La rivolta antimperialista turca non sarà una ''primavera''

di Stefano Zecchinelli

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1. Le proteste popolari che hanno scosso la Turchia hanno un chiaro segno antimperialistico contro un governo interno, sia al progetto criminale della NATO, e sia al paradigma teorico neo-liberistico.

Il popolo turco è insorto rivendicando, non solo, giustizia sociale contro una borghesia arrogante ed alleata dell’imperialismo americano ma anche la fine del crescente militarismo neo-ottomano che minaccia, prima di tutto, la vicina Siria principale sostegno ( insieme all’Iran ) del movimento antimperialista degli Hezbollah.

Il sostegno al popolo turco, la difesa militare della Siria baathista contro le minacce della NATO e dell’imperialismo israeliano, il sostegno incondizionato alle resistenze libanese e palestinese, sono doverose per chiunque combatte a fianco dei popoli oppressi, quindi non possiamo che auspicarci il rovesciamento del governo criminale di Erdogan e l’applicazione di un programma socialista che, dato il particolare contesto turco dove convivono diverse etnie, rispetti le diversità culturali.

In questo breve articolo cercherò di riflettere sui possibili ostacoli che la rivolta antimperialistica turca potrà incontrare, prendendo brevemente in esame le caratteristiche dello Stato turco e della sua vile borghesia.

2. L’alleanza fra la Turchia e gli Stati Uniti è una sorta di alleanza asimmetrica.

Come ci conferma Michel Chossudovsky in Turchia abbiamo dalle 40 alle 90 armi nucleari di proprietà statunitense. La Turchia, come ho già ricordato, è all’interno della NATO e rientra in un progetto di marca statunitense che ‘’ Lungi dal rendere l’Europa un posto più sicuro e dal creare un’Europa meno dipendente dal nucleare, [la strategia] potrebbe tranquillamente avere come risultato quello di introdurre più armi nucleari nel continente europeo, frustrando così alcuni dei tentativi che si stanno compiendo per ottenere un disarmo nucleare multilaterale" (citazione dall’ex Segretario Generale della NATO George Robertson su "Global Security" del 10 febbraio 2010).

Quindi, se da un lato mantiene una certa indipendenza economica ( si vedano gli accordi commerciali con la Russia o, in passato, con l’Iran ed il Brasile ) da un punto di vista militare è del tutto ( o quasi ! ) asservita all’imperialismo americano.

Da questo punto di vista la posizione della Turchia nel Medio Oriente è molto simile a quella della Germania in Europa: due potenze imperialistiche con un passato complesso ( di eccedi e massacri coloniali ), ora asservite militarmente agli Stati Uniti ( la Germania ha 160 basi NATO sul suo territorio nazionale ) ma forti economicamente quindi con forti margini di manovra per ciò che riguarda la penetrazione dei capitali.

Il giornalista borghese Ahmet Sik in un suo libro ‘’L’esercito dell’Imam’’ afferma che un importante uomo d’affari turco, Fethullah Gülen, è riuscito a fare entrare nella polizia turca l’ 80% degli aderenti al suo movimento.

Questo uomo d’affari vive da molti anni negli Stati Uniti, è un sostenitore della politica imperialistica americana, e un rapporto dei servizi segreti turchi il MIT lo definisce un agente della CIA che, in passato, ha collaborato con i servizi segreti statunitensi in Asia infiltrando gli aderenti del suo movimento in veste di insegnati di inglese. Un personaggio con una bella ‘’fedina penale’’ vicino politicamente ( come se non bastasse ! ) a Soros.

Insomma, a quanto pare, gli apparati burocratico repressivi turchi sono completamente in mano agli Stati Uniti od almeno è questa l’impressione che ho per il momento. Questa è la prima cosa che mi sembra opportuno rilevare.

3. Per ciò che riguarda la questione curda l’alleanza Usa – Turchia dimostra tutta la sua asimmetria.

Il PKK ha appoggiato l’invasione americana dell’Irak ed ha definito il colonialismo americano come ‘’colonialismo democratico’’.

