commenti alla finanziaria

di carlo catalano

Il 24 ottobre diventa operativa la legge Biagi sulla riforma del
mercato del lavoro, dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale del
decreto legislativo 276, che la rende applicativa. Il testo riduce
fortemente la possibilità di inserimento mirato delle persone con
disabilità nei normali posti di lavoro.

di Salvatore Nocera
La legge Biagi sulla riforma del lavoro diventa operativa,
assestando
un bel colpo alla possibilità di inserimento lavorativo mirato
previsto dalla legge 68/99. In gazzetta ufficiale (n.235), è stato
infatti pubblicato il 9/10/2003 il decreto legislativo n. 276 del
10/9/2003, applicativo della legge 30/03, che riforma il mercato del
lavoro. L'articolo 14 del testo definitivo migliora il testo
originario - contro il quale avevano diretto dure critiche tutte le
associazioni di disabili e loro familiari, perché praticamente
svuotava di significato la parte più innovativa della legge 68/99
sul
collocamento lavorativo "mirato" su progetto personalizzato delle
persone con disabilità.

Il nuovo testo, nonostante qualche correttivo introdotto, rimane
però
fortemente negativo, perché riduce fortemente le possibilità di
inserimento nei normali posti di lavoro. La nuova norma prevede che
la Commissione provinciale tripartita per l'impiego stipuli
convenzioni-quadro territoriali (probabilmente provinciali) coi
sindacati dei lavoratori, dei datori di lavoro e con le cooperative
sociali e loro consorzi per l'affidamento a queste ultime di
commesse
di lavoro. Tali convenzioni debbono essere approvate dalle Regioni.

Le convenzioni-quadro legittimano le imprese, obbligate ad assumere
lavoratori svantaggiati e quindi anche con disabilità, ad adempiere
all'obbligo di assunzione, affidando ad una cooperativa sociale i
lavoratori disabili che avrebbe dovuto assumere. Le convenzioni
dovranno individuare l'ammontare del  valore delle commesse
affidate,
il costo di ogni lavoratore ed il rapporto fra questi due valori
indicherà quanti lavoratori l'impresa "scarica" alle cooperative
sociali. Il costo del lavoro non è calcolato con riguardo ai
contratti collettivi delle imprese, ma con riguardo a quelli delle
cooperative sociali. In tal modo, il numero dei lavoratori da
affidare alle cooperative sociali aumenta, essendo il quoziente di
una divisione col divisore più piccolo.

A questo scempio della legge 68/99 si pone un correttivo, che
equivale ad una foglia di fico, stabilendo che le convenzioni
debbano
stabilire i limiti percentuali massimi di dirottamento di
lavoratori,
oltre i quali permane l'obbligo di assunzione. Facciamo un esempio:
si potrà prevedere che un ventesimo soltanto  verrà inviato alle
cooperative sociali.

Questo apparente correttivo, però, è puramente simbolico. Infatti è
stabilito che il limite non si applica alle imprese che hanno da 15
a
35 dipendenti, le quali hanno l'obbligo di assumere un solo
disabile.
Siccome tale unico lavoratore deve essere assunto con chiamata
nominativa e quindi con progetto mirato, per queste imprese, la
norma
di legge è stata abrogata, senza dirlo ufficialmente.

Per le imprese che hanno da 35 a 50 dipendenti l'obbligo di
assunzione prevede l'assunzione di un lavoratore con chiamata
nominativa, cioè su progetto mirato; pertanto per queste imprese il
50% dei lavoratori da assumere in modo nuovo viene mandato in
cooperative, quindi un limite inferiore non è possibile. Per le
imprese che hanno più di 50 dipendenti, l'obbligo di assunzione è
pari al 7% dei dipendenti, di cui il 60%, sono assunti con chiamata
nominativa; anche per questi l'esternalizzazione dei lavoratori alle
cooperative  riduce enormemente il collocamento mirato.

Ma la cosa più grave è che la percentuale massima di lavoratori da
convogliare nelle cooperative non è fissato a livello nazionale, ma
ogni convenzione-quadro provinciale potrà liberamente fissarla, a
seconda della maggiore o minore forza contrattuale delle imprese o
dei sindacati dei lavoratori. Ovviamente questo sarà previsto nelle
convenzioni-quadro; in applicazione  di tali convenzioni, le singole
imprese decideranno se e quando aderire. E qui si aprirà un nuovo
varco di discrezionalità.

Quali lavoratori con disabilità saranno oggetto di questo "rigetto"?
la norma parla di lavoratori "che presentano particolari
caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo
ordinario", secondo valutazione esclusivamente rimesse ai comitati
tecnici operanti presso le Commissioni tripartite. Ora, trattandosi
di lavoratori con disabilità tutti "presentano particolari
caratteristiche" e moltissimi avrebbero "difficoltà di inserimento",
se non fossero contrastate dalle nuove tecnologie e dalle modalità
del progetto di inserimento mirato. Anche qui la vaghezza della
formulazione normativa si presta a svuotare di senso la novità della
legge 68/99.

D'altra parte, che il mondo delle imprese facesse affidamento su
formule normative vaghe per svuotare sempre di più l'obbligatorietà
delle assunzioni si è visto chiaramente con l'approvazione del
decreto legislativo sulla "non discriminazione dei disabili nel
rapporto di lavoro, laddove  non viene considerata pratica
discriminatoria quella causata "dalla natura del rapporto di lavoro
e
dal contesto nel quale esso si svolge".

La Confindustria gongola; le cooperative sociali, anche se non
tutte,
lo stesso; le famiglie dei lavoratori con disabilità meno sensibili
al valore innovativo della legge 68/99 sono pure soddisfatte, perché
i loro cari sono al sicuro in un luogo protetto, non considerando
grave la circostanza che questi lavoratori non saranno mai veramente
integrati, trovandosi prevalentemente fra loro in un circuito
parallelo a quello del lavoro ordinario e con esso non comunicante.
Questa norma  può considerarsi il sigillo sulla bara della legge
68/99. Speriamo che i lavoratori con disabilità, che hanno
sperimentato positivamente l'integrazione scolastica, si ribellino a
questo inimmaginabile arretramento delle nostre politiche del lavoro.