Aggrediamo la Precarietà!

Roberto Loddo

Loddo.roberto81@tiscali.it

Ciò che sta accadendoalle 6 mila lavoratrici e lavoratori precari dei call-center a Cagliari è solo un aspetto di quella condizione ingiusta di disagio materiale e morale in cui è costretta a vivere, anzi, a sopravvivere la nostra società Sarda. Infatti, i salari e le pensioni sono così insufficienti che a malapena riescono a nascondere l’inferno di un futuro incerto e precario che non arriverà mai.

Da una recente indagine della CARITAS,senza andare troppo lontano, nella provincia dei 30 mila poveri di Cagliari risultano crescenti non solo il numero delle persone schiacciate dalla precarietà, non solo il numero delle persone che di lavoro nemmeno ne hanno, ma è crescente il numero delle persone "sole" senza reddito che stanno sotto la soglia minima di dignità all’esistenza e che soffrono senza sostegno alcuno da parte del mondo delle istituzioni. In questa cornice infame e drammatica, (dove regna una strana, vergognosa, pericolosa pausa di riflessione sul problema del lavoro da parte della giunta Soru) è cominciato un attacco senza precedenti contro i giovani lavoratori.

Da noi in Sardegna,i padroni di queste nuove aziende telematiche chiamate call-center continuano a lucrare a volte addirittura attraverso l’appoggio dei contratti d’area finanziati dalla regione, mentre questi ragazzi che stanno in mezzo a continui controlli di produttività, hanno perduto il diritto al desiderio di una casa e di una famiglia. Le uniche cose che vanno al di là dei pochi soldi che riceveranno, sono le interruzioni, le riprese e i licenziamenti, le chiamate a lavorare e le lasciate a casa, le incertezze sull’oggi e sul domani, e in molti casi anche il mobbing. Questo lavoro nella sua maschera più infame è molto usurante, con rischi psicologici e fisici ancora non definiti per la salute, ci basti pensare che oltre un terzo dei lavoratori telematici fa uso di psicofarmaci.

Qual è la risposta a tutto questo?Non può essere la solitudine, la disperazione o il rifiuto della dimensione politica dei partiti, dei sindacati e a volte purtroppo anche della vita. Una delle prime risposte è partita dalla lotta di Via Roma 86, sei coraggiosi ragazzi alla ricerca delle quindici mensilità arretrate, svanite misteriosamente nel nulla assieme ai padroni di Quality Sardinia e LC Sistemia. Dopo un occupazione durata quasi due mesi, tantissime assemblee assieme ad un coordinamento di lotta di comitati, movimenti, associazioni, avvocati e partiti, questi ragazzi sono riusciti ad ottenere una prima vittoria attraverso il pagamento degli arretrati. Ma siccome oltre il pane noi vogliamo anche le rose, abbiamo deciso di continuare con loro questa lotta di umanità e di civiltà per rivendicare giustizia sociale e maggiori diritti per tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici che non vogliono vendere la loro dignità.

La lotta per il diritto ad un lavoro buono non è conclusa,ci dovremmo fermare solo quando sarà rispettato ed esteso lo Statuto dei Lavoratori e sarà eliminata la legge 30 con tutte le leggi ingiuste sul precariato. Per questo motivo anche a Cagliari sarà necessario portare avanti il nostro coordinamento di lotta attraverso un lavoro permanente che passi anche per l’inchiesta nazionale sui call-center che sta svolgendo Rifondazione Comunista da Settembre 2004. Dopo la costituzione del gruppo di lavoro locale di Cagliari sarà necessario individuare almeno un referente per ogni azienda di call-center conosciuta e distribuire i moduli, che una volta compilati in maniera anonima (la paura di ritorsioni o conseguenze nel lavoro è un fattore costante) dovranno essere riconsegnati ed elaborati per la prossima iniziativa pubblica che faremmo nelle prime settimane di Settembre.

Ma quando parte questo viaggio di crudeltà?Prima, nel ‘900 ad una crescita del capitale avevamo anche una crescita di una classe operaia che era tale perché unificata e omogenea, ora invece la tendenza è quella di dividere e frammentare i lavoratori: basta dare uno sguardo a i contratti e al sistema di gestione all’interno dei call-center. Il macello è sicuramente partito dai primi anni ’90, dal varo delle politiche di concertazione all’abolizione della Scala Mobile, dall’atteggiamento di tregua sociale tra Governo e Sindacati Confederali, dai cosiddetti governi tecnici del ’92 e ’93 fino al pacchetto Treu. È da qui che qualcuno ha aperto la porta, che nessuno ancora ha deciso di richiudere, in cui dopo si è infilato dentro tutto il resto, ed è da qui che abbiamo cominciato il nostro viaggio nel pianeta della precarietà, un viaggio che si conclude all’interno del sistema di smantellamento dei diritti dei lavoratori nato con l’approvazione del maxi decreto del Governo per la Legge delega sul lavoro. Questo mostro legislativo, (la legge 30) che è entrato in vigore a Settembre, ha come fine ultimo quello di rendere sempre più solo il lavoratore, mentre l’azienda è sempre meno responsabile ed ora il padrone ha a disposizione una vera e propria "rosa di contratti", tanto che può utilizzare, come in molti casi già accade lo strumento più comodo per i diversi settori: il collaboratore negli uffici o nei call-center, l’interinale nelle linee o nella manutenzione, oppure le cooperative nei servizi.

