LA MOSTRA DI
LISSONE stralci da - La Repubblica - del 28 Febbraio 2003. di Fabrizio D'Amico Ha di recente riannodato all'oggi la sua storia, il Premio Lissone : insieme al Marzotto, al premio del Golfo della Spezia, alle mostre torinesi di Francia - Italia, uno dei maggiori appuntamenti d'arte nazionali, che fecero nel dopoguerra corona all'appuntamento della Biennale veneziana ( e a quella d'una presto declinante Quadriennale romana ), e che sostituirono un po' il ruolo che nel ventennio fascista avevano avuto le mostre sindacali regionali. Lissone ha scelto per la sua rinascita la via di un doppio appuntamento annuale, che da un canto presenti l'opera di alcune figure emergenti della nostra vicenda artistica, dall'altro destini una mostra monografica ad una personalità' storica che al Premio abbia partecipato già' nei suoi anni 'storici'. E' Vasco Bendini quest'anno, a proporre, a cura di Flaminio Gualdoni, una vasta antologica presso la Galleria Civica di Lissone : cinquant'anni di pittura che ancora una volta dimostrano non solo com'egli sia stato un protagonista assoluto della nostra vicenda pittorica, ma come la sua energia creativa sia ancora oggi - adesso che ha passato gli ottant'anni - intatta e feconda. C'e' un quadro ultimo in mostra - Il rogo del tempo, s'intitola ; datato al 2002 - di fronte al quale e' difficile non solo non intendere la grandezza di questo pittore, ma - di piu' - non provare nei confronti della pittura la salda speranza che la sua via, nonostante i funerei rintocchi che tante volte la lambiscono, sia ancora aperta a un domani. E' una grande ala di rossi macerati, rugginosi, che traversa lenta, maestosa, il vasto spazio annottato. " E stato facile, quasi necessario per me, da subito, scegliere l'astratto : anche se non amo del tutto questa parola, che mi sa tanto di nuova accademia " mi ha detto Bendini una volta. " ho pagato un prezzo, alto ,al mio isolamento : al mio essere fuori da ogni gruppo, fuori da ogni solidarietà' " Dal - Senza titolo del 1958 - dalla serie - Gesto e materia - , e da - Reliquia - anch'esso del 1958 -, entrambi in collezione Sargentini, la tangenza di Bendini con il clima dell'informale italiano era stata fermamente asserita, e certo dal pittore consapevolmente accettata : quasi che, dopo gli esordi che Francesco Arcangeli condotti in " singolare solitaria, e quasi candida primogenitura " verso " una strana accentuazione dello spirituale " , e dopo il solo parziale convergere verso le tempere ultimo - naturalista, egli volesse, adesso, stringersi ad un sentire comune che l'avrebbe reso meno solo. Vennero poi a dire tutt'altro le " tempere magre " ( serie che viene, proprio allo scadere del decennio, ad interrompere l'altra nominata " gesto e materia " ) : spoglie pareti di rado, e magro, colore : tolto, quasi, dalla tela, piu' che su di essa aggiunto. Di intera, francescana povertà' - mentre tutt'intorno ad esse, in Italia, crepita il turgore pieno e gridato di un informale giunto alla sua acme - sono queste opere : sussurri, fiati, scritture trepide, leggere e ansimanti, avvolte dal silenzio. Le tempere nacquero in un momento di straordinaria concentrazione, con l'intento di sottrarsi al suo tempo : consapevolmente. Erodendo, rinunziando : al fascino, al clamore, alla facile seduzione di tutto quanto - materia, gesto, colore - sembrava allora orpello disponibile della pittura. Volendo esser solo, di nuovo : come era stato all'avvio del decennio, quando lasciava che un velo di colore d'acqua bagnasse la carta ; e nelle sue lacune, nei suoi interstizi, baluginasse, dettato solo dal chiarore del fondo, un fievole lume. |