Bendini oggi di Fabrizio D'Amico dal catalogo della Galleria dei Greci - Novembre 1992. E verrebbe da dire metafisica " : s'e' nominata cosi',di recente( Gualdoni ), la possibile condizione del colore, della luce nelle opere ultime di Bendini. Per il grado, credo, di sospensione attonita, di grido come raggelato e fatto eterno, di certezza lontana da ogni vita flagrante che queste immagini toccano : senza, pero', che la disposizione mentale che le sostiene, la sapienza degli atti formativi che la trama, giungano a racchiudere il fiato del sentimento in soltanto algidi, preventivati assetti. E' il mistero, la magia antica di Vasco. E' un bilico, che diresti impossibile da tenere piu' di un attimo, e attorno al quale invece - da quando, gli albori degli anni cinquanta, s'e' fatta matura - questa pittura prende forma. Natura e pensiero, corpo e sogno, memoria e concetto erano allora le sponde scoscese di quel crinale : rischiose, un tempo, e drasticamente divaricate. Ora ( e ormai, anzi, da anni : almeno da quando, agli inizi del trascorso decennio, ha trovato nella grande dimesione delle carte riunite nel " Ciclo delle parvenze " la sua nuova liberta' ) e' come se, da quello spalto aperto sopra le sue " due vie ", Bendini, lasciata l'ansia della scelta, possa guardare assieme all'uno e all'altro suo modo : stringendo nella stessa mano i segreti di entrambi. Passaggi, allora, distesi, abbandonati, suadenti paesaggi dell'anima - e, insieme, spogli muri di pittura, superfici castamente scritte da segni essenziali, spazi allargati da gesti necessari : cosi' sono le opere recenti di Vasco. Cos'e' il nero unito e sordo che procombe come un cielo irato sullo spazio innocente di una tela della serie " ipotesi d'attesa " : frastornante, finche' non avverti l'altra natura - a fianco di quella emotiva - del suo ruolo, finche' non lo intendi come grido dato solo perche' si possa, poco piu' sotto, ascoltare il silenzio della tela lasciata scoperta, il sussurro di quel velo bianco che qui' e la', come un alito lieve di vento, vi trascorre. Cosi' e' - nell'altra tela compagna alla prima per anno e dimensioni - il rosa trepido, ovunque modulato di luce, e in due punti interrotto dalla turgida sostanza del giallo caldo e intenso : opera nella quale avverti quasi il vibrare intenso dell'emozione e il suo purificarsi in sorvegliata eco mentale. E' una colma pienezza di sensi, quella che oggi possiede Bendini ; una pienezza che gli dicende dalla vicenda densa e lunga che ha alle spalle. La riguarda, ora : ne conta gli sparsi tesori. Al tempo stesso, con cosapevolezza rara, sa di non poterla rievocare identica all'oggi ; sa che di essa potra' ammettere in questi suoi anni diversi soltanto una trasfigurata essenza. Cosi' per prima, s'e' fatta magra e scabra la materia un tempo sontuosa. E il gesto s'e' dato, soprattutto in queste cose ultimissime, piu' breve e rattratto : pur serbando ( e tanto bene lo dicono le carte, essenzialissima campionatura dei segni segreti di Bendini ) intatto il proprio talento spazioso. La luce infine, da sempre lentamente affiorante dagli strati piu' fondi della materia, e' ancora piu' interna al manto della pittura, sino a coincidere talora testualmente con la tela ancora vergine di colore.. " Cosi', oggi, Bendini dimentica e possiede il suo passato " - mi pareva possibile, qualche anno fa, chiudere cosi' un mio scritto su Vasco : dicendo del suo talento di trarre linfa nuova, e nuovo slancio, da sue lunghe, fonde radici. Egualmente mi sembra adesso che, forse ancor piu' di ieri, il segreto di questa sua straordinaria eta' risieda prima di tutto nel modo che Bendini ha di lastricare pensieri sempre ritonanti e sempre nuovamente liberi il suo antico cammino. |