NUOVA LETTERA A VASCO

di Maurizio Calvesi.

dal catalogo dell'Universita' degli studi di Roma " La Sapienza " 1998.

Un genio della risata, Toto', ci ha impedito per sempre di esclamare, almeno ad alta voce : " Dio come passa il tempo ". Si, Aristotele e' morto, ma poi e' morto anche Toto', e sono morte tante cose....

Mettendo mano alle tue monografie per scrivere queste righe, mi e' capitata quella che porta in copertina i nostri due nomi, con dentro una lettera in cui rivendicavo " la mia ormai ventennale fedelta' alla tua pittura ". E' stato un duro colpo constatare che, di ventennio, ne e' passato tutto un'altro. Quella lettera datata 7 Maggio 1978 ; consulto l'agendina, un po' incredulo, e vedo che oggi e' proprio il 7 Maggio 1998. Gli amori si risvegliano in primavera...

Molti di meno del precedente sono stati, in questo secondo ventennio, i miei scritti su di te : ma non per disaffezione ; proprio in quella lettera dicevo di non voler piu' tentare " nuovi inviti di lettura " per la tua opera ; perche' ormai questa lettura " doveva andare da se' " , cioe' con le gambe di critici piu' giovani. E non avevo mal posto la mia fiducia ; la tua bibliografia si e' arricchita di freschi contributi e tra i piu' assidui osservatori del tuo lavoro e' stato Fabrizio D'Amico, che ora cura questa mostra, con la stima profondamente convinta che ha gia' dimostrato in tante altre occasioni.

Siamo ormai in molti a giudicarti come il maggiore esponente della tua generazione nel nostro paese, e senza che il confronto con quella che ti precede possa, tra i pittori dell'informale, vederti secondo ad altri. Sulla ricerca informale italiana peraltro, almeno quella " di pennello " ( lasciando nel loro campo, voglio dire, Burri e Fontana ) tu hai avuto una sicura precedenza : che non e' da rivendicare come astratto primato, ma come riprova indiscutibile dell'autenticita' e della qualita'.

Fu, fin da allora, una sorgente interna a suggerire quel fluttuare delle forme ( tra segno o traccia di un passaggio, parvenza di un ricordo, scintilla di una illuminazione, alito di una apparizione ) che ha poi sempre continuato a caratterizzare i tuoi dipinti. Una sorgente interna di sensibilita' toccata e ( come ho sempre insistito nel dire ) di pensiero, un pensiero che balena puro e si disfa in materia, che lascia la propria orma immateriale nella materia, che le infonde il lievito di un logos allo stato aurorale di soffio.

Ogni tuo quadro e' una genesi della materia fecondata da quel soffio, materia che piu' si addensa e piu' denuncia quel proprio nucleo o embrione d'infusa essenza. Ne' cosa sia quest'essenza potra' dirlo l'assertivo vocabolario delle parole, ma ineffabilmente lo suggeriscono i tuoi dipinti. Non col dire, ma piuttosto con sillabe di forme che ricompongono ogni volta l'intraducibile, velata parola. Volto ? Anima ? Memoria ? Anche paesaggio, passaggio ?

Addensando e rarefacendo come nel salve ed coagula degli alchimisti, la tua materia ha percorso e ripercorso le tappe di un opus esemplare, tappe di quella trasformazione che si appalesa sullo schermo esterno della proiezione materializzata, nel vaso esterno, avendo operato nel vaso interno. C'e' stato un momento, nella tua ricerca, in cui quell'essenza operante di pensiero si e' condensata in prove di mediazione, creando oggetti alla meditazione, momenti di meditazione effigiati nel comportamento : nella seconda meta' degli anni Sessanta, come inedito prologo alla nascente arte povera. Resta, quella parentesi come un'altra prova della tua capacita' di captare in anticipo i fenomeni della creativita' artistica, all'interno di una coerenza che e' quella appunto di un costante rapporto tra materia, o oggetto, come simulacro del mondo, e pensiero o spiritualita', come suo intimo, trasfigurare possesso.

Questa mostra e' dunque anche un ricordo di Bruno Sargentini, della sua illuminante passione di collezionista - mercante, in un binomio decisamente sopraffatto dal primo termine : la sua galleria aveva appena aperto da poco ed io, appena agli inizi del mio corso di critico, godevo della sua fiducia ; gli segnalai - era il 1956, o 1957 ? - il tuo nome come quello del giovane piu' promettente del momento ; Sargentini venne a Bologna e l'incontro con te fu un innamoramento.

Non sbaglio', non sbagliammo.