Carla Rugger.

 

 

Abbiamo letto i tre libri di Carla Rugger, ma l'ultimo, in ordine di date, quello cioè del 1994 e' il libro che più ci ha colpito e ci interessa, forse perché segue l'evoluzione letteraria della scrittrice ed e' quindi, più intrinseco di memoria, esperienze espressive e capacita' di sunti esplicativi. Le 28 pagine che si assorbono rapidamente, tutte racchiuse nel titolo significativo - Veglio il presente - , che detto nella nostra società, dove tutto e' distrattamente rapido, bruciato, gettato ed inquinato, ci risulta essere un bell'impegno.,non  complicate da leggere  :   Una voce nella notte fende il mio silenzio. Roca assurda voce..... turba l'ora quieta.   Oppure :   Qualche volta..... le mie dita tendono, ma un remoto rancore si accende e si spegne. Come una lampadina un pò stanca che ha consumato la sua parte migliore.   Nelle quali si sente, sulla propria pelle, una riflessione inerme e nello stesso tempo un desiderare la vita migliore, che cambi e si evolvi in AMORE.   Non e' ..... che dolore..... che martella inesistente sulla soglia - ancora sordo - mai domo al pianto.   come un bimbo..... cerco in questo vivere che mi divora dentro. Affondo tra le sue vesti cresco, un'attesa viva di speranza. Vigilo, mi faccio attenta.   Eppure, anche se non e' un libro complicato, poesia ermetica, di avanguardia e ricerca sperimentale letteraria, nelle sue pagine esiste un'intera emozione detta d'un fiato che richiama la speranza .....pesci rossi non più in un acquario.  

Oggetto: risposta alla recensione Veglio il presente

Caro Namir,ho letto la tua recensione di Veglio il presente e ti ringrazio della tua analisi che tuttavia "sfugge",non "affonda"
sufficientemente nel tessuto poetico di una realtà disarmata e disarmante. A mio parere credo sia giusto che il poeta si ribelli a una soluzione così rapida dell'evolversi del suo pensiero poetico.Ma cosa vuol dire -poesia ermetica,d'avanguardia... E' possibile che la Poesia,oggi,debba ancora rinchiudersi in artifizi che occultano la sua vera identità?La Poesia non si nasconde,si fa attenta,vigila,si accorge del tutto universale... Se la mia poetica non è abbastanza"forte",significa che allora "essa" non mi "prende" abbastanza. Perdonami,caro Namir,io preferisco lo scontro dialettico,null'altro. Ti ringrazio ancora per il tuo impegno nel leggermi.                                                                                              Carla Rugger  

 

  Cara Carla Rugger, la poesia di ricerca sperimentale e lo saprai sicuramente meglio di noi, e' quella che nasce con i dadaisti - poi risperimentata dai futuristi - quella che esplodeva nel coinvolgimento, nel tentare uniti all'azione la poesia diversa. Nella sperimentazione letterale di Tomas Dylan - saltano le virgole saltano le logiche saltano rime e tutto si trasforma anche in disegno.   Ma, senza voler apparire i sapienti, di poesia sperimentale, quando ne parliamo pensiamo anche ai :

 

Tam-Tam - rivista di poesia sperimentale della casa editrice Geiger, diretta da A. Spatola e G. Niccolai, fondata nel 1975.

Generazione del '27 - , definizione data da D. Alonso ad un gruppo di poeti spagnoli che contribuirono ad un'eccezionale fioritura poetica negli anni Venti e Trenta e che si rifacevano a L. de Góngora (il terzo centenario della cui morte fu, appunto, celebrato nel 1927). Recuperando la grande tradizione colta spagnola (dal gruppo del '98 a J. R. Jiménez), questi poeti si avvicinarono, al contempo, alle avanguardie europee del periodo per la componente sperimentale ed innovativa della loro poesia. Negli anni Trenta la loro esperienza fu segnata da un comune impegno politico e sociale che, in alcuni, giunse a postulare lo sbocco rivoluzionario come unica possibilità di realizzazione dell'uomo.