Gli Usa, dal lato loro, hanno escluso che la Turchia possa intervenire nell’Irak del nord ( ed i guerriglieri del PKK vengono riforniti dal ‘’governo autonomo curdo ‘’ ) dando la priorità alle rivendicazioni territoriali curde.

Insomma, da una parte la Turchia è un avamposto per la NATO e dall’altra deve subire l’iniziativa del PKK che è foraggiato dagli Stati Uniti. Una contraddizione molto importante, dato che, secondo il teorico maoista Dogu Perincek la realizzazione del ‘Grande Kurdistan’ fa parte di un progetto di balcanizzazione dell’area ( che comprenderebbe anche la Turchia ! ) dove il Kurdistan diventerebbe uno Stato satellite di Israele.

Secondo Perincek: ‘’ Oggi, il piano viene dichiarato più apertamente anche dalla parte dei sionisti: essi vogliono che Diyarbakir diventi il centro di uno Stato satellite d’Israele; vogliono che la Turchia, l’Iran, l’Iraq e la Siria vengano divisi e il “Barzanistan” raggiunga il Mediterraneo. Sono questi i fini della “strada verso la pace”’’. 1

In questo progetto criminale imperialistico rientra, indubbiamente, la destabilizzazione dello Stato indipendente siriano che il popolo turco, con queste manifestazioni, sta cercando di impedire solidarizzando con il governo baathista.

4. Il partito di Erdogan, il Partito giustizialista ( AKP, AK Parti ), rappresenta gli interessi della crescente borghesia nazionalistica ( ed imperialistica ) turca che ha tratto vantaggi dalle politiche neo-liberiste del suo governo.

A differenza dei suoi predecessori, ed in particolar modo Bulet-Ecevit-Kemal Dervis, Erdogan si è attenuto alle direttive del FMI non subordinando del tutto gli interessi nazionali turchi a questa struttura. Ha mantenuto discreti rapporti con la Russia, ed ha stretto accordi con l’Iran ed alcuni paesi latino-americani. Ha prediletto la modernizzazione capitalistica, puntando sui ceti medi rurali e sulle borghesie nazionalistiche, alla subordinazione economica agli Stati Uniti ed al mantenimento delle borghesie compradore. Questo spiega le frizioni fra l’imperialismo turco e quello israeliano ( conflitti di carattere inter-imperialistico ), tanto esaltati dai geopoliticisti nostrani ( ed infatti i geopoliticisti non sono antimperialisti ! ).

L’ideologia dell’AKP mette insieme islamismo e neo-liberismo, per cui l’iniziativa economica privata è vista con favore ed il successo commerciale rappresenta la benevolenza di Allah. Secondo i neo-ottomani dell’AKP la globalizzazione è un bene perché diffonde la religione islamica, del tutto compatibile con il capitalismo.

Le sinistre hanno combattuto per anni contro il populismo di questo partito borghese, ed ora hanno la possibilità di rovesciarlo con un programma di lotte che tenga unite le differenti realtà etniche e culturali dentro un grande Fronte democratico ed antimperialistico. Indubbiamente le dinamiche della protesta, e la tradizione della sinistra turca ( soprattutto delle formazioni che hanno intrapreso la lotta armata ), escludono che l’imperialismo possa recuperare la situazione come ha fatto in Tunisia ed Egitto, quindi lo scontro in atto, se si espanderà, potrebbe compromettere seriamente i progetti imperialisti nell’area, compreso il tentativo di destabilizzare la Siria con bande armate provenienti dalla Turchia.

Che dire ? Questa volta la posta in gioco è molto alta !

Note:

1) Questione curda in Turchia: i problemi del separatismo etnico e un programma di fase per i comunisti.

Fonte: http://www.sinistra.ch/?p=2633

Altri articoli consultati:

1) Fethullah Gülen e i misteri della Turchia, di Miguel Martinez.

Fonte: megachip.

2) Turchia e America Latina: tra reazione e rivoluzione, di James Petras.

Fonte: come donchisciotte.