D'accordo!! Sono in estremo imbarazzo nel
postare questa vicenda perchè la trovo così irreale,
macabra e irritante che ho mille riserve nel condividerla
con voi. Ma fa parte della cronaca giudiziaria italiana e
fra poco, ne ricorrerà il trentennio. Recentemente
trattata dalla trasmissione Chi l'ha visto?, si potrebbe
considerare un conto ancora in sospeso a causa della
latitanza di Andrea
Ghira, figlio di un noto imprenditore edìle romano e che
attualmente soggiorna a Malindi, in Kenya, ove sembra
godere di una infinità di coperture che lo proteggono
dall'autorità italiana e dagli ordini di carcerazione.
E' il secondo latitante più gettonato dopo il mafioso
Bernardo Provenzano, e sembra essere il mandante
dell'intera, mostruosa vicenda del Circeo. Se fossimo
negli Stati Uniti, questa gente sarebbe stata già
ampiamente gassata o quantomeno, castrata chimicamente.
Invece, Angelo Izzo e Giovanni Guido, sono riusciti ad
evadere dal carcere negli anni '90 e sono stati
fortunatamente ripescati. C'è un particolare ancora più
inquietante, nell'intera vicenda. Angelo Izzo, anch'egli
autore materiale dell'omicidio di Rosaria Lopez al
Circeo, è stato ripescato in quel di Panama nel '94 da
un agente di polizia. Il suo nome? Rosario Lopez!! A
quanto pare, i morti tornano sotto diverse sembianze per
la vendetta finale!
Ecco a voi il resoconto della tragedia che ha segnato
l'Italia, a metà degli anni '70.
Fonte: Chi l'ha visto?
La notte dell'1 ottobre 1975, nel bagagliaio di una Fiat
127 parcheggiata in via Pola a Roma, i Carabinieri hanno
ritrovato due ragazze. Una delle due, Rosaria Lopez, era
avvolta in una busta di plastica trasparente ed era priva
di vita; l'altra, Donatella Colasanti, seminuda e
sanguinante, era ancora viva e in stato di choc.
Il 25 settembre precedente la ragazza sopravvissuta,
insieme ad un'altra amica, Nadia, aveva conosciuto
Giampietro Parboni Arquati, un giovane appartenente a una
famiglia della borghesia romana, un ambiente sociale
diverso dal loro. Parboni, insieme a Gianni Guido e
Angelo Izzo, due giorni dopo aveva rivisto Donatella
Colasanti, che era accompagnata da Rosaria Lopez. Parboni
e Izzo si erano presentati con nomi falsi: "Ci
incontrammo con le ragazze e ci trattenemmo circa un'ora.
Alle ragazze io mi presentai come Stefano, Gianni Guido
con il suo vero nome e il Parboni come Carlo. Avevamo
l'abitudine di non dare i nostri nomi veri da quando,
l'anno prima, io Parboni e un altro amico eravamo rimasti
coinvolti per fatti di violenza carnale e pensavamo che
usando nomi falsi non potevamo più essere
incastrati" (Dalla deposizione di Angelo Izzo).
Il gruppo decise di incontrarsi di nuovo qualche giorno
dopo: "Gli amici di Carlo ci proposero di rivederci
il lunedì successivo, il 29 settembre e di portare con
noi anche un'altra amica. Ci mettemmo d'accordo per le 4
del pomeriggio davanti al cinema Ambassade. Rosaria era
entusiasta di questo incontro. I ragazzi ci sembravano
molto simpatici. Tornata a casa dissi a Nadia di questo
nuovo appuntamento e che Carlo più volte mi aveva
chiesto di lei". (Dalla deposizione di Donatella
Colasanti).