Hellaakoski Aaro Antti, poeta finlandese (Oulu 1893-Helsinki 1952). Esordì con poesie di genere fortemente sperimentale ("Dall'elegia all'ode", 1921), per poi passare a composizioni più equilibrate ("La nuova poesia", 1943).

Cacciatore Edoardo, poeta italiano (Palermo 1912). È a ragione considerato una voce originale nel panorama dei poeti del Novecento per la sua poesia sperimentale, con influssi ermetici e neorealisti. Schivo di carattere, si è rivelato grazie a critici e lettori attenti, tra le sue raccolte in versi troviamo "Lo specchio e la trottola" (1960) e "La puntura dell'assillo" (1987).

Moore Marianne, poetessa (Saint Louis 1887-New York 1972). Appartenne alla schiera dei poeti attivi durante la prima guerra mondiale. La sua poesia si può definire sperimentale, sempre alla ricerca di timbri e metriche, senza abbandonarsi mai al cantabile. Tra le sue raccolte di versi: "O essere un drago" (1959), "Chiamami chiamami" (1966).

Guglielmi Guido, critico italiano. (Rimini 1930-). Partecipò alle attività del Gruppo 63, di cui contribuì a redarre l'antologia "Manuale di poesia sperimentale" (1966). La sua opera critica, basata anche sull'attenta conoscenza dei critici del passato ("Da De Sanctis a Gramsci: il linguaggio della critica", 1984), riguarda prevalentemente la letteratura del Novecento ("Letteratura come sistema e come funzione", 1967; "La prosa italiana del Novecento", 1986; ecc.).

Lanuzza Stefano, poeta italiano (Villafranca Tirrena 1947-viv.). Poeta sperimentale, soprattutto per la scelta assai poco convenzionale delle sue fonti linguistiche. Opere: "Thanatocenesi" (1973), "Logosfera" (1975); svolge anche l'attività di critico letterario. Fra i suoi saggi: "L'apprendista sciamano. Poesia italiana degli anni settanta" (1979), una monografia di Savinio.

Heissenbüttel Helmut, scrittore tedesco (Rüstringen 1921-). Esponente della poesia sperimentale, traduce nello sconvolgimento delle forme sintattiche tradizionali la propria concezione del mondo moderno come frammentario e alienato. Accanto alle raccolte di liriche ("Combinazioni", 1954; "Topografie", 1956) e diversi saggi in cui espone la propria poetica, si colloca nello sperimentalismo anche il romanzo "Progetto Nr. 1: la fine D'Alembert" (1970).

Leonetti Francesco, scrittore italiano (Cosenza 1924). Scelse un tipo di narrativa e di poesia sperimentale, controcorrente rispetto al predominante neorealismo del secondo dopoguerra. Nel 1955 creò insieme a P. P. Pasolini e a R. Roversi la rivista "Officina". Intellettuale militante, teso ad una analisi e a una critica profonda della realtà sociale, assunse delle posizioni estreme che si ritrovano nei suoi scritti successivi al 1968 come i romanzi "Irati e sereni" (1974) e "Campo di battaglia" (1981). Fu molto attivo anche nell'organizzare e promuovere la cultura e la letteratura con la casa editrice "Lavoro liberato" e con le riviste "Alfabeta" e "Che fare, Zibaldone". Tra le sue opere: "Antiporta" (1952), "Conoscenza per errore" (1961-78), "Tappeto volante" (1967), "Percorso logico del 1960-75" (1976), "Un lavoro mentale" (1977), "In uno scacco" (1979), "Carducci e i suoi contemporanei" (1955), poesia: "Poemi" (1952), "Arlecchinata" (1955), "La cantica" (1959).