Nuovi affari, ricchezza e fiumi di denaroin arrivo per i "somministratori" di contratti come l’Adecco, mentre solo guai e anche grossi per i giovani lavoratori ormai scambiati come pacchettini, comprati e ceduti come qualsiasi altra materia prima utile alla produzione. Questo viaggio ha cancellato definitivamente il collocamento pubblico perciò chiunque potrà mettere in piedi un Agenzia di collocamento e ovviamente cercherà rapporti clientelari con i padroni imponendo a chi cerca lavoro di sottostare a truffe, ricatti e pretese. Tutto ciò ci riporta indietro nel tempo almeno a cento anni fa, nell’era del caporalato, cioè quando i lavoratori si dovevano alzare alle tre del mattino per andare nelle piazze dei paesi dove il padrone o chi per lui li sceglieva dopo un attento esame, e li caricava nei carri sulla base anche del fatto che non erano troppo agitatori o rompiscatole.

Allora, con questa nuova Giunta Regionale di Centrosinistraquale risposta stiamo dando ai giovani lavoratori sardi con l’ultimo taglio primaverile, cioè la soppressione sostanziale del Piano straordinario del lavoro? Parlo di soppressione perché rispetto a quei già sudati 172 milioni di euro di rifinanziamento del Piano compiuti dalla precedente Giunta di Centrodestra, questa maggioranza lancia come un elemosina quella barzelletta di 30 mila euro di rifinanziamento.

Lo sappiamo che non basta l’assistenzialismo, ma di fatto lo stravolgimento e la snaturazione dei principi fondamentali del Piano Straordinario per il Lavoro apre la strada ad una prospettiva fortemente aziendalista che sta prendendo piede nella maggioranza che governa questa regione.

Quest’Isola è spaventosamente indebitata,certo che non possiamo indebitarci ancora, ma sbaglia ricetta l’assessore alla Programmazione Pigliaru per cui l’unica via d’uscita è la distruzione e il taglio graduale degli strumenti regionali di sviluppo del lavoro, infatti assieme all’acqua sporca degli sprechi istituzionali, dei fondi utilizzati come strumenti clientelari da questo sindaco o da quel barone, per la costruzione dei giardinetti o della piscina olimpionica, si sta buttando via anche il bambino, cioè la possibilità di creare un lavoro stabile, indeterminato, sano e che sia legato alle specificità delle comunità locali e che porti alla coesione sociale, perché lo capirebbe anche questo povero bambino che se noi non facciamo degli investimenti nel lavoro allora sarà inutile risparmiare e la nostra terra non ripartirà mai.

Adesso è giunto il momento di costruire e sviluppare un forte movimentodelle lavoratrici e dei lavoratori precari, non solo telematici perché questa bestia colpisce tutte le dimensioni della vita: dalla mercificazione dei saperi nelle scuole e nelle università, alla regressione dei diritti sociali dei migranti, alla sanità privatizzata, fino all’impossibilità di avere una casa propria. Questo movimento deve essere in grado di far arrivare le voci degli ultimi il più lontano possibile, perché la nostra lotta sta nell’intercettare, nel capire, nell’ascoltare i bisogni e le necessità dei più deboli, dei più sfruttati e dei più emarginati facendole proprie, solo così potremmo guardare con gli occhi delle vittime di questa globalizzazione neoliberista. Esercitando una pressione dal basso ed innescando un conflitto sociale dovremmo essere capaci di influenzare pure le scelte della Giunta Soru in materia di lavoro, anche perché un movimento comunque critico dovrà necessariamente fare un bilancio anche dell’operato svolto dalla Giunta in questi anni, tenendo conto non solo della dimensione economica del lavoro, ma anche di quella politica, sociale e culturale, perché il nostro ruolo non dovrà essere quello di chi aspetta le concessioni e attende le aperture calate dall’alto da parte di qualcuno, ma di alimentare sempre di più questo conflitto sociale e riprenderci ciò che ci spetta, come i ragazzi di Via Roma 86.