All'appuntamento del 29 settembre Nadia non andò perché
indisposta. Gianni Guido e Angelo Izzo arrivarono
all'appuntamento con Donatella Colasanti e Rosaria Lopez
con mezz'ora di ritardo. Non c'era Carlo, ovvero
Giampietro Parboni Arquati, che secondo i suoi due amici
si trovava nella sua villa a Lavinio, sul litorale
laziale a sud di Roma. Gianni Guido e Angelo Izzo
proposero alle due ragazze di raggiungere Parboni con la
promessa di ritornare a Roma prima di sera. I
quattro salirono a bordo di una Fiat 127 guidata da
Gianni Guido. Accanto era seduta Rosaria Lopez. Avevano
Entrambi 19 anni ma vite completamente diverse. Gianni
Guido era iscritto al primo anno di architettura e viveva
nel quartiere Nomentano, in un elegante palazzo tra Villa
Paganini e Villa Torlonia. Il padre era un alto dirigente
di un istituto di credito. Rosaria Lopez non aveva finito
le scuole medie e viveva con il fratello, la sorella e i
genitori anziani e malati in due stanze, in via di Grotta
Perfetta all'Ardeatino. Sul sedile posteriore era seduto
Angelo Izzo, ventenne, figlio di un ingegnere edile. Iscritto a medicina ma
senza frequentare, Izzo era conosciuto per la sua
prepotenza e le sue deliranti teorie sulla la divisione
in classi dell'umanità: i dominanti, i poveri cristi, i
pidocchiosi. Lo psichiatra che lo aveva in cura gli aveva
diagnosticato una nevrosi maniaco - depressiva e
alterazioni della sessualità derivanti da iposviluppo
anatomico. Accanto ad Izzo era
seduta Donatella Colasanti, padre impiegato, madre
casalinga, un fratello di un anno più grande di lei.
Intorno alle 17 le ragazze iniziarono a sospettare di
essere fuori strada ma venne detto loro che la villa di
Giampietro Parboni era un po' più giù di Lavinio. Dopo
qualche minuto l'auto si fermò e Angelo Izzo, dicendo di
dover fare una telefonata a Giampietro Parboni, andò a
chiamare l'amico Andrea Ghira, dal quale qualche mese
prima aveva avuto le chiavi della sua villa al Circeo.
Voleva sapere se poteva portarci le due ragazze o se
c'era il rischio che arrivasse qualcuno. L'amico lo
rassicurò e il viaggio riprese. Alle 17,50 la Fiat 127
bianca arrivò davanti al cancello di villa Moresca:
"Appena arrivati nella villa ci sedemmo nel giardino
a chiacchierare. Verso le 6 e mezza Gianni Guido tirò
fuori una pistola e ci disse che loro appartenevano alla
banda dei marsigliesi e che ci avevano rapite su ordine
del loro capo, Jacques Berenguer. Dopo un quarto d'ora ci
chiusero a chiave in un piccolo bagno senza
finestre" (dalla deposizione di Donatella
Colasanti). Alle 19 Gianni Guido ripartì per Roma
perché quella sera aveva promesso ai suoi genitori che
sarebbe tornato a casa per cena. "Angelo Izzo ci
fece uscire a turno dal bagno, ci fece spogliare e ci
obbligò a stare con lui, ma non riuscì ad avere
rapporti completi con me e Rosaria. Verso le 11 tornò
Gianni Guido. Piangevamo, volevamo andar via. Loro
minacciavano di sverginarci. Questo inferno continuò per
un paio d'ore, fino a quando ci rinchiusero di nuovo nel
bagno e ci buttarono una coperta" (Dalla deposizione
di Donatella Colasanti).