Porta Antonio, (lett.) pseudonimo di Leo Paolazzi, poeta e romanziere italiano (Milano 1935-Roma 1989). Membro dei «Novissimi» e del «Gruppo 63», collaborò a diverse riviste tra cui "Il Verri", "Maleborge", "Quindici" e fu redattore di "Alfabeta". Dopo qualche prova narrativa ispirata alla tematica beckettiana ("Partita", 1967, "Il re del magazzino", 1978), divenne noto soprattutto come poeta sperimentale. Nella sua opera ha descritto, con linguaggio povero, l'alienazione e lo squallore dell'esistenza vissuta ai margini della grandi città, come è testimoniato dalle raccolte "La palpebra rovesciata" (1960), "Zero" (1963), "Aprire" (1964), "Quanto ho da dirvi?" (1977). In seguito, in "Passi passaggi" (1980) ha affrontato, in tono ironico e aggressivo, il delirio reale ed onirico dell'uomo moderno. A queste hanno fatto seguito un'opera teatrale: "La presa di potere di Ivan lo sciocco" (1974) e l'antologia da lui curata, "Poesia degli anni Settanta" (1979). Nelle sue ultime opere ha approfondito, in senso metaforico, la sua analisi relativa alla situazione dell'uomo moderno: "Se fosse tutto un tradimento" (1981), "Emilio" (1982), "Invasioni" (1984, premio Viareggio), "Nel fare poesia" (1985), "Melusina" (1987) e "Il giardiniere contro il becchino" (1988).

 

Insomma ecco in poche presentazioni, cosa pensiamo, quando pensiamo allo sperimentale in letteratura.

Ma lei ha ragione, quando comunica di non desiderare la poesia inserita in schemi, che la poesia e' tutto e niente, e' indefinibile come un'emozione ed e' proprio nel riuscire ad essere unici l'arte della poesia, ed in questo la difficolta' del poeta. Diciamo piu' semplicemente che le emozioni le proviamo tutti e per ogni singolo la stessa emozione e' diversa dall'altro, non si possono descrivere tutte le sfumature della paura, o dell'amore, ma e' proprio quando ci si mette a descriverle non solo per se stessi, che bisogna avere una conoscienza di quanto ci e' intorno e quindi anche della storia della poesia se non in tutte, ma in alcune fondamentali intrinseche evoluzioni espressive.

Veglio il presente - il titolo del suo libro, e' molto ma molto impegnativo, perche' nel presente c'e' anche la memoria, la vita passata, ed e' anche per questa sua frase, data al libro, che ci e' sembrato importante parlarne e se lo desidera continuare la discussione, con sue piu' recenti produzioni letterarie od altri interventi alla nostra - riflessione - sui suoi scritti. In quanto al non - affondare - nella nostra presentazione, attraverso le sue poesie, all'analisi contemporanea e sociale, nasce dal fatto che nei confronti di questa, la sua incisivita' non e' evidente e predominante in quanto esprime. C'e' malinconia, desiderio di trasformazione, ma non analisi in quanto accade nel mondo se non comunicato in questi contrasti.

Aggiungeremo questa sua risposta e la nostra all'interno della - presentazione - al suo libro nelle pagine di Namir - perche' questo dialogo, lo riteniamo importante per capire la sua persona, noi, la poesia ed anche in Internet il suo percorso letterario basato soprattutto sul confronto.

