VASCO BENDINI

Il 1922 è il mio anno di nascita. Avevo diciassette anni quando è iniziata la II Guerra mondiale e ne avevo ventitre quando, il 6 agosto, un bombardiere americano sganciava la prima bomba atomica su Hiroshima. Dal ’49 al ’55 abbiamo subito gli effetti negativi della "guerra fredda": la pace era affidata a bombe nucleari trasportate da aerei speciali o assegnata a missili intercontinentali installati su sottomarini a propulsione nucleare.

Sui giornali si leggeva che sarebbero stati sufficienti dieci minuti di attesa per il lancio della nuova bomba H e nel ’66 i tempi per la distruzione dell’umanità si ridussero a quei due minuti che divennero il titolo di una mia opera, realizzata il 24 marzo 1966.

Nel 1956 carri armati russi invasero l’Ungheria e nel ’68 la Cecoslovacchia. In particolare, nel 1968, mi colpì l’uscita, a Praga, del Manifesto delle Duemila Parole, voluto da numerosi intellettuali ansiosi di realizzare un vero processo di liberalizzazione a cui idealmente aderii, con la esecuzione di una mia opera intitolata appunto Duemila parole. Avevo cinquantun anni, quando scoppiò il caso Allende che fu ammazzato, mentre difendeva con le armi in pugno la libertà del popolo cileno, sacrificata agli interessi degli U.S.A. e nacque nel 1973 Un giaciglio

per Allende. E poi c’è stata la lunga e tragica guerra del Vietnam, seguita nel 1979 dall’aggressione sovietica all’Afghanistan, per non parlare del conflitto arabo-israeliano, dell’11 settembre 2001 e della guerra in Iraq. Non dimentico neanche l’ultima, drammatica e disumana risoluzione di erigere sul nostro pianeta oltre quindicimila chilometri di barriere di separazione tra i popoli.

Questi i fatti. Impossibile non smarrirsi. In questi frangenti nascono i miei neri: canti della notte, matrice di speranza. E sorgono i miei bianchi,

naturali immagini di attesa.

Vasco Bendini

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1922 is my year of birth. I was seventeen when the Second World War broke out and I was twenty-three when, on 6 August, an American bomber dropped the first atomic bomb on Hiroshima. From 1949 to 55 we suffered the negative effects of the "cold war": peace was entrusted to nuclear bombs transported in special aircraft or assigned to intercontinental missiles installed on nuclear-propelled submarines. In the newspapers we read that a ten-minute wait was all that was required for the launch of the new H-bomb, and in 1966 the timing for the destruction of humanity was reduced to the two minutes that became the title for one of my works, created on 24 March 1966.

In 1956 the Russian tanks invaded Hungary and in ’68 Czechoslovakia. In particular, in 1968 what struck me was the issuing, in Prague, of the Two Thousand Words manifesto sparked by numerous intellectuals who were concerned to generate a true process of liberalisation that they could adhere to, leading to the execution of another work of mine, entitled Two Thousand Words. I was fifty-one when the Allende affair broke out, when – armed in defence of the freedom of the Chilean people – he was killed, sacrificed to the interests of the USA, and in 1973 A couch for Allende emerged. Then there was the long and tragic war in Vietnam, followed in 1979 by the Soviet attack on Afghanistan, not to mention the Arab-Israeli conflict, 11 September 2001 and the war in Iraq.

Nor do I forget the last, dramatic and inhuman resolution to erect on our planet over fifteen thousand kilometres of barriers between peoples. These are the facts. Impossible not to lose one’s way. These are the junctures that have sparked my blacks: songs in the night, matrix of hope. And up spring my whites, natural images of awaiting.

Vasco Bendini