi.
Ci vuole Francesco Pionati, il predicatore caro al
presidente del Consiglio, per dire che «il centro
sinistra tenta di dare una interpretazione sfavorevole al
governo». E tocca allo stesso Pionati avvertire quei
milioni di italiani che sono andati a votare per le
elezioni comunali che «non contano. Conta di più il
vertice di Pratica di Mare». Lo ripetono le stesse fonti
che vedono in ogni critica una «delegittimazione» delle
elezioni e degli eletti, se hanno vinto loro.
Passa Bossi sullo schermo e avverte, contro quel poco che
abbiamo visto fino ad ora, che «La Lega avanza, e con la
Lega il cambiamento».
Eppure non si notano segni di alcuna clamorosa o nuova
affermazione del mini-partito secessionista che controlla
il video (ma non il voto) con tre ministri tra i più
dannosi al Paese.
Cè la vittoria del centro destra a Reggio
Calabria. E non importa che, per vincere, ci sia voluta
la morte del leggendario sindaco del centro sinistra
Falcomatà. Resta una sconfitta importante e bruciante. E
cè il dispiacere grande di non avere riconquistato
Parma.
Ma pur di non parlare di Genova, di Brindisi, di Pistoia
(altra vittoria al 60 per cento), di Ancona (65 per
cento), e di Verona, Alessandria, Asti, in cui le
amministrazioni uscenti di destra non hanno vinto e in
cui i ballottaggi sembrano favorevoli al centro sinistra
unito, ecco che il Tg 2 allunga la parte «Pratica di
Mare» con «indiscrezioni dellultimo momento sul
filetto servito a tavola insieme al Brunello di
Montalcino».
E siamo al «flusso dei dati» di questa mancata vittoria
del centro destra, di questa prima occasione di
intercettazione e frenata della coalizione di governo,
soltanto dodici minuti dopo linizio di quel
telegiornale. E allora si capisce che l'importante era di
non parlare di questo trionfo mancato per cui era già
pronto e resterà inutilizzato un deposito di aggettivi,
iperboli, complimenti e autocongratulazioni che
Berlusconi avrebbe fatto a se stesso, circondato dai suoi
opinionisti, dai suoi commentatori, dai suoi segretari
televisivi, dalla folla dei sostenitori storici e di
quelli appena arruolati, nelle televisioni di «mera
proprietà» e in quelle di proprietà dello Stato.
E forse questa consegna di parlare di risultati
elettorali tardi e male, è la vera ragione della
clamorosa inefficienza della berlusconiana agenzia di
sondaggi Nexus.
Saranno inadeguati, saranno stati ingiustamente premiati
con la esclusiva dei sondaggi Rai. Ma non al punto di
restare per ore senza dati, a schermi vuoti, come la sala
stampa del ministero dellInterno. Ieri sera un
fatto evidente era ancora oscurato in tutte e sette le
reti televisive controllate da Berlusconi: la destra non
ha vinto, a sinistra ci sono stati risultati importanti o
serie ragioni di speranza per i ballottaggi. Un anno di
governo condotto attraverso il controllo di tutta
linformazione italiana, salvo pochi giornali, porta
a constatare che il centro sinistra è vivo, esiste e
respira libertà. La respira perché nessuno vorrà
andare a dividere (per esempio nelle urne di Genova) il
voto dei partiti, quello dei movimenti, quello di coloro
che hanno preso da soli liniziativa di far sentire
voce e opposizione, quelli di coloro che hanno
partecipato alle dimostrazioni popolari che hanno segnato
tutto lanno di un governo distruttivo di centro
destra. |
L'inchiesta riguarda un giro di
mazzette a dirigenti
dell'Inail in cambio di appalti per lavori pubblici
Tangentopoli a
Potenza
venti arresti eccellenti
Tra i destinatari il vicepresidente della regione
Basilicata
Richieste di custodia per i deputati Sanza (Fi) e Luongo
(Ds)
POTENZA - Un'inchiesta clamorosa su tangenti
pagate ad alti dirigenti dell'Inail, in cambio di appalti
per lavori pubblici nell'avvellinese e nel potentino. Con
venti ordini di arresto eccellenti - eseguiti oggi - che
coinvolgono funzionari dell'istituto, imprenditori, il
vicepresidente della regione Basilicata, avvocati,
commercialisti. E poi ci sono altre due richieste di
custodia cautelare, destinate ai deputati Angelo Sanza
(Forza Italia) e Antonio Luongo (Ds): per loro
l'esecuzione è subordinata all'autorizzazione del
Parlamento.
A portare avanti l'indagine è la procura della
Repubblica di Potenza; titolare è il pm Henry John
Woodcock, mentre gli ordini di arresto sono stati firmati
dal gip Gerardina Romaniello. Secondo quanto si è
appreso, i reati contestati sono associazione per
delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbata
libertà degli incanti, concorso in numerosi episodi di
corruzione, rivelazione di segreti di ufficio,
favoreggiamento ed estorsione.