Caro Namir,il tuo approfondimento sulle poetiche sperimentali è notevole,con rammarico non le conosco tutte,e non credo valga il detto:"conosci un poeta,conosci anche gli altri". Ogni poeta ha un suo mondo che poi risulta essere anche nostro.Ognuno coglie le sue alterne realtà,"scoprendo" la sua parola,rivestendola di significati occulti,o rinchiudendola in codici ardui talora per il lettore. Hai "allungato"il tuo discorso critico sulla poetica che mi appartiene.Benissimo,nulla da obbiettare,se non quando tu affermi che"all'analisi contemporanea e sociale...la mia incisività non è evidente e predominante in quanto esprime." Può essere,ma non per me.Amo quei poeti  che  con il  loro"canto" di denuncia ai soprusi,le sopraffazioni di un potere talora accentratore e di disuguaglianza sociale "sollevano"quel velo di apatia che ricopre la coscienza di  parte del tessuto sociale;ma importante,per me,allo stesso modo,se non di più,la Poesia di Emily Dickinson che della sua vita ha fatto poesia,che da volontaria reclusa si è impossessata del mondo,della Natura e dei suoi grandi e minuscoli abitanti. Tutto per Lei era degno di attenzione,tutto era proiettato nell'immortalità,la morte- atto necessario-nel quale"gettarsi"inerme e vincitrice,talora di Colei che ne aveva timore; dunque,il suo mondo,la sua realtà,gli affetti ,le piccole cose d'ogni giorno,lo sguardo al di là del suo giardino- tutto era per Lei fonte di meraviglia e di rinnovato stupore- l'Amore  lo profondeva a piene mani,donava se stessa.piccole e grandi cose colte nell'immensità del suo spirito,nessuno dimenticato,negato. Mi sento profondamente vicina a questo suo mondo,il disagio interiore di un'anima che accoglieva in sè il dolore dell'umanità cercando in sè e al di fuori di sè. Le domande che mi pongo,le angosce che risalgono a galla,le illusioni ma anche le piccole speranze,le minuscole gioie diventano,io credo,anche degli altri,non più totalmente mie. Non posso cambiare la tua opinione nei confronti della mia poetica,ma posso dirti quello che mi importa veramente:la ricerca della verità, la libertà in ogni sua forma,la giustizia,che non giunge mai ad esprimere se stessa fino in fondo. (Spero di farvi piacere aggiungendo due mie ultime liriche.)                                                                                               A tutta la redazione Namir un caldo saluto                                                                                                                    Carla Rugger                                                                                                                                                                                                                                       FOIBE     I morti giungono dal passato con l'antico fardello del dolore.   Nel presente silenzioso esistono. Frangono come perenni onde nel futuro imprescindibile.   E là tacciono e sussurrano come i fili d'erba soggiogati dal vento.

      SOLAMENTE     Cosa resta di un un uomo se la memoria dimentica.   Solamente un grumo di polvere che aderisce alla terra che muta e trasfonde.   Solo Natura      madre gelosa rinserra nel suo abbraccio infinito la memoria di un uomo.                      Carla Rugger    2000  

    Carissima, le regole di una poesia le detta il poeta, e poi, come si dice spesso, quando queste vengono comprese, sono pronte per essere distrutte da nuovi poeti per nuove strade. Spesso pero' accade, che ci si avvicina alla poesia come strumento d'AMORE, e' la sua prima caratteristica, il suo primo punto focale relazionato ad un IO ed una LEI-Lui. Parlare di poesia civile - sociale - impegnata - di una poesia ermetica - od altro, non spetta ai critici, che provono meno sentimenti di quanto leggono, e sentirli e' quanto ci risulta difficile fare. Come si puo' dire di Panagulis, quando scrive in un tombino,nel quale era stato rinchiuso, versi indimenticabili con il sangue per inchiostro, un cerino per penna, muri e piccoli pezzi di carta per fogli ? - che poesia e' ?   Noi non abbiamo affatto detto che la sua poetica e' una poetica negativa, che il suo libro e' brutto, abbiamo semplicemente constatato che il suo - vegliare - in questo libro, non e' rivolto al sociale, ma a stati d'animo, emozioni, malinconie e solitudine. Le sue due nuove poesie, confermano una ricerca, forse anche piu' cupa della precedente, il pensare alla - FINE- e nel descriverla, il rinascere CREATIVAMENTE. Speriamo tutti come lei, che l'uomo non perda memoria, nel suo essere rapido, troppo, e nel suo desiderare ormai l'inutile delle cose.

 

 


Redazione Namir.