La miseria degli untori

Sono rimasta colpita e offesa dall’articolo “La svolta di Sharon divide la sinistra”, apparso, a firma di Umberto De Giovannangeli, su L’Unità del 13 maggio scorso.

            Faccio parte del comitato “Con la Palestina nel cuore”, ne curo i rapporti con giornalisti e media; ho sempre tenuto a  informare De Giovannangeli di tutte le attività del comitato a favore del popolo palestinese, perché lo credevo un sincero democratico e un giornalista obiettivo, e perché “Palestina nel cuore” ha sempre scelto la strada delle iniziative di qualità, degli incontri culturali, del dialogo con il mondo dell’informazione per portare avanti i propri obiettivi, anziché la strada del ricorso alle lobbies e alle pressioni più o meno occulte (vorrei informare i lettori del giornale che l’articolo del quotidiano della Margherita “Europa”, citato da De Giovannangeli, è stato sollecitato da un gruppo di pressione che fa capo al sito www.informazionecorretta.com, sito a cui invito a dare un’occhiata per farsi un’idea di come operano e contribuiscono al dibattito i suddetti gruppi di pressione).

Di fronte all’uscita di De Giovannangeli, mi rendo conto invece che la sua è soltanto la maligna capacità di manipolare le notizie per screditare e infamare chi osa esprimere opinioni scomode; è un sistema assai semplice: anziché argomentare, si usa l’arma dell’insulto, si prova, da moderni untori, a diffondere la peste della calunnia, per imbarazzare e imbavagliare gli avversari prescelti. Nel suo non lungo articolo De Giovannangeli, motu proprio o attraverso le parole di due autorevoli fonti israeliane, riesce a tacciare i gruppi come il mio, che lavorano a favore del popolo palestinese, di (cito alla lettera):

1) antisemitismo;

2) manicheismi e pregiudizi;

3) contestazione  violenta;

4) rapporti con il risorgente antisemitismo con il suo vecchio, squallido armamentario di pregiudizi razziali e di stereotipi mutuati dal ventennio fascista;

5) sinistrorsi-estremisti

6) irriducibili dell’Intifada

7) frange estremiste

8) vecchie e nuove forme di antisemitismo che, strumentalizzando e stravolgendo le ragioni del popolo palestinese (c’è scritto proprio così! leggere per credere!), tendono a delegittimare l’esistenza dello Stato d’Israele;

9) comportamenti discriminatori e razzisti.

Tutto questo in un articolo che, a fronte delle due fonti israeliane, non dà spazio a nessun’altra voce. Un articolo costruito letteralmente sul nulla, in cui episodi da stadio vengono accostati alla libera espressione di opinioni, e queste convertite in pregiudizi razziali. Un articolo in cui si invita a sostenere il diritto all’esistenza dello stato di Israele, fingendo di ignorare che lo stato di Israele, al contrario di quello palestinese, esiste già, e da più di cinquanta anni pratica l’occupazione brutale dei territori palestinesi in dispregio delle risoluzioni dell’ONU, e ha costruito il “muro della vergogna”, il muro della separazione razziale. Si raggiunge il colmo quando ci si accusa di identificare “ancora e sempre” Sharon “con «il generale bulldozer» o peggio ancora con «il complice dei massacratori di Sabra e Chatila»”: ma la realtà storica è questa, e i crimini di guerra non hanno una “data di scadenza”. I 3500 palestinesi assassinati dal settembre 2000 a oggi confermano la continuità di una scelta politica fondata sull’uso della forza.

Ci conforta il fatto di essere in ottima compagnia nel considerare Sharon un criminale di guerra: cito dal messaggio presidenziale agli italiani del Presidente Sandro Pertini (31 dicembre 1983)

“Io sono stato nel Libano. Ho visto i cimiteri di Sabra e Chatila. E’ una cosa che angoscia vedere questo cimitero dove sono sepolte le vittime di quell’orrendo massacro. Il responsabile dell’orrendo massacro è ancora al governo in Israele. E quasi va baldanzoso di questo massacro compiuto. E’ un responsabile cui dovrebbe essere dato il bando dalla società.”

Non servono altri commenti.

Si può immaginare la sorpresa del mio comitato, che ha partecipato alla contestazione - pacifica e democratica - a Fassino, Rutelli e Veltroni, nell’apprendere che nulla del genere è più possibile in Italia senza scatenare i mastini del potere. Si può immaginare il disinganno dei giornalisti arabi a cui abbiamo passato in traduzione l’articolo di De Giovannangeli. Noi ci rifiutiamo – lo voglio dire a voce alta, con tutte le mie forze – io mi rifiuto e ci rifiutiamo di essere definiti antisemiti se difendiamo la causa del popolo palestinese!

            Io credo che articoli come quello di De Giovannangeli siano pericolosi (oltre che vergognosi): usando l’arma del discredito, così efficace, oscurano, cancellano il giornalismo onesto; contribuiscono al risorgere dell’antisemitismo; e diffondono la cultura del pregiudizio, così difficile da contrastare.

Marta Turilli

 

 

 

 

 

 

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