I destinatari delle ordinanze sono il presidente del
collegio sindacale dell'Inail di Roma, Vittorio Raimondo;
il direttore generale dell'ufficio patrimonio dell'Inail
di Roma, Mauro Gobbi; il responsabile dell'ufficio di
consulenza tecnica per l'edilizia dell'Inail di Roma,
Antonio Marra; Claudio Calza, consigliere di
amministrazione del Banco di Sardegna; gli imprenditori
potentini Antonio, Francesco, Lucio e Michele De Sio;
l'imprenditore napoletano Bruno Capaldo, coinvolto in
passato in un'inchiesta sulla ricostruzione a Napoli; il
commercialista e finanziere romano Pasquale Cavaterra; il
maggiore della Guardia di finanza Ferdinando De Pasquale,
in servizio ad Avellino; gli avvocati romani Enrico Fede
e Bruno Luongo; l'imprenditore Emidio Luciani, di
Francavilla a mare (Chieti).
Agli arresti domiciliari si trovano il vicepresidente e
assessore alla Sicurezza sociale della Regione
Basilicata, il popolare Vito De Filippo; il generale di
brigata dei carabinieri, Stefano Orlando, in servizio al
Sisde; tre dipendenti del gruppo imprenditoriale dei De
Sio, Stefania Colaci, Antonietta D' Oronzo e Giuseppe
Mastrosimone. Un altro imprenditore non è stato trovato
dai carabinieri ed è attualmente ricercato.
I casi di corruzione contestati si riferiscono ad appalti
gestiti dall'Inail di Roma ad Avellino e in Val d'Agri
(provincia di Potenza); ma alcune delle persone arrestate
sarebbero coinvolte in un giro di tangenti legate alle
attività petrolifere dell'Eni-Agip, sempre in Val
d'Agri.
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Le banche
accerchiano la Fiat
Una cordata composta da Banca di Roma,
San Paolo e Intesa in soccorso del Lingotto. In cambio
conquistano, per ora, mezza Ferrari. I sindacati
annunciano nuovi scioperi
Le maggiori banche italiane si sono schierate per
proteggere la Fiat in un momento di particolare gravità.
E' stato confermato un indebitamento di di 33 miliardi di
euro, di cui 13 miliardi rappresentanoil debito netto.
Non si sa con certezza quale sia la banca che detiene il
triste primato di maggiore creditrice della Fiat, ma
almeno tre banche si sono messe d'accordo per salvare la
struttura proprietaria della società, cioè l'impero
degli Agnelli, almeno nel prossimo periodo. Si tratta di
Banca di Roma, IntesaBci (un tempo Comit) e S.Paolo di
Torino. Per le tre potrebbe bastare la vendita di qualche
pezzo pregiato di cui la direzione Fiat non avrebbe avuto
comunque alcuna intenzione di disfarsi: l'esempio sulla
bocca di tutti gli osservatori è naturalmente
l'assicurazione Toro, con annessi e connessi. Ma un altro
schieramento bancario si contrappone al primo ed è
quello di Mediobanca, spalleggiata dall'Unicredito. I due
istituti pensano che non sia sufficiente qualche vendita
anche molto dolorosa, ma che serva assai di più per
rimettere in pista la Fiat. Un piano di rifinanziamento
radicale, al punto di mettere gli Agnelli che ora hanno
oltre il 30% del «loro» gruppo, in situazione di
minoranza. Inoltre il cambiamento dei due massimi
dirigenti, Paolo Fresco e Paolo Cantarella, ritenendoli
responsabili di errori madornali. Infine la cessione
decisa dell'Auto alla General Motors: che se la prenda e
ne faccia quello che meglio crede. Su tutti questi punti,
esclusa l'estromissione degli Agnelli, le tre banche del
partito più amico dell'attuale direzione Fiat, sono un
po' più moderate, ma in sostanza non sarebbero in
disaccordo.
Il disaccordo comincia quando si tratta di stabilire il
nome del futuro numero uno. Mentre il partito delle tre
banche sarebbe per una soluzione prossima agli Agnelli,
tipo Galateri, dall'altra parte sembra plausibile il
lancio di un nuovissimo dirigente: Cesare Romiti. Viene
anche dato per certo il principale sponsor di Romiti:
addirittura Silvio Berlusconi, un po' nella sua veste di
grande industriale e molto in quella di presidente del
consiglio con i cordoni della borsa pubblica in mano.
Nel frattempo il sindacato dei metalmeccanici cerca di
trovare linee di resistenza, posto di fronte a una
stagione di grande difficoltà. La prima mossa sarà la
mobilitazione, la raccolta delle forze a Torino, prima
che avvenga il disastro. Sono state così indette da
Fim-Fiom-Uilm quattro ore di sciopero, da attivare entro
l'11 giugno. Intanto, in preparazione dello sciopero e
per prepararne la mobilitazione, giovedì a Torino la
Fiom farà un grande attivo, alla presenza di Sergio
Cofferati.
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