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Senza titolo.

di Mostro Joe

Spielberg aveva dichiarato, in occasione dell’uscita nelle sale della pellicola "Salvate il soldato Ryan", che il suo intento non era quello di proporre un prodotto hollywoodiano, bensì un film che mostrasse il reale volto della guerra, che risultasse essere, senza inutile retorica, un pugno nello stomaco. Distruggere l’epica del film di guerra americano. Concentrarsi sull’uomo, sul soldato. Mostrare con crudo realismo l’effettivo svolgersi di una battaglia.Spielberg, nonostante un film comunque peculiare e molto ben fatto, tutto sommato fallisce, volente o no, molti degli obiettivi che s’era preposto.Ma dove Steven Spielberg fallisce, riesce invece, con una perfezione assoluta, Terrence Malick, con "La sottile linea rossa".Nato 56 anni fa, nell’Oklahoma, il regista, oggi residente in Texas, era stato giudicato, dopo i suoi due film "Badlands", del 1973, con Martin Sheen, e "I giorni del cielo", con Richard Gere, datato 1978, uno dei registi più promettenti di Hollywood. E’ sparito da allora, rifiutando perfino di essere fotografato, rientrando in scena solo adesso, con una sceneggiatura ispirata ad una novella dello scrittore James Jones, uno scrittore-soldato che ha vissuto in prima persona, sulla propria pelle, l’evolversi della seconda guerra mondiale nel Pacifico.Il film, per girare il quale le star americane hanno fatto la fila ed accettato bassissimi compensi, se comparati ai loro usuali cachet, va però oltre la semplice vicenda bellica, prendendo infatti la guerra quale pretesto per ragionare sulla corruzione apparentemente insanabile dell’animo umano, sulla caduta dell’uomo.La storia è ambientata durante la battaglia di Guadalcanal, 1942, uno dei momenti più tragici della guerra nel Pacifico, ma non è volutamente chiaro in quale momento della battaglia prende vita la vicenda, semplicemente perché questo non ha alcuna importanza, non si tratta di raccontare la storia, ma gli uomini.L’isola di Guadalcanal, con la sua lussureggiante vitalità, è quasi un altro protagonista del film, colpisce più di una volta lo splendore del verde che circonda i personaggi al loro arrivo, il continuo insistere su particolari come il colore, splendido, degli uccelli dell’isola, sulla presenza della vita anche nei momenti peggiori. Quale film di guerra s’è mai aperto con un primo piano di un coccodrillo che s’immerge, e quale film di guerra ha mai mostrato bellissime farfalle volare attorno a soldati impegnati in una carica suicida? L’isola di Guadalcanal rappresenta idealmente l’Eden, lo stadio primo del Creato, la concordia, la felice semplicità in cui i popoli indigeni vi vivono è la palese rappresentazione della letizia dell’uomo prima del peccato, del decadimento, rappresentato, questo, dalla guerra."L’uccisione di un uomo è il peggior crimine che si possa commettere, peggio dello stupro" viene detto durante il film, la guerra è la perpetrazione assoluta e ripetuta di tale orrendo misfatto.La missione, la distruzione di un bunker pesantemente fortificato, non serve né a giustificare l’enorme perdita di vite umane che l’azione comporta, né a glorificare minimamente i soldati della compagnia Charlie, alla quale appartengono i moltissimi personaggi del film, né a dare un senso all’intera vicenda, anzi, la riuscita della missione, attraverso le immagini, bellissime e tragiche al tempo stesso, dei giapponesi ormai vinti, non fa che rafforzare la sensazione di inutile sofferenza e sfinimento che permea l’intera opera.La conclusione, altamente lirica, pare concludere una sola, tristissima verità, l’uomo è preda del Male, lo teme, lo combatte, ma prima ancora che se ne sia reso conto, il Male lo fa suo, lo tenta, lo corrompe, e l’unica salvezza è Dio, Dio è l’unico punto di riferimento in tutta questa follia, mancando nel modo più assoluto immagini di stendardi e di bandiere, di qualsiasi nazionalità esse siano. Dio è l’ultima risorsa per l’uomo che combatte contro il Male, Dio è continuamente invocato dai soldati in battaglia. E, forse, solo la Morte conferirà all’uomo la pace eterna.Alla fine, ciò che rimane, su tutto, è l’immagine del Creato, della Natura, bellissima, bruciata, distrutta e violentata dall’azione folle dell’umanità ma che, nonostante tutto, malgrado tutto, continua ad esistere.