...il pezzo seguente è una riflessione....tratta dal reale......
vi auguro buon lavoro......
un sorriso
Ale
Di paradosso in paradosso
All'attenzione della Direttrice dei servizi sociali del distretto.
Egregia Dott.ssa
le lascio queste parole, pensando ai miei figli Caio e Sempronio, ritenendo
che si trovino in una situazione di grave pregiudizio.
Il contesto:
i bambini stanno vivendo all'interno di una difficoltosa separazione
giudiziale, iniziata verso il Marzo '98, sono attualmente affidati alla
madre, vivono con Lei e spesso con i nonni materni.
Cenni storici:
Una prima ipotesi di separazione era nata nel '94, prima della nascita di
Sempronio, in seguito all'allontanamento di mia figlia Rosa dal nostro
nucleo famigliare.
L'arrivo di Semprionio aveva allontanato quell'ipotesi senza peraltro
cancellare le motivazioni che ci avevano portato ad essa, e facendo anche
interrompere un percorso di mediazione famigliare che era in corso a quel tempo.
La decisione, da parte della madre, di "affidare" Sempronio ai nonni
materni, che avevano già messo in atto episodi di intolleranza sulla figura
paterna, ha col tempo portato ad una definitiva decisone.
Dopo un primo periodo di vacanza legale, durante il quale i rapporti tra me
ed i bambini sono stati molto difficoltosi, attraverso l'intervento del
giudice, rafforzato dalla relazione della Dott.ssa incaricata che
evidenziava gli ostacoli frapposti dalla madre al rapporto padre-figli, era
seguito un periodo in cui era stato possibile far sì, seppur con difficoltà,
che il rapporto stesso posse essere significativo.
Il paradosso:
A partire dalla fine di Luglio dello scorso anno quel rapporto è stato
interrotto.
Nel momento in cui sono andato per prelevare i bambini, che dovevano
trascorre con me le vacanze estive, Caio si è opposto e la madre ha lasciato
che fosse lui a decidere cosa voler fare e si è rifiutata di darmi i bambini.
Gli ostacoli che la Dott.ssa incaricata aveva evidenziato erano diventati
insormontabili.
Per oltre un anno vi è stata una costante avversione nei confronti della
figura paterna,
quando vedevo i bambini, la prima mezzora si passava per dirimere le accuse
che venivano rivolte nei miei confronti, fino a quando non riemergeva la
solidità del rapporto, sottolineata dalla Dott.ssa incaricata, che esiste
tra noi.
Questa modalità di rifiuto si è perpetuata fino a metà Gennaio, dopo
l'insuccesso dell'ultimo intervento della Dott.ssa incaricata.
Ero diventato un semplice oggetto di rifiuto, ma cos'altro potevano fare i
bambini?
Quale alternativa potevano avere di fronte a questo paradosso che si è
creato con la mancanza di assunzione di responsabilità da parte della madre:
se voglio l'affetto della mamma devo rifiutare quello di papà,
se accetto l'affetto di papà perdo l'affetto della mamma.
Ora, sull'importanza di un rapporto significativo tra padre e i figli
maschi, penso non ci siano dubbi: questo era anche uno dei punti di partenza
dell'ultimo intervento della Dott.ssa incaricata.
- Capire lo scopo dell'intervento
- Comprendere la resistenza
- Collaborare per risolvere
erano i punti dai quali partire per poter condividere i seguenti aspetti:
- i bambini non possono essere strumento di rancori personali
- ogni genitore ha il proprio stile personale ed è garante di sicurezza e
stabilità
affettiva dei bambini
- importanza del ruolo del padre nello sviluppo psicologico del bambino
- cosa comporta l'espropriazione della paternità
durante l'intervento Sempronio una volta ha deciso di venire con me, e al
ritorno nessuno lo stava aspettando!; avevo richiesto di prendere i bambini
all'uscita di scuola e la proposta era stata condivisa dalla Dott.ssa
incaricata ed è stata messa in atto una volta con successo.
Purtroppo nel momento in cui la Dott.ssa incaricata ha tolto prescrittività,
la madre si è rifiutata di collaborare.
Nella relazione (?) al tribunale, la Dott.ssa incaricata ha confermato la
relazione precedente, evidenziando difficoltà di rapporto tra padre e madre,
suggerendo una ricerca delle cause.
Non è stato effettuato nessun colloquio con i bambini !
Per uscire dal paradosso ho deciso di sottrarmi da esso, comunicando alla
madre e alla Dott.ssa incaricata che, rimanendo disponibile a tenere con me
i bambini, non sarei più andato a cercare di prelevarli a casa loro (anche
il suggerimento della Dott.ssa incaricata di prelevarli forzatamente è stato
rifiutato dalla madre).
Pare che questo cambiamento possa dare qualche risultato, che al momento si
è manifestato con un riavvicinamento da parte di Caio che ho visto a scuola
e che ha espresso la sua volontà di stare con me.
Alla luce di tutto quanto sopra esposto chiedo la Sua collaborazione per far
sì che vanga rispettato il diritto di Caio e Sempronio ad avere un rapporto
significativo anche col padre, attraverso una Sua richiesta di intervento da
parte del Tribunale Minorile.
Di paradosso in paradosso
Nel caso Lei non lo ritenesse opportuno, forse potrei avere un'ultima
alternativa:
quella di cancellare l'ultima cosa che può ancora far pensare che io sia il
padre di quei figli: la paternità biologica, il cognome.
Cos'altro mi rimane?
Non vedo i miei figli, non so cosa fanno, non posso controllare la loro
crescita psicologica, non posso far verificare se subiscano violenze
psicologiche, dopo che già violenza fisica è successa.
Cancellare l'ultima cosa che mi lega a loro sarebbe l'unico modo per poter
dare chiarezza a quanto sta succedendo e che porta i bambini ad un
disconoscimento dei loro sentimenti.
"Sento di volerti bene, ma per non perdere l'affetto della mamma devo
rifiutarti".
A quali danni psicologici può portare?
Certo, dal punto di vista materiale, nulla è da contestare, ma solo di
quella si nutre la crescita di un bambino?
Solo quello garantisce la nostra società, nella quale la madre trova la
forza di opporsi al rapporto paterno confortata dalla consuetudine che ci
dice che altre ipotesi non siano pensabili?
Forse in quel modo, di paradosso in paradosso, potrebbe almeno chiarirsi la
posizione della madre, consentendo che i bambini possano elaborare il lutto
per la perdita di un affetto che era parte di loro.
Un altro padre morto in più, uno dei tanti.
Per ora, esiste ancora un padre che canta la speranza, domani, forse,
chissà, potremmo avere un uomo che ci racconta di quel lutto.
9/2/00 13.48
Ho visto Eddy
La clessidra
non aveva ormai più sabbia
e le nuvole
si facevan troppo nere,
scelta obbligata.
Ne suoni ne colori,
pagavano il tiranno,
così, la morte,
unica scelta.
Ma oggi ho visto Eddy,
vita che guizza
nei suoi occhi,
luce
nel suo sorriso
e quel "papà!"
che scava in fondo all'anima,
lava rovente da inghiottire
per ritrovare il sole.
E scoppia l'universo
nel tuo abbraccio,
piccolo drago,
stelle lontane cantano
la gioia urlante
del mio cuore
e mille lupi
raccontano alla luna
le mie pene.
Nemmeno un bisturi rovente
cancellerà i ricordi
impressi nei tuoi gesti,
nessuna immagine imbrattata
t'ingannerà.
La dura pena ti ha insegnato:
"ascolta il cuore"
dice la dolce voce
che ora t'accompagna
nella tua danza della vita.