CRONACA DI UN OMICIDIO

 

Mi svegliai molto tardi quel giorno, doveva essere già pomeriggio. La testa mi procurava un dolore incredibile e mi sentivo come se non avessi affatto riposato durante il sonno. Non mi ricordavo nulla di quello che mi poteva essere accaduto la notte precedente. Non sentivo fame ed uscii dopo essermi vestito velocemente.

Mi ritrovai a vagare per il centro di Gorgona senza alcuna meta, il passo incerto e l'andatura traballante. Un individuo mi urtò accidentalmente camminando soprappensiero. Provai rabbia, ma non riuscii a dire nulla. La sagoma che mi aveva colpito chiese scusa e si dileguò più velocemente dei miei pensieri. Rapidamente calarono le tenebre e le luci della città presero vita. Il tempo trascorreva irregolare ed io non avevo la minima idea di che ora potesse essere.

Un poco alla volta le vene di Gorgona si riempirono di facce anonime che mi guardavano insensibili di sfuggita e mi roteavano attorno vorticosamente. Dolore alle gambe dovuto alla stanchezza. La folla mi soffocava. Il mal di testa si fece lancinante. Cercai rifugio in una viuzza secondaria senza sapere dove mi avrebbe condotto. Un uomo chiuse con violenza la saracinesca di un negozio producendo molto rumore. Provai fastidio, ma lentamente proseguii.

Ormai mi dovevo essere allontanato molto dal centro, perché le strade che stavo percorrendo erano quasi deserte. Le facce che prima mi soffocavano ora mi mancavano e mi sentivo solo. Le odiavo per questo. Desiderai essere a casa. Avevo fame ed ero piuttosto stanco. Guardai il nome di una traversa che incrociai: non mi diceva nulla. Dovevo assolutamente tornare verso il centro, ma da che parte era? Cercai invano di raggiungerlo, ma le strade non me lo concedevano, ero costretto ad allontanarmi sempre di più.

Mi resi conto di trovarmi nei bassifondi e doveva essere ormai notte inoltrata. Non era un luogo sicuro quello. Ero l'unica anima in giro ed in caso di pericolo non avrei potuto chiedere aiuto a nessuno. Barcollai disperato continuando il mio inutile cammino. Una sagoma in lontananza. Mi rallegrai, non ero solo. Poi ebbi timore, chi poteva essere? Veniva nella mia direzione. Mi accorsi di aver accelerato il passo. La distanza che ci separava stava diminuendo rapidamente.

Era una donna. Mi tranquillizzai. Potevo chiederle aiuto per tornare a casa. Mi fermai inconsapevolmente. Era arrivata ormai a pochi passi da me. Cosa potevo chiederle? Mi squadrò rapidamente dalla testa ai piedi, ma quando i nostri occhi s’incrociarono guardò da un'altra parte. Ancora pochi passi e mi avrebbe superato. Sentii i muscoli tendersi. Una sensazione di torpore e, nello stesso tempo, di eccitazione mi salì rapidamente dalle gambe. La donna mi affiancò con passo spedito. Strinsi i pugni fino a provare dolore. Un'ondata emotiva m’investì il cervello e la vista mi si annebbiò.

"Scappa!" Volli urlare, ma la bocca era bloccata e la mia gola non riusciva ad emettere alcun suono. La donna mi superò. Mi voltai. La sua figura confusa e attorno le pareti degli edifici mi precipitarono addosso. I miei occhi si bloccarono sulla sua testa che ondeggiava, come già morta, ad ogni passo. Con un balzo le fui addosso. Le mie mani raggiunsero rapidamente il suo collo e strinsero forte. Un urlo soffocato poi tutto fu nero.

Quando ripresi a vedere trovai la donna distesa ai miei piedi. Morta. Fui preso dal panico. L'avevo fatto ancora, avevo ucciso un essere umano! L'ultima volta che commisi un omicidio giurai a me stesso di non farlo più, di riuscire a controllarmi, ma era più forte di me. Mi guardai attorno. Nessuno. Le finestre degli edifici che avevano assistito tacitamente al mio delitto erano buie. Nessuno aveva visto. Scappai e, alla prima traversa, mi fermai. Uno sguardo in dietro. Il cadavere era ancora là, lontano. Una macchia nera immobile nella notte. Girai l'angolo e corsi via.

Dopo aver superato un labirinto di vicoli mi ritrovai nuovamente nel centro. Diverse persone si trovavano ancora a passeggio separatamente per le strade intente a rincasare. Rallentai il passo istintivamente per non dare nell'occhio. Mi confusi fra i passanti sentendomi al sicuro ed innocente proprio come essi si sentivano.

Un viaggio a Gorgona.

Mi capitò spesso di trovarmi a Gorgona per motivi di lavoro e da sempre provai il perverso desiderio di far visita ai suoi famosi circoli di fumatori di hashish, così un giorno, sul far della sera, avendo portato a termine i miei affari in un tempo inferiore al previsto, decisi di tentare questa nuova ed affascinante impresa.

Rimasi inizialmente molto deluso dall'aspetto esterno dell'edificio che ospitava quei fumi proibiti per via della sua semplicità. Avevo sempre attribuito nella mia immaginazione una certa stravaganza a quei luoghi e mi sorpresi quando vidi che questo si inquadrava perfettamente nella scarna e fastidiosa monotonia delle altre costruzioni di quel quartiere. Colpii un paio di volte la porta d'ingresso col battente che vi stava appeso solamente per non mancare al mio proposito, ma fortemente tentato a lasciar perdere tutto. Fui accolto da una non giovane donna dall'aspetto esperto ed accattivante che mi fece entrare parlandomi con una voce dolce e suadente. I suoi toni maliziosi fecero immediatamente risvegliare il mio desiderio di visitare quel luogo. Depositai in una stanza apposita cappotto e valigia e fui immediatamente introdotto in un corridoio malamente illuminato da una debole luce gialla e piuttosto stretto che terminava in un'apertura nella quale una pesante tenda di un viola molto scuro impediva di vedere al di là. La donna che mi aveva fatto entrare nell'edificio mi sussurrò quasi incomprensibilmente in un orecchio di proseguire e mi lasciò solo. La seguii con lo sguardo per alcuni secondi mentre tornava all'ingresso dal quale io ero entrato.

