INTERVISTA
VASCO BENDINI. di GERARDO DE SIMONE da - LO SPAZIO - rivista di arte cultura e informazione - pubblicata nell'Agosto del 1986. Come nascono le prime tracce di un tuo dipinto ? Comincio a determinare la mia poetica, o in altre parole a determinare il modo del mio esprimermi da quando prendo la tela e la metto in orizzontale sui cavalletti. Tutto e' importante, dalla dimensione alla trama della tela . Mi vengono spontanee le scelte dei colori : ne stabilisco la quantita', il timbro, naturalmente con rigore tecnico e linguistico. Mettiamo quindi che usi il blu di cobalto ; mi viene spontaneo di colorarlo in un determinato punto, nel centro, ad esempio, della tela ; poi, puo' avvenire, sia che muovo latela per stenderlo, sia che lo lasci fermo per averlo piu' denso. Immediatamente nasce il secondo colore, il terzo il quarto e cosi' via, sempre con questo processo, per cui poi, si fonderanno spontaneamente tra loro : la maggiore o minore liquidita' determinera' i diversi allargamenti della zona. Alla fine, quando tutta la superficie sara' riempita, alcuni spazi dovranno o no essere accentuati. Prima l'immagine e' informe, poi si delimit e precisa, secondo i dettami della mia immaginazione. Che cosa e' per te la pittura astratta ? Per me la pittura astratta, invenzione del critico, non esiste : esiste la pittura nei suoi contenuti primordiali. L'astrazione pittorica non esiste, perche' non possiamo eludere noi stessi e tutto cio' che ci circonda. Ti poni il problema di essere un artista astratto ? Me lo pongo nel senso che io ho escluso dalla mia pittura il criterio dell'imitazione. La tua pittura esprime il carattere della societa' del nostro tempo ? L'arte ( e per essa l'artista ) ha il diritto e il dovere di non ignorare la cultura del proprio tempo. Tuttavia, deve, allo stesso tempo, salvare la propria autonomia di metodo, d'oggetto e d'identita'. In questa societa' l'artista puo' avere la stessa funzione che ha avuto nei secoli passati ? ? se no quale funzione gli si puo' attribuire ? Mai come in questo periodo repressivo, reazionario, demagogico ed anche gratuit, il pittore assume una funzione precisa di insofferenza. Sei d'accordo che al di la' di singoli casi, oggi esiste una profonda crisi d'intesa sia tra artisti e artisti, sia tra artisti e mercanti d'arte ? I mercanti d'arte e gli artisti che vanno d'accordo hanno sensibilita' e cultura affini ; il male e' la grande proliferazione di mercanti ed artisti avventurieri o faziosi che soffocano le attivita' seriamente condotte. Accade che un critico di moda oggi puo' fare accettare un artista ad un museo e inserirlo nel mercato. Allora non e' cambiato niente rispetto agli anni Trenta di Ugo Ojetti ? Secondo me non e' cambiato niente sul piano istituzionale. La mia speranza e' riposta solamente nell'iniziativa privata nei critici e collezionisti indipendenti. I politici e le istituzioni non si sono mai interessati dei problemi culturali, ma hanno puntato tutto, come valore primario, sull'effimero. Esiste tuttavia una critica d'arte seriamente costruttiva ? Non puo' esistere. I critici e gli uomini di cultura in genere, ormai appartengongo ad un trust politico - manageriale ( vedi stampa ed istituzioni pubbliche ) che esaurisce il loro comportamento, tacitamente codificato, in scontati " gettoni di presenza " per gli avvenimenti " di notizia", indetti dagli organi istituzionali. Vi sono eventuali riserve o eccezioni a questa regola, ma sono rare e comunque non sommuovono mai il normale establishment, specie nel campo dell'arte. Vasco, tu rimani tra i pochi veri protagonisti dell'arte povera, con la quale hai raggiunto momenti altissimi per la qualita' espressiva, per senso spirituale, filosofico ed estetico. Pensi che la " critica " cosi' detta 'specialistica ' abbia avuto la giusta considerazione nei riguardi delle tue opee di questo periodo ? Non avendo vissuto e lavorato insime a questi pittori, che formarono un vero e proprio gruppo, non c'e'una ragione per inserirmi a tutti i costi tra i protagonisti dell'arte povera teorizzata da Germano Celant. Penso pero' che sia giusto dire che io, presto e anche prima, abbia usato materiali poveri e che, quindi, tra il mio e il loro lavoro ci sino state delle affinita'. Nessuno e' totalmente un caso isolato. Ma io stesso, sinceramente, non posso riconoscermi - per ragioni di fondo - nella poetica di questi artisti, quasi tutti piu' giovani di me. E' vero. Lavoravano quasi contemporaneamente a me e le date sono molto chiare in questo propostito : ma loro, piu' che preoccupati dell'uomo in un processo di progressione come ho cercato di fare io, hanno invece assuto da " prograditi " un atteggiamento ironico o di totale denuncia, raggiungendo anche aspetti di solipsismo euforico. Ripeto, ho usato materiali poveri, ma per altre ragioni : soprattutto perche' li trovavo decodificati e, quindi, privi di " storie ", di " tramandi ". Le cause prime del mio procedere sono sempre state d'ordine gnoseologico. Riflessioni sulla struttura, i metodi, la validita' della conoscenza. Tutto cio' spiega la ragione del mio isolamento. Resta tuttavia vergognoso che, se si escludono Calvesi innanzitutto e Arcangeli e Barilli, nelle note d'informazione sull'arte povera e di comportamento io sia completamente ignorato. Solo alcuni critici dell'ultima generazione hanno rivendicato la legittimita' di un mio insevitabile inserimento. E di un maestro della critica Francesco Arcangeli, che cosa ci puoi raccontare ? Ritieni che sia stato determinante per Arcangeli la conoscenza della tua opera negli anni sessanta ? Per convincersi dell'importanza che ha avuto, nel cammino di Arcangeli, il mio lavoro di quegli anni, e' sufficiente leggere la presentazione che egli fece di uelle opere per la personale allo studio Bentivoglio di Bologna, nell' Agosto del 1967. In alcuni miei appunti di quegli anni, ho annotato ; " Per alcuni giorni abbiamo avuto contatti febbrili ; poi una mattina, titubante, mi consegno' una lettera e il testo, preoccupandosi di dirmi che mi lasciava libero nella decisione di pubblicarlo ". Il timore era di trascinarmi in una polemica che mi si ritorcesse contro. Scriveva infatti : " Secondo un disegno che si fa sempre piu' chiaro nel suo operare, gli oggetti e i rapporti che nascono dalla loro meditata convivenza, rifondono il loro significato fino a mutarsi in atti coscienza concreti, e scanditi in un tono morale concentrato ed altero. Nulla a che fare, al di la' di qualche materile analogia, con lo spirito e l'uso, con il costume e l'invenzione brillantemente in corso a Roma ' ..... E la ritorsione ci fu. |