UNA
STRAGE ANNUNCIATA ? Antonio Camuso cerco di rispondere a questa domanda con due risposte, una corta, sintetica e molto tecnica, l'altra molto ma molto meno sintetica e più politica ma il senso comune delle due è naturalmente che solo attraverso la non presenza del contingente militare italiano in Iraq si sarebbe potuto evitare ciò.. Sin dal conflitto vero e proprio ho studiato come storico ed esperto di questioni militari ciò che è avvenuto in Iraq e come ,nonostante l'impatto mediatico della guerra lampo americana, quella che aveva portato i carri armati USA a Bagdad in un relativo breve lasso di tempo, già sin dai primi giorni di guerra si notava in alcuni particolari bellici come questa guerra mediorientale fosse totalmente diversa dalle altre Il motivo non andava ricercato nel fatto che i grassi e baffuti generali iracheni fossero diventati tutti dei generali Giap, bensì che qualcosa era cambiato nella figura del combattente arabo, sia che vestisse una divisa o no. Lo si era visto in particolare a Karbala dove alcune centinaia di combattenti arabi inquadrati nella Legione Araba, provenienti da tutto il medioriente si erano fatti massacrare sul posto dagli elicotteri Apache, il napalm degli F-16 e i carri armati, senza cedere un passo. Karbala , l'equivalente araba della nostra El Alamein avrebbe dovuto far riflettere notevolmente il Pentagono sul comprendere che la guerra non sarebbe terminata con la conquista di Bagdad. Quella battaglia aveva dimostrato che gli arabi non erano più quella massa di straccioni che a migliaia si arrendevano nel 67 davanti ad un solo carro armato israeliano nel deserto del Sinai. Oggi all'interno delle masse arabe c'è chi non ha paura di immolarsi per fierezza , fondamentalismo o quello che volete voi, ma comunque nessuna paura di morire pur di non arrendersi davanti agli occidentali!!! Il secondo segnale bruttissimo fu l'arrivo dei Marines a Tikrit dove la famosa Guardia Repubblicana si era detto avrebbe fatto l'ultima resistenza: dileguata, mezzi pesanti abbandonati come a Bagdad e depositi di munizioni saccheggiati con migliaia di armi portatili scomparse. Alla fine della guerra di fatto gli Usa si ritrovarono con poche migliaia di prigionieri, segno sì della poca volontà di combattere di due terzi della popolazione irachena per il tiranno Saddam, ma anche che forze fedeli e irregolari avevano effettuato una ritirata strategica degna di Mao tze thong. All'inizio le prime azioni di guerriglia furono la continuazione della guerra in alcune sacche isolate di resistenza ed opera di isolati cecchini. Tutto regolare, questo è avvenuto sempre quando un esercito invasore occupa militarmente un paese, anche se ha l'apoggio della popolazione, ricordiamo episodi simili alla liberazione di Firenze, Milano, Torino, ecc e se questo non avvenne in maniera massiccia in Germania fu la firma di resa del generale Doenitz nominato da Hitler prima del suicidio e perchè l'apparato nazista contemporaneamente mise in azione il piano Odessa per la fuga dei gerarchi nazisti. Ma in Iraq tutto ciò non è avvenuto, nessuna dichiarazione di resa è stata firmata e lo stesso governo provvisorio non può firmarla solo perchè gli USA dicono che guerra non ce n'è stata. Su questo si apre una riflessione sullo status dei resistenti-terroristi-guerriglieri irachenei: sono da considerarsi prigionieri di guerra? Ma torniamo allo sviluppo della guerriglia: a mio avviso nulla di diverso da quello di tante altre. Nuclei sparpagliati sul territorio che all'inizio si mimetizzano coperti dalla complicità di tribù fedeli, saggiano tempi di risposta e consistenza dei marines che , grazie alla sindrome da escalation del vietnam, diminuiscono addirittura di numero, circa 130.000 uomini dei quali solo un quinto/ un ottavo veramente operativi a causa della mole imponente legata alla logistica dell'esercito cybernetico degli imperiali americani. Il controllo del territorio con quelle cifre è impossibile, lo sanno tutti gli esperti militari ed in particolare i russi che sanno quanto sono costretti ad impiegare in un buco del culo quale è la Cecenia. Non a caso che Russia e Francia ( quest'ultima ha ancora il posteriore dolorante dalla catastrofe di Diem Biem Fhu , in Vietnam) non si sognano di inviare uomini pur a costo di perdere qualche affare petrolifero. Andate avanti voi che a noi vien da ridere!!!... sembrerebbe una battuta eppure è l'inizio della tragedia nella quale caschiamo noi italiani. Inviati in un settore che per la guerriglia irachena deve rappresentare l'equivalente di una zona franca dove tutti devono stare buoni e tutti si devono mimetizzare con gli osservanti sciti. Nasce così il mito che dove passano gli italiani rinasce la pace, un'illusione poichè..." ogni parte del territorio sottoposto a guerriglia diventa parte sinergica con i piani strategici e tattici della guerriglia, anche dove i nuclei dei resistenti sono deboli o isolati dalla popolazione"... Questo lo si è visto in tutte le guerriglie o guerre partigiane!!! Solo queste parole dovrebbero far capire come Martino in testa e poi tutti i suoi consiglieri militari, quando affermano un mese prima del