Attraversai velocemente il corridoio in cui mi trovavo e varcai deciso la massiccia tenda, ma fui subito costretto a bloccarmi reggendomi a fatica sulle mie tutt'altro che malferme gambe. Una densa vampata di fumo caldo e maliziosamente profumato mi aveva invaso il naso e si era irradiata immediatamente in tutto il mio corpo. Vacillai sorpreso per un attimo e solo dopo alcuni secondi riuscii ad osservare il luogo nel quale ero entrato. Doveva trattarsi sicuramente di una stanza piuttosto grande, ma la gravida nuvola di vapori e di fumi artificiali che la riempivano e le fioche luci di un maligno giallo caldo che la illuminavano debolmente non mi lasciarono prendere coscienza delle sue reali dimensioni. Solo dopo queste preliminari ed appannate osservazioni iniziai a percepire i rumori che mi giungevano alle orecchie. Numerose persone di entrambi i sessi, sedute o sdraiate su un'enorme varietà di cuscini vistosamente ricamati e colorati che riempivano tutto il pavimento, dialogavano tra loro, alcuni anche ad alta voce, impegnati in intricati discorsi. Qualcuno dormiva e qualcuno gemeva godendo di sublimi piaceri sessuali. Cinque o sei splendide giovani donne si aggiravano per la sala ed entravano od uscivano da aperture laterali che appena entrato non avevo notato con vari oggetti in mano.

Mi addentrai lentamente in quel paesaggio diabolico ed accattivante senza sapere esattamente cosa fare e dove andare, finché un gruppetto di uomini e di donne, vedendomi indeciso, mi chiese di unirmi a loro. Iniziarono a riempire un intrigante cilum intagliato di legno con tabacco e hashish e lo accesero. Fui particolarmente colpito ed attratto dal volto di una ragazzina del gruppo, molto più giovane di me e di tutti gli altri componenti, che fumava con una spavalderia innaturale e stupefacente per la sua età. Anch'io fumai e lentamente, ma inesorabilmente, l'effetto dell'hashish iniziava a far presa sul mio organismo. Le immagini che mi balenavano davanti agli occhi si confusero sempre più e quell'orgia di voci che caratterizzava tutta la stanza si impresse nella mia mente. I miei improvvisati compagni prepararono ed accesero un'altra volta il cilum, senza lasciare che mi capacitassi di cosa stava accadendo alla mia mente. Fumai ancora ed ancora...

Improvvisamente tutte le sensazioni del mio corpo si moltiplicarono e l'impatto che mi diedero fu talmente prepotente ed impetuoso da farmi vacillare. Mi ritrovai accasciato al suolo senza essermi accorto di cadere e mi rialzai preso da una confusione totale, ma dopo pochi passi inciampai in una figura sconosciuta che si trovava davanti ai miei piedi e caddi nuovamente. Caddi come morto su un grande e soffice cuscino provando una dolcissima sensazione di freschezza sentendo la stoffa più fredda del resto dell'ambiente sulle mie infuocate guance. Dopo qualche minuto girai su me stesso per vedere cosa mi aveva fatto cadere e vidi un uomo ed una donna seminudi sensualmente avvinghiati che nemmeno si erano accorti di me. Cercai di rialzarmi per non disturbare i loro piaceri, ma anche questa volta feci pochi metri e caddi ancora. Rinunciai all'inutile e faticoso intento di camminare e rimasi dove ero arrivato. Stetti immobile a guardare attorno a me, senza vedere nulla con precisione, quando una donna mi si avvicinò strisciando provocatoriamente a terra e nascondendo le sue nudità con dei cuscini. Poteva avere una quarantina d'anni, o anche di più, poco importava, perché era bellissima e il suo volto sembrava impersonare la perversione che regnava in quel luogo. Avvicinò il suo corpo al mio intrecciando le sue gambe nude e calde alle mie. Mi porse un grosso narghilè che teneva in mano ed iniziammo a fumare assieme. Un sapore caldissimo e pastoso mi invase la bocca, ma si trasformò in un fuoco ardente attraversandomi la gola. Continuai a fumare avidamente, inebriato da quel turbine vorticoso di sensazioni, mentre quella misteriosa donna seguitava a strofinarsi contro il mio corpo eccitandomi. Non riuscivo più a distinguere le sensazioni che mi venivano da una singola parte del corpo, ma tutto il mio organismo provava piacere dal contatto con quella sinuosa e perfetta creatura femminile. Ella prese a svestirmi ed a baciarmi appassionatamente ed io ad accarezzarla. Terminammo di fumare il narghilè e giacemmo assieme...

Quando mi risvegliai erano passate alcune ore e nella stanza molte persone erano andate via e le rimanenti stavano ancora dormendo sonni artificiali. Avevo un terribile mal di testa. Mi occorse molto tempo perché ricordassi tutto quello che era accaduto, ma non ritrovai la donna che aveva trascorso quella sorprendente notte d'amore con me. Se non avessi trovato il suo braccialetto a terra accanto ai miei vestiti, avrei potuto credere che fosse stata solamente una ninfa della perversione creata dalla mia mente per l'effetto della droga. Non frequentai più quei luoghi, ma ancora ricordo con piacere le emozioni provate in quella depravata serata.

 

Gian Luca