All'alba i due giovani ricomparvero. Le ragazze erano
stremate, avevano bevuto solo l'acqua del rubinetto. I
due avevano assunto anfetamine, erano eccitati e non
avvertivano la fame. Innervositi dalle grida cominciarono
a colpirle con calci, pugni, schiaffi e poi ancora
violenza e sevizie fino alle cinque del pomeriggio quando
arrivò nella sua villa il ventiduenne Andrea Ghira, nei panni
del famigerato Jacques Berenguer. Figlio di un
costruttore edile, Ghira era un giovane violento che
aveva aderito alle formazioni squadriste di estrema
destra. Al liceo Giulio Cesare di Roma era leader di una
fazione da lui fondata che teorizzava il crimine come
mezzo di affermazione sociale. Il suo riferimento era
Jacques Berenguer, noto criminale marsigliese, che
dall'aprile del 1975 aveva portato a segno a Roma una
serie di sequestri a scopo di estorsione. Andrea Ghira
era già stato condannato per lesioni aggravate, rapina,
ricettazione e violazione di domicilio. "Jacques
appena arrivato nella villa non è stato cattivo con noi,
non mi obbligò ad andare a letto con lui. Poi però ci
ordinò di fare l'amore tra di noi, io e Rosaria. Jacques
prese Rosaria per la mano e la portò in una stanza. Io
rimasi con Izzo e Guido. Angelo Izzo provò ripetutamente
a prendermi ma senza riuscirci e siccome a Guido non
piacevo mi presero a calci sulla schiena. Approfittando
di un attimo di distrazione raggiunsi il telefono e
chiamai il 113, riuscendo solo a dire: mi stanno
ammazzando, sto a Lavinio. In quel momento fui colpita da
una spranga di ferro e caddi a terra. Mentre mi
prendevano a calci sentivo le urla di Rosaria. Dopo un
po' vidi Jacques e dietro di lui la mia amica era sporca
di sangue, lo implorava di lasciarci andare" (Dalla
deposizione di Donatella Colasanti).
Erano le 19,30 del 30 settembre 1975. Angelo Izzo, Gianni
Guido e Andrea Ghira dissero alle ragazze che le
avrebbero addormentate per riportarle a Roma. Vennero
preparate due siringhe con del liquido rosso e le ragazze
furono separate. Rosaria Lopez venne trascinata da Angelo
Izzo e Gianni Guido al piano di sopra, mentre la
Colasanti stava al piano terra con Ghira. Le iniezioni
non fecero effetto e la situazione precipitò. Donatella
Colasanti sentiva che al bagno del piano di sopra era
stato aperto il rubinetto della vasca da bagno:
"Angelo rimase nel bagno con Rosaria tutto il tempo
mentre Gianni e Andrea si alternavano per aiutarlo.
Sentivo le grida di Rosaria che si interrompevano come se
le stessero infilando la testa nell'acqua. Dopo un po'
non sentii più niente. Io ero con Guido e dalle scale
scesero Ghira e Izzo. Erano affannati e stanchi, in
particolare Izzo. Anche su di me l'iniezione non aveva
avuto effetto e così cominciarono a colpirmi con il
calcio della pistola, mi riempirono di pugni. Mi legarono
un laccio al collo e mi trascinarono nuda per tutta la
casa. Svenni per una decina di minuti quando mi
risvegliai sentii il piede di uno di loro che mi premeva
sul petto. Qualcuno disse: Questa qui non vuole morire e
cominciarono a colpirmi in testa con una spranga di
ferro. A questo punto pensai che la sola cosa da fare per
salvarmi era fingermi morta. La stessa voce di prima
disse: Finalmente siamo riusciti ad ammazzarla"
(Dalla deposizione di Donatella Colasanti).
Alle 21 di martedì 30 settembre Gianni Guido, Angelo
Izzo e Andrea Ghira caricarono nel portabagagli della
Fiat 127 i corpi delle due ragazze, avvolti in telo di
plastica. Le ultime parole che Donatella Colasanti sentì
pronunciare, da Izzo, furono: "Guarda come dormono
bene queste due morte". L'auto partì alla volta di
Roma con a bordo Gianni Guido e Izzo. Andrea Ghira li
seguiva al volante della sua Mini Minor. Verso 23,30,
giunti in Via Pola, una traversa di Via Nomentana,
parcheggiarono la Fiat 127 e andarono a cercare una
pizzeria.
Alle 2,50 della notte una donna che abitava nello stabile
davanti al quale era ferma la Fiat 127 bianca venne
svegliata dai pugni e dai lamenti di Donatella Colasanti.
La signora avvertì i Carabinieri che immediatamente
inviarono una pattuglia. Dieci minuti dopo, alle 3 del
primo ottobre venne aperto il portabagagli ed apparve il
volto tumefatto e insanguinato di Donatella Colasanti.
Accanto a lei, il corpo senza vita di Rosaria Lopez.
Angelo Izzo e Gianni Guido vennero fermati e arrestati
quella notte stessa. Andrea Ghira, invece, fece sparire
subito le sue tracce. Oggi, dopo trent'anni, è ancora
latitante.
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