ritiro dei nostri dall'Afghanistan che in Iraq le nostre truppe possono stare tranquille, ebbene questi sono venditori di illusioni e rinviati a leggersi tutti i libri di storia a partire dall'importate De bellum Gallico di Giulio Cesare. Quando poi la guerriglia si allarga , inizia ad utilizzare ordigni telecomandati, gli americani rifilano il controllo delle strade ai neonati poliziotti iracheni per non essere sottoposti a un continuo tiro a bersaglio, si muovono al massimo in due su ogni jeep, coperti continuamente da elicotteri, contenendo le perdite ad uno, due al giorno ma il costo economico tra americani e guerriglieri è almeno di cento a uno. A questo punto la situazione è instabile , ma ad accellerarla è poi un'ambigua risoluzione ONU che dovrebbe allrgare il campo dei paesi donatori di fondi e di truppe ma che in concreto trasforma truppe di pace o occupanti, organizzazioni di assistenza umanitaria e imprese estere conme appartenenti tutti ad una coalizione sotto comando USA, trasformandoli tutti un unico bersaglio. A questo punto i 130.000 marines e le migliaia di improvvisati e inaffidabili polizitti iracheni non possono garantire l'incolumità di niente e nessuno , neanche a sè stessi. Le autobombe si susseguono colpendo con un'accurata pianificazione tutti i simboli internazionali perchè questa non è più una guerra locale, bensì l'apoteosi di tutte le conflittualità del teatro mediorientale. I muri di cemento a protezione dei grandi obiettivi civili e militari, con dentro gli americani assediati ci fanno ricordare i campi trincerati di Da Nang o il già citato Diem Biem FU. L'abbattimento degli elicotteri diventa il passaggio militare della guerriglia che segna quella che tutti sanno : l'offensiva del Ramadan che dovrebbe essere l'equivalente di quella del THET. Come risposta i marines, costretti a mettere a terra gli elicotteri da trasporto, spina dorsale della cavalleria aerea, nella settimana scorsa iniziano una controffensiva "molto pesante" nel settore di Tikrit, che porta tra l'altro all'arresto di alcuni alti ufficiali iracheni responsabili della ridella conduzione delle attività antiamericane in quell settore. A questo salto di qualità statunitense la guerriglia sa che deve rispondere aprendo subito dei fronti di alleggerimento molto lontani dall'area storica sunnita . Per avere efficacia occorrerà colpire un ventre molle della coalizione : una basemilitare che non sia un fortino, quindi una base logistica , sotto gli occhi di tutti , in una grossa città, facile da colpire e di grande impatto mediatico e che sminuisca le vittorie americane nell'offensiva al nord. Nello stesso tempo occorre dare un segnale forte a quegli stati che sono ad un passo dall'intervenire in Iraq dopo che Bush si è detto possibilista in un maggiore coinvolgimento internazionale nella ricostruzione irachena. Si incomincia a sparare sugli inglesi, poi si ammazza un polacco, in attesa che l'attenzione cada su quegli scemi di italiani che non hanno speso i soldi per alzare muri immensi intorno ai loro accampamenti e che credono che le basi logistiche si tengono in pieno centro abitatoper meglio muoversi velocemente come fanno a casa loro, con Castro pretorio a portata di mano . Tutto il contrario di ciò che fanno gli USA che piazzano le basi logistiche sia in Afghanistan che in Iraq in zone desertiche, recintate , controllate da radar di sorveglianza e sensori elettronici e coperte 24 ore su 24 da elicotteri Apache sempre in volo. Voi direte che tutto ciò comporta un grande dispendio di energie, limita troppo le capacità operative, fa sembrare gli italiani non "degli italian" bensi quasi degli alieni dalla popolazione e farebbe un po' senso alle varie commissioni parlamentari in visita che vogliono vedere i nostri carabinieri che abbracciano i bambini, ospitano in caserme le scolaresche, ci fanno i campi di calcetto ecc..ma è l'unico modo per rischiare al massimo un morto o due saltati su qualche mina radiocomandata, mica quaranta uomini come l'altro giorno... alllora si poteva evitare? Io vi rivolgo un'altra domanda , quali evoluzioni avremo? Facendo un raffronto ad altri tempi, in vietnam la diminuzione dell'impegno militare passò con l'appoggio ad un regime fantoccio retto da una corrotta classe politica e militare che fece della discriminazione delle minoranze tribali la propria linea politica. tutte le etnie aliene furono definite "viet" assistemmo quindi all'instaurazione di un regime che fece più adepti alla causa vietcong per le sue malefatte che la stessa propaganda "viet". Il nuovo piano d'emergenza bremer..." accellerare passaggio nellle mani degli iracheni"... potrebbe inaugurare una nuova fase, dove si potrebbe passare a quella che si definiva indocinesizzazione della guerra ( che si scannino tra di loro) e permettere ad un relativo sganciamento, attestandosi a difesa di oleodotti e pochi obbiettivi sensibili e tra questi sarà la difesa del traffico aereo e degli aeroporti. Nuove generazioni di armi antiaeree portatili stanno per soppiantare gli Stinger e l'Iraq potrà diventare un buon banco di prova.... l'osservatorio sui Balcani di Brindisi brindisi 13-11-03 |